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L’unico documentario realizzato da Rainer Werner Fassbinder, Teater in trance, è dedicato al teatro. Esso risulta dal montaggio di scene filmate durante il festival «Theater der Welt» che si tenne a Colonia nel giugno del 1981. In esso i vari eventi teatrali venivano messi a confornto col punto di vista del regista che si nascondeva dietro citazioni da antonin Artaud. Theater in Trance non è però un semplice documentario. Esso rappresenta una «dichiarazione di partecipazione» (Wolfram Schütte), un’implicazione diretta in un’operazione, quella teatrale, vissuta come coinvolgimento totale, trasgressiva di ogni costrizione sociale e razionale.252

L’incontro che il gruppo ebbe con Fassbinder a Colonia nel 1981 fu, per loro stessa ammissione, molto importante in quanto li portò a contatto con una visione dell’arte come politica. Mentre Fassbinder gira il documentario sul Festival il gruppo ne segue i lavori e attraverso il suo sguardo partecipa maggiormente anche del proprio. In un’intervista del 1982 Federico Tiezzi, trovandosi a parlare della loro fase del teatro analitico riflette sul fatto che i lavori prodotti dal 1977 al 1980 furono definiti analitici rispetto alla tendenza di «un teatro che rifletteva, nel momento stesso in cui avveniva, sul teatro stesso.»253 Lo sguardo di Fassbinder sul loro teatro attraverso l’uso del video, e la possibilità di entrare in contatto con lui, cristallizzano ai loro occhi il lavoro che stavano portando avanti negli anni Ottanta:

Abbiamo lavorato insieme per diversi giorni a Colonia per un film tratto da Crollo Nervoso e da Ebdomero. Fassbinde in quella settimana di lavoro ci ha insegnato molto perché aveva un certo modo di guardare la realtà. La vedeva sempre ed esclusivamente in termini politici […] mentre noi avevamo di più questo corredo fiorentino dell’arte come armonia, come bellezza. Lui ci ha insegnato in quel periodo tutte le volte che ci siamo visti a considerare l’arte come un fatto di impegno personale dell’artista verso i problemi che lo circondavano.254

Quando, nel 1982 i Magazzini realizzarono il video dello spettacolo Crollo nervoso tennero particolarmente in considerazione la riflessione sui loro procedimenti artistici. La compagnia aveva già realizzato dei video a quell’altezza cronologica, ma erano registrazioni prodotte per lo spettacolo, da proiettare durante lo svolgimento mentre, il video Oceano pacifico era stato realizzato l’anno prima in occasione di una performance pensata appositamente. Crollo nervoso si proponeva invece come un’operazione di re-visione dello spettacolo: non offriva solo l’opportunità di registrare la performance per preservarne la memoria, ma poteva essere usato per tradurre le

252 Teodoro Scamardi, Il teatro di Rainer Werner Fassbinder fra reperto sociale e modello antropologico, in Teatro della quotidianità in Germania, Edizioni Dedalo, Bari 1987, p. 123.

253 Federico Tiezzi in Antonio Attisani, Lo specchio deforme del teatro. Intervista ai Magazzini, «Radio popolare» annuario 1987, pp. 23-24.

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modalità compositive del teatro in un linguaggio diverso. Il testo di presentazione del video nel catalogo del festival Il video della differenza ce lo presenta come un prodotto speculare allo spettacolo, in cui si manifestano citazioni di stile e si perpetua quell’idea di un ‘tradimento’ del teatro messo in atto per rendere lo spettacolo il più possibile autonomo e svincolato da definizioni, come se il fatto che Crollo nervoso fosse stato ideato per il palcoscenico fosse poco meno di un caso, visto che i Magazzini si occupavano di produzioni in tutti i campi.

