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Principi di funzionamento della co-determinazione tedesca

1.4 Il modello partecipativo tedesco

1.4.2 Principi di funzionamento della co-determinazione tedesca

La Mitbestimmung è spesso tradotta in cogestione, ma sarebbe meglio interpretar- la come co-determinazione dato che il modello non prevede che i rappresentanti dei dipendenti cogestiscano direttamente la società, ma solamente che i progetti che possono avere ricadute sociali debbano avere il loro consenso. Prima di esami- narne brevemente i tratti principali occorre precisare che in Germania, e dal 2004 in via opzionale anche in Italia, la corporate governance delle società di grandi dimen- sioni passa inevitabilmente per due canali: il Consiglio di Gestione detto Vorstand ed il Consiglio di Sorveglianza o Aufsichtsrat. Essi sono forzatamente paragonabi- li rispettivamente al nostro Consiglio di Amministrazione ed al Collegio Sindacale, con il Aufsichtsrat nomina il Consiglio di Gestione, ha ampi poteri di controllo e di decisione. La co-determinazione si attua con la rappresentanza dei dipendenti nelle stanze dei bottoni e attraverso appositi organi a livello aziendale, come il Betrieb- srat83. I dipendenti hanno voce in capitolo sulla denizione dell'orario, delle ferie

e festività, dei sistemi di rimunerazione, delle politiche del personale, trasferimenti, assunzioni, piani di carriera e valutazione.

Volgendo lo sguardo al resto d'Europa si vede che, a parte l'esperienza di alcuni paesi (ad esempio la Svezia dove il welfare universalistico ha permesso un incremento dell'occupazione, in particolare femminile) essa è condizionata dal disegno anglosas- sone di organizzazione aziendale, sorretto da una concezzione neoliberista che ha introdotto forme di concorrenza sulle norme, percorso pericoloso che incentiva la delocalizzazione aziendale, il cosiddetto eetto Delaware. Di recente però anche la Francia ha riprodotto nel settore privato lo strumento partecipativo nei consigli di amministrazione basati sulla designazione del comité d'entreprise da parte sin- dacale. Alla luce di queste osservazioni, è forse giunto il momento che il tema della

83I consigli d'impresa possono essere eletti da tutti i lavoratori in aziende con più di cinque

dipendenti con uno scrutinio su liste. Le sigle sindacali non hanno alcuna prerogativa in materia, è suciente che una lista sia sostenuta da almeno 1/20 dei dipendenti.

Una legge di 132 articoli denisce i diritti dei consigli d'impresa, i quali vanno dalla sempli- ce informazione sino al diritto di veto passando per una consultazione obbligatoria. Il diritto di informazione riguarda principalmente il posizionamento dell'impresa sui mercati, la strategia, la si- tuazione nanziaria. I dipendenti sono consultati in materia di formazione del personale, procedure di lavoro, nuove tecnologie.

Nell'industria pesante del carbone e dell'acciaio i rappresentanti della forza lavoro occupano, sulla base di una legge del dopoguerra, la metà dei posti nelle imprese con più di 1000 occupati.

Nelle aziende con più di 500 dipendenti operanti in settori diversi i rappresentanti dei dipendenti sono 1/3 dei membri nei consigli di sorveglianza.

Dal 1976 i rappresentanti eletti dagli occupati rappresentano il 50% delle imprese con più di 2000 lavoratori. Il presidente del consiglio di sorveglianza deve essere un dirigente rappresentante gli azionisti e il suo voto vale doppio in caso di parità.

politica industriale si riaacci anche nel cortile di casa nostra. Come delineato da A. Perulli la visione di impresa scaturente dal quadro costituzionale è molto attuale, addirittura Forse la Costituzione più sociale tra le europee84, ma tutta una serie

di ragioni endogene al meccanismo di relazioni industriali conittuale ne ha impedi- to l'applicazione pratica, se non in alcuni isolati esperimenti di successo, come Fiat e Luxottica. In Italia ci sono tentativi di inserire, non per legge ma con incentivi scali, forme di cogestione evitando l'obbligatorietà a cui il sistema italiano non è pronto. Secondo Tommaso Nannicini, Sottosegretario alla Presidenza del Consigli Analizzando l'avventura francese ha evidenziato come si possa giungere ad una leg- ge solo dopo un percorso compiuto di strumenti di partecipazione organizzativa, di consigli di impresa e di un intesa rmata dalle parti sociali in virtù di principi certi di rappresentanza.

Ci si è chiesti se l'introduzione del modello dualistico in Italia non sia stata una occasione sprecata per dare denitiva attuazione al richiamato art. 46 della Cost., mediante un adattamento della Mitbestimmung al modello di governance delle nostre S.p.A. Come aermato da Marco Biagi il raronto tra esperienze internazionali non si può fare come riproposizione sistematica di un modello. Le vicissitudini tedesche possono consentire di evitare errori già commessi da altri, anche se va precisato che la struttura del sistema dualistico italiano ha notevoli discrepanze da quello tedesco sia su aspetti operativi, sia nella losoa di fondo. Essendo anche il tessuto economico ed industriale ad avere non trascurabili disomogeneità tedesco è auspicabile l'applicazione in Italia di una Mitbestimmung all'italiana che interessi dapprima le grandi realtà industriali contraddistinte da conitti tra sigle sindacali e proprietà, da spinte alla delocalizzazione e proprietà straniere. Ad esse potrebbero poi far seguito imprese di dimensioni minori, la maggioranza dell'industria italiana. Il percorso potrebbe concretizzarsi preferibilmente aancandovi il meccanismo della condivisione degli utili dell'impresa e dell'azionariato operaio, dato che esso dipende da decisioni del socio di maggioranza sull'eventuale titolarità da parte del personale di categorie di azioni non ordinarie che conferiscano anche diritti amministrativi. Non è un modello assimilabile alla codeterminazion tedesca, ma può rappresentare la via per arrivare ad un controllo più marcato sulla gestione da parte del socio- lavoratore, a soltanto eventuale e remota, pur consapevoli che la base iniziale è strettamente individuale, senza possibilità di aggregazione in base alle norme in

84Così A. PERULLI in occasione del seminario di studi italo-francese sul tema della parteci-

pazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa, organizzato dall'Associazione Lavoro e Welfare e tenutosi il 10 marzo 2016, presso la Camera dei Deputati. Nell'art. 46 della Costituzione, già analizzato, il diritto a partecipare alla gestione della società è riconosciuto, al pari del conitto collettivo e lo sciopero, come via per l'elevazione economica e sociale.

vigore.

1.4.3 Critiche alla Mitbestimmung ed alla Riforma Agenda