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La prima privatizzazione del pubblico impiego: il decreto legislativo n 29/1993

1. ORIGINE ED EVOLUZIONE DELLA FIGURA DEL DIRIGENTE

1.3 La riforma della disciplina della dirigenza locale negli anni Novanta

1.3.2 La prima privatizzazione del pubblico impiego: il decreto legislativo n 29/1993

L’insoddisfazione e le richieste mosse dai cittadini e dalle imprese, oltre al filone di studi dedicato al New Public Management, hanno stimolato il legislatore a ripensare il modello organizzativo. La riforma, di cui la dirigenza costituiva perno fondamentale, si poneva l’obiettivo di migliorare i livelli di efficacia e di efficienza dell’azione amministrativa, attingendo a metodologie e tecniche gestionali proprie delle aziende private.

La cosiddetta prima privatizzazione27 del pubblico impiego è stata avviata dalla legge delega 23 ottobre 1992, n. 421, recante la delega al governo per la razionalizzazione e la revisione della disciplina in materia di sanità, pubblico impiego, previdenza e finanza territoriale.

La legge delega aveva tra gli obiettivi principali quelli di estendere ai pubblici dipendenti le regole del settore privato, di ricondurre al diritto civile i rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti pubblici e di regolare tali rapporti

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La riforma è stata operata dal legislatore degli anni ‘90 in più tappe, con l’obiettivo di ricondurre il rapporto di lavoro del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni sotto la disciplina di diritto privato del lavoro subordinato.

tramite contratti per dare maggiore flessibilità all’area pubblica28, nell’affermazione del paradigma di riferimento rappresentato dal modello privatistico29.

La cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego, affermatasi dagli anni ‘90 e maturata fra il 1993 e il 1998, è stata all’epoca salutata in termini di

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Gli Indirizzi dell’allora Ministro della funzione pubblica Sabino Cassese si sono basati su un’analisi delle disfunzioni esistenti elaborate dal Dipartimento per la funzione pubblica (Rapporto

sulle condizioni delle pubbliche amministrazioni, Roma, 1993) ed hanno proposto una “cura”

organica per la burocrazia italiana, in S. CASSESE, Indirizzi per la modernizzazione delle

amministrazioni pubbliche, Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la funzione

pubblica, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1993, pp. 1-20.

È stato evidenziato che con la “privatizzazione” o “depubblicizzazione” del pubblico impiego si è operato “il superamento della separazione del rapporto di impiego pubblico dal diritto civile”; si veda AA.VV. (a cura di V. TENORE), Il manuale del pubblico impiego privatizzato. Dottrina,

giurisprudenza e normativa, Roma, EPC Editore, 2015, p. 32. 29

S. BATTINI, “Al servizio della Nazione? Verso un nuovo modello di disciplina della dirigenza e del personale pubblico”, Giustizia-amministrativa – Studi e contributi, 23 settembre 2016. Nella relazione per il 62° Convegno di Studi amministrativi su “L’Italia che cambia: dalla riforma dei contratti pubblici alla riforma della Pubblica Amministrazione”, tenutosi a Varenna, nei giorni 22, 23 e 24 settembre 2016, Battini ha evidenziato che il paradigma privatistico poggiava in larga misura sulle ragioni dell’autonomia, riconosciuta alle amministrazioni pubbliche, nel complesso, ed alla figura del dirigente pubblico, in particolare.

discontinuità, sia da studiosi del diritto amministrativo, sia da studiosi di diritto del lavoro30.

Tra i provvedimenti attuativi, che hanno profondamente inciso sul sistema delle fonti nel lavoro pubblico e sull’introduzione di un nuovo modello amministrativo, si ricorda il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, recante “Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’art. 2 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421”. Il decreto è stato successivamente modificato, fino a essere completamente sostituito dal D.Lgs. 28 marzo 2001, n. 165, recante

“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle

amministrazioni pubbliche”.

Con l’adozione del decreto legislativo n. 29/1993 il legislatore ha compiuto la prima privatizzazione del pubblico impiego, sulla scia della riforma del 1983 che ha costituito il primo passo verso l’introduzione della contrattazione collettiva nel campo dell’impiego pubblico.

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S. BATTINI, “Al servizio della Nazione? Verso un nuovo modello di disciplina della dirigenza e del personale pubblico”, op. cit., p. 2.

