Detto e non detto del dialogo tra Heidegger e Krämer-Badon
5) La ‘teoria’ in quanto estetica e meditazione sull’essenza di arte e tecnica Heidegger si sofferma anche sulla diversità dei motivi per cui Über Grund und Wesen
der Kunst e Der Urspung des Kunstwerkes affermano che l’arte non va considerata a
partire dal godimento (Genuss). Nel suo libro Krämer-Badoni scrive che in ambito artistico «i concetti di piacere, gioia, felicità, godimento […] sono in senso stretto superflui»72. I
sentimenti che essi designano e i loro contrari riguardano solo la prassi quotidiana e sono legati all’andamento della lotta contro il destino. Il trasferimento in una dimensione sottratta alla sua influenza – la sfera della «pura intenzionalità» dell’opera d’arte – porta con sé gioia e implica il superamento della negazione, ma i concetti di godimento e di sofferenza non hanno più alcun senso se rapportati al mondo dell’opera in quanto tale. Altrettanto superfluo e inappropriato, quando viene riferito all’arte, è il concetto di bellezza, che esprime soltanto la sensazione di gioia e di felicità generalmente connessa alla liberazione dalla sofferenza73.
Heidegger non può condividere tali idee perché per lui la bellezza non ha nulla a che fare con il godimento estetico, bensì è «un modo dell’apparire, vale a dire […] della verità»74
dell’essere. L’opera d’arte è ‘bella’ e la sua ‘sfera’ non è ‘sottratta al destino’ (schicksallos) – come ritiene Krämer-Badoni –, in quanto essa è lo storicizzarsi stesso dell’essere, che si ‘destina’ all’uomo: è il dispiegarsi della sua verità. Ciò non implica – come è sostenuto in
Über Grund und Wesen der Kunst – che «lo heideggeriano ‘porsi-in-opera della verità’ sia
affine allo hegeliano ‘apparire sensibile dell’idea’»75 e che Heidegger non affermi nulla di
nuovo rispetto all’Estetica di Hegel. Nella sua lettera egli sostiene di non poter ‘fermarsi’ a Hegel a causa dell’«abissale differenza nella determinazione dell’essenza della ‘verità’»76
rispetto al filosofo dell’idealismo assoluto, che intende la verità come ‘certezza’ e la definisce in base al soggetto che si auto-rappresenta, non a partire dall’essere stesso77.
‘si’ pone in opera (nell’arte), bensì il creare e il fruire dell’arte è l’unica ‘capacità’ dell’uomo di superare […] la finitudine della sua esistenza, e inoltre: di superarla solo simbolicamente».
71 R.A. Bast, Ein Brief Martin Heideggers an Rudolf Krämer-Badoni, cit., p. 178 (tr. it. p. 89). 72 R. Krämer-Badoni, Über Grund und Wesen der Kunst, cit., p. 68. Cfr. anche pp. 36, 67.
73 Cfr. ivi, pp. 69-70, e R. Krämer-Badoni, Zwischen allen Stühlen, cit., pp. 173-174, dove Krämer-Badoni
dichiara di non aver scritto un’estetica perché il suo intento non era quello di indagare ‘il bello’.
74 R.A. Bast, Ein Brief Martin Heideggers an Rudolf Krämer-Badoni über die Kunst, cit., p. 178 (tr. it. p. 89).
Heidegger considera il legame tra verità, essere e bellezza talmente essenziale che dal suo punto di vista le ‘opere’ tecniche, sebbene perfettamente riuscite, non possono essere ‘belle’ (cfr. GA 76, pp. 386-388; tr. it., pp. 739-743).
