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Fig. 1 Installazione in occasione della presentazione del libro La donna stanca incontra il sole, 1975, (ASL).

Carissimo Mussio,

[…] Riguardo […] alla presentazione del libro questa è l’idea: Una presentazione-invasione di ombre, uno spettacolo che non è tale, fatto con molte persone. Per soggetto, il libro. Alcuni libri che levitano: gli orologi, mele che vanno in alto, i Monaci e le figure mitiche della Tigre e della Tortora. Esposizione fisica dello studio prossemico che il seminario che conduciamo ad architettura per conto di Eugenio Battisti ha fatto sulla «Donna stanca». […] A questa presentazione-spettacolo partecipa in parte il seminario (circa dieci persone). […] Le telefoniamo dopo il 15 aprile, dopo che avrà letto la lettera.

Il Carrozzone.210

210 La lettera, della quale nell’ASL è conservata una bozza manoscritta, è indirizzata all’artista Magdalo Mussio, collaboratore di Eugenio Battisti e redattore della rivista «Marcatrè» che, dai primi anni Settanta,

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Quando al Carrozzone viene offerta la possibilità di eseguire una performance in occasione della pubblicazione del volume sullo spettacolo La donna stanca incontra il sole, il gruppo è nel pieno delle attività seminariali tenute alla Facoltà di Architettura di Firenze. Non abbiamo particolari documentazioni al riguardo, ma da alcune foto e da pochi appunti manoscritti possiamo dedurre che l’evento sia stato strutturato secondo le tecniche artistiche predilette dal gruppo, ossia l’appropriazione e il riuso. Già dalle parole, verosimilmente attribuibili a Sandro Lombardi, con cui si illustrava per sommi capi il progetto dell’evento, può leggersi in poche righe una successione di elementi sui quali il gruppo stava lavorando fin dagli esordi.

Nella bozza della lettera presumibilmente ricevuta dall’artista Magdalo Mussio venivano inseriti nel progetto dell’evento una «presentazione-invasione di ombre» che avrebbe costituito lo spettacolo, il quale però mirava a non essere considerato tale e che avrebbe comunque dato modo a molte persone di muoversi in un surreale scenario fatto di libri e orologi sospesi, come di «mele che vanno in alto». Se fin qui a farsi sentire sono le influenze che abbiamo imparato a riconoscere già dai primi spettacoli del gruppo, come la particolare declinazione del concetto di meraviglioso che si può desumere dallo studio del Teatro Nō giapponese211, l’accenno alle figure mitiche della tigre e della tortora può essere fatto risalire al mito della città di Atlantide, approfondito in occasione della messa in scena di Tactus con il musicista Azio Corghi. Non ultima la figura del monaco, che in quegli anni attraeva particolarmente l’attenzione di Federico Tiezzi: oltre a prospettare uno spettacolo sulle tentazioni di Sant’Antonio e ad essere, fin dai tempi della messa in scena di Morte di Francesco, un assiduo lettore delle Confessioni di Sant’Agostino, Tiezzi tra il 1975 e il 1976 essendo in odore di laurea in Storia dell’Arte, carezzava l’idea di poter lavorare sulle opere dell’artista fiammingo Hieronymus Bosch, stregato come doveva essere, al tempo, dalle figure dei santi asserragliati agli angoli di immense

assume la direzione della casa editrice Nuova Foglio di Macerata. Il documento, datato 2 aprile 1975, è conservato nell’ASL.

211 «[Il termie cinese] myô designa ciò che è meraviglioso. Ciò che chiamo il meraviglioso, è una presenza priva di forma. Nell’assenza di forma, infatti, risiede il meraviglioso. Ora, nell’arte del nō, ciò che io chiamo il meraviglioso può trovarsi dovunque […]. Ma sfugge a ogni definizione. Se si trovasse, per caso, un attore che possedesse quel meraviglioso, costui sarebbe il sublime personificato». (Zeami Motokiyo, Il segreto del Teatro Nō, Adelphi, Milano 2009, p. 180).

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composizioni in cui, a far da padrone, sono mostruosi grylloi cavi e a spasso nello spazio dipinto o avvolti su se stessi in pose terrificanti.212

Anche i frutti del seminario universitario e con essi le persone che vi avevano preso parte, vengono inclusi nelle attività del gruppo, alla luce di un lavoro comune che potremmo definire, per la durata del seminario, esteso anche ad altri.

