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Potenzialità e limiti del report proposto

2.2. L’analisi degli scostamenti secondo il modello adottato [7]

2.2.4 Potenzialità e limiti del report proposto

Il bilancio di periodo costituisce un potente strumento per il controllo di gestione. I suoi valori possono essere analizzati sia mediante la creazione di indici ad hoc (indici di bilancio), ma anche attraverso la loro giustapposizione con altri valori omogenei, come quelli di budget, di forecast o di consuntivo riferiti a periodi precedenti o ad unità organizzative distinte da quella in analisi.

Su questo secondo aspetto, introducendo una forma di report che costituisce il frutto di un approccio integrato all’analisi di bilancio e al calcolo degli scostamenti. Più in particolare, il report proposto costituisce una sorta di cruscotto in grado di porre a sistema tutte le variazioni di bilancio ed i relativi sottoscostamenti, aggregando quest’ultimi sia per singola riga di bilancio, in modo da poter procedere a un’analisi orizzontale sulla rispettiva voce, sia per “dimensione”, in modo da attuare un’analisi verticale sugli effetti generati da specifiche politiche aziendali.

Il report descritto potrebbe essere utilizzato contestualmente con la più tradizionale reportistica economico-finanziaria per segmento, dal momento che entrambi utilizzano la medesima base di dati.

Naturalmente sono del tutto evidenti i limiti della procedura di elaborazione del report in questione. Più in particolare, a nostro modo di vedere, crediamo che le debolezze del report proposto siano sostanzialmente due.

La prima risulta connessa al procedimento di disaggregazione dei valori contabili in base alle specifiche determinanti che ne condizionano l’andamento.

Trattando le formule per il calcolo degli scostamenti ne abbiamo sottolineato il grado di indeterminazione, derivante sia dalla possibilità di scegliere procedimenti alternativi di calcolo dei sottoscostamenti, sia dalla impossibilità di ricondurre in modo oggettivo, attraverso l’uso di formule matematiche, ogni variazione economico-finanziaria all’andamento di specifiche determinanti. Considerando questo secondo punto, il report proposto e, più in generale, l’analisi degli scostamenti, presentano i medesimi limiti degli strumenti finalizzati al calcolo dei risultati particolari.

Come è stato più volte sottolineato negli studi di economia aziendale, i fatti aziendali sono tutti intimamente coordinati rispetto al fine economico e la scissione contabile dei risultati gestionali, effettuata sia nel tempo, con le chiusure di periodo, sia nello spazio per la determinazione dei risultati di particolari aree organizzative, rischia di essere uno

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strumento fuorviante rispetto ai processi decisionali, qualora non sia applicato con le dovute accortezze.

Tuttavia, per esigenze di comunicazione economico-finanziaria, le aziende effettuano periodicamente chiusure contabili per poter valutare il reddito di esercizio ed il capitale di funzionamento.

Nel calcolo degli scostamenti il riferimento di variazioni economico-finanziarie a specifiche determinanti, quali efficienze interne, esterne, volumi di attività, politiche di portafoglio e tempi medi di investimento/finanziamento, è caratterizzato soprattutto da incertezze di imputazione o, per usare un altro termine, da indeterminazione. In effetti, così come i costi generali di produzione sono riferibili soltanto in maniera arbitraria alle singole tipologie di prodotto, una varianza complessiva, come ad esempio quella di fatturato, è riferibile alle singole determinanti, quantità di vendita, mix mercato/marchio/prodotto e prezzo, soltanto utilizzando criteri di «allocazione» soggettivi, la cui correttezza non è valutabile ex post.

La seconda debolezza del report presentato risulta connessa al procedimento di aggregazione dei sottoscostamenti calcolati, anch’esso caratterizzato da un certo grado di indeterminazione nei valori così ottenuti.

Tale indeterminazione deriva in primo luogo dall’aggregazione dei vari sottoscostamenti tra le diverse destinazioni, quali le politiche di portafoglio, quelle di espansione o contrazione del giro d’affari, quelle commerciali e di produzione, non considerando i forti legami che uniscono questi gruppi di operazioni. Così, almeno con riferimento al caso in esempio, la distinzione degli effetti derivanti dalle politiche di portafoglio mercato da quelli generati dalle scelte di portafoglio marchio/prodotto rischia di portare ad una lettura disgiunta di due fenomeni strettamente connessi. La vendita di maggiori quantitativi di una combinazione marchio/prodotto meno performante, all’interno del mercato più redditizio, causa una varianza di mix marchio/prodotto complessivamente negativa e, al contempo, una di mix mercato positiva. Tra questi due risultati potrebbe, tuttavia, sussistere una relazione di causa- effetto tale da inficiare una loro lettura disgiunta.

In secondo luogo, l’indeterminazione connessa a questo procedimento di aggregazione deriva anche dall’impiego di un tasso fittizio di onerosità delle fonti di finanziamento per la stima degli oneri finanziari, ottenuti alternativamente con l’impiego di un tasso storico riferito al capitale di terzi o al capitale investito, oppure con l’applicazione di un tasso marginale prospettico, oppure ancora con un tasso volto ad esprimere i mancati

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guadagni derivanti dalla perdita di un’opportunità di investimento. La scelta di tassi diversi genera inevitabilmente oneri finanziari di importi altrettanto diversi, nessuno dei quali potrà essere ritenuto corretto.

Se pur alla luce delle debolezze citate, dobbiamo comunque riconoscere l’importante funzione ricoperta nel mondo aziendale dal calcolo dei risultati particolari, soprattutto per quanto riguarda il supporto decisionale. In merito ai percorsi di indagine discussi in questo lavoro crediamo che essi debbano essere utilizzati, come gli altri strumenti di contabilità analitica, non con una logica deterministica, cioè associando alla lettura delle informazioni da essi fornite un’immediata azione gestionale, ma con una logica incrementale, procedendo quindi con successive elaborazioni e analisi dei medesimi dati, integrando le informazioni ottenute con quelle provenienti da altre fonti, raccogliendo non soltanto valori contabili, ma anche informazioni qualitative, attinenti l’organizzazione interna, il mercato, la strategia.

In sostanza, il report proposto, completamente incentrato sull’analisi interna di un’azienda secondo una prospettiva temporale, dovrà essere inserito in un più ampio quadro di controllo gestionale, in cui sono impiegati strumenti di monitoraggio esterno, come l’analisi della concorrenza, eventualmente svolta anche attraverso lo studio di dati di bilancio, strumenti di controllo strategico, come le mappe strategiche, i cruscotti gestionali e la balanced scorecard.

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Capitolo 3

Il caso Gruppo Italiano Vini S.p.A.

In questa parte del lavoro di tesi verrà esposta l’analisi degli scostamenti svolta applicando il modello di “variance analysis” illustrato nel capitolo 2 all’azienda Gruppo Italiano Vini S.p.A.

In primo luogo è stata svolta un’analisi del settore vitivinicolo, in cui l’azienda in oggetto opera, per comprendere le dinamiche ed i fenomeni in atto. Dopodiché viene dedicato un paragrafo per presentare l’azienda oggetto dell’analisi e illustrare brevemente le strategie perseguite.

La parte centrale del capitolo riguarda l’analisi vera e propria, si è condotta l’analisi degli scostamenti tra i dati di budget e i dati effettivi a consuntivo per l’esercizio 2012, secondo il modello [7]. Infine si sono analizzati, rielaborati e commentati i risultati ottenuti con l’analisi.