• Non ci sono risultati.

Capitolo 2. LA GESTIONE DELLA PERFORMANCE

2.1. Il processo di cambiamento

I cambiamenti culturali e sociali, la crisi economica e le conseguenti tensioni e la perdurante discussione sul tema dei risparmi di spesa pubblica, hanno incrementato l’interesse dei cittadini e più in generale dell’opinione pubblica sulle capacità della PA di realizzare le proprie politiche.

Il settore pubblico è stato oggetto di diversi e successivi processi di riforma (Walker e Boyne, 2006) e da una plethora di cambiamenti (Boyne, 2003) dallo sviluppo del cosiddetto New Public Management negli anni ’80 a le più recenti riforme a seguito della crisi economica e finanziaria del 2007-2008.

Questo processo di trasformazione del comparto pubblico (Broadbent e Guthrie, 1992 e 2008), in Italia ha avuto inizio negli anni ’90, con un decennio di ritardo rispetto ai paesi da cui il NPM è originato, con il processo di devoluzione amministrativa dei poteri dallo stato centrale alle autonomie locali e a seguito anche della spinte derivanti dal processo di integrazione economica e monetaria europea (Grossi e Mussari, 2008).

Le riforme del NPM sono ormai diventate un trend a livello mondiale dagli anni ’80, come “cambiamenti deliberati delle strutture e dei processi delle

organizzazioni del settore pubblico con l’obiettivo di permettere alle medesime di meglio registrare migliori prestazioni” (Pollitt e Bouckaert, 2004, p.17) ma localmente si sono sviluppate con traiettorie e risultati altamente differenziati (Ongaro e Valotti, 2008).

In Italia, più che in altri paesi, la spinta riformatrice si è tradotta nella produzione di interventi legislativi (Capano, 2003, Ongaro e Valotti, 2008) che spesso hanno aumentato la complessità di un sistema caratterizzato da forte differenze e contraddizioni, anche in termini di performance della pubblica amministrazione, tanto nel centro-nord dell’Italia quanto nel più povero sud (Ongaro e Valotti, 2008).

“L'istituzionalizzazione del diritto amministrativo, come un modo di essere e agire nella pubblica amministrazione, ha costituito il processo fondamentale alla base del paradigma politico di riforma amministrativa condivisa da parte di tutti i responsabili politici all'interno di quelle arene in cui tali riforme sono state predisposte ed attuate” (Capano, 2003, p. 786).

Il cambiamento della configurazione dell’assetto istituzionale dello Stato è stata accompagnato dalla trasformazione del modo in cui le azioni della pubblica amministrazione sono valutate (Capano, 2003).

Gli interventi si sono concentrati su vari ambiti con risultanti altalenanti, i) dalle politiche e dinamiche del bilancio pubblico, centrale e locale, ii) agli strumenti di contabilità, iii) all’introduzione di meccanismi e strumenti di misurazione e gestione della performance, iv) a modifiche ed interventi in termini di governance dei servizi pubblici, fino v) alle modalità di decentramento amministrativo (la figura 2.1 riassume i principali interventi dal 1990 al 2005).

Per quanto riguarda la politica di bilancio a livello locale senza dubbio il primo intervento significativo è stato la previsione del Piano Esecutivo di Gestione, quale strumento di assegnazione dei target ai manager e valutazione dei medesimi sulla base delle prestazioni (Ongaro, 2011), avvenuta con il Decreto Legislativo n.77 del 1995 il quale ha inoltre introdotto la facoltà da parte degli enti locali di adottare la contabilità economica.

I servizi pubblici sono stato oggetto di numerosi interventi legislativi e la realizzazione del processo di decentramento amministrativo e devoluzione dei poteri alle autonomie locali, previsto fin dalla carta costituzionale, ha incontrato molti ostacoli, iniziando di fatto solo con gli interventi di fine anni ’90 e non risultando ancora effettivamente completato anche a causa di successivi interventi di revisione costituzionale10 che hanno modificato più volte il quadro istituzionale italiano, ancor prima che potesse essere effettivamente realizzato.

