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2.2 Aspetti relazionali, duciari ed obbligativi nel contesto italiano

3.1.1 Provvigione

Gli studi sui diversi modelli di corporate governance sono rivolti all'identicazione di soluzioni atte a garantire il buon governo delle imprese, vale a dire una gestio- ne a tutto tondo che sia al contempo imprenditoriale ed equa, rispettosa di tutti i soggetti che partecipano all'attività. In ogni applicazione si rileva tuttavia una problematica predominante che non può che condizionare anche la progettazione della struttura retributiva del personale. Si è visto come la questione di fondo sia riconducibile alla nanza aziendale, intendendo con essa la struttura e la direzione del costo del capitale, la quale diventa particolarmente gravosa allorquando la pro- prietà si separa dal comando, accentuandosi ancor più in presenza di azionariato diuso. In tali contesti è particolarmente corrente il rischio che la governance adotti comportamenti opportunistici in contrasto con il prioritario (che sia sempre vero?) interesse del capitale. In questi termini le teorie sulla corporate governance sono let- te come sistema teso a minimizzare i rischi di agenzia e di conseguenza il costo del capitale di rischio. Stante l'impossibilità di eliminare completamente l'asimmetria informativa che caratterizza il rapporto, vuoi per la molteplicità dei soggetti coin- volti, vuoi per il diverso grado di preparazione degli stessi, il meccanismo retributivo assume funzione di leva primaria per allineare gli indirizzi di manager e proprietà.

Il rischio è quello di accogliere una interpretazione eccessivamente semplicistica che correla in modo diretto ed univoco retribuzione del management, compor- tamento e performance aziendale, ed anche se è innegabile la sussistenza di un legame, non si può che preferire una visione contigency. Focalizzandosi sul compenso dei soli amministratori come mezzo principale per ottenere una gestione d'impresa

ecace, si nisce inevitabilmente ad accollare troppi obiettivi allo strumento: alli- neare gli interessi, stimolare la produttività, delizzare ed attrarre il personale ed incentivare la ricerca e sviluppo per la sostenibilità di lungo termine. Visioni an- cora più riduttive vedono nei piani di stock option al management l'unica forma di retribuzione utile alla soluzione dei problemi propri dei sistemi di conduzione ca- pitalistici. Il loro compenso è invece solo una delle tante variabili implicate nella corporate governance e, può congurarsi in modi dierenti. Nel capitolo precedente si è visto come i piani di incentivazione si possano, si debbano, adottare anche per la forza lavoro priva di poteri direzionali, evidenziando come una sapiente progetta- zione della remunerazione su target diretti possa essere un uncipit ancora più forte per la crescita. L'osservazione della dicile applicazione delle stock option alla forza lavoro esorta lo studio delle ulteriori forme di retribuzione incentivante.

Fra esse deve innanzitutto essere ricordata la retribuzione a provvigione, prassi profetata dall'ultimo comma dell'art. 2099 cod. civ., applicabile tanto al lavoro autonomo quanto al lavoro subordinato, anche se la minore esposizione al rischio tipica di quest'ultimo istituto fa nutrire da parte della dottrina e della giurispruden- za dubbi sulla sua conciliabilità con la natura aleatoria della provvigione stessa. E' una forma diusa nell'area del commercio tra agenti e piazzisti, ma anche tra gure più familiari come il cameriere o il barista, anche se sul punto si riscontrano pareri discordanti 1. Il suo essere incentivante sta nel commisurare il valore del compenso

al volume degli aari promossi o conclusi dal lavoratore. Riferimento al volume d'aari che non è aatto casuale in quanto, come ricordato da Riva Sanseverino2,

la retribuzione deve basarsi sul lordo del volume d'aari per non far partecipare il percipiènte alle perdite, oltre ai protti. In questo la distinzione con i piani di stock option è netta perché, se resta valida l'esposizione alla variabilità dell'ammontare, non vi è invece l'assunzione del rischio imprenditoriale se non quello legato al proprio agire individuale. Nell'esercizio dell'opzione da parte del dipendente si può infatti riconoscere la sua scommessa, il suo mettersi in gioco, assumendo per certi versi i tratti tipici dell'imprenditore, soprattutto nei casi in cui i piani di incentivazione siano cospicui e prevedano una limitazione alla vendita delle azioni, così da impedire comportamenti meramente speculativi. Il soggetto resta di fatto un lavoratore su- bordinato e di conseguenza, come si è già visto in precedenza, non può essere rimosso il vincolo di adeguatezza del compenso previsto dall'art. 36 della Costituzione. Il dipendente non può accollarsi un rischio inconciliabile con la funzione assicurativa

1Vedi L. NOGLER (2005), Commento all'art. 36, 1° co., Cost., 2099 c.c., e 429 c.p.c., in

GRANDI e PERA, Commentario breve alle leggi sul lavoro, 3ª edizione, Padova.

2L. RIVA SANSEVERINO (1986), Lavoro. Disciplina delle attività professionali, impresa in

propria del contratto di lavoro e perciò, ove gli sia corrisposta una dose ssa ed una variabile, quest'ultima non gli può essere negata per decisione unilaterale del datore di lavoro anche in caso di promozione e di conseguente aumento salariale, il quale inuirà solo sulla quota costante.3 Allo stesso modo non sono costituzionalmen-

te accettabili clausole che facciano conuire la parte provvigionale incentivante nei miglioramenti retributivi del minimo, dovuti ad esempio ai periodici aumenti del l'indennità di contingenza4.

La necessità di assicurare al dipendente un trattamento minimo garantito, coe- rente e bastante allo sforzo profuso, fa dei casi in cui la retribuzione sia correlata totalmente al volume degli aari una evenienza eccezionale del lavoro subordinato. La mancata integrazione del dipendente nel capitale sociale ed il criterio del volume d'aari che evita al lavoratore la partecipazione alle perdite societarie evidenziano la minor spinta incentivante delle provvigioni rispetto ad uno strumento come le stock option. Lo conferma anche la giurisprudenza di legittimità, la quale ha aermato come il sistema di remunerazione a provvigioni mal si concilia con il rapporto di lavoro subordinato, che è caratterizzato da una retribuzione certa, continua, non ri- ducibile e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro.5 Il ragionamento porta

a considerare eccezionali tutti i compensi del lavoro dipendente che prevedano par- tecipazione agli utili, ai protti o provvigioni senza la contrattazione di un minimo garantito.