L’introduzione delle classi nelle proposte di concordato
4 LE AMMINISTRAZIONI STRAORDINARIE E LA NORMATIVA EUROPEA
4.2 Il problema degli aiuti di Stato: da Prodi a Prodi bis
Nel Senza dubbio, però, le problematiche più rilevanti nel rapporto tra amministrazio- ni straordinarie e diritto dell’Unione emergono in relazione alla concorrenza, e all’in- terno di questa, al divieto di aiuti di Stato. Del resto, come vedremo, la stessa Prodi bis è stata introdotta proprio a seguito dei problemi sorti con la (allora) Comunità europea per la prima procedura “Prodi”, quella cioè introdotta con la l. 95/1979.
Senza entrare in un discorso storico, attualmente il nucleo essenziale della normativa europea sulla concorrenza è costituito anzitutto dall’art. 3 del Trattato di Lisbona (c.d “TUE”), il quale enuncia tra le finalità dell’Unione quella di adoperarsi per uno svilup- po sostenibile basato su «un’economia sociale di mercato fortemente competitiva»; gli artt. 119 e 120 affermano poi l’esigenza di un’ «economia di mercato aperta e in libera concorrenza».
Tali affermazioni di principio trovano a loro volta più concreta attuazione nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”) e in particolare nei suoi artt. da 101 a 109. Tra questi gli artt. 107-109 riguardano specificamente le regole di concorrenza applicabili agli Stati, tra le quali quelle sugli aiuti di Stato: l’art. 107, par. 1, infatti, di- spone che «salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato in-
terno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza». Alla luce di tale norma,
quindi, perché una data misura sia configurabile come aiuto di Stato, occorre il con- corso di quattro elementi: i) deve essere riconducibile ad un intervento dello Stato o di enti pubblici o privati designati dagli Stati ovvero realizzata mediante risorse statali o comunque pubbliche (finanziamento di origine pubblica); ii) deve essere “selettiva”,
59 Circa la competenza internazionale nei gruppi di imprese, fondamentale nel senso del testo è la sentenza C. giust.
CE 2 maggio 2006, C-3641/04, Eurofood, in Fallimento, 2006, p. 1249, emessa nel contesto dell’amministrazione straordinaria di Parmalat.
ossia attribuire un vantaggio gratuito al suo beneficiario; iii) deve poter causare un pregiudizio agli scambi tra Stati membri; e infine iv) deve falsare o minacciare di fal- sare la concorrenza.
Questo è lo schema essenziale, che però è suscettibile di sfaccettature e sfumature pressoché infinite: occorre quindi, quando si ha ragione di supporre che ci si trovi di fronte ad un aiuto di Stato, ricondurre la fattispecie ai suoi aspetti di base, così da sta- bilire se questi a loro volta sono inquadrabili in detto schema. La difficoltà, poi, si ac- cresce ove si rifletta che l’art. 107 TFUE non pone distinzioni in relazione alle modalità con le quali l’aiuto di Stato viene elargito: così può trattarsi di un singolo specifico atto amministrativo destinato ad una data impresa o anche di un provvedimento legisla- tivo idoneo ad incidere su una platea indefinita di soggetti. D’altra parte, l’aiuto può avvenire attraverso un atto positivo (es., un sussidio) ma anche uno negativo (es., la rinuncia ad incassare un’imposta). Quello che conta è in definitiva che l’attività dello Stato si traduca, per un dato soggetto o per una indefinita categoria di soggetti, in una agevolazione idonea a falsare la concorrenza.