Nonostante le prime ritrosie del gruppo al sentire spesso avvicinati i propri lavori a quelli di Robert Wilson213, rimangono dal seminario una serie di elaborati a cura dei partecipanti, buona parte dei quali dedicati proprio al regista statunitense con il quale un anno prima Il Carrozzone aveva collaborato a Roma. In uno dei testi, tradotti dall’inglese da Luisa Saviori, si poteva trovare espresso il senso del lavoro di gruppo secondo Wilson e soprattutto la sua idea su cosa distingueva il teatro (americano, e quindi anche tutto quel teatro che all’America aveva guardato nel decennio precedente) degli anni Sessanta da quello attuale. Molte delle considerazioni di Wilson potevano ritenersi valide anche per Il Carrozzone, che propose evidentemente durante il seminario materiali sul suo teatro.

Ad esempio, nel dattiloscritto a cura del Carrozzone e dei partecipanti al seminario si poteva leggere:

Un’attrice di Wilson disse una volta che le piaceva lavorare in quel teatro perché le lasciava tempo per pensare. Wilson desidera che il suo pubblico senta la stessa cosa. «Una delle cose che non mi sono mai piaciute nel teatro degli anni Sessanta, quando [andai] a New York per la prima volta, è che non c’era mai tempo per pensare. Tutto era così accelerato. Non era naturale, e non c’erano elementi di scelta. Dovevi vedere quello che l’autore e gli attori volevano che tu vedessi. Mi sembrava importante per il pubblico avere un’esperienza più interessante di quella.»

A questa dichiarazione di Wilson fa seguito, nel testo, una riflessione sul concetto di gruppo che sembra in qualche modo scaturirne:

La Byrd Hoffman School non è un gruppo stabile come il Living Theatre, i cui membri vivono vita comunitaria. Secondo George Ashley, il manager della compagnia per «Stalin», è uno dei gruppi più attivi, è più che altro un’estesa famiglia.

«Noi siamo molto uniti quando uno spettacolo è in preparazione, ma dopo, la maggior parte di noi vuole andar via e stare da sé. Alcuni dei membri hanno casa e famiglia e qualcuno che fu attivo in passato, si è dedicato ad altre cose. C’è tuttavia tra il gruppo un definito senso di coesione e di esperienza comune.»214

212 Cfr. Federico Tiezzi, conversazione avuta con l’autrice il 14 giugno 2016 (qui, p. 441).

213 «Bartolucci ci ha parlato di un certo Wilson. Io lì per lì credevo fosse una marca di bicchieri, poi ho pensato alle lamette da barba ma Alessandro mi ha fatto notare che quelle sono le Wilkinson. Pare che facciamo delle cose molto simili. Però Bartolucci parla di “tendenza” e io credo giustamente.» (Federico Tiezzi, Materiali de la donna stanca incontra il sole. Parte degli scritti sullo spettacolo sono stati pubblicati con il titolo Appunti su La donna stanca incontra il sole sulla rivista «Proposta», n. 12-13, marzo 1974). 214 Le citazioni sono tratte dalla dispensa sulle attività del seminario Uso dello spazio secondo la teoria prospettica post-rinascimentale, Cattedra di Storia dell’Architettura I, Firenze, (prof. Eugenio Battisti), [anno accademico 1974-1975] a cura del Carrozzone. Il testo originale è di Calvin Tomkins, Time to think,

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Quello che negli spettacoli di Wilson si manifesta come un tempo della visualizzazione e del pensiero, trova riscontro anche nella pratica dei comportamenti all’interno del gruppo, organizzata secondo processi di avvicinamento e allontanamento tra i componenti: la visione teatrale nasce da un momento e da un atto collettivo al quale non è necessario che succeda un momento di vuoto, di oblio preposto alla visualizzazione, ma che è esso stesso composto da vuoti di comunicazione, gap che impediscono allo spettatore di seguire un discorso ma lo spingono ad attivare un processo di empatizzazione con l’immagine proposta215.

