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Per una ridefinizione del romanzo giudiziario postunitario

3.5 Il punto sul romanzo giudiziario

Le molteplici relazioni istauratesi tra le varie tipologie romanzesche appena riportate – nonché l’importanza delle questioni da esse sollevate, all’interno del processo di formazione dell’opinione pubblica del nuovo Stato unitario – ci sembrano dimostrare ormai

370 Paolo Valera, Milano sconosciuta (1879), cit. p. 44. Il brano, con alcune modifiche, ricompare anche nella seconda edizione (ma sarà espunto dalle successive), dove l’autore si rivolge agli scienziati utilizzando non più la terza ma la seconda persona plurale, aumentando così la forza dell’invettiva: «Si, voi signori Lavater da strapazzo, signori Parent-Duchatelet, signori Lombroso, ecc., ecc., che sciupate i vostri giorni per rinvenire su quei corpi stremati dalla miseria il bernoccolo del delitto; che vi discervellate nel misurarne e pesarne i corpi e stabilirne le capacità e le conferenze craniche… cessate i vostri studî. Voialtri non siete più che gente da musei! […] allora per satanasso ci sentiamo in diritto di chiedervi chi tra accusati e accusatori è più colpevole. / Di qui non si scappa. / È il problema d’Amleto: to be or not to be: scioglietelo, e poi rispondeteci», Id, Milano

definitivamente come la letteratura giudiziaria postunitaria sia tutt’altro che riducibile alla sola «preistoria del giallo».

Allo stesso tempo, una volta sottratto il contesto giuridico-letterario dell’Italia postunitaria all’esclusivo dominio del poliziesco, ci sembra che quello stesso contesto inviti a non costituire un altrettanto autonomo dominio del «giudiziario», da cui sia immediatamente escluso tutto ciò che riguarda la détection. D’altra parte, già Antonio Gramsci aveva sottolineato la presenza di una relazione tra i due ambiti:

Il romanzo poliziesco è nato ai margini della letteratura sulle «cause celebri». A questa, d'altronde, è collegato anche il romanzo del tipo Conte di Montecristo; non si tratta anche qui di «cause celebri» romanzate, colorite con l'ideologia popolare intorno all'amministrazione della giustizia, specialmente se ad essa si intreccia la passione politica? […] Il passaggio da tale tipo di romanzo a quelli di pura avventura è segnato da un processo di schematizzazione del puro intrigo, depurato da ogni elemento di ideologia democratica e piccolo borghese: non più la lotta tra il popolo buono, semplice e generoso e le forze oscure della tirannide (gesuiti, polizia segreta legata alla ragion di Stato o all'ambizione di singoli principi ecc.) ma solo la lotta tra la delinquenza professionale o specializzata e le forze dell'ordine legale, private o pubbliche, sulla base della legge scritta371.

Se nel secondo Ottocento italiano non si può affermare esistesse un genere poliziesco strutturato, è altrettanto vero che si scrivevano anche romanzi incentrati sull’indagine poliziesca (e molti altri romanzi di questo tipo circolavano per importazione, come a esempio quelli di Gaboriau). Per quanto diversi, sotto l’aspetto della struttura narrativa, da altri romanzi giudiziari, ci sembra che i primi e i secondi possano e debbano essere letti assieme, considerandoli come parte di un unico genere letterario, in cui vadano inseriti anche vari romanzi sui bassifondi cittadini diffusisi nello stesso periodo.

