PRIMI RISULTATI E PROSPETTIVE
3. PROCESSI PRODUTTIVI 1 Raffinazione del Petrolio
Scopo della raffinazione è ottenere componenti puri da una miscela o, come nel caso in esame, frazioni dotate di particolari caratteristiche tecnologiche. In realtà, con l’espressione raffina-zione del petrolio viene usualmente inteso l’intero processo di lavoraraffina-zione del petrolio, dall’in-gresso in stabilimento all’uscita dei prodotti finiti; processo che, storicamente, non comprende
più le sole fasi di distillazione,in quanto nelle raffinerie vengono ormai eseguiti processi che consentono di modificare la natura chimica dei componenti del grezzo, per adattarli alle richie-ste del mercato e che impartiscono una notevole flessibilità di alimentazioni, di resa e qualità dei prodotti.
Le principali operazioni possono essere distinte in:
- scarico e stoccaggio delle materie prime;
- distillazione atmosferica (topping) e sottovuoto;
- conversione: cracking, reforming, visbreaking, ecc.;
- desolforazione;
Il grezzo è inviato dallo stoccaggio al “topping”, dove subisce processi di depurazione prelimi-nari (separazione delle acque di formazione residue, eliminazione dei sali inorganici per lavag-gio con acqua, ecc.) e viene preriscaldato e inviato alla distillazione vera e propria. Dalla torre di distillazione sono ottenuti una serie di intermedi, nessuno dei quali costituisce un prodotto finito. Solo la parte dei gas più leggeri è utilizzata come combustibile nella centrale termica;
tutte le frazioni ottenute, dalle benzine al residuo, sono sottoposte ad ulteriori lavorazioni. I residui, la parte più pesante del grezzo, sono distillati in una torre separata, sotto vuoto, per recuperare le ultime tracce di gasolio che trascinano; le benzine sono sottoposte a stabilizza-zione, cioè a ulteriore distillazione per eliminare le percentuali di propano e butano presenti, che saranno recuperati per produrre GPL; ecc.
Dalla distillazione si ottengono scarse rese in benzina, rispetto alle richieste del mercato, e il gasolio pesante, più abbondante, che non può essere direttamente utilizzato come carburante;
in molte raffinerie sono stati installati impianti di “craking”, ossia pirolisi, che permettono di ottenere benzine per scissione di molecole più pesanti, quali quelle contenute nel gasolio pesante.
La qualità delle benzine di distillazione non è tale da consentirne l’utilizzo. Parte di queste è inviata all’impianto di “reforming”, dove sono trasformate, in presenza di catalizzatore ad alte temperature, ottenendo benzine ad alto contenuto di composti aromatici (benzene, toluene, xileni, ecc.), dotate di alto numero di ottano e idrogeno. I prodotti del reforming possono esse-re utilizzati come fonte di aromatici per la petrolchimica.
Il residuo della distillazione sottovuoto può essere impiegato direttamente come base per i bitu-mi ed eventualmente sottoposto a trattamento di leggera ossidazione (soffiatura); altrimenti, è sottoposto a leggera pirolisi (visbreaking) che ne riduce la viscosità, permettendone l’uso come base per gli oli combustibili.
Trattamento importante è quello di idrodesolforazione: in un reattore catalitico, una corrente di idrogeno è posta in contatto con l’intermedio da depurare, trasformando i composti contenenti zolfo in H2S e idrocarburi. L’H2S è eliminato in una torre separata per assorbimento in soluzioni acquose alcaline e quindi inviato all’impianto zolfo, dove è trasformato in zolfo elementare.
I lubrificanti sono ottenuti dai residui di vuoto con operazioni successive di depurazione, estra-zione con solvente, assorbimento su setacci molecolari, ecc. di componenti indesiderati, dea-sfaltazione, idrodesolforazione, deparaffinazione ed eventuale formulazione di lubrificanti a partire dalle basi trattate.
Il parco serbatoi è esteso e comprende, nelle aree di processo, piccoli stoccaggi intermedi tra le diverse lavorazioni; grandi serbatoi di stoccaggio delle basi raffinate da inviare alla formula-zione, “blending”. I prodotti finiti, stoccati in serbatoi dedicati o in sigari, sono caricati sui mezzi destinati alla distribuzione.
3.2 Processi Petrolchimici
Le materie prime sono sottoposte a reazioni di trasformazione per ottenere intermedi2, utiliz-zati nello stesso stabilimento per ulteriore lavorazione, o derivati vari, utilizutiliz-zati nell’industria chimica come prodotti di base. L’alimentazione, ossia la materia prima per tutti i processi, è costituita da virgin naphtha o gas naturale; in qualche caso si ricevono dalla raffineria alimen-tazioni che sono sottoposte, nel medesimo complesso petrolchimico, a processi di ulteriore raf-finazione prima di essere trasformate.
