Dopo la Pace di Aquisgrana del 1748, lasciate alle spalle le Guerre di Successione polacca e austriaca e rinsaldato il potere dell’Imperatri-ce Maria Teresa d’Asburgo, riconosciuto ora dalle potenze europee, Vienna tornò a occuparsi di Trieste con rinnovato interesse, rilancian-do ancora una volta l’idea di fare della città il centro dei traffici tra Penisola italiana, Europa continentale e Levante e, di conseguenza, di privare Venezia di quei flussi. Le politiche immaginate per il rilancio della città erano vaghe e nel contempo vaste e si incentravano sulla costruzione di infrastrutture adeguate e su generici sviluppi dei
merci ad ampio spettro e coloro i quali si assumevano l’incarico di concretizzare i piani imperiali erano motivati ad agire per lo stimolo di propri interessi personali e di altri interessi coinvolti nei piani ide-ati. Infatti, come accadeva solitamente nella corte asburgica, i diversi progetti erano proposti, sostenuti e gestiti da famiglie aristocratiche, membri dell’alta burocrazia, finanzieri e imprenditori connessi ai progetti stessi e alle aree in essi incluse. Per quanto concerne Trieste, almeno a partire dalla metà del secolo, questi, anche attraverso la me-diazione della burocrazia periferica e reti di relazione pure clientela-ri, dialogavano e interagivano con il nuovo ceto mercantile14.
In questi anni protagonista nella crescita di Trieste fu, come abbiamo accennato, il conte boemo Rudolf Chotek, appunto legato alle sorti della città anche per i suoi investimenti e interessi privati. Si dice-va, infatti, che partecipasse, come finanziatore, all’attività di diver-si mercanti e gruppi finanziari internazionali: ad esempio, a quella della ditta Brentano Cimaroli e Venino, che abbiamo già incontrata e che era annoverata tra le più importanti banche di Vienna, a quella della Compagnia privilegiata di Trieste e Fiume e, quindi, dei Pro-li, banchieri di Anversa, che erano tra i principali sostenitori della Compagnia e pure a quella del mercante ortodosso, proveniente da Cipro e residente a Trieste, Pietro Cornioli15. Secondo l’ambasciatore veneziano presso la corte asburgica, il Conte sosteneva il commercio più con i denari investiti che con le capacità personali. Tuttavia non vi è dubbio che due traffici di cui fu protagonista, quello dei cereali e dei talleri d’argento, si rivelarono essenziali per lo sviluppo di Trieste, sia per il ruolo strategico che ebbero nei meccanismi del porto, sia per il valore mobilitato e la ricchezza prodotta e sia per gli attori che ne erano protagonisti e le reti che attraverso questi coinvolsero la città16. Infatti, Chotek era una delle più influenti personalità nell’apparato del governo di Maria Teresa, raccoglieva nelle sue mani molte pre-stigiose cariche e i patrizi di Trieste si riferivano a lui come «gran
14 Si veda l’Haupt Resolution di Maria Teresa del 29 novembre 1749 in Kandler 1864, 159-181 e ASV, IS, 1265, 11 aprile 1750.
15 Sugli interessi di Chotek ASV, IS, 763, 25 maggio 1752 e 1265, 9 febbraio 1754 e SD, Germania 260, 20 aprile 1754 e Dickson 1987, II, 34. Su Cornioli Andreozzi 2014c, 89-91. Su Brentano Cimaroli e Venino, Dickson 1987, I, 158.
ministro delle finanze» e «supremo direttore del commercio»17. So-prattutto era a capo della Banca di Vienna, che formalmente era un’istituzione di credito indipendente ma in realtà era un organo di governo, e presidente del Direttorio del Commercio che di fatto, ol-tre ad avere responsabilità sullo sviluppo di Trieste, aveva autorità sull’intera economia imperiale, dal commercio, alle manifatture e agli aspetti finanziari. Nel corso degli anni Cinquanta il Direttorio e il suo Presidente aumentarono la loro influenza a corte e nel quadro della geografia del governo asburgico, anche per l’urgenza dei bisogni fi-nanziari dell’Impero acuitasi ulteriormente in seguito allo scoppio, nel 1756, della Guerra dei Sette Anni. Sommando le competenze delle sue cariche, il Conte assunse un ruolo determinante nella gestione del bilancio dello Stato, sul punto di essere travolto dalle spese belliche, con emissioni di credito pubblico per milioni di fiorini, espedienti fi-nanziari, dazi e tassazioni e in stretta connessione con i circuiti finan-ziari dei Paesi Bassi Austriaci e di Vienna. In tali circuiti, per i legami con Trieste, spiccavano appunto i Proli, Brentano Cimaroli e Venino e Johann Fries, che incontreremo presto18. Se tali fili collegavano il porto franco ai circuiti finanziari internazionali, a corte il Boemo si confrontava con i fluidi e conflittuali schieramenti di potere e interes-si in competizione per il favore della sovrana e il controllo dello Stato e delle politiche, mirando alle risorse materiali e immateriali che que-sti assicuravano, all’interno di una scena politica caratterizzata, con le parole di Peter George Muir Dickson, da «muddle and intrigue»19. In tale contesto, tra quanti erano più legati alle vicende triestine anche attraverso catene clientelari, a corte Chotek si confrontava, nel quadro di schieramenti variabili, con il potente cancelliere di Stato Wenzel An-ton Kaunitz, che tanta parte aveva avuto nello scoppio della Guerra, e il conte Ludwig Zinzendorf, da questo ‘protetto’. Così, per queste vie,
17 AST, IC, 36, 10 ottobre 1749.
18 Sulla carriera di Chotek (1706-1771), la Banca di Vienna, il Direttorio e i rapporti con i circuiti finanziari vedi Dickson 1987, I, 220-230 e 346-347 e II, 30-36 e 295-299. Sulla Banca di Vienna anche Adler 2020, 89-92. Sui Proli Dickson 1987, I, 190-203.
19 Dickson 1987, II, 77. Sulle relazioni di corte e i rapporti tra queste e le pratiche di governo si veda Elias 2010; Álvarez-Ossorio Alvariño 2002; Favarò 2019; Trevor 1994, 425-447 e Fantoni 1994, 449-446.
gli intrecci di vita che avvenivano a Trieste si trovarono a essere densa-mente connessi agli arcana imperii della corte di Vienna20.