Quando Giuseppe Bartolucci, parlava di un’affinità di tendenze tra i lavori di Wilson e gli spettacoli del Carrozzone metteva in evidenza un trait d’union fondato non tanto sull’affiorare di immagini simili nel tessuto dei loro spettacoli, quanto da una simile tensione a fare uso delle immagini per sfondare il campo visivo. Il risultato di questo sistema di messa in scena sembra attingere secondo Bartolucci più dall’ambito dell’ottica che non da quello strettamente figurativo o da quello cinematografico:

Quando si parla di teatro-immagine, in verità non bisogna, per questi gruppi di «nuova generazione» parlare di influenze cinematografiche quanto di influenze pittoriche. Non è cioè una loro reazione alla parola soltanto, e nemmeno è una reazione al gesto fisicizzato; quanto invece è la ricerca di uno spazio figurativo da occupare e da espandere come momento alternativo di «non consumo» e di «non ripetizione». […] È l’uso della luce che infatti caratterizza il «Carrozzone», ed il suo riversarsi sulla pelle, sulla superficie di un quadro mobile (per gesti minimi «orientali» dal kathakali al teatro-giapponese se si vuole) e di un’attesa materializzata da non chiudere in sé, da non organizzare totalmente.216

Abbiamo un segno chiaro della ricerca di uno sfondamento della prospettiva in senso puramente ottico nella composizione del visual-scenario dello spettacolo La donna stanca incontra il sole, pubblicato dalla casa editrice Nuova Foglio diretta da Magdalo Mussio, composizione derivata in parte dall’intuizione di Sandro Lombardi che associava

in John Rockwell (ed.), Robert Wilson: The Theatre of Images, New York, 1984. Il documento è conservato nell’ASL.

215 A proposito della possibilità di attivazione di una risposta empatica nel pubblico a partire da un teatro astratto come quello di Robert Wilson, David Krasner individua nella presenza del corpo dell’attore il tramite tra il mondo semplicemente percepito e quello appercepito dallo spettatore come un ambiente ‘diverso’ dal reale, non in esso contenuto: «Abstract theater such as the works of Richard Foreman and Robert Wilson creates a somewhat different environment, where reality is obfuscated. But empathy can still function in these situations, since the actor’s body and experience are still eliciting our response and awareness». (David Krasner, Empathy and Theater, in David Krasner and David Z. Saltz (ed.), Staging philosophy. Intersections of Theater, Performance, and Philosophy, The University of Michigan Press, 2006, p. 275).

216Bartolucci Giuseppe, Sull’uso delle immagini oggi, in «Ricerca 2», Supplemento al notiziario dello spettacolo, 1973, p. 110.

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l’andamento dello spettacolo ad una sonata di Bach217 e in parte dal tentativo di ricercare un tipo di immagine diversa da quella proposta dagli artisti operanti nel campo della Poesia Visiva, al quale gli attori comunque guardavano e attingevano sia pur con un certo spirito di contraddizione218.

Fi. 2 Due pagine del libro del Carrozzone

La donna stanca incontra il sole. Visual scenario indicazione visiva, La Nuova Foglio 1974

All’interno del libro ogni personaggio dello spettacolo è accomunato ad un simbolo: tolta la “M” che indica, quando presenti, le musiche, gli altri quattro simboli posti all’inizio del pentagramma sono legati, come i personaggi, ai quattro elementi fuoco-terra-acqua-aria e segnano ciascuno la linea in cui è possibile seguire i movimenti compiuti da ogni personaggio in un dato momento dello spettacolo. Le entrate e le uscite di scena dei personaggi e le loro azioni sono descritte nei relativi pentagrammi mentre gli attraversamenti dello spazio, gli spostamenti e i movimenti, ossia tutto ciò che riguarda i flussi di energia, vengono impressi sulla carta da Federico Tiezzi sotto forma di linee, frecce cerchi o spirali, come nel caso del lungo girare su se stessa della donna stanca

217 Cfr qui la voce Materiali della donna stanca incontra il sole, (a.2.5, p.192). 218 Cfr. Federico Tiezzi, Conversazione con l’autrice, 14 giugno 2016. (qui, p. 451).

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mentre la voce del narratore fuori scena (Tiezzi) ne racconta il lungo viaggio per sette lande deserte alla ricerca del Sole.