75 R. Krämer-Badoni, Über Grund und Wesen der Kunst, cit., p. 184.
76 R.A. Bast, Ein Brief Martin Heideggers an Rudolf Krämer-Badoni, cit., p. 179 (tr. it. p. 91).
77 Heidegger approfondisce questa problematica nella conferenza Hegel e i Greci, a cui rinvia nella lettera a
Krämer-Badoni (cfr. ivi, p. 178; tr. it., p. 87). Nel suo discorso il pensatore prende le mosse dalla concezione hegeliana della verità per mostrare che essa condiziona l’interpretazione del pensiero greco elaborata dal filosofo dell’idealismo assoluto. Per Hegel lo stadio della filosofia greca è quello della prima manifestazione dello Spirito, in cui esso appare come qualcosa di ‘astratto’ e di ‘non ancora’ mediato, nella maniera che è propria a ciò che è bello. Secondo Hegel «lo stadio della filosofia greca, […] come stadio della bellezza, non è
108 La sua citazione, alla fine del saggio del 1936, della tesi hegeliana secondo cui l’arte è qualcosa di ‘passato’ non significa che egli condivida l’Estetica di Hegel. Contro la concezione hegeliana secondo cui l’arte è ormai superata dalla filosofia Heidegger ricorda l’affermazione posta all’inizio di Über Grund und Wesen der Kunst: «L’arte vive – anche quanto la teoria avvizzisce»78. Egli invita però Krämer-Badoni a riflettere sul fatto che per
‘salvare’ l’arte non basta sostenere che essa non è una semplice tappa del cammino dello Spirito, distinguendola dalla conoscenza teoretica, ma bisogna problematizzare la stessa ‘teoria’. Rimanda quindi lo scrittore alla sua conferenza Scienza e meditazione (1953), dove è ricostruita la genealogia del concetto di ‘teoria’ a partire dalla ‘ εω ία’ greca, atteggiamento che consiste nel guardare l’«aspetto sotto cui l’ente presente appare» e, in senso più originario, nel «guardare, custodendola, la verità»79.
Nella lettera Heidegger sostiene che solo recuperando questo senso originario di ‘teoria’ (in base al quale egli modella il suo ‘pensiero meditante’) è possibile «‘condurre al linguaggio’ ‘l’arte’»80, cioè svelarne l’essenza. Manifestando una certa stima per il libro di
Krämer-Badoni, afferma che esso non fa parte di quegli scritti contemporanei che si limitano a ‘informare’ sul fenomeno artistico e che, invece di agevolarne la comprensione, finiscono per impedirla. Riprende così riflessioni ampiamente sviluppate in altri scritti, dove lamenta, oltre alla mancanza di una riflessione sul fenomeno artistico che non sia di natura ‘extra-artistica’ o ‘estetica’81, l’‘assenza’ di un’arte capace di lasciar dispiegare la
verità dell’essere, costituendo il punto di riferimento di un mondo storico82. Concorda con
Krämer-Badoni sul fatto che l’arte non dovrebbe essere classificata tra le ‘attività culturali’ (Kulturbetrieb)83, ma nota che oggi essa è considerata soltanto come un diversivo
piacevole, che intrattiene e distrae. Chiedendosi quale sia allora l’«appartenenza» dell’arte
ancora lo stadio della verità» (M. Heidegger, Hegel und die Griechen [Hegel e i Greci], in GA 9, pp. 438-439; tr. it., p. 386. Cfr. anche pp. 433-434, 438-439; tr. it. pp. 381-382, 385-386). Heidegger ritiene che Hegel possa dire questo soltanto perché intende la bellezza in modo estetico e la verità in modo metafisico.
78 R. Krämer-Badoni, Über Grund und Wesen der Kunst, cit., p. 9. Heidegger si richiama a
quest’affermazione in R.A. Bast, Ein Brief Martin Heideggers an Rudolf Krämer-Badoni, cit., p. 178 (tr. it. p. 89).
79 M. Heidegger, Wissenschaft und Besinnung (Scienza e meditazione), in GA 7, pp. 46-47 (tr. it., p. 33).
Heidegger rileva che la parola ‘ εω ία’ è composta da ‘ έα’ (l’aspetto in cui qualcosa si mostra, il suo εἴ ος) e ο άω (il guardare e considerare con rispetto qualcosa). Egli rinvia alla sua conferenza in R.A. Bast, Ein Brief Martin Heideggers an Rudolf Krämer-Badoni, cit., p. 182 (tr. it. p. 95).
