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Un quadro generale degli aspetti clinici e tecnologici della chirurgia fetale

5. Il caso di una tecnologia di frontiera con forti implicazioni di carattere bioetico: la

5.1 Un quadro generale degli aspetti clinici e tecnologici della chirurgia fetale

L’origine e il percorso evolutivo della chirurgia fetale è stato fortemente stimolato e influenzato dai progressi in campo tecnologico8 e dall’applicazione nella pratica clinica degli sviluppi raggiunti dalla scienza in diversi settori. Il primo intervento di chirurgia fetale fu eseguito nel 1981 presso il San Francisco Fetal

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“Fetal therapy is the logical culmination of progress in fetal diagnosis” (Adzick and Harrison, 1994) - the quotation referring to improved fetal sonographic and sampling techniques, in particular.

Treatment Center dell’Università della California, per il trattamento open

dell’ostruzione urinaria di un feto.

Ancora oggi la chirurgia fetale viene applicata ad un numero limitato di malformazioni che non possono essere trattate efficacemente dopo la nascita, ma, a partire dal 1981, numerose patologie comportanti seri rischi di morte per il feto sono state trattate tramite interventi chirurgici in utero, considerando la chirurgia prenatale come una valida alternativa alla terapia neonatale o all’aborto terapeutico. A partire dai due centri statunitensi che hanno iniziato a praticare la chirurgia fetale più di vent’anni fa- San Francisco Fetal Treatment Center dell’Università della California e il Center for Fetal Diagnosis and Treatment del Children’s Hospital di Philadelphia – attualmente circa una dozzina circa di centri nel mondo eseguono interventi chirurgici prenatali (Cortes and Farmer, 2004) e molti altri conducono ricerche e sperimentazioni per applicazioni chirurgiche fetali.

Al fine di inquadrare il processo di selezione delle patologie fetali da considerarsi idonee per la chirurgia prenatale nell’ambito di precisi requisiti, l’International Fetal Medicine and Surgery Society (IFMSS) definì, nel 1991, alcuni criteri fondamentali in base a cui valutare l’applicabilità del trattamento fetale alle varie malformazioni congenite (Tabella 1)

Tabella 1. Criteria for intrauterine surgery

1.Accurate diagnosis and staging possible, with exclusion of associated anomalies 2.Natural history of the disease is documented and prognosis established

3.Currently no effective or too late postnatal therapy

4.In utero surgery has been proven feasible in animal models, reversing deleterious effects of the condition

5.Interventions are done in specialised multidisciplinary foetal treatment centres within strict protocols, after information of the mother and full consent of the couple

Fonte: Papadopuloset al. (2005), adapted from Harrison (1991).

Interventi chirurgici sul feto per il trattamento delle seguente patologie furono sperimentati con successo più di dieci anni fa (Adzick and Harrison, 1994):

¾ Malformazione Adenomatoide Cistica Congenita (Congenital Cystic

Adenomatoid Malformation - CCAM): una malformazione risultante in una crescita

eccessiva adenomatosa dei bronchioli respiratori terminali - con associazione di cisti di dimensione variabile - e conseguente diminuzione della crescita alveolare.

L’incidenza della CCAM è stata stimata in 1 su 25.000 gravidanze (in Canada) (Cortes and Farmer, 2004; Laberge et al., 2001).

¾ Ernia Diaframmatica Congenita (Congenital Diaphragmatic Hernia - CDH): un difetto che si manifesta quando il diaframma del feto non si forma completamente consentendo il generarsi di ernie viscerali addominali con conseguente ipoplasia polmonare (arresto della crescita polmonare)

Tale malformazione si manifesta con un’incidenza di 1 su 2.400 nati vivi all’anno, negli Stati Uniti .(Langham et al., 1996).

¾ Ostruzione dell’Apparato Urinario (Urinary Tract Obstruction - UTO): tale malformazione fa parte delle anomalie fetali dell’apparato urinario che costituiscono circa il 50% delle malformazioni prenatali – come rilevato in una analisi retrospettiva condotta su circa 12000 pazienti (Cortes and Farmer, 2004; Helin and Persson, 1986). Le valvole uretrali posteriori costituiscono la causa più comune dell’ostruzione dell’apparato urinario maschile con un’incidenza rilevata di 1 su 8,000-25,000 nati vivi (Cortes and Farmer, 2004; Dinnen and Duffy, 1996).