Accanto a queste pagine nel libro sono pubblicati dei collage di immagini collegati allo spettacolo solo per la tecnica compositiva che mettono in atto: ogni scenario ritagliato dal suo contesto e posto accanto ad un altro porta l’occhio dell’osservatore a sprofondare in ogni frammento di immagine e, allo stesso tempo a cogliere, pur senza poter ricomporre una storia, dei nessi insospettabili tra le diverse citazioni di ambienti, luoghi e cose.

Fig. 3 bozzetto a colori per uno dei collage pubblicati nel libro

La donna stanca incontra il sole. Visual scenario indicazione visiva, La Nuova Foglio 1974

Nella dispensa prodotta al termine del seminario di architettura è contenuto un testo a cura dei partecipanti sullo studio della messa in scena dello spettacolo Viaggio e morte per acqua oscura in cui si legge che «Due strumenti in particolare hanno fondato

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questa ricerca: “Iconologia” del Ripa (Ed. 1630) e “Le immagini degli Dei” del Cartari (Ed. 1647); a questi testi il gruppo di teatro si è più o meno rivolto.»219 Queste fonti non sono le uniche ad ispirare il gruppo, ma sono state utili alla costruzione di figure complete per quanto riguarda gli attributi che le caratterizzano. Nella descrizione dello spettacolo220 desunta dalla messa in scena a Roma abbiamo informazioni su come si presenta il preludio:

Una donna è seduta davanti ad una terrazza di fiori. È una notte estiva, calda. La donna si porta la mano agli occhi. È cucitrice e deve finire il vestito di tulle bianco di una gran signora. È ricamatrice, orna di fiori il vestito.

PAUSA

La donna alza gli occhi a guardare le stelle. È vestita di bianco, ha accanto un tavolino bianco con una tovaglia di trine, un mazzo di candele su un piatto, il vaso blu, la nave nella bottiglia, i fiori. Cuce i fiori sull’abito bianco. Le candele parlano con il vaso.221

Per quanto riguarda le azioni compiute dai personaggi in scena, nel dattiloscritto curato dai partecipanti al seminario è specificato che i riferimenti venivano dalle ambientazioni e dalle situazioni descritte in Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Márquez ma anche e soprattutto dai testi sulla psicanalisi di Gustav Jung.

Il documento si chiude nella prima parte con un elenco degli elementi costitutivi dello spettacolo sotto il punto di vista della resa spaziale e scenografica, si fa menzione della componente sonora di fondo costituita da musica classica ed operistica insieme al suono di un’armonica e si descrive un luogo teatrale dalle dimensioni precisamente calcolate dove la narrazione è affidata all’uso di una luce bassa e densa che, insieme alla musica inquietante, non cerca di «dare l’idea di un’altra dimensione ma di crearla realmente».222 A questo proposito è lo spazio e l’uso che ne viene fatto ad avere una funzione molto importante perché il suo compito potremmo dire che sia quello di impaginare una serie di visioni che si susseguono mettendo in atto, al posto di una normale storia, come dopo tutto poteva ancora essere quella della Donna stanca, una serie di passaggi di stato a cui vengono sottoposti tutti i personaggi, a partire da quello della morte che appare durante lo spettacolo sotto sei forme diverse (Madre degli uccelli, Vecchia della montagna, Donna vestita di nero, Uomo con la falce, Donna con falce dorata).

219 Dispensa a cura dei partecipanti al seminario, cit., p. 45. Documento conservato nell’ASL.

220 Parte di questo testo è pubblicata con il titolo Viaggio e morte per acqua oscura. (Frammenti di testo) in «Teatroltre» Inventario, n.0, Bulzoni, Roma 1974.

221 Cfr qui la voce, Descrizione dello spettacolo Viaggio e morte per acqua oscura, (a.3.4, p. 212). 222 Dispensa a cura dei partecipanti al seminario, cit., p. 45.

