Lo sviluppo del mercato italiano del Private Banking ha attirato l’attenzione di diversi intermediari stranieri determinando l’aumento dei modelli e delle modalità di offerta.
L’apertura del mercato si caratterizza per l’ingresso di operatori che presentano diverse caratteristiche sia nei modelli di business che nell’approccio alla clientela53.
Considerando il mercato attuale, si possono individuare tre principali tipologie di banche attive nel settore private (Tabelle 1.4 – 1.5):
Banche d’affari (investment bank) internazionali;
Banche commerciali con divisioni di Private Banking;
Private banks specializzate.
Le banche d’affari internazionali si distinguono da sempre per una forte consapevolezza dell’importanza rappresentata dal brand, da un network internazionale e da competenze riconosciute nell’ambito dell’asset management e dell’investment banking. I loro sforzi sono orientati al raggiungimento e al mantenimento di livelli di servizio elevati, ad una continua innovazione della gamma di prodotti e al massimo sfruttamento delle sinergie tra servizi di Private Banking e attività di investment banking e corporate finance, cercando di rappresentare un punto di riferimento per la clientela imprenditoriale e industriale. Questo tipo di operatori ha dimensioni spesso multinazionali e adotta solitamente il modello della banca universale. Esse sfruttano le leve delle economie di scala, delle sinergie tra le diverse aree di business e del loro capitale di reputazione per affrontare con successo, a livello globale, il segmento private.
53 MODINA M., La domanda di Private Banking in Italia e all’estero e la matrice clienti/prodotti/canali, in Resti A., Il Private Banking. Gestione del risparmio e della clientela: strategie, strumenti ed esperienze, Edibank, 2003.
Tabella 1.4: Tipologie di attori del Private Banking54
TIPOLOGIE ELEMENTI DISTINTIVI
Banche d’affari
> Riconoscimento del brand come best practice di mercato;
> Presenza e network internazionale;
> Offerta di servizi finanziari personalizzati di elevato standing;
> Competenze riconosciute in ambito asset management e investment banking.
Banche commerciali
> Strutture dedicate al Private Banking recentemente attivate o in corso di riorganizzazione;
> Presidio capillare del territorio;
> Base di clientela con elevata disponibilità sviluppata nel corso degli anni con approccio di business retail;
> Differenziazione del modello di servizio tradizionale nei confronti dei best client.
Private bank specializzate
> Operatori di recente start up, in prevalenza emanazione di primari gruppi bancari o di joint-venture tra istituti con diverso posizionamento di mercato;
> Autonomia gestionale e organizzativa, con presenza territoriale limitata alle principali piazze finanziarie;
> Servizi di wealth management realizzati su misura.
Le banche commerciali hanno strutture interne dedicate al Private Banking recentemente attivate o in corso di riorganizzazione. Il punto di forza rimane il presidio capillare sul territorio, la conoscenza consolidata della clientela e l’ampia gamma di prodotti-servizi offerti distribuiti a costi più contenuti rispetto alla concorrenza. Questo tipo di operatori sono meno specializzati ma possono godere di una lunga esperienza di rapporto diretto con il cliente sviluppata nel corso degli anni nel business della clientela di tipo retail.
Il terzo tipo di modello operativo è rappresentato dalle banche private specializzate.
Queste private bank sono caratterizzate dall’autonomia gestionale e organizzativa e spiccano per la qualità del servizio nonostante la presenza territoriale limitata alle principali piazze finanziarie. I servizi di wealth management realizzati su misura e lo sviluppo di partnership e alleanze, nonché l’attività di selezione e produzione dei migliori prodotti, rappresentano per loro uno strumento di caratterizzazione cui si affianca un forte impegno nella creazione di un brand innovativo e d’eccellenza.
54 DELIA-RUSSEL T., DI MASCIO A., Wealth management. Oltre il Private Banking: le nuove strategie integrate della gestione patrimoniale. Il Sole 24 ore, 2002.
Tabella 1.5: vantaggi dei diversi modelli operativi di Private Banking55
TIPOLOGIE FATTORI CHIAVE PER IL CONSEGUIMENTO DI UN VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
Banche d’affari
> Mantenimento di livelli di servizio distintivi e continua innovazione di prodotto;
> Massimo sfruttamento delle sinergie tra servizi Private Banking e attività investment banking/corporate finance per rappresentare il punto di riferimento per il target di clienti imprenditori/industriali.