80 R.A. Bast, Ein Brief Martin Heideggers an Rudolf Krämer-Badoni, cit., p. 182 (tr. it. p. 95).
81 Cfr. M. Heidegger, Zur Überwindung der Aesthetik, cit., p. 7 (tr. it., p. 45); Die Unumgänglichkeit des Da-
seins, cit., p. 8 (tr. it., pp. 55, 57). Heidegger ha qui presente la reazione che si realizza in ambito artistico all’inizio del Novecento: se da una parte l’atteggiamento estetico è portato alle sue estreme conseguenze mediante il potenziamento dell’arte ‘pura’ fino alla dissoluzione dell’opera nel flusso dell’energia vitale inconscia e primitiva (surrealismo e dadaismo), dall’altra parte gli artisti tentano una riconciliazione con il mondo percepito (cubismo, futurismo ed espressionismo), o addirittura un intervento che lo modifichi (costruttivismo russo, De Stijl, Bauhaus). Ma nella seconda metà del secolo la progressiva dissoluzione del concetto tradizionale di ‘opera’ finisce per rendere l’arte un concetto meramente convenzionale. Contro il tentativo di condurre l’arte a un mutamento essenziale dall’esterno Heidegger afferma che «sull’arte può decidere solo l’arte (non una riflessione e una pianificazione extra-artistica)» (GA 76, p. 377; tr. it., p. 725. Cfr. p. 378; tr. it., p. 727): «Lo storico dell’arte cambia la storia dell’arte. Ma solo l’artista trasforma l’arte» (GA 97, p. 452).
82 Cfr. GA 65, pp. 503-505 (tr. it., pp. 483-485); M. Heidegger, Besinnung, hrsg. von F.-W. von Herrmann,
GA 66, 1997, pp. 30-40.
83 Heidegger pone in relazione la valutazione dell’arte come manifestazione culturale a cui attribuire un
valore educativo con la sua ‘politicizzazione’. Cfr. al riguardo GA 65, p. 507 (tr. it., p. 468); M. Heidegger, Das Verhältnis des heutigen Menschen zur Kunst (Il rapporto dell’uomo odierno con l’arte), in GA 16, p. 521 (tr. it., p. 583); Überlegungen II-VI (Schwarze Hefte 1931-1938), hrsg. von P. Trawny, GA 94, 2014, p. 497 (tr. it. di A. Iadicicco, Quaderni neri 1931-1938 [Riflessioni II-VI], Bompiani, Milano 2015, p. 649); GA 95, pp. 99, 119, 132, 134-137, 150 (tr. it., pp. 132, 159-160, 178, 181-184, 201-202).
109 («È essa stessa capace di determinare il suo luogo e la località dell’uomo?»84), egli lascia
intendere che solo il ‘pensiero meditante’ è capace di ‘localizzare’ l’arte contemporanea, cioè di capire la sua situazione nell’epoca della metafisica compiuta.
Nei suoi scritti degli anni Cinquanta, Heidegger dichiara più volte che nell’epoca della tecnica il ‘disvelamento producente’ della ‘poesia’ in senso lato sembra definitivamente occultato dal ‘disvelamento provocante’ dell’imposizione; si ha così l’impressione che l’arte si dissolva nella tecnica. Ciò rende necessario porre la domanda sull’essenza dell’arte insieme a quella sull’essenza della tecnica85, al fine di riconoscere il mondo tecnico come
un ‘destino’ dell’essere e di restituire all’arte la sua capacità disvelante, il suo carattere veritativo. Riferendosi al paragrafo di Über Grund und Wesen der Kunst in cui si legge che egli «trascura intenzionalmente l’epoca dell’arte astratta», scrive di non essersi pronunciato su questo genere artistico perché una sua adeguata trattazione non sarà possibile «finché non si sarà chiarita in modo sufficiente l’essenza della tecnica, ovvero l’essenza della verità […] che emerge con essa»86.
Heidegger conclude la sua lettera manifestando ancora una volta la sua gratitudine verso Krämer-Badoni per l’invio di Über Grund und Wesen der Kunst (da cui sostiene di aver «imparato molto»87) e augurandosi di poter discutere di persona con lo scrittore delle
questioni ivi trattate.
6) La replica di Krämer-Badoni e la ‘modificazione della domanda di Hegel’