Date queste premesse, si comprende come tale problematica si sia posta con parti- colare urgenza proprio nel campo della crisi dell’impresa, e a maggior ragione del- la crisi della grande impresa, un campo cioè nel quale gli Stati possono determinar- si ad interventi di aiuto anche indotti da esigenze di natura sociale, correlate all’oc- cupazione etc. La Commissione, dunque, ancora nel 2004, e quindi prima del TUE, ha pubblicato i propri “Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvatag-
gio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà”. [60] Questi Orientamenti sono stati
a loro volta aggiornati mediante successive comunicazioni della stessa Commissio- ne, la più importante quella del 2012 sulla “Modernizzazione degli aiuti di Stato nel-
la UE.” [61] Tali interventi della Commissione si sostanziano in testi molto comples-
si, nei quali è peraltro individuabile una evoluzione nel tempo in forza della quale la tutela della concorrenza intesa in quanto tale, ha via via fatto spazio ad una con- cezione della concorrenza stessa come non fine, bensì strumento di una politi- ca economica ispirata ai princìpi della economia sociale di mercato, con conseguen-
60 In GUCE n. C 244 del 1 ottobre 2004 61 In http.//eur-lex.europa.eu
te spostamento in senso più permissivo del confine tra aiuti ammessi e aiuti vietati. Si è così pervenuti ad integrare la base giuridica della normativa sugli aiuti di Stato soprattutto sulla lettera b) del par. 3 dell’art. 107 TFUE, ossia quella che stabilisce la compatibilità con il mercato interno degli «aiuti destinati a promuovere la realizzazio- ne di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro», attuandosi così un deciso ampliamento del regime derogatorio, e più in generale una maggiore elasticità di in- terpretazione della normativa.
Tale evoluzione si è manifestata con particolare evidenza nel settore finanziario-ban- cario, ma ha interessato anche l’economia “reale”, e per quanto attiene al nostro Pa- ese, ne hanno beneficiato soprattutto le amministrazioni straordinarie, in relazione alle quali la problematica degli aiuti di Stato si è costantemente presentata dal 1979 con caratteristiche assolutamente particolari: infatti quella che viene in rilievo è la compatibilità con la normativa comunitaria prima, e dell’Unione ora, non di specifici interventi più o meno una tantum, bensì di normative organiche ed astratte, a valere, almeno in via di principio, per una platea indeterminata di casi, sia attuali che futuri. Già la prima Legge Prodi ( L. 3 aprile 1979, n. 95) ha del resto subito presentato una se- rie così grave di criticità anche a livello comunitario da obbligare ad una riflessione che portò poi nel 1999 alla Legge Prodi bis, ossia ad una nuova normativa che nelle inten- zioni avrebbe dovuto superare quantomeno l’obiezione principale suscitata dalla legge del 1979, ossia quella di un intervento dello Stato eccessivo e in sostanza discreziona- le, e che aveva portato a livello comunitario addirittura l’affermazione dell’incompa-
tibilità dell’intera procedura con il divieto di aiuti [62] visto che, questa era la sostanza
dell’obiezione, lo Stato in definitiva si arrogava il potere di decidere se una data im- presa dovesse o no fallire, e ciò in deroga alla normativa ordinaria. Fatto sta che con Prodi bis riassumeva centralità il concetto di insolvenza rispetto a quello di semplice crisi dell’impresa, con un almeno parziale riallineamento alla normativa fallimentare
62 Tra il 1982 e il 1999 si è svolto tra la Commissione e lo Stato italiano un vero e proprio battibecco tra sordi: la
prima denunciava ripetutamente Prodi come un generalizzato aiuto di Stato, il secondo replicava negando osti- natamente il fondamento della critica, entrambi però in sostanza ripetendo gli stessi argomenti. Il bisticcio cessò quando, a seguito della sentenza della C. giust. CE 1 dicembre 1998, C-200/97, Ecotrade, in Fallimento, 1999, p. 831, che aveva dichiarato esplicitamente Prodi incompatibile con il divieto di aiuti di Stato, il Governo italiano si deci- deva ad avviare l’iter legislativo che avrebbe portato a Prodi bis.
comune. Da ciò conseguiva una restituzione all’autorità giudiziaria di alcune funzio- ni sue tipiche: in particolare a seguito dell’accertamento giudiziale dell’insolvenza, il tribunale acquisiva il potere-dovere di verificare le possibilità di risanamento dell’im- presa, e, in caso negativo, di dichiarare il fallimento. Rimangono però determinanti le funzione attribuite all’autorità amministrativa nell’ambito di uno schema “a doppio binario”: in una prima fase il tribunale accerta l’insolvenza con nomina del commissa- rio e di un giudice delegato; con la seconda fase lo stesso tribunale valuta le concrete prospettive di recupero dell’impresa, e previo parere del ministro, dichiara l’apertura della procedura, o, alternativamente, il fallimento. Nel primo caso il Governo nomina un commissario straordinario cui viene affidata la gestione dell’impresa secondo un preciso programma, e la procedura così avviata è oggetto di vigilanza ad opera sia del ministro che dell’autorità giudiziaria.