Banche commerciali
> Superamento delle rigidità organizzative per offrire ai propri clienti private un servizio realmente diverso;
> Capacità di modulare i servizi private creando un’offerta specializzata per la clientela upper affluent anche attraverso canali distributivi più economici (valorizzazione del patrimonio di clienti posseduto).
Private Bank specializzate
> Leadership nello sviluppo di partnership/alleanze e nell’attività di packaging dei migliori prodotti/servizi presenti sul mercato;
> Recruiting di private bankers altamente specializzati;
> Creazione di un brand innovativo e d’eccellenza;
> Innovazione nelle modalità di gestione della relazione della clientela con utilizzo di tecnologie innovative.
La presenza sul mercato italiano di questi tre diversi tipi di operatori è confermata dall’analisi della classifica del Private Banking in Italia (Tabella 1.6).
Per la categoria delle banche d’affari abbiamo UBS, banca svizzera che opera a livello globale nel settore del Private Banking. La categoria delle banche commerciali con divisioni specializzate sul segmento private è ben rappresentata da realtà come Intesa – San Paolo e UniCredit. Banca Esperia, la private bank di Mediobanca e Mediolanum, è invece un esempio di banca italiana specializzata in questo segmento di mercato.
Un’ ulteriore distinzione con riguardo all’operatività delle banche private può essere fatta sulla base dei diversi modelli organizzativi adottabili dalle stesse nell’esercizio della propria attività. Il Private Banking può essere inserito nell’organizzazione distributiva secondo tre diverse modalità (Grafico 1.4)56.
55 DELIA-RUSSEL T., DI MASCIO A., Wealth management. Oltre il Private Banking: le nuove strategie integrate della gestione patrimoniale. Il Sole 24 ore, 2002.
56 ZANCANARO M., Problemi e soluzioni organizzative per l’attività di Private Banking, in MK, 2003, fascicolo 5.
Tabella 1.6: la classifica del Private Banking in Italia57
PLAYER Asset Under Management * SOGLIA DI ACCESSO **
Banca intesa 53 1.000.000 euro
UniCredit
* Asset Under Management, cioè la massa, in milioni di euro, gestita dalla divisione di Private Banking.
** Il patrimonio minimo in euro indicato in tabella per ogni operatore è da intendersi come parametro di riferimento.
Entità specializzata: società autonoma sia per forma giuridica che per forma organizzativa. Questa società interamente dedicata alla gestione dei clienti private massimizza la capacità di sviluppare un servizio personalizzato e distintivo ed è caratterizzata da ampia autonomia gestionale, elevata specializzazione di prodotti e servizi, consentendo inoltre un’autonoma gestione del personale sotto il profilo del recruiting, della formazione e del sistema retributivo. Lo svantaggio di questa forma organizzativa può essere rappresentato dalle sue ridotte dimensioni che non le consentono di raggiungere significative economie di scala per la riduzione dei costi;
Business unit: divisione dipendente gerarchicamente dalla direzione generale di primarie banche retail o gruppi assicurativi. Nonostante essa si debba coordinare con la divisione retail sul territorio è in grado di differenziare le caratteristiche del servizio offerto ai clienti di fascia alta, focalizzando le risorse sul business specifico e gestendole in modo autonomo. Gli svantaggi si possono individuare nella concorrenza con la divisione retail, nella difficoltà di coordinarsi sul territorio e nella duplicazione dei rapporti del cliente tra private e retail in funzione delle specifiche esigenza.;
57 Elaborazione Kataweb da fonte bancaria. Dati 31/12/2004.
Grafico 1.4: modelli organizzativi 58
Unità private: si tratta di un’unità all’interno della divisione commerciale. Tale alternativa organizzativa ha dei vantaggi rappresentati dalla facilità di trasferimento dei clienti, dalle economie di scala e dalle sinergie di marketing, ai quali si contrappongono le difficoltà di coordinamento tra le due strutture di marketing e la conseguente confusione del brand, la limitata offerta di prodotti dedicati, la possibile standardizzazione dei processi e del servizio e la duplicazione dei rapporti del cliente con le filiali retail.
Una volta prese in considerazione le principali tipologie di “operatori” private presenti sul mercato e considerati i rispettivi possibili modelli organizzativi, viene ora proposta la distinzione dei modelli di private bank in base al loro orientamento strategico (Tabella 1.7)59.