10

In particolare si ricordano la legge costituzionale n. 1 del 1999 “Disposizioni concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni" e la legge costituzionale n.3 del 2001 “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”, riguardante le autonomie locali, modificando l’art 114, gli artt 116-117-118-119-120, 123, 127 e 132. A queste andrà ad aggiungere il quadro di revisione costituzionale approvato recentemente dalla Camera dei Deputati e dei Senatori, ovvero il disegno di legge costituzionale n. 2613-D

Figura 2.1. Riforme nella gestione pubblica dal 1990 al 2006 in Italia

(Continua)

“Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione, che sarà oggetto di referendum.

Per quanto concerne la gestione della performance è considerato uno degli elementi cardine della dottrina del NPM, soprattutto in Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito e può essere visto come la “più recente tappa del processo di

evoluzione del public sector management” (National Performance Management

Advisory Commission, 2010, p. 4).

In Italia si è registrato un primo intervento normativo a fine anni ‘90 con la regolamentazione di un sistema di controlli interni tramite il Decreto Legislativo n. 286 del 1999, ripreso con il Testo Unico degli Enti Locali (D.lgs 267/2000), emanato l’anno successivo ma la cui sostanziale attuazione è stata frammentaria e incompleta per parecchi anni.

La scarsità delle risorse, “gli stress fiscali che affliggevano molti governi” (Halachmi, 2005, p. 503), la sempre maggiore necessità di riduzione della spesa e dell’indebitamento pubblico, a seguito della crisi economica e delle normative comunitarie di bilancio e delle politiche passate, contestualmente alla necessità di garantire i livelli essenziali dei servizi con un miglior utilizzo delle risorse (Arnaboldi, Lapsley e Steccolini, 2015) ed incrementare l’efficienza (Aubert e Bourdeau, 2012) hanno contribuito ad aumentare l’interesse del legislatore e della dottrina sui temi della misurazione, valutazione, gestione e miglioramento della performance.

Questo, partendo dal presupposto che una “ottima performance, sia essa di

una fase o dell’intera organizzazione, individuale o di una team, è molto improbabile che accada da sola” (Halachmi, 2005, p. 508).

La gestione della performance quindi, partendo dalle nozioni di base di management quale “processo di definizione degli obiettivi e assunzione delle

decisioni per un efficiente ed efficace utilizzo delle risorse organizzative”

(Anderson, 1988, p. 8 citato in Halachmi, 2005, p. 508),

assicura una maggiore probabilità di raggiungere i risultati desiderati, affrontando le questioni relative ai processi organizzativi, ai contesti interni ed ambientali esterni su cui tali processi si sviluppano, e il comportamento dei soggetti coinvolti (Halachmi, 2005).

“Il performance management nel settore pubblico è un approccio continuo e sistematico per il miglioramento dei risultati attraverso un processo decisionale basato sull'evidenza, il continuo apprendimento organizzativo, e un focus

sull’accountability delle prestazioni” (National Performance Management Advisory Commission, 2010, p. 3).

Queste potenzialità intrinseche nei sistemi di gestione della perfomance hanno contribuito ad aumentare anche l’interesse di accademici e ricercatori oltre che della dottrina (Ammons e Roenigk, 2015, Kloot e Martin, 2000, Van Dooren, Bouckaert e Halligan, 2010, Torphe e Beasley, 2004, Radnor e McGuire, 2004), del public management e non solo, nel mondo (Thorpe e Beasley, 2004, Carlucci, Schiuma e Sole, 2015).

Questa attenzione multidisciplinare nei confronti della performance pubblica ha sicuramente contribuito alla proliferazione delle definizioni di performance e di quelli che sono gli strumenti della misurazione e gestione della stessa nel settore pubblico, contribuendo ad aumentarne la complessità di interpretazione e comprensione ed applicazione.