Tra i principali processi per la lavorazione delle alimentazioni possono essere considerati i seguenti: produzione di idrogeno da idrocarburi, produzione di nerofumo, craking a olefine, produzione di acetilene per combustione parziale di idrocarburi, produzione e purificazione di idrocarburi aromatici, gassificazione di idrocarburi - gas di sintesi, sintesi di ammoniaca, sinte-si di urea, produzione di alcol metilico da gas di sinte-sintesinte-si, estrazione e purificazione di paraffine lineari.
Da questi sono ottenuti altri derivati con tecnologie molto diversificate, spesso caratterizzate dalla sostituzione di un idrogeno con radicali non idrocarburici o dalla addizione di composti ad un intermedio.
Dall’elenco e dalla Tabella 1 sotto riportata si evince che numerose sono le possibili sovrappo-sizioni tra quanto effettivamente realizzato in un complesso petrolchimico e quanto invece è anche possibile fare nell’industria della chimica organica in generale. Pur permanendo un certo grado di incertezza, è utile individuare nel Complesso Petrolchimico lo stabilimento nel quale tutte o parte di queste attività sono realizzate, partendo da alimentazioni idrocarburiche da Raffineria o da gas naturale.
Tabella 1
Principali processi e prodotti dell’Industria Petrolchimica
Processo Prodotti
Ossidazione (processi diversi) Acetato di vinile, Acido adipico, Acido tereftalico, Aldeide formica, Anidride itali-ca, Anidride maleiitali-ca, Ossido di etilene, Ossido di propilene, Glicerina, Glicol etile-nico-propilenico, Chetoni
Alogenazione Cloroprene, Cloruro di vinile (CVM), Epicloridrina, Tetrafluoroetilene, Gas frigorige-ni (freon, alon, ecc.), Fosgene, Clorofenoli. Epicloridrina
Ammoniazione Acrilonitrile
Altri processi Acido cianidrico, Butadiene, Buteni, Caprolattame, Esametilendiammina, Fenolo, Isoprene, Metacrilato di metile, Nitrometano, Stirene.
2 Se viene prodotta una sostanza/miscela utilizzabile sia come prodotto finito che come intermedio per suc-cessive sintesi, questa viene considerata “un intermedio” se utilizzata all’interno dello stabilimento, mentre, viene considerata “un prodotto finito” se utilizzata dalla stessa azienda ma in stabilimenti diversi da quello di produzione, o venduta ad altre aziende.
4. DIMENSIONI
Le potenzialità di una Raffineria sono legate essenzialmente alle economie di scala conseguibi-li: il personale necessario per gestire una grande raffineria (oltre 10 milioni di t/a di grezzo lavorato) coincide con quello di una media (5-6 Mt/a); d’altra parte, il costo degli impianti, rife-rito all’unità di prodotto, scende sensibilmente ed eventuali interventi migliorativi generano un ritorno economico a brevissimo termine. I processi sono molto adattabili ad eventuali variazio-ni, stante la relativa libertà di conseguire le specifiche dei prodotti: ad esempio, per ottenere una benzina di un fissato numero di ottano è possibile operare sia sulla quantità di “riforma-to”, sia sulla qualità della virgin naphtha, sia sulla additivazione di antidetonanti, poiché esi-stono limiti con intervalli ampi nelle composizioni, compatibili con le specifiche di mercato.
Nel Complesso Petrolchimico, invece, l’evoluzione dei processi è molto veloce, tale da rendere rapi-damente obsoleti gli impianti, perché antieconomici. Inoltre, il legame stretto con le specifiche dei prodotti (da ottenere con elevatissimi gradi di purezza) rende meno flessibili gli impianti già dalla fase progettuale: se in una raffineria tipica è possibile lavorare grezzi di molteplici qualità, ope-rando un semplice aggiustamento delle condizioni di marcia, ottenere elevate purezze in un petrol-chimico richiede una rigida selezione delle materie prime e delle condizioni operative, per rendere possibile l’impiego stesso degli impianti, senza doverli sottoporre a radicali modificazioni. Quindi, quando in uno stabilimento è prevista una notevole capacità produttiva per uno o più intermedi (ad es. etilene, propilene, paraxilene), è necessario diversificare il numero dei prodotti da esso deriva-ti, per evitare di dover cedere a prezzi imposti dal mercato (e da concorrenti più aggiornati o capa-ci) l’intermedio. Questa esigenza comportata nella realtà industriale la coesistenza di una molte-plicità di processi all’interno dello stesso stabilimento, fino ad una polverizzazione di impianti con processi tra di loro diversissimi, eserciti per brevi periodi e costretti a frequenti modificazioni, pena il rapido decadimento competitivo dello stabilimento nella sua interezza.
Diverso è il caso di altri Stabilimenti Chimici, dove per lavorazione di quelli che, se lavorati all’interno del medesimo stabilimento, sarebbero gli intermedi dei Complessi Petrolchimici, si ottiene una gamma relativamente ridotta di derivati pregiati, con minori vincoli di flessibilità legati ai grandi impianti di lavorazione dei prodotti di raffineria.