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La prima fase delle liberalizzazioni: l’apertura dei mercati nazionali alla libera concorrenza

ENERGIA, MERCATO INTERNO E CONCORRENZA

S EZIONE II – LA CONCORRENZA NEI MERCATI DELL ’ ENERGIA

3. La prima fase delle liberalizzazioni: l’apertura dei mercati nazionali alla libera concorrenza

Il processo di creazione del mercato interno dell’energia ebbe inizio nel 1992 con la presentazione da parte della Commissione europea55 di una proposta di direttiva in materia di elettricità e gas; le

mantenimento delle reti. I costi di installazione, gestione ed adeguamento della rete sono spesso talmente alti da essere difficilmente ammortizzabili con il reddito proveniente dall’utenza; ciò determina di sovente l’unicità della rete, in quanto solo alcune imprese (per lo più imprese pubbliche con fondi statali) riescono a realizzare infrastrutture di rete. Le infrastrutture di rete costituiscono una barriera all’ingresso nel mercato di nuovi concorrenti, garantendo alle imprese operanti l’immunità rispetto ai vincoli ed ai condizionamenti economici derivanti dal dispiegarsi della libera concorrenza.

Le reti possono essere sia di tipo materiale (come nel caso della somministrazione di energia), sia di tipo immateriale (come avviene ad esempio per il trasporto aereo) e servono essenzialmente al collegamento fra le sedi di produzione dei beni o dei servizi e quelle di fruizione. Il sistema dei servizi a rete può essere sia unidirezionale (verticalmente dal produttore al consumatore), sia pluridirezionale (quando i consumatori, utenti del servizio sono anche i produttori). La fornitura di energia elettrica o di gas sono tipici servizi a rete unidirezionali in cui la rete collega i punti di produzione ai punti di consumo; diversamente, ad esempio, le telecomunicazioni sono un servizio a rete pluridirezionale, essendo gli stessi utenti a loro volta sia fruitori che produttori. Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia, tra gli altri, a E.FERRARI (a cura di), ‘I servizi a rete in

Europa’, Giuffrè, Milano, 2000, p. 325 e ss. 53

Dal punto di vista tecnico, è noto che la rete elettrica, così com’è strutturata oggi, ha determinati limiti di carico che non le consentono di accogliere tutta l’energia in transito, nelle quantità e nei tempi richiesti; dal punto di vista economico, gli alti investimenti di capitali nella creazione, nella gestione e nell’ammodernamento della rete scoraggiano processi di duplicazione o moltiplicazione delle reti.

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La duplicazione della rete aumenterebbe i problemi di sicurezza della rete e di impatto ambientale.

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Sul ruolo della Commissione europea nella prima fase di liberalizzazione dei mercati energetici si rinvia a P. FAROSS, ‘L‟azione della Commissione per l‟energia e l‟ambiente‟ in Atti del

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ragioni sottostanti a tale proposta meritano qualche considerazione preliminare perché avranno effetto sia sul procedimento negoziale di adozione delle prime direttive di liberalizzazione dei mercati dell’energia, sia sul contenuto delle stesse, finendo per influenzare l’intero processo di creazione del mercato interno dell’energia, complessivamente inteso.

Verso la fine degli anni ’80 la Commissione cominciò a constatare l’esistenza di monopoli naturali e legali56

, nonché la permanenza di diritti esclusivi di vendita, importazione ed esportazione dei prodotti energetici che avevano l’effetto di restringere l’accesso ai mercati nazionali, rendendo di fatto impossibile il pieno dispiegamento degli effetti dei principi fondamentali della libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali nei settori dell’energia, nonché l’applicazione della normativa europea in materia di concorrenza.

L’estensione della disciplina sulla concorrenza mirava, in una prima fase, alla rottura dei mercati nazionali, in vario modo protetti e segregati e, solo successivamente, ad una seconda fase, alla reductio ad

unum dei mercati energetici, con la previsione di una terza e definitiva

fase di regolamentazione completa ed armonizzata del mercato interno dell’energia.

L’emanazione della direttiva 90/337/CEE sulla trasparenza dei prezzi per il gas e per l’energia e della direttiva 90/547/CEE sul transito di elettricità hanno aperto la strada alla progressiva eliminazione dei monopoli statali presenti nella maggior parte degli Stati membri e costituenti la causa primaria della parcellizzazione del mercato elettrico europeo.

