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I populismi di sinistra: un nuovo modo di guardare alla politica europea Come detto all’inizio di questo capitolo, l’emergere di istanze populiste non sempre

sono giudicate come un pericolo o un danno per la democrazia. Questo è il punto di vista della politologa Mouffe (2018), la quale ritiene che il populismo, nello specifico quello di sinistra, possa rappresentare un’occasione per rivitalizzare gli ideali di uguaglianza e giustizia sociale attraverso una “radicalizzazione” del processo democratico, da intendersi come un rafforzamento e un estensione dello stesso, recuperando forme di antagonismo politico basate sulla mobilitazione degli affetti e la creazione di una volontà collettiva, un “noi” da opporre a un nemico comune103. Quindi, così come i populisti di destra, anche quelli di sinistra basano

101 Facebook, profilo ufficiale Vox España, https://www.facebook.com/vox.espana/. 102 Mastropaolo A, Mastropaolo A op.cit. p. 8.

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la loro strategia di azione sulla costruzione di un popolo, ma non più inteso come un entità omogenea e chiusa nei limiti della comunità nazionale, ma come un corpo costituto da una «catena di equivalenze tra le domande dei lavoratori, degli immigrati, della classe media precaria, della comunità LGBT»104. Diverso è anche

il modo di contestare il sistema di potere esistente, infatti se spesso la destra punta all’instaurazione di «forme autoritarie di neoliberalismo di stampo nazionalista» volte a indebolire la democrazia stessa, la sinistra populista non si pone come obiettivo «una rottura radicale di tipo rivoluzionario o una rifondazione totale» delle istituzioni quanto piuttosto l’ampliamento a tutti gli ambiti delle relazioni sociali delle garanzie e dei valori riconosciuti dalle Costituzioni liberali, primo fra tutti il principio di sovranità popolare105. Il raggiungimento di tale scopo implica necessariamente «uno scontro con gli interessi economici dominanti, ma non una rinuncia ai principi liberaldemocratici di legittimità» e ciò permette di differenziare queste forze politiche sia da quelle dell’ ”estrema sinistra” che dallo «sterile riformismo dei social-liberali che inseguono una semplice alternanza nel governo»106. Il loro progetto non consiste quindi nella formazione di un nuovo “regime populista” adatto a perseguire uno specifico ed elaborato programma di governo, ma nella creazione di «soggetti popolari» che siano in grado di riformare profondamente il carattere rappresentativo delle democrazie europee promuovendo modalità alternative di partecipazione adatte a favorire un coinvolgimento più attivo della cittadinanza107. Questo spiega il carattere trasversale di tali movimenti che

devono il loro successo alla capacità di organizzarsi partendo dal locale abbattendo barriere ideologiche e di classe e stabilendo relazioni orizzontali tra una leadership carismatica, ma non autoritaria, e gli iscritti che vedono nel capo politico un

“primus inter pares” a cui è attribuita la funzione di «cristallizzazione degli affetti

condivisi»108. Ciò che contraddistingue un leader di sinistra è infatti, secondo l’autrice, la sua abilità nel calarsi nei panni degli elettori che rappresenta, dimostrando di essere in grado di comprendere le loro esigenze ed emozioni e al tempo stesso di offrire una proposta politica che non si limita a denunciare la realtà, ma che propone anche una visione del futuro ricavata da quel “senso comune”

104 Mouffe C. op. cit. p. 23. 105 Mouffe C. op.cit. p.35. 106 Mouffe C. op.cit. p.39. 107 Mouffe C. op.cit. p.63. 108 Mouffe C. op.cit. p.56

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troppo spesso ignorato dagli establishment nazionali e comunitario109. Alla crisi di legittimità dei partiti e della rappresentanza tradizionale non tutti reagiscono però allo stesso modo e, come sostenuto da Sorice (2018), con quanto descritto fino a ora è possibile fare riferimento solo al «populismo sociale o democratico» tipico dei soggetti antagonisti e contrari all’austerità economica, mentre nella maggior parte dei casi accade che il richiamo alla “partecipazione dal basso” si rivela essere una mera strategia comunicativa adottata non per favorire le possibilità di espressione della volontà popolare, ma al contrario per costringerla in strumenti plebiscitari e di democrazia diretta, quali i referendum, che consentono al leader di essere riconosciuto come «iper-rappresentante degli interessi del popolo» contrapposti a quelli del «non popolo» costituito, a seconda delle declinazioni ideologiche, dalle élite, dagli stranieri o in generale dalle minoranze sociali110. Questa forma di «leaderismo autoritario» e la sua variante rappresentata da quei politici che si autodefiniscono come “nuovi”, ma «che di fatto sono un esempio di populismo dall’alto o di populismo di governo», sono conseguenze del processo di depoliticizzazione associato a una sempre maggiore congruenza tra il ruolo di cittadino e quello di elettore, per cui costui non viene realmente coinvolto nella vita politica del proprio Paese, ma solamente consultato nel momento in cui vi è il bisogno di ratificare decisioni già prese altrove, nelle sedi della finanza internazionale o di organi di potere sovranazionali111. La necessità di recuperare

quella sovranità di cui si sentono privati, spinge infatti i cittadini ad affidarsi a coloro che promettono di guidarli nella costruzione di un nuovo progetto politico rivoluzionario rispetto al passato e basato sul recupero delle identità perdute, senza però considerare che le soluzioni loro proposte rientrano nel solco di una politica tradizionale che non riesce a sfuggire a una «sostanziale anestetizzazione della partecipazione popolare»112. Tutto ciò contribuisce ad accrescere i sentimenti di «disaffezione pubblica e apatia sociale» e a originare un circolo vizioso fatto da

109 Mouffe C. op.cit. pp.59-60.

110 Sorice M. (2018), I populismi e la partecipazione politica, in Anselmi M., Blokker P, Urbinati N., (a cura di), “Populismo di lotta e di governo”, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano, pp. 144-146.

111 Sorice M. op. cit. pp. 146-147. 112 Sorice M. op. cit. pp. 141-142.

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pratiche e sentimenti di “antipolitica”, tradotta nel rifiuto della rappresentanza liberale, alla quale si pensa di poter rinunciare sostituendola con le nuove forme di «iper-rappresentanza» viste sopra113.

Grafico n.22

Approcci neoliberisti, populismi e depoliticizzazione 114

113 Ibidem.

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Come accennato nel capitolo precedente, numerosi sono i movimenti di centro e sinistra che hanno contribuito a innovare la politica europea facendosi portatori della necessità di modificare il modello di sviluppo economico e sociale ispirandosi ai valori ecologisti e socialisti, proponendo nuove modalità di esercizio del diritto di voto e di organizzazione delle strutture partitiche per consentire di avvicinare il popolo alla “casta” che lo governa o sostenendo una riforma in senso liberale e progressista del progetto di integrazione. Ma, come evidenziato da Mouffe e Sorice, le strade per raggiungere questi scopi sono molteplici e questo permette di distinguere tra Podemos o la France Insoumise, considerati dalla politologa belga come due ottimi esempi di populismo di sinistra secondo i canoni da lei individuati, e altri attori anti-establishment che ancora faticano a trovare una collocazione specifica, finendo talvolta per adottare forme di leaderismo autoritario, così come visto per il ceco ANO 2011.

Programma de La France Insoumise per le elezioni europee del 2019115

115 La France Insoumise, Changer De République Pour Faire Place Au Peuple, testo disponibile all’URL: file:///C:/Users/damam/OneDrive/Desktop/cap%204%20populismi/Livret- constituante_vdef.pdf.

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Piattaforma politica e valoriale di ANO 2011 116