Musica, tecnica e metafisica Alcune questioni heideggeriane ‘dentro’ la filosofia del limite di Eugenio Trías
1) Pensare la musica: la sfida di Eugenio Trías alla filosofia del XX secolo Non esistono molti lavori a livello internazionale che mettano in relazione il tema della
musica ‘tra’ Martin Heidegger ed Eugenio Trias (1942-2013), unico filosofo spagnolo insignito del Premio Internazionale Friedrich Nietzsche nel 1995, al quale si riconosce l’indiscutibile merito di aver mostrato al pensiero occidentale un cammino inedito, quello della ‘filosofia del limite’ e del ‘logos’ musicale. Le ragioni di questa mancanza di dialogo possono essere numerose, e alcune cercheremo di sondarle in queste pagine.
Ci sembra importante, pertanto, partire da uno dei pochi studi critici che si è interrogato su questa ‘possibile’ relazione: ¿H-E(I)-D-E-G-G-E(R) como material
musical?1 di Susan Campos Fonseca. L’autrice fa notare come Trías, che ha fatto del
‘pensare musicale’, cioè del pensare ‘con’ e ‘attraverso’ la musica, uno degli aspetti più incisivi del suo pensiero, abbia in più occasioni denunciato la tendenza logo-centrica della filosofia occidentale. E proprio per questo abbia preso le distanze anche da Heidegger, che in fondo non ha colto le possibilità musicali del pensiero filosofico.
La filosofia, infatti, secondo Trias, specialmente nel XX secolo, ha privilegiato l’elemento logico-linguistico, dimenticando la matrice greca del pensiero pitagorico e platonico nel quale musica e matematica, in un connubio indissolubile, aprivano alla comprensione del mondo, della natura e dell’esistente, come testimoniano la tradizione medievale e gli studi sull’astronomia2.
Portando avanti l’intuizione della Campos Fonseca, possiamo notare come un esempio lampante – citato ogniqualvolta Trías ‘rimprovera’ di questa dimenticanza il corso del
1 S. Campos Fonseca, ¿H-E(I)-D-E-G-G-E(R) como material musical?, in “A Parte Rei. Revista de filosofía”,
58, Giugno, 2008, Madrid, consultabile sul sito: http://serbal.pntic.mec.es/~cmunoz11/campos57.pdf
2 Basti pensare, come lo stesso Trías suggerisce, al De institutione musica di Boezio, nel quale il filosofo
propone la tripartizione dell’arte dei suoni in musica mundana, musica humana e musica instrumentis constituta, ove la prima indica la musica prodotta dalle sfere celesti e dai movimenti ciclici della natura, la seconda quella dell’anima che comunica col corpo, la terza quella prodotta dalla voce e dagli strumenti. Cfr. S. Vizzardelli, Filosofia della musica, Laterza, Bari, 2007, p. 51.
152 pensiero d’occidente – sia proprio l’ermeneutica del secondo Heidegger, nelle cui riflessioni la parola dell’essere è concepita sempre e solo come ‘parola verbale’, inserita, cioè, in un discorso di tipo esclusivamente linguistico3. La ‘filosofia della Voce’ del
pensatore tedesco, dunque, accompagna sempre come controcanto polemico l’aspra critica che Trías fa al paradigma del lógos linguistico-razionale-verbale privilegiato da Parmenide ai giorni nostri, concepito come sinonimo di parola e di discorso logicamente e linguisticamente strutturato, testimone dell’oblio della possibilità di un pensare e di un dire differenti. Una critica dai toni evidentemente ‘accesi’ alla filosofia heideggeriana compare, per esempio, nell’articolo pubblicato per il quotidiano “El mundo” nel quale, dopo aver passato in rassegna i filosofi che nel XX secolo hanno evitato di porre la musica al centro del loro pensiero (e quindi hanno rotto quel vincolo tra musica e filosofia che in epoca romantica e post-romantica sembrava promettere feconde speculazioni. con Hegel, Schopenhauer, ma anche Nietzsche e Kierkegaard), il pensatore spagnolo scrive:
è semplicemente scandaloso che M. Heidegger, per limitarmi ad un unico esempio, dedichi appena qualche riga alla musica (…). Ed è il filosofo della Voce, dell’Ascolto (…)! Forse è, anche, l’esempio più ovvio di come la foné si sia trovata, nel corso dei secoli, sotto il dominio del Lógos4.