¾ Teratoma Sacrococcigeo (Sacrococcygeal Teratomas - SCT): si riferisce a un raro gruppo di cellule germinali neoplastiche, frequentemente localizzate nell’area sacrale e strettamente aderenti al coccige.

L’incidenza rilevata è di 1 su 35.000 nati vivi ed è considerata la forma tumorale più comune nei neonati (con una preponderanza femminile di 4:1) (Cortes and Farmer, 2004; Grossfeld and Billmire, 1985; Holzgreve et al., 1987).

¾ Sindrome della Transfusione tra Gemelli (Twin-Twin Transfusion Syndrome - TTTS): rappresenta il risultato di uno squilibrio nel flusso sanguigno netto tra gemelli monozigoti – che hanno una comunicazione placentale – che conduce nella maggior parte dei casi a hydramnios (quantità eccessiva di liquido amniotico) del gemello ricevente con elevato rischio di morte perinatale e paralisi cerebrale nei feti sopravvissuti. Tale sindrome si manifesta nel 15% circa delle gravidanze gemellari monozigoti (Ville et al., 1995).

L’utilizzo della chirurgia fetale si è gradualmente esteso al trattamento di molte alter patologie o malformazioni fetali alcune delle quali non risultanti in effetti letali

per il feto. Si cita ad esempio il mielomelingocele, meglio conosciuto come spina bifida, che rappresenta un difetto congenito del sistema nervoso centrale con grave morbilità e significante mortalità e con prevalenza di 4,6 casi per 10.000 nati (Walsha et al., 2003; Cortes and Farmer, 2004; Lary and Edmonds, 1996). Negli ultimi anni il trattamento chirugico fetale è stato sperimentato per la correzione del labbro e del palato leporino (cleft lip and palate) (Papadopulos et al., 2005) e sono attualmente in corso sperimentazioni per il trattamento in utero di difetti cellulari metabolici quali il difetto enzimale staminale (stem cell/enzyme defect) e l’insufficienza – prevedibile- di organi (cuore, reni, polmoni) (Harrison, 2003).

I progressi nel campo della chirurgia fetale non si riferiscono, tuttavia, unicamente all’estensione del suo campo di applicazione ma anche all’innovazione apportata alle tecniche e agli strumenti utilizzati per eseguire gli interventi.

Uno dei trend più recenti ed innovativi nell’ambito della terapia fetale è certamente l’utilizzo delle tecniche minimamente invasive quali alternative alla chirurgia tradizionale open, ossia tramite isterotomia. Le procedure miniinvasive sono eseguite utilizzando piccoli trocar ed una combinazione di visualizzazioni videofetoscopiche e sonografiche (Harrison, 2003).

Il fetoscopio non costituisce una novità assoluta nel trattamento fetale poiché esso era già stato utilizzato negli anni ’80 per il campionamento del sangue fetale e successivamente sostituito per tale specifica applicazione diagnostica dalla tecnologia a ultrasuoni (Gratacos and Deprest, 2000).

I progressi successivamente raggiunti nella tecnologia endoscopica associati ad una più profonda comprensione e conoscenza della patofisiologia e ai miglioramenti apportati alle strategie anestetiche e tocolitiche hanno condotto, alla fine degli anni ’90, circa dieci anni dopo il primo intervento eseguito con tecnica miniinasiva, alla reintroduzione del fetoscopio per il trattamento chirurgico prenatale delle malformazioni del feto (Gratacos and Deprest, 2000).

La progressiva riduzione del diametro degli endoscopi e il miglioramento delle prestazioni delle micro-strumentazioni hanno significativamente contribuito alla diffusione della chirurgia fetale endoscopica.