Ciò ha comportato anche una produzione scientifica eterogenea sul tema (Anselmi, Lazzini, Zarone, Brunelli, 201311).

Nella letteratura italiana la misurazione della performance viene spesso considerata come permanentemente legata all’analisi della sussistenza delle condizioni di economicità della gestione (Onida, 1971, Ranalli, 1988, Bertini, 1991, Cattaneo, 1991, Airoldi, Brunetti e Coda, 1994, Catturi, 1994 citati in Anselmi, Lazzini, Zarone e Brunelli, 2013) quale presupposto per il raggiungimento dell’equilibrio economico durevole ed evolutivo (Giannessi, 1960).

L’analisi strategica della performance non deve però focalizzarsi solo sulla valutazione quantitativa dei risultati ma deve anche porre l’attenzione sulla qualità degli stessi e sulle sue componenti (Nisio, De Carolis e Losurdo, 2012).

L’interesse accademico si è focalizzato soprattutto sulle criticità dei sistemi di performance nel settore pubblico e sui fattori politici, culturali e

11

Anselmi L., Lazzini S., Zarone V., Brunelli S. (2013) Sono davvero misurabili le performance delle amministrazioni pubbliche, paper presentato al convegno “Il ruolo dell'azienda nell'economia. Esiste un modello aziendale orientato alla crescita”, tenutosi a Lecce 19-20 settembre 2013 per la XXXVI Conferenza AIDEA e pubblicato nel volume The firms's role in the economy: does a growth-oriented business model exist? XXXVI AIDEA Conference Proceedings, Cacucci Editore, Bari.

razionali che ne influenzano lo sviluppo (Carlucci, Schiuma e Sole, 2015, Askim

et al., 2008, Beyer e Trice 1982; Melkers e Willoughby 2005, Moynihan e Pandey

2010, Van Dooren 2005, Sole e Schiuma, 2010). È importante sottolineare come i

“manager debbano focalizzarsi non solo sulle risorse da sfruttare nel processo di misurazione e valutazione ma anche sul coinvolgimento degli stakeholders chiave” (Carlucci, Sole e Schiuma, 2015, p. 372) e degli utilizzatori delle

informazioni di performance, sulla qualità dei dati di performance desiderati, sulle competenze e flessibilità decisionale (Angiola e Bianchi, 2015).

Il performance management nel settore pubblico non è quindi libero dai problemi, affrontati dai manager per migliorare la performance tramite l’utilizzo dello strumento di misurazione e valutazione (Halachmi, 2005), ivi compresi le pressioni delle regolamentazioni legislative, amministrative e degli apparati burocratici. Tali pressioni sono elementi tipici dell’approccio italiano alle novità del NPM, coerente con la tradizione fortemente legislativa e la cultura burocratica del settore pubblico italiano (Anessi-Pessina e Steccolini, 2005). Questo approccio definito “cultura della governance” (Ongaro e Valotti 2008, p. 179) è caratterizzato da: i) permanenza della centralità dello stato come mezzo per l’integrazione (anche se tale permanenza è contestata da attori sociali, culturali e politici), ii) centralità della legge amministrativa come corpo separato, con caratteristiche di superiorità sulla gestione, focus sulle attività amministrative di preparazione, promulgazione e applicazione formale delle leggi, nonché sulla coerenza interna del sistema legislativo e le sue dettagliati procedure. Ma anche iii) concezione del cittadino come soggetto con diritti e doveri, iv) prevalenza di forme legali di accountability, v) concezione dei dipendenti pubblici come un gruppo sociale distinto dal resto della società, vi) permanenza dell’ampia influenza del ruolo dei gabinetti ministeriali, vii) presenza di un “corpo professionale” e di un prefetto quale rappresentante dello stato centrale (Ongaro e Valotti, 2008).

2.2. Contesto normativo in termini programmazione e controllo