58 ZANCANARO M., Problemi e soluzioni organizzative per l’attività di Private Banking, in MK, 2003, fascicolo 5.
59 RESTI A., Il Private Banking. Gestione del risparmio e della clientela: strategie, strumenti ed esperienza, Edibank, 2003.
Da un lato abbiamo i piccoli operatori di “nicchia” che riescono a mantenere un alto livello di indipendenza dai grandi conglomerati finanziari e si concentrano su singoli segmenti di mercato.
Dall’altro lato si trovano le strutture di Private Banking inserite all’interno di grandi banche internazionali o le divisioni specializzate di banche commerciali, presenti anche negli altri comparti dei servizi bancari. Questo secondo tipo di orientamento, della cosiddetta banca universale, può risultare maggiormente efficiente nel presidio del mercato private distribuendo su più linee di prodotto i costi collegati alle tecnologie informatiche e alle risorse umane. Questi operatori inoltre possono dar vita a “sinergie virtuose” con la loro contemporanea presenza in due comparti distinti dell’attività bancaria: il Private Banking e la finanza d’impresa. Questa grande banca può “catturare” il cliente private prima che diventi tale, accompagnando gradualmente la clientela affluent verso la scoperta e la fruizione di servizi maggiormente raffinati e costosi.
Tabella 1.7: vantaggi comparati del modello della banca universale e della banca di nicchia60
BANCA UNIVERSALE BANCA DI NICCHIA
Massiccia presenza sui mercati finanziari
internazionali; Offerta servizi sofisticati e
personalizzati;
Possibilità di effettuare politiche di cross-selling
sulla loro clientela; Qualità dei servizi;
Offerta di servizi di corporate banking e di
investment banking. Branding e indipendenza.
Anche gli operatori di nicchia possono far leva su alcuni precisi punti di forza. La scelta del Private Banking come core business consente loro di monitorare in modo più efficace e assiduo lo sviluppo di nuovi prodotti e la qualità delle procedure attivate per fornirli al cliente. Le dimensioni non troppo elevate possono consentire a queste piccole banche di mantenere nel tempo la struttura di partnership tra soci con responsabilità patrimoniale illimitata anziché convertirsi in società per azioni per raccogliere capitale sul mercato. La scelta di proporsi unicamente a clienti dalle elevate disponibilità finanziarie, se da un lato riduce le probabilità di intercettare per tempo i flussi di new money corteggiando il mercato affluent, dall’altro contribuisce a caratterizzare la “pure private bank” come una sorta di club esclusivo, cui hanno accesso soltanto le controparti più esigenti e prestigiose. Sempre in tale
60 RESTI A., Il Private Banking. Gestione del risparmio e della clientela: strategie, strumenti ed esperienza, Edibank, 2003.
ottica, la presenza nel solo comparto private permette di costruire e alimentare un brand più
“pulito”, riconosciuto e apprezzato dalla clientela potenziale come tratto distintivo di un’offerta maggiormente curata ed esclusiva. La costituzione di un’identità e un marchio autonomi rappresenta una scelta di specializzazione finalizzata a rendere palese al cliente che l’attività di Private Banking muove da logiche non agevolmente sovrapponibili con quelle connaturate al tradizionale rapporto banca – cliente. In questo caso, infatti, il cliente di prestigio verrà ricevuto in ambienti sofisticati, moderni, confortevoli che lasciano immediatamente trasparire una differenza di trattamento rispetto al mass market con cui interagiscono le filiali61.
La netta prevalenza in ambito strategico - organizzativo dei due modelli esaminati è confermata anche dall’analisi dei più recenti dati di mercato (Grafico 1.5)62.
Grafico 1.5: modelli strategici adottati (dati in %)63
66
17 9 8
0 20 40 60 80
Banche Universali Operatori di Nicchia Altro Banche d'Affari
Il modello prevalente adottato dai player private è quello di banca universale, cui è riferibile il 66% circa del mercato complessivo. Il secondo modello è quello degli operatori di nicchia specializzati.
I modelli fin qui esaminati, sono solo alcuni di quelli che possono essere realizzati dagli intermediari; già essi, peraltro, consentono di individuare alcuni aspetti problematici che
61 ORIANI M., I profili organizzativi del Private Banking, in De Angeli Sergio: Il Private Banking in Italia, 2000, Vita &
Pensiero, Milano.
62 Dati PWC Advisory 2005.
63 PWC Advisory – World Wealth Report 2005.
debbono essere considerati per evitare che lo svolgimento del servizio palesi un livello di efficacia e di efficienza inferiore al previsto64.
