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Il principio del libero convincimento

Nel documento Prove legali e libero convincimento (pagine 43-47)

SEZIONE I: EVOLUZIONE ED INVOLUZIONE DEL PRINCIPIO

2. Il principio del libero convincimento

Nei programmi di riforma degli illuministi si rivendicava, tra l’altro, l’abolizione del sistema probatorio delle prove legali, esaltando l’intime conviction.

I philosophes, illuminati dalle nuove idee della ragione, proclamavano l’introduzione del metodo della libera valutazione delle prove, frutto di una sostanziale trasformazione culturale ed ideologica.

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L’articolo 9 prescrive: "Tout homme étant présumé innocent jusqu’à ce qu’il ait été déclaré

coupable, s’il est jugé indispensable de l’arrêter, toute rigueur qui ne sarait pas nécessaire puor s’assurer de sa personne, doit être sévèrement réprimé par la Loi".

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Le principali caratteristiche di questo sistema erano: l’iniziativa dell’azione penale alla parte offesa e ad ogni cittadino a conoscenza del reato; l’introduzione di una giuria composta da laici e presieduta da un giudice di pace competente per il rinvio a giudizio e di altra giuria laica presieduta da un magistrato per la sentenza definitiva; giudizio pubblico, orale, in contraddittorio. Così A. MALINVERNI, Lineamenti di storia del processo penale, cit., p. 46.

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Cfr A. PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa. Dal Medioevo all'Età contemporanea, cit., p. 219.

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Il § 39 della Magna Charta inglese dice che: “Nullus liber homo capiatur vel impresonetur aut

dissaisiatur aut utlegatur aut exuletur aut aliquo modo destruatur nec super eum ibimus nec super eum mittemus nisi per legale judicium parium suorum vel per legem terrae”. Magna Carta, ed

J.C. Holt, Cambridge, 1992.

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Nel diritto anglosassone la presunzione d’innocenza è espressa attraverso la formula “every man

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Fu il decreto dell’Assemblea costituente dell’8 - 9 ottobre 1789 a riformare radicalmente i principi della procedura inquisitoria codificati dall’Ordonnance criminelle del 1670, imponendo, in tutti i gradi di giudizio, la pubblicità e la difesa dell’imputato.

Due anni più tardi, il decreto del 16 - 19 settembre 1791 abbatté interamente il vecchio sistema, introducendo, fin dall’istruttoria, il rito accusatorio, istituendo le giurie popolari14, abolendo ogni tipo di segreto, vincolando il processo all’oralità e all’immediatezza e, infine, sopprimendo le prove legali, per consacrare il principio del libero convincimento del giudice15.

Questo è il momento al quale si fa risalire l’introduzione di un nuovo assetto nel processo penale moderno.

Eliminando il sistema probatorio legale, l’essenza della prova derivava dal giudizio individuale del giudice e, quindi, diventava necessario capire in che modo tale giudizio dovesse essere inteso.

Le risposte in merito a ciò furono molteplici e diversificate.

Gli stessi pensatori, come Montesquieu, Beccaria, Filangieri, Pagano, che affermavano l’introduzione delle giurie popolari16 ed una valutazione della prova basata sul “senso comune”17, non nascosero qualche timore nei confronti di un sistema fondato sulla libertà di convincimento.

Scriveva al riguardo, Voltaire: “si sarebbe tentati di auspicare che ogni vincolo legale fosse abolito e che non vi fosse altro, al suo posto, che la coscienza e il buon senso dei magistrati. Ma chi garantirà che questa coscienza e questo buon senso non si smarriscano?”18 Forse il giudice “bouche de la loi”, così

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Nei sistemi probatori di diritto continentale, l’adozione del principio del libero convincimento sembra essere stata proprio il corollario naturale dell’introduzione delle giurie popolari. Una conferma deriverebbe dall’esempio tedesco: nei paesi di lingua tedesca, infatti, fu prima elaborata una teoria delle prove legali negative, poi, ci fu il totale accoglimento del metodo del libero convincimento con l’introduzione, nel 1848, delle giurie popolari. Così M. NOBILI, Il principio

del libero convincimento del giudice, Giuffrè, Milano 1974, pp. 92 ss. .

15

«Vous jurez», prescriveva il decreto nella formula del giuramento letta ai giurati, «de décider d’après les charges et les moyens de défense et suivant votre intime conviction, avec l’impartialité et la fermeté qui conviennent à un homme libre». Così riporta L. FERRAJOLI, cit., p. 115; così anche M. RONCO, Il problema della pena, Torino, 1996, p. 46.

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Nell’ottica del verdetto immotivato della giuria, si parte dal presupposto che l’intime conviction del giudice si formi, come dice Aniello Nappi, “per effetto di una valutazione globale e immediata della prova, insuscettibile di autentiche razionalizzazioniǁ. La motivazione della sentenza, in questa prospettiva, era solo una giustificazione a posteriori della decisione, le cui reali ragioni rimanevano ignote”. Cfr. A. NAPPI, Libero convincimento, regole di esclusione, regole di

assunzione, in “Cassazione penale”, 1991, p. 1516.

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Nell’idea degli illuministi, come fa notare M. Nobili, “il “senso comune” avrebbe scongiurato di per sé la fallacia e l’arbitrarietà dell’accertamento giudiziale, meglio di qualsiasi sistema di regole predeterminate legalmente. Si potrebbe tentare una più esauriente dimostrazione di questo elemento, ma è sufficiente rileggere le voci “Senso comune” ed “Intimo convincimento” nell’

Encyclopédie di Diderot e d’Alambert, per verificare quale efficacia esercitasse allora l’appello ad

una capacità di accedere alla verità che è propria dell’intelletto di ogni uomo e che, se pur basata su un sentimento intimo, ha tuttavia ben poco di irrazionale, nel senso moderno della parola”. Così M. NOBILI, cit., pp. 131-132.

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VOLTAIRE, Commentaire sur le livre des délits et des peines, 1766, tr. it. a cura di R. Fubini, p. 578.

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definito da Montesquieu, a dire che la legge è lì alla portata di tutti, quel giudice che non deve fare altro che darle voce ed animarla?19.

A tal proposito, Cesare Beccaria affermava che “è più sicura l’ignoranza che giudica per sentimento” poiché “per giudicare [...] non si richiede che un semplice e ordinario buon senso”20.

Nonostante le suddette incertezze, il libero e intimo convincimento ebbe il sopravvento sull’ideale legalitario e, per evitare il rischio che questo criterio gnoseologico del giudice potesse degenerare in arbitrio, si tentò di introdurlo entro una struttura processuale di tipo squisitamente accusatorio.

L’intime conviction si espanse nel sistema istituzionalizzato dalla legislazione francese, cioè in un modello processuale basato sul metodo accusatorio, sulla presenza delle giurie popolari, sulla piena attuazione dell’oralità e dell’immediatezza, in cui la fase preliminare del processo assumeva un’importanza minima rispetto a quella dibattimentale.

Quello stesso principio fu poi trapiantato in altri sistemi penali, in cui, perdendosi di vista la forza dell’interdipendenza di quei principi accusatori, si introdusse il requisito della motivazione della sentenza come limite alla nuova libertà, abbandonando la pratica del verdetto immotivato adoperata nella Francia dell’Assemblea costituente.

Si arrivò, per questa via, ad attribuire alla libertà di convincimento del giudice una pluralità di significati dai contenuti talvolta completamente divergenti.

Sintetizzando, il principio dell’intime conviction significava l’affermazione della necessità di una libertà di decisione in merito alla valutazione delle prove e un’aspirazione alla “verità”, che si concretizzerà, successivamente, in una visione autoritaria della cosiddetta verità materiale.

Tale principio d’intime conviction ha senza dubbio risentito delle influenze del razionalismo e dell’empirismo, e, in particolare, dell’idea che il metodo sperimentale di ragionamento potesse essere trasferito dal mondo fisico a quello morale e, quindi, a quello giudiziario.

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L’idea riassunta, brevemente, nell’inciso di Montesquieu rientra a pieno titolo, come fa notare Francesco Gentile, nella prospettiva geometrica del diritto. Secondo la geometria legale, infatti, “anche la sentenza del giudice è una legge, seppure la legge del caso particolare, come concordano i vari geometri della legge, da Hobbes a Kelsen”. Così F. GENTILE, Ordinamento giuridico tra

virtualità e realtà, cit., p. 239, par. 50.

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C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, par. VIII. È interessante, a questo riguardo, notare come il riferimento al “semplice e ordinario buon senso” sia inserito nella contrapposizione tra la ricerca e l’acquisizione del materiale decisorio, da un lato, e “il giudicare del risultato medesimo”, dall’altro. Indicando con ciò che il principio del libero convincimento si afferma in relazione al momento della valutazione probatoria e non della fase ad essa precedente di ricerca ed acquisizione dei mezzi probatori. A dimostrazione di ciò sarebbe anche la stretta connessione sussistente tra l’introduzione di detto principio e l’istituzione delle giurie popolari. Per una conferma si veda M. NOBILI, voce “libero convincimento del giudice — 11) Diritto processuale

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È ciò che sosteneva Bentham, pensando alla logica dell’induzione come mezzo perfetto per adattare il giudizio giuridico sulla verità dei fatti a quello scientifico, la prova giudiziaria a quella applicata nei sistemi della scienza21.

Per Bentham il procedimento per accertare i fatti individuali doveva essere quello induttivo: diventava così possibile individuare un metodo oggettivo e quantitativo in base al quale valutare la prova.

Si osserva in tal modo il rovesciamento rispetto ai principi classici della prova: in questa prospettiva diventa inutile l’onere della prova22 e perde di valore il principio del contraddittorio, in quanto l’allegazione della parte costituisce già prova, apparendo, di conseguenza, del tutto irrazionale anche il sistema fondato sulle norme di esclusione.

Grande influenza sui processualisti ebbe anche il razionalismo di J. Stuart Mill, nei termini in cui cercava di valutare quale peso avesse la prova nel ragionamento induttivo, applicato sia in campo scientifico - naturale, sia giuridico e, quindi, tentava di analizzare la questione interpretativa del calcolo matematico delle probabilità23.

Partendo da una concezione tecnica della verifica del fatto e concependo la probabilità in termini oggettivi e quantificabili, si aveva l’ardire di poter allargare il campo d’indagine del giudice, fino a riconoscergli la capacità di ricostruire e conoscere quel fatto allo stesso modo in cui lo scienziato poteva ricreare, in laboratorio, l’esperimento di un evento verificatosi in natura.

In questo senso la libertà di valutazione della prova è legata ad un atteggiamento scientifico e ruota intorno alla distinzione tra la verità materiale o reale od obiettiva, che dir si voglia, e quella formale; diretta conseguenza di tale metodologia di pensiero è stato il fatto che quello stesso sistema accusatorio, in cui si sviluppò il principio dell’intime conviction, si trasformò nei processi misti,

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Scriveva, infatti, Bentham: «Pour s’assurer d’agir conformément à la loi, le juge en chaque

occasion a deux points à considérer; l’un est la question de fait, l’autre est la question de droit. La première consiste à s’assurer que tel fait a existé dans un lieu et un tel temps; la seconde consiste à s’assurer que la loi a fait une disposition de telle ou telle nature, applicable à ce fait individuel. La question de droit se décide d’après le texte de la loi, ou d’aprèes les décisions antérieres, là où il n’y a point de loi écrite. La question de fait se décide par les preuves. Tout roule sur des faits.»

(BENTHAM, Traité des preuves judiciaires, Paris, 1823, p. 250). La logica giudiziaria, nella dottrina benthamiana, è relativa alla prova dei fatti, in quanto presuppone l’autonomia della questione di fatto rispetto a quella di diritto. A questo riguardo, Alessandro Giuliani afferma: “da un punto di vista generale possiamo dire che il Bentham ha introdotto nel diritto il concetto moderno di prova, sviluppatosi in connessione con la filosofia induttiva e la scienza sperimentale fin dai tempi di Bacone. Nei tempi moderni la storia della teoria della prova si confonde con la storia della logica dell’induzione; e anche nel diritto la prova è -da un punto di vista logico – “un

fait supposé vrai, que l‘on considère comme devant servir de motif de crédibilité sur 1‘existence ou la non - existence d‘un autre fait” [Traité, vol. I, p. 16]. Pertanto l’essenza del concetto

scientifico di prova consiste nel passaggio dal fatto noto al fatto ignoto”. A. GIULIANI, Il

concetto di prova, cit., pp. 237-238.

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In questo senso Bentham asserisce che «l’obligation de la preuve doit étre, dans chaque cas individuelle, imposée à celle des parties qui peut la remplir avec le moins d’inconvénient, c’est à dire le moins de délai, de vexation et des frais». BENTHAM, cit., pp. 237-238.

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Per un approfondimento si veda L.J. COHEN, Introduzione alla filosofia dell’induzione e della

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che, come si dirà, introdussero, accanto ai principi accusatori, elementi di carattere inquisitorio, rientranti ancora in una logica della prova legale.

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