Questa ridefinizione del genere ci sembra ancor più necessaria se si tiene presente che spesso i romanzieri italiani hanno praticato tutti e tre i suddetti filoni. Mastriani, ad esempio, scrisse Il

mio cadavere, che alcuni oggi considerano il primo romanzo poliziesco italiano372, ma si occupò anche delle «classi pericolose» e dei bassifondi della sua Napoli, ne I vermi: studi

storici sulle classi pericolose in Napoli e I misteri di Napoli. Infine, l’autore partenopeo

371 Antonio Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Torino, Einaudi, 1954, p. 115.

scrisse anche Il processo Cordier, edito a Napoli nel 1878 da Gabriele Regina (che scelse di legarlo insieme a Processo celebre. Il cassiere della Banca d’Orleans). Si tratta di un vero e proprio romanzo processuale, in cui la trama è pressoché inesistente, poiché tutta la narrazione è costruita attorno al dibattimento. Come ha osservato Francesco Guardiani:

l’interrogatorio dei testimoni e l’arringa finale in difesa di Sofia Cordier, che occupano insieme buona parte del volume, costituiscono un esempio notevole dell’importanza del teatro in Mastriani. […] I personaggi del processo Cordier, riuniti in tribunale, sono ben consci della loro presenza scenica, e sono quindi osservati, ascoltati, valutati, applauditi e fischiati dagli altri personaggi implicati nel processo e dal pubblico che assiste. Perfino i magistrati (non solo gli avvocati) ricercano le frasi a effetto e ringraziano il pubblico quando queste suscitano fragorosi applausi373.

Jarro, come abbiamo visto, scrisse a sua volta due romanzi strettamente giudiziari, uno riconducibile al genere poliziesco e uno sui bassifondi fiorentini. Ma anche l’avvocato Alessandro Giuseppe Giustina (alias Ausonio Liberi) – direttore del settimanale torinese «Cronaca dei Tribunali», nonché ligio ri-scrittore di processi nei suoi Drammi del martello – volle cimentarsi negli altri due filoni in questione, pubblicando sia i Misteri che Il Ventre di

Torino, entrambi nel 1880374 e scrivendo pure L’agente segreto (1877), che a sua volta presenta nel sottotitolo la dicitura romanzo storico-giudiziario.

Almeno parzialmente, anche Paolo Valera si inserisce in questo schema: l’autore della Milano

sconosciuta scrisse anche due romanzi giudiziari sul caso di Marguerite Steinheil: Il processo celebre: Madama Steinheil alla Corte d'assise della Senna375; e La donna più tragica della

vita mondana: romanzo ambientale376. Il «mezzo anarchico» milanese aveva troppo in odio le forze dell’ordine377 per poter scrivere un romanzo anche lontanamente “poliziesco”. Tuttavia,

373 https://tspace.library.utoronto.ca/bitstream/1807/9516/3/MASTRIANI-PROCESSO-CORDIER- CRITICISM.pdf

374 Ausonio Liberi [Alessandro Giuseppe Giustina], I misteri di Torino. Romanzo sociale, Torino, Romanziere popolare, 1880; Id, Il ventre di Torino. Rivelazioni. Romanzo sociale, Torino, Presso D. Fino, 1880.

375 Paolo Valera, Il processo celebre: Madama Steinheil alla Corte d’Assise della Senna, Milano, Floritta, 1910. 376 Paolo Valera, La donna più tragica della vita mondana: romanzo ambientale, Milano, La Folla, 1923. 377 Si veda in particolare il capitolo I ciappa ciappa in Paolo Valera, Milano sconosciuta (1879), cit. pp. 229- 234; poi in Paolo Valera, Milano sconosciuta e Milano moderna. Documenti umani illustrati (1898), pp. 235- 242, col titolo I nemici della legge.

sempre nella Milano sconosciuta, non rinuncia a fornire una sua lettura su una particolare figura di poliziotto. Nel capitolo El sciôr Dondina378 Valera dipinge infatti, non senza una certa nostalgia, il ritratto dell’ormai vecchio e storico delegato di pubblica sicurezza milanese: un tipo alla Vidoq, ben inserito nel mondo criminale, che rifiutatosi di cambiare i suoi metodi poco scientifici, fu marginalizzato da un sistema poliziesco in rapida e progressiva trasformazione.