Il decreto n. 29 del 1993 ha stabilito che i rapporti di pubblico impiego, salvo alcune significative eccezioni, sono regolati dal Codice civile, dalle leggi speciali e dai contratti collettivi alla stregua dei rapporti di lavoro privati31.

Con la riforma del ‘93 il legislatore ha approvato il principio di separazione tra indirizzo politico e gestione amministrativa per tutte le pubbliche amministrazioni32, riservando ai dirigenti l’attività gestionale e di direzione amministrativa ed al ministro il potere di indirizzo e coordinamento politico; agli organi di governo era riservata l’individuazione degli obiettivi generali e dei programmi da realizzare e la verifica della corrispondenza dei risultati dell’attività espletata agli indirizzi impartiti; alla dirigenza spettava la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica.

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Sul piano delle fonti, le norme fondamentali per la disciplina del rapporto di lavoro contrattualizzato nelle pubbliche amministrazioni sono le disposizioni del Codice civile e le leggi sui rapporti di lavoro privato nell’impresa, il D.lgs. n. 165/2001 ed i contratti collettivi di comparto, aggiornati e rivisti dalla cospicua produzione normativa.

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Per “illustrare” il principio di separazione, Battini ricorda la proposta per la Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, allora presieduta dall’on. Nilde Jotti, presentata il 31 marzo 1993 da un gruppo di studiosi, “espressione della migliore scienza giuridica amministrativistica”, e cita Fabio Merusi, Vincenzo Cerulli Irelli, Sabino Cassese.

Si veda, in proposito, S. BATTINI, “Il principio di separazione fra politica e amministrazione in Italia”, Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2012, pp. 2-3.

Si può affermare che si trattava di una scelta di codificare in tutte le pubbliche amministrazioni il principio della separazione tra politica e amministrazione, già introdotto nell’ambito dell’ordinamento delle autonomie locali con la L. n. 142/1990, e del primo tentativo di elaborare un nuovo ruolo dirigenziale, con l’attribuzione della piena responsabilità per il funzionamento delle strutture ed il raggiungimento degli obiettivi, secondo un’autonomia nella gestione del proprio ufficio, al fine del conseguimento degli obiettivi fissati in sede politica.

I principi cardine della riforma, per quanto di interesse, sono i seguenti:

- l’attribuzione dell’autonomia gestionale ed operativa ai dirigenti;

- l’affermazione del principio di responsabilità dirigenziale;

- la semplificazione delle qualifiche dirigenziali: si è passati da tre a due qualifiche, dirigente generale e dirigente;

- la modifica dei criteri di reclutamento e formazione: mutati in modo incisivo, con la riforma della Scuola superiore della pubblica amministrazione, oggi Scuola nazionale dell’amministrazione;

Le finalità del D.Lgs. n. 29/1993 possono essere sintetizzate di seguito: accrescere l’efficienza delle amministrazioni pubbliche, razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenere la spesa complessiva per il personale, diretta e

indiretta, entro i vincoli della finanza pubblica, migliorare l’utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni.

Con il D.Lgs. n. 29/1993, grazie ad una sinergia tra le forze politiche ed il sindacato confederale, con il favore della dottrina, prendeva forma la contrattualizzazione del pubblico impiego33, lasciando qualche problema irrisolto in tema di dirigenza: veniva fissato un doppio regime, una dirigenza cosiddetta “generale”, più vicina ai vertici politici, sottoposta al regime pubblicistico, ed una dirigenza subordinata, “di secondo livello”, con rapporto di lavoro in regime contrattualistico (che verrà successivamente sanato con il D.Lgs. n. 80/1998).

La distinzione delle sfere di competenza tra indirizzo e gestione non ha determinato, comunque, l’interruzione dei reciproci condizionamenti e influenze tra politica e burocrazia, che il legislatore ha inteso disciplinare.

33

L. ZOPPOLI, “Legge, contratto collettivo e autonomia individuale: linee per una riflessione sistematica vent’anni dopo la privatizzazione”, Il Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni, 5, 2013, p. 713 ss.

A distanza di due decenni dal mutamento legislativo connesso all’assetto delle fonti di disciplina del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, nella riflessione di Zoppoli il modello privatistico di regolazione dei rapporti di lavoro pubblico è qualificato come una “grande riforma in via di dileguamento”.

1.3.3 La seconda privatizzazione: i decreti legislativi n. 80/1998 e n.