La direttiva sulla trasparenza dei prezzi aveva lo scopo di stabilire una procedura comune che avrebbe dovuto creare un sistema di controllo dei prezzi energetici, introducendo l’obbligo in capo agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché le imprese comunicassero i prezzi e le condizioni di vendita praticati. Benché la trasparenza sui costi e sulle tariffe costituisse, all’evidenza, una pre-condizione necessaria per la creazione ed il funzionamento del mercato unico, il contenuto della normativa si limitava dunque ad un’azione di monitoraggio, ben lontana dall’avvio di un’armonizzazione delle tariffe e dei prezzi in materia di energia.

Convengo su Energia, ambiente, integrazione europea, Roma 19 Marzo 1993, in Rass. Giur. Ener. El., 1994, p. 353 e ss.

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I monopoli naturali sono un tipico esempio di market failure (altri esempi sono i beni pubblici puri, i c.d. merit goods, le esternalità, le asimmetrie informative) che si verifica quando una sola impresa può produrre ogni quantità che il mercato è disposto ad accettare ad un costo più basso di due o più imprese, ossia ‘quando la curva dei costi è subadditiva è il tratto a sinistra del punto in cui interseca la curva della domanda’; in tali termini, tra gli altri, M.GRILLO,F.SILVA, ‘Impresa,

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La direttiva sul transito di energia elettrica su grandi reti intendeva, invece, incrementare il volume degli scambi di energia, imponendo agli Stati di adottare le misure necessarie per garantire condizioni di transito negoziate su basi eque e non discriminatorie per tutte le parti interessate57. La direttiva in esame era stata concepita come strumentale rispetto all’introduzione dell’istituto del common carrier con cui s’impone al titolare della rete, cui perviene una richiesta di elettricità, l’obbligo di trasportare l’energia altrui58

.

La Commissione, consapevole del fatto che non esistesse al tempo, all’interno del Consiglio, la maggioranza qualificata necessaria59

per adottare una normativa sulla apertura dei mercati energetici nazionali alla libera concorrenza e disgregare i monopoli nazionali, decise di agire nel 1991, aprendo una procedura di infrazione nei confronti di otto Stati membri. A ciò ha fatto seguito nel 1994 il ricorso della Commissione contro cinque di essi, per far dichiarare alla Corte di Giustizia che detti Stati, essendosi riservati diritti esclusivi di importazione ed esportazione dell’energia elettrica attraverso i monopoli di importazione del gas e dell’elettricità, avessero violato gli obblighi incombenti ai sensi degli artt. 28, 30 e 31 CE (ora artt. 34, 36 e 37 TFUE)60.

Gli Stati membri citati in giudizio si opposero strenuamente al tentativo di ‘erosione’ dei monopoli d’importazione ed esportazione dell’elettricità, facendo leva sull’applicabilità all’energia dello speciale ‘statuto’ derivante dal combinato disposto di cui agli articoli 16 ed 86, par. 2, CE (ora artt. 14 e 106, par. 2, TFUE).

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Per ulteriori approfondimenti critici sulla direttiva sul transito dell’energia si rinvia a L.NANNI, ‘Le direttive UE in tema di transito di energia elettrica e di gas naturale nelle grandi reti di trasporto’, in Rass. Giur. Ener. El., 1995, p. 939 e ss.

58 A tali Direttive, deve aggiungersi anche la Direttiva 93/38/CEE che aveva esteso l’ambito di applicazione della disciplina comunitaria sulle procedure di appalto anche ai ‘servizi esclusi’, quali appunto l’energia elettrica, l’acqua, il trasporto e le telecomunicazioni. In realtà l’estensione della disciplina comune delle procedure di appalti aveva, sotto altro angolo di prospettiva, ristretto la nozione di servizi esclusi, circoscrivendone l’oggetto agli appalti di fornitura per l’acquisto di energia che, pertanto, rimanevano ancora esclusi dalla disciplina sulla procedura di appalti. 59

In seno al Consiglio si fronteggiavano due dis<<tinti approcci in merito alle modalità di attuazione di un processo di liberalizzazione dei mercati energetici; il primo approccio, sostenuto dalla Gran Bretagna e della Germania, propugnava un processo di liberalizzazione spinto, fondato sulla privatizzazione delle imprese, sul principio di accesso alla rete, e sulla separazione della gestione della fase di generazione dell’energia, da quella di trasmissione. Il secondo approccio, sostenuto invece dalla Francia, dall’Italia e dal Belgio, era favorevole ad un processo di liberalizzazione controllato, fondato sulla creazione di un intermediario con funzioni di acquirente unico di tutta l’energia elettrica generata con funzioni di collegamento tra i produttori di energia e gli utenti finali.

60 Cfr. causa Commissione c. Paesi Bassi, C-157/94 in Racc. 1997 p. I-5699; causa Commissione c. Italia, C-158/94 in Racc. 1997 p I-5789; causa Commissione c. Francia, C-159/94 in Racc. 1997 p. I-2925; causa Commissione c Spagna, C- 160/94, in Racc. 1997 p. I-5851.