Dinanzi a tale oblio, Trías propone il ritorno «dall’equazione essere-pensare-dire a un’equazione più aurorale», ovverosia ad una logica e ad un pensiero musicali che, affondando le solide radici nella tradizione pitagorica e platonica, si scoprono come dotati di una legittimità, un’autonomia e una specificità che prescindono da quelle linguistiche. Per la comprensione di questo ‘ritorno alle origini’ che non è un mirare nostalgico alle prime tradizioni di pensiero, ma un riflettere critico che apre coraggiosamente la speculazione filosofica a nuove vie. Di questo parla uno dei suoi libri fondamentali,
Lógica del límite5.
Venuto alle stampe in prima edizione nel 1991, Lógica del límite è un libro musicale, un libro di filosofia concepito in forma musicale. L’affermazione può essere intesa e comprovata sfogliando l’indice dell’opera, nella quale l’argomento artistico, declinato secondo le diverse espressioni delle arti delle Muse, si converte in una guida che conduce i suoi lettori attraverso l’affascinante proposta di pensiero di Eugenio Trías: i contenuti, introdotti da un Preludio, sono organizzati in due parti (denominate Prima e Seconda
Sinfonia), a loro volta suddivise in due e quattro movimenti. La scelta del termine
‘Sinfonia’ non è casuale, ma indica l’obiettivo del filosofo spagnolo: compiere una riflessione che armonizzi le diverse arti, nello stesso modo in cui, in una composizione, singole note e frasi musicali si combinano in variabili meravigliose per creare l’incanto dell’opera d’arte. In tale maniera, dalla profondità del pensiero estetico, emergerà come una ‘Atlantide sommersa’6 la sua nuova concezione filosofica, ontologica e topologica.
È alla forma di un pensare ‘in compagnia della musica’ che Trías fa riferimento quando scrive: «ogni filosofo è, in realtà, prima di tutto un compositore»7. Lungi dall’affermare
una commistione poco plausibile tra filosofia e musica, esplicitamente scongiurata dallo stesso Trías, il pensatore spagnolo rinviene nella preoccupazione del filosofo per la disposizione formale e stilistica della sua opera, la stessa attenzione che il compositore dedica all’organizzazione del materiale sonoro, affinché la comunicazione delle intenzioni
3 Ivi, p. 767.
4 E. Trías, El canto de las sirenas, in “El Mundo”, 10 agosto 2005. Si segnala che, per tutte le citazioni di
testi di o su Trías il cui titolo riportato in nota è in lingua spagnola, non esiste la pubblicazione in italiano, pertanto la traduzione è nostra.
5 E. Trías, Lógica del límite, Círculo de Lectores, Barcelona, 2003. 6 Ivi, p. 16.
153 più segrete del loro pensiero (sia esso filosofico o musicale) e dei loro obiettivi risulti ottimale.
Per gli intenti di questo saggio, invece, questa breve citazione viene assunta come indicatrice di quella che probabilmente è stata la più profonda inclinazione filosofica di Eugenio Trías, quell’attenzione verso il pensiero musicale che può considerarsi come il fil
rouge della sua produzione, divenuta più chiaramente manifesta soprattutto nell’ultima
fase del suo pensiero. Tale inclinazione non corrisponde meramente ad un interesse di tipo filosofico-intellettuale, ma rispecchia anche una spiccata sensibilità umana e personale, di cui ci offrono un’indubbia testimonianza le seguenti righe, dense di emotività e poesia, contenute nel testo autobiografico El árbol de la vida:
La musica classica, nel bene o nel male, segnò il mio già intimo, riflessivo e contemplativo carattere in un perpetuo raccoglimento lirico e meditativo che mai ho potuto modificare. O, forse, non ho voluto farlo, poiché costituisce, difatti, qualcosa come la mia seconda natura: la mia propria maniera di essere8.
La filosofia si arricchisce con l’essere ‘in compagnia della musica’, perché, come lo stesso filosofo ha scritto, l’arte dei suoni «non è solo semiologia degli affetti, ma anche intelligenza e pensiero musicale dotato di pretesa conoscitiva propria»9, divenendo
modalità di conoscenza, vera gnosis. Una conoscenza con valenza ‘gianica’ perché non apre solo al razionale, ma scolpisce, allo stesso tempo, le forme del tempo conducendo i suoi ascoltatori nel mondo dell’irrazionalità delle sfrenate danze dionisiache, divenendo, anche in questo caso, forma di conoscenza e di ‘reminiscenza’, come si vedrà meglio in seguito.
Quale allora il possibile collegamento con Heidegger? Nonostante il pensatore tedesco, come il filosofo barcellonese ha chiaramente ammesso10, abbia sicuramente segnato più
di altri la sua speculazione, divenendo inevitabile punto di riferimento, di confronto (e talvolta di scontro) con la sua filosofia, i due autori sembrano non avere nulla da ‘dirsi’, se non per distanza e differenza.