Crollo nervoso è stato uno spettacolo cult, non solo in senso artistico, per una generazione che sul finire degli anni 70 scopriva la possibilità di un teatro diverso. Tanto da divenire una sorta di manifesto di un teatro “postmoderno”, all’insegna dell’eclettismo figurativo, del plurilinguismo verbale, dei colori violenti che esplodevano in una scena molto pittorica. Vi apparivano per la prima volta le veneziane che diventeranno un segno chiave del gruppo, elemento scenico capace di racchiudere lo spazio senza imprigionarlo. […] il video sperimenta alcuni accorgimenti (quali le sovraesposizioni e l’uso del fine pellicola alla Warhol, che “brucia” le immagini) per dare un senso fantastico alla improbabile storia d’amore fra l’eroina e la storia d’amore di un computer impazzito per lei. Il montaggio è realizzato sulla musica: il vero testo dello spettacolo è infatti la colonna sonora realizzata da Sandro Lombardi sulle musiche di Brian Eno, su cui si sviluppa una vera e propria “colonna visiva”. Capostipite di una vera e propria tendenza al “tradimento” dello spettacolo teatrale, nella ricerca di una vita narrativa autonoma.255

Il video, pur attingendo al materiale teatrale, è da considerarsi come un prodotto parallelo allo spettacolo che, non solo ne esalta alcune caratteristiche, permettendo di accentuare e sottolineare parti dello spettacolo che nella performance venivano semplicemente suggerite o che ad ogni modo non venivano isolate dalla partitura dello spettacolo, ma si presenta come ragionamento sullo spettacolo, ancor prima che sulle possibilità artistiche offerte dal mezzo video. Così il video si fa veicolo di quella enfatizzazione visiva che era, già a teatro, nelle intenzioni del regista come ad esempio la scelta di colori estremamente caldi per sottolineare la manifestazione più evidente ed importante della trama dello spettacolo e che, nel video, si traduce con l’uso del mezzo tecnico del fine pellicola, in grado di creare un effetto di bruciatura dell’immagine; effetto che viene utilizzato ad un livello metaforico per evidenziare la storia d’amore impossibile tra il computer che ‘brucia’ di passione e la donna che la ispira.

Come spiega Federico Tiezzi però le possibilità tecniche del video non sono utilizzate solo al fine di evidenziare o esplicitare meccanismi interni alla messa in scena rendendo visibili quelle parti del testo che non prendono direttamente forma, ma le

255 Crollo nervoso, in Il video della differenza. Riccione, TTV Festival 5a edizione, Palazzo del Turismo, 7-

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possibilità del video vengono sfruttate soprattutto per realizzare quell’appiattimento visivo che la messa in scena configura nel tentativo di realizzare un appiattimento anche sul piano temporale, dove la reiterazione di azioni e di frasi è messa a corollario di una situazione di stasi non avvertibile perché naturale all’ambiente. Il crollo non si verifica per un acceleramento del tempo o per un’esasperante corrispondenza ridondante tra le battute, nello spettacolo. La colonna sonora, pensata da Sandro Lombardi – sulla scorta della ricerca musicale di Brian Eno del quale utilizza le tracce – sulla musica per ambienti e in particolare, per aeroporti, suggerisce una dilatazione del tempo che la gabbia prospettica costruita in scena per mezzo dell’uso delle veneziane rispecchia. Quello che a teatro, in questa fase, la ricerca di Tiezzi non può ancora realizzare è un’effettiva ripetizione dello spazio come per un gioco di specchi e di slittamento continuo delle immagini una nell’altra. Il video dello spettacolo Crollo nervoso ha quindi anche il merito di prefigurare delle soluzioni per le future messe in scena teatrali:

Al reportage sportivo appartiene […] anche l’uso del pieno e del vuoto, che in termini cinematografici significano primo piano e campo lunghissimo, che si ha in Crollo nervoso. Ogni tanto partono degli allargamenti, che sono propri del linguaggio video e danno al montaggio la ritmica di un tam-tam, a differenza dello spettacolo che era un tutto unico continuo. […] Quei riferimenti che nello spettacolo sono legati al testo o ad alcune suggestioni, possono essere fatte slittare attraverso il montaggio. All’inizio di Crollo nervoso spettacolo, si era messo a fuoco soprattutto il discorso sui luoghi intermedi, poi si è approfondito anche quello sui tempi intermedi. E quindi i tramonti, il rosa e il baluginare degli azzurri, i colori alterati, usando anche la sovrapposizione delle immagini. […] E poi abbiamo fatto anche cose che in cinema di solito non si fanno, come il montaggio su scena, cioè il montaggio di scene simili, per accentuare questa tendenza allo slittamento delle immagini.256

Di tutt’altro genere sono i video realizzati a partire dagli spettacoli della trilogia Perdita di memoria, che sono pensati come videoclip di promozione degli spettacoli da proporre in sostituzione degli spettacoli stessi e accompagnati da descrizioni dello spettacolo scena per scena. Solitamente gli spettacoli della trilogia venivano portati in tournée uno o massimo due alla volta, e il video del terzo spettacolo serviva agli spettatori per ricostruire la totalità del progetto.

Sempre nell’ambito del Progetto Agamennone rientrano invece i Ritratti byzantini di fine millennio, una serie di ritratti video di artisti contemporanei, immortalati in un’immagine che possa conservarne la presenza nel tempo al pari delle loro opere. I Ritratti hanno in partenza un compito molto ambizioso: quello di incarnare il dialogo

256Federico Tiezzi, Il teatro “selvaggio” va Sulla strada, intervista ai Magazzini Criminali, di Gianni Manzella, «Il Manifesto», 24 gennaio 1982.

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impossibile con l’autore di un testo e di realizzare visivamente quel viaggio alla ricerca della propria identità che ogni attore intraprende ogni qualvolta ha a che fare, secondo i dettami del Teatro di poesia, non con un personaggio ma direttamente con il suo creatore.

Alla critica d’arte Francesca Alfano Miglietti che chiedeva quale fosse il rapporto tra i Ritratti-video e la trilogia costituita da Genet a Tangeri, Ritratto dell’attore da giovane e Vita immaginaria di Paolo Uccello, Federico Tiezzi rispondeva:

Al di là di tutte le differenze esterne possibili, da un punto di vista interno all’opera appartengono ad uno stesso nucleo di pensiero e di ricerca che è essenzialmente un’attitudine di attenzione nei confronti del destino dell’uomo, e dell’identità, il problema dell’identità – e così parte il discorso del ritratto […] Sono ritratti intimi, fatti di pennellate di poesia, di incontri vissuti, di conoscenze reciproche, […] Rimanendo nella metafora del dipinto, la pennellata più difficile è stata la sfida, era quella di fare il ritratto ad un artista, trovare lo spazio del quadro in cui poter collocare i singoli pittori, rispettivamente, in modo che fosse possibile riflettersi, ritirarsi in loro e viceversa. […] Nell’iconografia pittorica del ritratto, esistono due tipi di ritratto, il personaggio storico in cui al massimo ci sono dei segni che contraddistinguono la sua professione: il condottiero, il re, ecc.; e poi ci sono i ritratti “in atto di”[…] Questa seconda iconografia è quella che non ci interessa. […] tutto si deve condensare e confluire nella flagranza di un personaggio che è presente qui e ora e poi per il tempo che dura.257

L’uso che del video fanno i Magazzini, che il punto di partenza sia individuato in uno spettacolo o che venga prodotto come azione collaterale e di supporto ad un progetto teatrale è volto a intenderlo «non come occhio oggettivo ma come retina sensibile di registrare e di vedere a suo modo»258.

257 Federico Tiezzi, Intervista ai Magazzini, di Francesca Alfano MIglietti, «Flash Art», n. 140, 1987, pp. 100-101.

258 Magazzini, dal programma di sala dello spettacolo Ebdomero 2 al Teatro Testoni di Bologna, 26-27 gennaio 1982 (qui, a.21.1, p. 351).

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