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La Corte di Giustizia pur riconoscendo, in astratto, che i suddetti monopoli costituissero restrizioni alla libera circolazione, offrì un’àncora di salvataggio agli Stati membri, sostenendo che la Commissione, su cui incombeva l’onere probatorio, in un caso61

, non riuscì a fornire prove adeguate sull’esistenza di norme interne attributive di diritti esclusivi e, negli altri casi, non provò l’esistenza di misure meno restrittive, rispetto al mantenimento di diritti esclusivi di importazione ed esportazione, idonee a garantire l’espletamento della missione di interesse generale di fornitura dell’energia elettrica e del gas.

Le sentenze della Corte si fondava su argomenti giuridico-formali non del tutto convincenti, sia in ordine alla ripartizione dell’onere della prova nell’ambito delle procedure di infrazioni, sia per quanto riguardava la giustificabilità ai sensi dell’art. 86, par. 2, CE (ora art. 106, par. 2, TFUE) di entrambi i monopoli di importazione ed esportazione.

Com’è noto, ai sensi dell’articolo 226 CE (ora art. 258 TFUE), nell’ambito della procedura d’infrazione l’inadempimento deve essere rigorosamente provato dalla Commissione, non potendosi basare su presunzioni62. Tuttavia nei casi di specie, l’onere della prova doveva considerarsi ripartito, in quanto spettava agli Stati che si richiamavano all’articolo 86, 2, CE dimostrare come fossero soddisfatti i presupposti per l’applicazione di tale norma e quindi come la soppressione dei diritti esclusivi d’ importazione ed esportazione avrebbe costituito un impedimento alla specifica missione di servizio pubblico affidata ai monopolisti nazionali, mentre rimaneva a carico della Commissione l’onere di dimostrare l’esistenza di misure meno restrittive. La valutazione fatta dalla Corte circa l’assolvimento dell’onere probatorio era stato, invero, particolarmente rigoroso nei confronti della Commissione. Infatti gli Stati, nei motivi addotti63 per giustificare come la soppressione dei diritti esclusivi avrebbe costituito un ostacolo

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Sentenza della Corte di Giustizia, in causa C-160/94, Commissione c Spagna, in Racc. 1997 p. I-5851.

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Sul punto sussiste una giurisprudenza consolidata della Corte su cui, ex multis, si veda Commissione c. Paesi Bassi, causa C-290/87 in Racc. 3083.

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Il Governo Italiano sia nel corso del procedimento precontenzioso sia nel corso del giudizio ha ribadito una serie di argomentazione giuridiche ed economiche per sostenere che l’abolizione dei diritti esclusivi di importazione impedirebbero all’Enel di adempiere il suo obbligo di servizio pubblico di fornitura dell’energia a costi e prezzi contenuti per garantire l’equilibrato sviluppo economico del paese. Più nel dettaglio, il Governo ha sostenuto che in caso di abolizione dei diritti di importazione, la maggior parte dei grandi consumatori stabiliti nelle regioni settentrionali, in prossimità delle frontiere sceglierebbe di approvvigionarsi da fornitori stranieri, privando l’Enel della principale fonte di ripartizione del costo di distribuzione dell’energia e determinando così un aumento del prezzo medio che andrebbe a colpire principalmente i consumatori di energia dell’Italia centrale e meridionale in cui l’accesso a fornitori stranieri è impossibile o economicamente ingiustificato.

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all’adempimento della specifica missione di servizio pubblico, potevano riuscire a giustificare il mantenimento del (solo) diritto esclusivo di importazione, ma non quello di esportazione che la Corte avrebbe ben potuto (già allora) censurare come illegittimo, poiché in contrasto con le disposizioni del trattato relative alla libera circolazione delle merci ed ingiustificato, ai sensi dell’articolo 86, par. 2, CE64

.

Le pronunce della Corte ebbero, in ogni caso, l’effetto politico di dare un’improvvisa accelerazione ai negoziati per l’adozione della normativa europea sulla liberalizzazione dei mercati dell’energia. Gli Stati membri, al fine di evitare che la Commissione prendesse di nuovo l’iniziativa avviando nuove procedure d’infrazione, decisero di trovare un accordo in seno al Consiglio, per adottare il testo di una normativa che potesse prevedere un graduale processo di liberalizzazione dei mercati dell’elettricità e del gas.