Si pensi, ad esempio, ai modelli organizzativi basati sulla creazione di una business unit piuttosto che di una unità private, tralasciando quindi l’ipotesi di creazione di un’entità autonoma. In queste realtà, le strutture periferiche (sportelli), giocano tipicamente un ruolo di assoluto rilievo nell’immediata individuazione dei potenziali clienti da gestire e nella loro canalizzazione verso le strutture specializzate. Ebbene, un eventuale freno a questa preziosa
“segnalazione” potrebbe essere costituito dal fatto che gli affluent e gli HNWI approcciati in un’ottica di Private Banking rischiano, per buona parte della loro attività, di essere sottratti alla competenza della dipendenza per essere affidati in gestione ai relationship menagers. Per evitare omesse segnalazioni e altri comportamenti ostruzionistici da parte dei direttori delle dipendenza è opportuno, quindi, che la banca preveda il computo nei conti economici di filiale almeno di una parte delle commissioni conseguite dal Private Banking department su ogni cliente in precedenza in carico, per l’attività di gestione, alla filiale medesima. In altri termini, non dovrebbe esistere una completa frattura tra la divisione di Private Banking e quella di retail banking, bensì un rapporto di cooperazione in virtù del quale la prima, in cambio delle segnalazioni di clienti abbienti, delega alla seconda l’erogazione dei servizi bancari di base alla medesima clientela, evitando così l’insorgere di conflitti d’interessi65.
Un secondo aspetto problematico da valutare a livello organizzativo riguarda le relazioni che vengono a instaurarsi tra l’unità organizzativa che si occupa di gestioni patrimoniali (asset management) e quella che presiede l’attività di Private Banking. Alcune banche, infatti, hanno scelto di far confluire all’interno della divisione asset management l’attività di gestione svolta, oltre che a beneficio della clientela retail e di quella istituzionale, anche a favore dei clienti da Private Banking. Tale strategia può favorire risparmi di costo nel processo produttivo, d’altro lato, la decisione di alimentare un processo produttivo dedicato per l’attività di Private Banking, seppure indubbiamente più onerosa, potrebbe consentire una migliore focalizzazione sul business in questione e agevolare una gestione con elementi più pronunciati di effettiva personalizzazione.
Un aspetto peculiare riguarda, infine, le organizzazioni all’interno delle quali si rinvengono reti di promotori finanziari o consulenti finanziari che devono essere
64 ORIANI M., I profili organizzativi del Private Banking, in De Angeli Sergio: Il Private Banking in Italia, 2000, Vita &
Pensiero, Milano.
65 BANFI – DI BATTISTA, Tendenze e prospettive del risparmio gestito, Il Mulino, 1998.
adeguatamente integrate con il Private Banking department per evitare sovrapposizioni di compiti o fenomeni di cannibalizzazione. L’utilizzo del promotore finanziario per lo svolgimento di compiti di Private Banking desta qualche perplessità in quanto le modalità relazionali di cui egli si avvale sono chiaramente disomogenee rispetto a quelle connaturate all’attività del relationship manager. Il promotore finanziario, infatti, tende a privilegiare la numerosità della clientela, si prefigge la costituzione di un ampio portafoglio clienti e, quindi, non si rivolge in via specifica al soddisfacimento del particolare segmento degli affluent e degli HNWI, che, tipicamente, è oggetto dell’offerta dei servizi di Private Banking.
Del resto, non pare possibile ipotizzare per il promotore nemmeno un ruolo di gestore tecnico che, normalmente, esula dalle sue competenze e dal suo profilo professionale e che richiede ormai un know – how specialistico. Non si vuole con ciò affermare che le reti di promotori debbano rimanere completamente avulse dal business del Private Banking, ma semplicemente osservare che esse non paiono adatte a svolgere le attività tecniche e relazionali tipiche delle figure professionali che interagiscono con i clienti private. Un utile ruolo che invece potrebbe configurarsi per i promotori potrebbe riguardare un’azione di
“referral” nei confronti del Private Banking department, finalizzata a segnalare eventuali clienti di elevato standing da essi serviti e potenzialmente sviluppabili. Come nel caso delle segnalazioni provenienti dalla rete di filiali, è opportuno, peraltro, che venga previsto un sistema di retrocessione al promotore segnalante delle commissioni derivanti dall’attività di private al fine di evitare comportamenti ostruzionistici.