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Fig. 4 Intervento di preparazione dello spazio per lo spettacolo La donna stanca incontra il sole,

Centro Culturale Santa Monica, Firenze 1976

L’azione del giorno 13 ha il compito di preparare lo spazio in cui verrà rappresentato lo spettacolo, come luogo ‘miracoloso’ per un evento ‘magico’. L’azione comincia all’alba, quando tra i componenti del gruppo e persone esterne scelte dal gruppo avvengono ‘incontri segreti’ da cui scaturirà il ‘paesaggio’ prodigioso della sera. Gli incontri hanno il senso di far vivere un itinerario irripetibile alle persone del gruppo che la sera, dopo il tramonto, proietteranno i loro ‘paesaggi’ a testimonianza di questo scegliersi il proprio teatro, di questo farsi il proprio teatro.223

Nel ciclostilato diffuso in occasione della performance Miracolo della neve e poi dello spettacolo La donna stanca incontra il sole il gruppo specificava che con questo lavoro ci si era riferiti alla tipologia di fiaba della tradizione contadina toscana nell’intento di creare un territorio di incontro per tutti coloro che condividevano stesse radici e cultura, a partire da immagini familiari, contaminate poi con immagini mitiche e favolistiche di altre culture. Non solo nella Donna stanca ma anche in spettacoli successivi, primo fra tutti Viaggio e morte per acqua oscura i rimandi alla cultura precolombiana sono sempre presenti e testimoniati dai materiali che furono di ispirazione ad esempio per le maschere

223 Cfr. qui il ciclostilato Il Carrozzone/ La donna stanca incontra il sole e intervento di ‘preparazione’ dello spazio, (a.5.1, p. 244).

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degli attori224. Era del 1970 una ristampa del volume di George C. Vaillant su La civiltà

azteca 225che fu tradotto per la prima volta nel 1957 da Eugenio Battisti e che, andato in

ristampa nel 1970, molto probabilmente contribuì alla creazione di alcuni personaggi come dei costumi assemblati per identificarli e può essere stato in alcuni casi di spunto per la costruzione di un intreccio delle azioni, avendo certamente fornito, come nel caso della lettura del romanzo di Márquez per Viaggio e morte per acqua oscura, delle suggestioni ambientali magico-esoteriche di cui appropriarsi e da rielaborare in base a storie della cultura popolare di cui il gruppo condivideva la conoscenza.

Nelle tavole dedicate alle divinità venerate dagli aztechi, alle ultime pagine del volume, troviamo infatti ad esempio una serie di figure mitologiche la cui immagine è descritta come «ingioiellata», al pari di molti schizzi e bozzetti di maschere trovati tra i materiali di preparazione degli spettacoli degli anni Settanta. Non solo divinità dalla veste ingioiellata che possono essere stati riferimenti validi per la costruzione del mantello del sole nella Donna stanca, ad esempio, ma anche divinità associate ai quattro elementi o ad animali come gli uccelli, o il coyote-mostro226.

Fig.5 Robert Wilson, The Life and Time of Joseph

Stalin, Bam Opera House, New York 1973. Fig. 6 Il Carrozzone, Il giardino dei sentieri biforcati, Teatro della Ribalta, Bologna 1977

Dunque lo spazio come pagina/superficie su cui comporre figure che sprofondino ciascuna in una propria storia evidente ma misteriosa e stiano in scena come manifestazioni di un altrove da raggiungere mentalmente per lo spettatore, è punto di

224 Cfr. Federico Tiezzi, Conversazione con l’autrice, 14 giugno 2016. (qui, p. 451).

225 George C. Vaillant, La civiltà azteca, traduzione di Eugenio Battisti, Einaudi, Milano 1958 (prima edizione).

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partenza e insieme leitmotiv da indagare, di volta in volta accostato alle riflessioni sul movimento delle statue o sulla particolare presenza dell’attore Katakhali in scena.

Questi temi vanno di pari passo con la tecnica della citazione messa a punto, come abbiamo visto, fin dai primi spettacoli, non solo tra materiali riferibili ad un «interno» dell’opera teatrale, ma anche, come nel caso dei riferimenti al lavoro di Robert Wilson, ad un contesto che va oltre la costruzione degli spettacoli e passa per un riconoscimento di tendenze comuni verso un rinnovamento del teatro. Un tipo di citazione e di dialogo che sarà attuato negli anni Ottanta ancora in questi stessi termini anche con registi come Peter Stein e Patrice Chéreau.