Il testo della proposta della Commissione del 1992 venne quindi accantonato65 per lasciare il campo ad una normativa di tipo compromissorio66, giuridicamente meno incisiva. I negoziati durarono

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In tal senso si veda N.RANGONE, ‘I tentativi di ‘erosione’ dei monopoli di importazione ed

esportazione di elettricità’ in Giornale di diritto amministrativo, 4/98, p. 321, dove l’A. afferma che ‘non si vede come l‟eliminazione dei diritti esclusivi di esportazione ostacolerebbe l‟adempimento della specifica missione affidata all‟Enel’.

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La proposta della Commissione aveva lo scopo di procedere gradualmente verso la liberalizzazione dei mercati energetici attraverso strumenti riassumibili in tre punti: a) l’eliminazione dei diritti esclusivi di importazione e di produzione; b) la separazione organizzativa (unbindling) delle diverse attività di imprese integrate verticalmente; c) l’introduzione di un sistema di accesso dei terzi alle reti (TPA) con l’obbligo, per le imprese proprietarie delle reti, di assicurare, contro il pagamento di un equo compenso, il trasporto e la distribuzione dell’energia.

La proposta di direttiva formulata dalla Commissione non fu accolta per l’opposizione congiunta del Comitato economico e sociale, del Parlamento europeo e del Consiglio con motivazioni, peraltro, diverse. Il Comitato economico e sociale, pur aderendo all’obiettivo della liberalizzazione del mercato dell’energia, espresse riserve in particolare sulla proposta di consentire l’accesso di terzi alle reti di trasporto. Il Parlamento europeo espresse un parere negativo sulla proposta della Commissione, pur riconoscendo che le proposte potevano costituire il punto di partenza per la ricerca di un compromesso, consistente nella previsione di una fase di transizione prima della completa liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e del gas. Nel Consiglio dell’Energia si era registrata una spaccatura tra alcuni Stati membri, favorevoli alle posizioni espresse dalla Commissione nella proposta, e la maggioranza degli Stati membri contraria sia all’eliminazione dei diritti esclusivi di produzione ed importazione dell’elettricità, sia alla separazione delle diverse attività delle imprese integrate verticalmente.

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Il compromesso venne raggiunto incentrando l’attenzione sulla possibilità di prevedere contestualmente sia un sistema di accesso ai terzi (TPA) secondo il modello anglosassone, sia un sistema di acquirente unico secondo le proposte franco-italiane. La coesistenza dei due sistemi assicurava un elevato margine di discrezionalità agli Stati membri nella fase d’attuazione della direttiva lasciando che fossero gli Stati, in virtù del principio di sussidiarietà, a decidere quale grado di liberalizzazione scegliere per il proprio mercato energetico nazionale in conformità con il modello comunitario prescelto.

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quattro anni e portarono il 19 dicembre del 1996 all’adozione della direttiva 92/96/CE67 per l’elettricità seguita, un anno e mezzo dopo, dall’adozione della Direttiva 96/98/CE per il gas. Tali direttive che andavano ad aggiungersi alla direttiva 90/377/CEE sulla trasparenza dei prezzi del gas e dell’energia elettrica ed alla direttiva 90/547/CEE sul transito dell’energia, possono essere considerate il primo passo verso la creazione di mercati energetici competitivi su scala europea68.

I punti salienti della prima fase di liberalizzazione ‘controllata’ dei mercati energetici riguardavano essenzialmente l’apertura della fase di generazione dell’energia, l’accesso alla rete, il principio di separazione, nonché l’imposizione di obblighi di servizio pubblico.

3.1 La creazione di nuovi impianti

Le direttive in esame sancivano il principio della libera concorrenza nella fase della produzione dell’energia, lasciando tuttavia agli Stati membri la possibilità di scegliere tra due diverse procedure amministrative per la costruzione di nuovi impianti di generazione: la procedura di autorizzazione ovvero la procedura della gara di appalto.

L’ampio margine di scelta dipendeva dalle diffidenze e dalle resistenze di alcuni Stati membri rispetto all’apertura della produzione dell’elettricità alle regole del mercato e della concorrenza. Gli Stati decisero quindi di mantenere un ruolo centrale nella pianificazione e nella localizzazione degli investimenti nel settore della produzione di energia; entrambe le procedure in esame, sebbene in grado e forme diverse, attribuiscono un rilievo fondamentale ai criteri posti dallo Stato sia per le condizioni da soddisfare per il rilascio delle autorizzazioni, sia per la

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La direttiva 96/92/CE era stata recepita in Italia con il D.L. n. 79/99 (noto anche come Decreto Bersani).

