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Precarietà e working poor: lavoratori a rischio povertà

Gli incentivi alle assunzioni e il Jobs Act nel mercato del lavoro regionale I diversi provvedimenti che nel 2015 hanno interessato il mercato del lavoro hanno

2.5 Precarietà e working poor: lavoratori a rischio povertà

I dati sugli occupati ISTAT suggeriscono una lieve riduzione dell’occupazione atipica per l’anno in corso (Tabella 2-3), ma nello stesso periodo i dati amministrati sulle comu-nicazioni obbligatorie suggeriscono una ripresa dei flussi di lavoro a tempo determinato (Figura A2-8).

A livello regionale l’occupazione dipendente temporanea resta inferiore alla media na-zionale, con un peso del 10,2% rispetto al 16% dell’Italia. Nel corso degli ultimi 12 anni

6% 34% 80% 10% 42% 87% 45% 53% 17% 16% 20% 9% 19% 5% 0% 58% 30% 3% 30% 8% 3% 16% 7% 1% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Fino a istruzione secondaria inferiore Istruzione secondaria Superiore Istruzione terziaria Fino a istruzione secondaria inferiore Istruzione secondaria Superiore Istruzione terziaria Donne Uomini QT ICS O NQ

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(dal 2004) è cresciuta di 2 punti percentuali in linea con il l’andamento a livello nazionale. È però considerevole la quota di flussi di lavoro dipendente a tempo determinato che riguarda rapporti di lavoro con durata effettiva molto breve (minore di un mese), feno-meno fonte di un’elevata incertezza per i lavoratori. Considerando i contratti a tempo determinato la quota di rapporti terminati nel 2016 con durata di solo 1 mese arriva quasi alla metà, mentre supera il 67% per i contratti di somministrazione (Figura 2-24). Consi-derando tutti i contratti, la quota di rapporti con durata inferiore ad un mese sale nel 2016 al 40% rispetto al 37% registrato nel 2015, mentre diminuiscono i rapporti con du-rata superiore i 6 mesi.

Figura 2-24 – Durata media dei contratti in Lombardia. Anno (di fine rapporto) 2016

Fonte: elaborazioni Éupolis Lombardia su dati COB SISTAL. Note: si far riferimento ai rapporti di lavoro attivati da imprese con sede operativa in regione Lombardia.

L’instabilità lavorativa genera diseguaglianze soprattutto per i redditi al di sotto del red-dito mediano (Istat, 2016), determinando rilevanti differenze reddituali verso il basso, spesso associate al fenomeno di rischio povertà. Effetti simili sono prodotti dal lavoro par-ziale, tipologia lavorativa fortemente diffusa tra le donne, ma in aumento nel 2016 anche tra gli occupati uomini (Tabella 2-3).

Secondo i dati Eurostat (Figura A2-9), nel 2015 la Lombardia non ha un’alta quota di persone a rischio povertà nel confronto con il panorama europeo o nazionale, ma il fe-nomeno potrebbe essere ulteriormente ridotto con politiche attive del lavoro indirizzate a persone con bassi livelli di istruzione ed/o occupate nei bassi profili professionali. A livello famigliare, il rischio di povertà cresce quando il capo famiglia è un operaio o un disoccupato69.

2.6 Conclusioni

Continua il graduale rafforzamento della congiuntura economica regionale che si riflette su un solido andamento del mercato del lavoro regionale. Il tasso di occupazione è in una fase di crescita ininterrotta dal IV trimestre 2014, mentre il tasso di disoccupazione

69 A riguardo, si veda la nota Istat sulla povertà in Italia disponibile all’indirizzo https://www.istat.it/it/ar-chivio/189188 . 12% 20% 67% 45% 23% 32% 24% 28% 65% 48% 9% 27% 0% 20% 40% 60% 80% 100%

Apprendistato Lavoro a progetto Somministrazione Tempo Determinato < 1 mese tra 1 e 6 mesi oltre 6 mesi

63 è in calo dal II trimestre 2015. Il numero di occupati nel 2016 è di 4.327.699 unità, ovvero 53,521 unità in più rispetto ai livelli pre-crisi (+1,3% rispetto al 2008). Nel 2016, gli avvia-menti si riducono rispetto alla dinamica dell’anno precedente. Si riducono anche le ces-sazioni, ma in misura minore, ed il saldo tra avviamenti e cessazioni torna negativo an-che se contenuto (-8.000 mila unità). Il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni continua a ridursi (-29% rispetto al 2015) ed il numero di persone in cerca di occupazione sono 18mila in meno rispetto al 2015.