Per questi motivi, ci sembra legittimo operare una ridefinizione del genere giudiziario italiano, sostanzialmente in linea con quella recentemente adottata da Kalifa in relazione al corpus francese. Se lo storico d’oltralpe ha proposto di utilizzare l’espressione «roman criminel», per indicare un genere che raggruppi insieme i grandi cicli del feuilleton della metà del secolo, il roman judiciaire e le prime avvisaglie del romanzo di détection, per quanto riguarda il corpus italiano, noi proponiamo: di mantenere la dicitura «romanzo giudiziario» (che ci sembra l’unica sufficientemente attestata, sia nelle premesse degli autori che nelle analisi dei critici del tempo); di considerarlo un genere che racchiude assieme i romanzi dei bassifondi, i romanzi più prettamente processuali, e le prime avvisaglie del poliziesco italiano. Poiché, come abbiamo visto, la rappresentazione del dibattimento, quella della città, infine quella del poliziotto, sono tutte espresse e sviluppate in funzione di una certa figura del delinquente (quindi di un modello sociale) che vi è sottesa e che il romanzo più o meno direttamente contribuisce a (ri)produrre.

Stante la popolarità di questo genere narrativo e la sua capacità di incidere direttamente sugli «apparati simbolici che strutturavano la “nazione”»379, è possibile considerare il romanzo giudiziario italiano come un esempio di letteratura nazionale? Gramsci, com’è noto, spese parole piuttosto chiare anche su questo punto:

l'assenza di una letteratura nazionale-popolare, dovuta all'assenza di preoccupazioni e di interesse per questi bisogni ed esigenze, ha lasciato il «mercato» letterario aperto all'influsso di gruppi intellettuali di altri paesi, che «popolari-nazionali» in patria, lo diventano in Italia perché le esigenze e i bisogni che cercano soddisfare sono simili anche in Italia. Così il popolo italiano si è appassionato, attraverso il romanzo storico-popolare francese (e continua ad appassionarsi, come dimostrano anche i più recenti bollettini librari), alle tradizioni francesi, monarchiche e rivoluzionarie e conosce la figura

378 Paolo Valera, Milano sconosciuta e Milano moderna. Documenti umani illustrati (1898), cit. pp. 33-38. 379 Aldo Mazzacane, Letteratura, processo e opinione pubblica, cit. pp. 61-62.

popolaresca di Enrico IV più che quella di Garibaldi, la Rivoluzione del 1789 più che il Risorgimento, le invettive di Victor Hugo contro Napoleone III più che le invettive dei patrioti italiani contro Metternich; si appassiona per un passato non suo, si serve nel suo linguaggio e nel suo pensiero di metafore e di riferimenti culturali francesi ecc., è culturalmente più francese che italiano380.

Tuttavia, come si è visto dalle dichiarazioni dei vari autori, alcuni romanzieri vollero scrivere romanzi giudiziari con l’esplicito intento di colmare questa lacuna (De Marchi e Jarro); altri invece vollero, con il loro romanzo «giuridico», distaccarsi espressamente da questa invasione di letteratura popolare francese, non sfidandola sullo stesso piano, ma elevandosi a più alto livello (Dossi); altri ancora vollero apportare un contributo “all’italiana” nel campo delle raccolte dei processi celebri, disdegnando quelle di importazione francese (Giustina). Insomma, stante questo ampio spettro di diversi atteggiamenti, pare comunque che il romanzo giudiziario italiano si sia configurato come un genere programmaticamente (se non effettivamente) nazionale, poiché le opere che lo costituiscono furono scritte in stretta relazione (più o meno problematica, a seconda dei casi) con l’esistenza di un pubblico nazionale.

Resta il fatto che in questi romanzi giudiziari – scritti da autori italiani, per il nascente pubblico degli italiani, ponendosi il problema della costruzione di una cultura nazionale (più o meno) popolare – si possa rilevare una ben maggiore risonanza dei modelli francesi, piuttosto che di un precedente modello squisitamente “italiano” di letteratura giudiziaria, uscito dalla penna di un autore a dir poco significativo per quanto riguarda la costruzione dell’identità nazionale.