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Per una disamina più approfondita delle prime direttive di liberalizzazione dell’elettricità e del gas si rinvia a S.CASSESE, La disciplina del mercato dell‟elettricità, in Rass. Giur. Ener. El. 1997, p. 753 e ss.; A.COLAVECCHIO, La liberalizzazione del settore elettrico nel quadro del diritto comunitario: alla ricerca di un giusto bilanciamento fra regole di concorrenza ed esigenze di servizio pubblico, cit., pp. 51-59; PFRANG, ‘Towards Liberalisation of the European Electricity

Markets: the Directives concering common rules for an internal market in electricity in the frame of the competition and internal market rules of the EC- Treaty’, Francoforte 1999, p. 23 e ss.;ell‟energia elettrica, Giuffrè, 1997, 846; Lolli, ‘Riserva d‟impresa e diritto comunitario. I monopoli elettrici’, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1992, p. 209.; Lagodent, ‘Du dogme du marché intérieur à la négociation sur le service public- à propos de la directive èlectricité‟, in Europe n. 5/1997, pag. 4; Villarejo, ‘Il mercato interno dell‟energia e il diritto comunitario’, in Regolamentazione e mercato unico dell‟energia, F. Angeli, 1993; F. Caccia Dominioni, ‘Recenti sviluppi dell‟azione normativa della UE in materia energetica’, in Rassegna giuridica dell‟energia elettrica, 2000, pag 369-376.

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partecipazione alla gara di appalto secondo le indicazioni statuite nel bando sulla capacità di generazione richiesta.

In effetti, quasi tutti gli Stati membri, allo scopo di raggiungere l’obiettivo strategico di mantenere un sistema accentrato di regolamentazione del mercato elettrico nella fase della generazione, in sede di trasposizione della prima direttiva scelsero la procedura autorizzatoria.

3.2. Accesso alla rete

L’unicità della rete era, al tempo stesso, una pre-condizione ontologica dei servizi di pubblica utilità ed una giustificazione dell’immunità dei monopoli naturali rispetto ai condizionamenti della libera concorrenza.

La rottura dell’unicità della rete, grazie anche agli sviluppi tecnologici che consentono la contemporanea presenza di più operatori e di più servizi su una stessa rete, si è tradotta, sul piano giuridico, nel principio dell’accesso alla rete, perorato dalla normativa di diritto derivato, prima nei settori delle telecomunicazioni e dei trasporti e, più recentemente, nel settore dell’energia. Per ovviare alla situazione di monopolio che si era instaurato a causa dell’unicità della rete, era necessario garantire il diritto di accesso alla rete, su base non discriminatoria, a chiunque intendesse fornire servizi, avvalendosi delle reti esistenti.

Mentre, nella sua proposta, la Commissione spingeva per l’adozione del principio dell’accesso ai terzi nelle fasi della trasmissione e della distribuzione, il testo della direttiva si limitò a prevedere che gli Stati membri potessero scegliere tra un accesso negoziato o regolato, o alternativamente adottare il sistema dell’acquirente unico (‘single buyer

system’) in cui lo Stato nominava un ente centralizzato, con il potere e la

responsabilità dell’acquisto e della vendita dell’energia elettrica ai clienti finali69.

L’accesso alla rete è il diritto dei clienti idonei di chiedere l’utilizzo della stessa per l’attraversamento della fornitura elettrica acquistata nel libero mercato; i meccanismi per garantirne l’accesso, consistono nell’imporre obblighi giuridici in capo ai titolari della rete che

69 Sul punto si assiste ad una discrasia tra la ‘direttiva elettricità’ e la prima ‘direttiva gas’ perché il sistema dell’acquirente unico, previsto come facoltà d’opzione nel settore dell’elettricità, non era presente nel settore del gas dove gli Stati, ai sensi degli artt. 16-18 della direttiva avevano l’obbligo di adottare la procedura di accesso ai terzi, nelle varianti dell’accesso negoziato o regolato.

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devono assicurare forme di accesso obiettive, trasparenti e non discriminatorie, dietro il pagamento di una tariffa di pedaggio.

La direttiva consente agli Stati che scelgano il sistema di accesso alla rete, di optare tra un accesso negoziato (ponendo in capo al titolare della rete un mero obbligo di negoziare) ed un accesso regolamentato (in cui il titolare della rete ha un obbligo di concludere il contratto di accesso e, come contropartita, il cliente idoneo vanta un diritto di accesso alla rete, se la sua richiesta soddisfa i criteri e le condizioni stabiliti nelle leggi nazionali degli Stati).

Il sistema dell’acquirente unico, pur comprimendo la concorrenza nel settore della fornitura, attribuiva il diritto di scelta ai clienti idonei: questi ultimi avevano la libertà di concludere contratti diretti di fornitura