L’occupazione cresce in misura maggiore rispetto al PIL regionale (+1,7% rispetto alla crescita del PIL regionale dell’1,3%), soprattutto grazie al contributo della componente over50. L’occupazione dei lavoratori senior è cresciuta molto dall’inizio della crisi ad oggi per via dell’effetto combinato di due fattori: le modifiche alla normativa previdenziale che hanno incentivato la partecipazione nel mercato del lavoro per gli anziani, e le va-riazioni demografiche in corso. Nel 2016 torna a crescere anche l’occupazione giovanile (+4,6% nella fascia dei 15-24enni). A livello settoriale l’occupazione cresce grazie al con-tributo del settore del commercio (+4,8%, in contro tendenza rispetto al calo dell’anno precedente), ed in misura minore per il contributo del settore degli altri servizi (+1,7%) e dell’industria in senso stretto (+1,6%).

Crescono gli occupati nelle professioni più qualificate (+0,9%), nelle professioni degli impiegati e addetti al commercio e servizi (+4,4%) e nelle professioni non qualificate (+3,1%). Calano invece gli occupati nelle professioni degli operai ed artigiani (-0,5%). Per l’ultimo anno si conferma la crescita dell’occupazione per chi ha un’istruzione terziaria (+1,6%), ma cresce anche l’occupazione per i poco istruiti con un titolo di studio di qua-lifica professionale o inferiore (+2,7%).

In termini di tipologia contrattuale, i dati Istat mostrano nel 2016 una crescita sia dell’oc-cupazione dipendente a tempo indeterminato (+2,4%) e dell’ocdell’oc-cupazione a tempo deter-minato (+2,7%), mentre calano gli occupati indipendenti (-1,1%). Secondo i dati delle comunicazioni obbligatorie, si è registrato un calo significativo degli avviamenti a tempo indeterminato rispetto al 2015, anno in cui era stato molto forte l’effetto degli incentivi all’occupazione dipendente a tempo determinato previsti dalla legge finanziaria 2015. Gli incentivi riproposti per il 2016, non sembrano aver ottenuto un effetto paragonabile a quelli precedenti, in parte sia per il vantaggio economico ridotto, ed in parte perché molti datori di lavoro avevano già anticipato al 2015 molte assunzioni programmate per il 2016.

È ancora presto per valutare gli effetti di medio periodo delle norme del Jobs Act atte a modificare strutturalmente il mercato del lavoro. La domanda di lavoro delle imprese, venuti meno i forti incentivi economici, sembra però prediligere le forme di lavoro non stabili (nel 2016 crescono gli avviamenti di contratto a tempo determinato e dei contratti di somministrazione). Con il così detto decreto Poletti (decreto legge 20 marzo 2014, n. 34), nel 2014 si era fortemente incentivato il contratto a tempo determinato, con l’elimi-nazione dell’obbligo di specificare una causale (le motivazioni di carattere tecnico per appore un termine al contratto) e l’aumento delle possibili proroghe. La successiva ri-forma del lavoro ha lasciato inalterato la normativa sul contratto a tempo determinato, che in presenza di incentivi economici ridotti, appare spiazzare le altre forme contrat-tuali, compreso il c.d. contratto a tutele crescenti. Anche se il ricorso ai contratti temporanei è un fenomeno comune al mercato del lavoro europeo, l’eccessiva diffusione dell’occu-pazione flessibile potrebbe avere effetti negativi. I contratti flessibili comportano un’alta instabilità per i salari e le carriere dei lavoratori, specialmente tra i più giovani. Si segnala

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anche una progressiva riduzione della durata effettiva dei rapporti di lavoro tempora-nei.

Nonostante il continuo miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, riman-gono altre criticità. Il numero di persone in cerca di occupazione rimane molto elevato specialmente tra gli individui più deboli, come giovani e donne. In riferimento alle forze di lavoro potenziali, è molto alta la quota di forza lavoro giovanile non utilizzata dal sistema produttivo (con un tasso di mancata partecipazione tra i giovani 15-24enni del 38% per gli uomini e del 42% tra le donne). È alta, anche se in diminuzione rispetto al 2015, la quota di giovani non occupati e non impegnati in percorsi di studio o forma-zione.

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3 IL SISTEMA DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE