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Ragionamenti probatori e valutazione delle controversie tecnico - scientifiche

Nel documento Prove legali e libero convincimento (pagine 146-150)

SEZIONE III: LIBERO CONVINCIMENTO E CONTRADDITTORIO

5. Ragionamenti probatori e valutazione delle controversie tecnico - scientifiche

A partire dagli anni sessanta del ventesimo secolo si è cercato di costruire, sulla base dei metodi conoscitivi di cui sopra, un modello “integrato” di scienza penalistica, vale a dire un modello basato sulla stretta collaborazione tra dogmatica giuridica e scienze empiriche.

Il limite di un tale approccio e della stessa applicazione dei metodi induttivi o deduttivi, ma, altresì di quelli abduttivi di cui sopra, risiede nell’incertezza scientifica di tali teorie, in quanto legate inevitabilmente alla mutabilità dei risultati scientifici ed ai limiti intrinseci del concetto stesso di scienza83.

Tutti i metodi di giudizio sopra analizzati, infatti, presuppongono o come premessa maggiore o come premessa minore o ancora, nel caso dell’abduzione, quale ultima fase di controllo, l’applicazione di una legge generale, che è frutto o di massime di esperienza, o di principi ritenuti oramai conoscenza comune o di leggi scientifiche.

La quaestio, come accennato, si concentra, oltre che sulla fallacia delle regole scientifiche, sull’osservazione che tali antecedenti o susseguenti logici, anche se raggiunti in base a leggi scientifiche valide non conducano di per sé, se non avvalorati da altri elementi, alla colpevolezza dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio.

Poiché le conclusioni tecnico – scientifiche sono ipotesi, di cui non si saprà mai se saranno assolutamente vere o false, la quaestio che si pone è sino a che

81

Cfr TARUFFO, La prova dei fatti giuridici, in Trattato di diritto civile e commerciale, cit., 303 – 310.

82

Così testualmente G. FIANDACA, Il giudice di fronte alle controversie tecnico scientifiche. Il

diritto ed il processo penale, relazione del Convegno “Scienze e diritto. Il giudice di fronte alle

controversie tecnico – scientifiche”, Firenze, 7 – 8 maggio 2004.

83

F. STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, cit., p. 431, il quale circa la mutabilità della scienza apporta il seguente esempio: “fino a circa vent’anni fa, gli scienziati ritenevano che la maggior parte dei tumori fosse dovuta alle contaminazioni “ambientali”.

Nel 1981 Sir Richard Doll e Richaed Peto pubblicavano la loro analisi enciclopedica sulle cause dei tumori: le conclusioni furono che l’inquinamento industriale era da associare a circa il 4% dei tumori”. Tale stima è stata successivamente confermata dalla Environmental Protection Agency, la quale ha calcolato che solo una percentuale di tumori oscillante tra l’1% ed il 3% può essere messa in relazione con l’inquinamento industriale.

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punto il ragionamento probatorio del giudice (sia esso di tipo induttivo, deduttivo od abduttivo) possa affidarsi alla conoscenza scientifica.

Come sottolineato in dottrina84 in ogni processo le leggi scientifiche sono utilizzate “a ritroso”, nel senso che dall’effetto si intende individuare la sua causa85.

Nel momento in cui le leggi scientifiche vengono elaborate permettono di affermare che, dato un determinato evento A, seguirà, quale conseguenza, un più o meno probabile evento B; “ma quasi mai consentono di affermare che l’unica causa dell’evento B è sempre e soltanto l’evento A.

Resta la possibilità che l’evento B possa avere anche una causa differente da A”86.

Sulla base delle suddette considerazioni appare evidente come non sia possibile “verificare” una teoria; per tale ragione, dato che risulta necessario operare nei limiti delle conoscenze umane, nel campo della scienza si è raggiunta la “convinzione che da un numero finito di esperimenti non si possono ricavare regole indubitabili, che abbiano valore assoluto” (c.d. concezione post-positivistica della scienza)87.

La suddetta questione è stata, altresì, oggetto di numerose pronunce del mondo giuridico occidentale.

La prima è la sentenza del 1990 della Corte Suprema Italiana relativa al disastro Stava, la quale sancì che le leggi della scienza “devono ricevere conferma mediante il ricorso a metodi di prova razionali e controllabili”88.

Successivamente sul tema è da segnalare la sentenza in re Daubert, pronunciata su un caso civile dalla Corte Suprema degli Stati Uniti89.

La Corte suprema con la suddetta pronuncia ha disatteso il dogma, sottostante al “Frey test”90, dell’autonoma esistenza, all’esterno del mondo del

84

Cfr P. TONINI, La sentenza di Perugia come occasione di ripensamento sul metodo scientifico

di conoscenza, in L’assassinio di Meredith Kercher, anatomia del Processo di Perugia, a cura di

Mariangela Montagna, Aracne Editrice S.r.l., 2012, p. 31.

85

Cfr P. TONINI, Manuale di procedura penale, XII edizione, Milano, 2011, p. 255.

86

Così testualmente P. TONINI, La sentenza di Perugia come occasione di ripensamento sul

metodo scientifico di conoscenza, cit., pp. 31-32.

87

Così testualmente P. TONINI, La sentenza di Perugia come occasione di ripensamento sul

metodo scientifico di conoscenza, p. 32, il quale sottolinea, altresì, che la pretesa di poter

“verificare una teoria” fosse un’illusione della scienza positivistica. Come meglio sottolineato affrontando la c.d. teoria falsificazionista di Popper, per poter sostenere che, dato l’effetto B sicuramente la causa di esso era A, si sarebbero dovuti prendere in esame tutti gli effetti B ed avere la fortuna che la causa fosse sempre identica. Poiché, però, gli effetti di tipo B sono infiniti, non sarebbe stato logicamente possibile che la causa fosse stata sempre A.

88

Cfr F. STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, cit., p. 437.

89

Alla Corte fu sottoposto il problema degli effetti teratogeni di un farmaco (il Bendectin), in quanto i ricorrenti Daubert e Schuller, minori nati con gravi malformazioni, addebitavano tali malformazioni alla ingestione da parte della madre di tale farmaco antinausea.

90

Nell’ordinamento di common law, ed in particolare in quello statunitense (per il quale assumono preminente rilievo le Federal Rules of Evidence n. 702-706, sulla “Expert Testimony”, approvate nel 1975 e recentemente emendate nel 2000), l’attenzione dei giuristi si è incentrata pressoché esclusivamente sul primo momento del procedimento probatorio, quello della “ammissibilità” della scientific evidence, al fine di sterilizzare il rischio che le caratteristiche dello stile adversary

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diritto, di una certezza scientifica, salda ed irreversibile, cui il giudice dovrebbe fare riferimento.

Secondo il “Daubert test” spetta al giudice il ruolo di effettivo e diretto “gatekeeper”, essendo a lui affidati il filtro e la valutazione discrezionale di affidabilità e il controllo di validità dei “methods and pocedures”, che presiedono alla formazione di ogni singola prova scientifica, che le parti intendono dedurre nel processo, secondo i plurimi, non necessariamente coesistenti, criteri della controllabilità e falsificabilità della teoria scientifica o del metodo tecnico, della peer review o revisione critica degli esperti del settore, della pubblicazione, della indicazione del margine di errore conosciuto o potenziale, dell’esistenza di standards di applicazione ed, infine, della accettazione generale da parte della comunità scientifica di riferimento91.

La sentenza Daubert offre una lista di criteri necessari al fine di controllare l’affidabilità della prova scientifica, senza, per altro, alcuna pretesa di esaustività: infatti, non è necessario che il giudice ricorra sempre e comunque a tutti i criteri Daubert, come una check – list, da applicare in toto, potendo, al contrario, il Giudice utilizzare, di volta in volta, solo alcuni criteri ed altresì elaborarne di diversi92.

La Corte è ben consapevole della mutabilità della scienza e per tale ragione ritiene che il rischio di una sentenza “sbagliata” debba essere ridotta il più possibile: è sufficiente una solo contro esempio perché l’ipotesi debba essere

proprio di quei Paesi fossero inquinate da operazioni tecnico scientifiche incomprensibili, confuse, non verificabili, suggestive e pregiudizievoli per il corretto esame da parte della giuria, giudice del fatto. I due pilastri della giurisprudenza nord-americana sono costituiti dai casi comunemente noti come “Frye test‘’ del 1923 e, rispettivamente, “Daubert test” del 1993. Nel caso Frye v. United States risalente al lontano 1923 , in cui si dibatteva dell’ammissibilità come prova, in un processo per omicidio, della testimonianza di un consulente della difesa circa il risultato sperimentale di una primordiale macchina della verità, la Circuit Court del Distretto di Columbia respinse la richiesta stabilendo il principio per cui i dati su cui si basa la deduzione devono avere raggiunto un tale giudizio di consenso da essere generalmente accettati nello specifico campo scientifico, c.d.

General acceptance test. Soltanto dopo 70 anni, la Corte Suprema, nel caso Daubert v. Merrel

Dow Farmaceuticals Inc., nel deliberare ancora una volta sull’ammissibilità di una testimonianza scientifica in uno dei numerosi Bendectin case, ha disatteso il dogma, sottostante al “Frey test”. Per un approfondimento confronta M. TARUFFO, Le prove scientifiche nella recente esperienza

statunitense, in Riv. trim. dir. Proc. Civ., 1996, pp. 219 ss. e A. DONDI, Paradigmi processuali ed “expert witness testimony” nell’ordinamento statunitense, ibidem, 1996, pp. 261 ss.

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Criteri questi che, a ben vedere, rinviano, al procedimento falsificazionista popperiano.

92

O. DOMINIONI, La prova penale scientifica, Milano 2005, p.146.

Da sottolineare, altresì, che sulla scia della sentenza Daubert sono state successivamente emanate altre due sentenze, che costituiscono la c.d. trilogia Daubert – Joiner – Kumho.

In particolare la sentenza Joiner ha affrontato la questione della discrezionalità del trial judge e dei suoi limiti, individuando un criterio guida concernente l’ammissibilità della prova scientifica mediante expert witness, nel c.d. “abuse of discretion”.

La sentenza Khumo Tire (Khumo Tire Company, Ldt. V. Carmichael, 526, U.S. 137, 1999) affronta il tema dell’applicabilità dei principi della suddetta sentenza Daubert alle sole conoscenze scientifiche od anche alle conoscenze derivanti da “tecniche ed altre specializzate”.

Le premesse da cui muove tale ultima sentenza sono rispettivamente la discrezionalità concessa al giudice nel valiutare l’affidabilità del testimone esperto, di cui alla sentenza Daubert ed il limite alla stessa discrezionalità sancito dalla sentenza Joiner ed individuato nell’abuse of discretion. Per un approfondimento sul punto, cfr O. DOMINIONI, La prova penale scientifica, cit., p.190.

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considerata non confermata (teoria della conferma) e basta che l’ipotesi non sia stata sottoposta a tentativi di falsificazione, secondo la logica popperiana di cui sopra.

A questo punto, assodata l’incertezza scientifica, “la base più comune per il processo di decisione è il più probabile che non” ed entrano così in gioco le teorie probabilistico induttive di cui sopra, con i limiti già analizzati, che riconducono alla ritenuta insufficienza del criterio della “probabilità statistica” a favore del paradigma della "probabilità logica" sancita dalla Sentenza Franzese.

Oggi l’accertamento della verità si pone sul terreno “del giudizio di falsificazione o di conferma dell’enunciato di accusa e si fonda su un rigoroso confronto tra l’ipotesi ed i fatti”93.

La prospettiva è una ricostruzione del fatto dotata di coerenti inferenze probatorie, di alta probabilità logica e di conseguente certezza processuale in merito alla colpevolezza dell’imputato94.

Sulla scia della sentenza Daubert di cui sopra, parte della giurisprudenza italiana aveva guardato ai dettami stabiliti dalla stessa sentenza, quali meri indici di orientamento per il giudice, senza vantare pretese di assumerli quali guida nella valutazione della prova scientifica nell’ordinamento italiano95.

Di recente, però, la c.d. sentenza Cozzini96 ha espressamente elencato le verifiche a cui il giudice deve sottoporre la prova scientifica, al fine di valutarne l’ammissibilità.

La stessa sentenza espressamente sancisce che “per valutare l’attendibilità di una teoria occorre esaminare gli studi che la sorreggono. Le basi fattuali sui quali essi sono condotti.

L’ampiezza, la rigorosità, l’oggettività della ricerca. Il grado di sostegno che i fatti accordano la tesi. La discussione critica che ha accompagnato l’elaborazione dello studio, focalizzata sia sui fatti che mettono in discussione

93

Così L. DE CATALDO NEUBURGER, Prova dichiarativa e prova scientifica, in L’assassinio

di Meredith Kercher, anatomia del Processo di Perugia, a cura di Mariangela Montagna, Aracne

Editrice S.r.l., 2012, p. 204.

94

Come precisato da Canzio: “le coordinate di questo indirizzo teorico possono essere collocate entro il moderno modello epistemologico della scienza, fondato su un rigoroso atteggiamento critico e su un serrato confronto tra l’ipotesi ed i fatti.

Con la premessa che poiché occorre pervenire alla conclusione moralmente e processualmente “certa”, che la condotta dell’imputato è stata condizione necessaria dell’evento e a lui è perciò attribuibile come fatto proprio, qualora l’ipotesi formulata dalla accusa non abbia retto all’urto dialettico e falsificatorio degli elementi di prova antagonisti, l’incertezza o l’insufficienza probatoria e il non irragionevole dubbio sulla reale efficacia della condotta medesima non possono comportare la neutralizzazione dell’ipotesi accusatoria e l’esito assolutorio.

Ciò premesso si può definire scientifica quella prova che, partendo da un fatto dimostrato, utilizza una legge scientifica per accertare l’esistenza di un ulteriore fatto da provare”. Così G. CANZIO,

La causalità “scientifica” in Dir. proc. Pen., Dossier, La prova scientifica nel processo penale, a

cura di P. Tonini, 2008, p. 38.

95

Cfr Cass. pen. Sez. I, 29 luglio 2008, n. 31456 in Banca Dati De Jure e Sentenza Franzoni, in

Cass. pen. 2009, p. 1867.

96

Cfr Cass. pen., Sez. IV, 13 dicembre 2010 (ud. 17 settembre 2010), n. 43786, Cozzini e altri in www.penalecontemporaneo.it; per un approfondimento sul tema vedi anche la sentenza in Cass.

pen. 2011, p. 1679 con nota di R. BARTOLI, Responsabilità penale da amianto: una sentenza destinata a segnare un punto di svolta?

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l’ipotesi sia sulle diverse opinioni che nel corso della discussione si sono formate, l’attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica.

Ancora, rileva il grado di consenso che la tesi raccoglie nella comunità scientifica.

Infine, dal punto di vista del giudice, che risolve casi ed esamina conflitti aspri, è di preminente rilievo l’identità, l’autorità indiscussa, l’indipendenza del soggetto che gestisce la ricerca, le finalità per le quali si muove”.

Dal dato testuale della sentenza si evince che per verificare l’attendibilità di una teoria scientifica occorre analizzarla secondo criteri di controllabilità, falsificabilità, grado di conferma, conoscenza del margine di errore ed accettazione da parte della comunità scientifica97.

Ai suddetti criteri, di base già presenti nella suddetta sentenza Daubert, devono essere aggiunti quelli della affidabilità e dell’indipendenza dell’esperto.

Infine, un’ulteriore sentenza da segnalare sul tema è la sentenza pronunciata dalla Corte di Assise d’Appello di Perugia nel caso di Amanda Knox98: nella motivazione della stessa sentenza si afferma che “per emettere una pronuncia di condanna non è sufficiente che le probabilità della ipotesi accusatoria siano maggiori di quelle della ipotesi difensiva, neanche quando siano notevolmente più numerose”, bensì “è necessario che ogni spiegazione diversa dalla ipotesi accusatoria sia, secondo un criterio di ragionevolezza, niente affatto plausibile.

In ogni altro caso (e cioè se vi è un’ipotesi alternativa ragionevole) si impone sempre l’assoluzione dell’imputato”.

Nel documento Prove legali e libero convincimento (pagine 146-150)