Il saggio di Susan Campos Fonseca fa una scelta precisa e, partendo dalla brillante tesi di dottorato di Tung-Lun Lin, The Heidegger Collection11 prova a rispondere alla critica
che il filosofo spagnolo volge al pensiero occidentale ed in particolare a quello heideggeriano: la dimenticanza della musica come forma di pensiero e di conoscenza. Presentando The Heidegger Collection (che la che la Campos Fonseca ha definito, con ragione, ‘l’epopea del Dasein’ messa in musica dal compositore di origini orientali) l’autrice mostra come di fatto il pensiero filosofico di Heidegger possa essere ‘trasposto’ in forma musicale12. La composizione di Tung-Lun è, cioè, secondo la Campos Fonseca
8 Id., El árbol de la vida, Ediciones Destino, Barcelona, 2003, p. 28.
9 Id., Il canto delle sirene. Argomenti musicali, Marco Tropea Editore, Cles (TN), 2009.
10Cfr. l’intervista per la rivista “OZONO” in “A Parte Rei. Revista de filosofía”, 51, maggio, 2007, p. .
Consultabile sul sito: http://serbal.pntic.mec.es/~cmunoz11/Trías51.pdf
11 Lin Tung-Lun, The Heidegger Collection, Dissertation prepared for the Degree of Doctor of Musical Arts
(Musical Composition) August, 2000, University of North Texas. La consultazione è possibile al sito:
http://heidegger.50megs.com/heidegger.htm; parte della Dissertazione è stata tradotta in questo stesso
numero di “Logoi”
12The Heidegger Collection è un componimento musicale che consta di cinque movimenti, ciascuno dei
quali deriva da un concetto chiave di Essere e Tempo (1927), avente la finalità di fornire un’idea complessiva dell’opera heideggeriana attraverso la via musicale: State-of-Mind, Idle-Talk, Moment-of- Vision, Dread, e Being-towards-the-End sono i titoli dati da Tung-Lun alle cinque partiture da lui composte. Queste sono precedute da un saggio esplicativo dei contenuti, degli obiettivi, del processo creativo e delle indicazioni esecutive del loro compositore. Lo stile di ciascun movimento richiama lo stato d’animo suggerito dalla lettura del capolavoro del filosofo di Messkirch. Del resto, come Tung-Lun Lin ha esplicitamente scritto, il suo obiettivo è «chiarire la relazione tra la filosofia di Heidegger e il mio linguaggio musicale; esporre la possibilità di una ontologia della musica basata sulla filosofia di Heidegger e discutere
154 l’esempio di una musica che situa la speculazione filosofica nel cuore della sua essenza, facendosi essa stessa linguaggio e pensiero filosofico. Certo questo non dimostra né la musicalità del pensiero heideggeriano, né un suo rapporto intrinseco con la musica, ma è un sentiero che dà a pensare.
In queste pagine, però, abbiamo fatto un’altra scelta. Abbiamo pensato l’articolo come una sorta di ‘Preludio’ ad alcune pagine di Trías, tratte rispettivamente da Arte, técnica y
metafísica (capitolo contenuto nel Primo Movimento della Seconda Sinfonia di Lógica del límite) e da Il canto delle sirene. Abbiamo scelto queste pagine perché in esse, in
maniera più evidente rispetto alle altre, Trías si confronta con alcuni concetti heideggeriani e mostra quanto siano stati importanti per la costruzione del suo procedere ‘pensando in compagnia dell’arte dei suoni’. Stiamo parlando di temi come quello della tecnica, dell’arte, della metafisica, del rapporto tra razionale e irrazionale, del superamento tra dimensione tecnologica e dimensione poietica.
Cercheremo di mostrare come Trías, proprio assumendo la lettura heideggeriana dell’essenza della tecnica e il suo rapporto con la metafisica, cerchi una risposta al di là di delle provocazioni heideggeriane, giungendo quindi ad una declinazione particolare del rapporto tecnica/arte, all’interno di una rinnovata metafisica ‘del limite’.
Una sorta di ‘Invenzione a due voci’, un dialogo ricostruito a posteriori, dunque, su alcune tematiche fondamentali per entrambi i pensatori; nella consapevolezza che il ‘focus’ di queste pagine, la voce principale resta quella di Trías, e Heidegger solo un controcanto nascosto. E nella certezza che numerose altre consonanze e dissonanze tra i due filosofi necessiterebbero ulteriori approfondimenti.
2) I due cammini della tecnica: la riflessione su Heidegger come via per la