La chirurgia fetoscopica viene eseguita tramite trocar che si espandono radicalmente da 9 a 15 French e che consentono il posizionamento di endoscopi (da 3 a 15 French), tubi di irrigazioni e/o strumenti fetoscopici. Essa viene generalmente eseguita attraverso la cute materna (percutanea) e, in alcuni casi richiede una piccola apertura nell’addome materno (mini – laparotomia) (Cortes and Farmer, 2004).

La prima procedura fetale endoscopica è stata eseguita negli anni novanta per la correzione di un’ernia diaframmatica (Harrison et al., 1998) e per la copertura del mielomeningocele (Bruner et al., 1999).

Altri interventi fetoscopici sono stati realizzati nel 1995, per il trattamento della sindrome TTTS, utilizzando un fetoscopio rigido (del diametro di 6 French), alloggiato in una cannula di 8 French, con anestesia e visualizzazione ecografia continua (Ville et al., 1995) e nel 1996 per la cura di un teratoma sacrococcigeo fetale, tramite un fetoscopio rigido del diametro di 6 con un campo di visione di 60°, introdotto percutaneamente nella cavità amniotica in anestesia locale e analogia della madre (Hecher and Hackeloer, 1996).

Le patologie che sono attualmente trattate tramite chirurgia fetale endoscopica sono:

ƒ L’Ernia Diaframmatica Congenita: l’approccio endoscopico è stato sperimentato per la prima volta dal gruppo di San Francisco dell’Università della California (Harrison et al, 1998) e viene attualmente eseguito con una percentuale di successo del 69% (11/16) (Albanese et al., 2000).

ƒ Mielomeningocele: l’approccio fetoscopico è stato tentato (Bruner et al., 1999) ma successivamente abbandonato a causa delle complessità tecnica e dei risultati insoddisfacenti conseguiti (Gratacos and Deprest, 2000).

ƒ Ostruzione del tratto urinario inferiore (Lower urinary tract obstruction - LUTO): il primo intervento risale al 1999 e la tecnica è attualmente utilizzata da numerosi centri (Gratacos and Deprest, 2000).

ƒ Teratoma Sacrococcigeo: viene rilevato in letteratura il caso di successo della coagulazione laser fetoscopica dei vasi nutrizionali (Hecher and Hackelor, 1996)

anche se l’intervento definitivo è ancora eseguito successivamente alla nascita (Gratacos and Deprest, 2000).

ƒ Sindrome di Trasfusione tra Gemelli (o trasfusione feto-fetale) (Twin-Twin Transfusion Syndrom – TTS) : la terapia standard per tale malformazione varia attualmente dall’amnioriduzione alla settostomia della membrana intergemellare alla fetoscopia,; l’applicazione fetoscopica si riferisce essenzialmente all’ablazione della connessione vascolare intergemellare (Cortes and Farmer, 2004).

Se l’approccio endoscopico sia il migliore per alcuni trattamenti chirurgici fetali è ancora dibattuto. Il razionale della chirurgia fetoscopica, come per la chirurgia minimamente invasiva in generale, è ridurre al minimo l’invasività e le complicazioni conseguenti ai trattamenti chirurgici e, in particolare per il trattamento endoscopico fetale, permettere di trattare il feto senza estrarlo dal suo ambiente naturale.

Nella chirurgia tradizionale la gestante viene anestetizzata ed una incisione, sufficientemente ampia da consentire l’esposizione dell’utero, viene eseguita nell’addome. Successivamente l’utero viene inciso ed aperto e viene realizzato l’intervento chirurgico sul feto. L’ampia area dell’isterotomia accresce la morbilità conseguente alla distruzione delle membrane fetali durante l’intervento e produce notevole esposizione ad infezioni. Tempi di ospedalizzazione più lunghi sono richiesti e il taglio cesareo è necessario anche per le gravidanze future. Spesso si verificano parti prematuri. L’incidenza del parto prematuro, che è stato definito “il tallone d’Achille” della chirurgaia fetale viene significativamente ridotto nel caso dell’approccio minimamente invasivo(Flake, 2003; Lierly et al., 2001).

Michael Harrison, uno dei pionieri della chirurgia fetale, nell’elencare gli importanti risultati ad oggi conseguiti nel campo della chirurgia fetale (Harrison, 2003) – il feto è un paziente, il paziente/feto ha un suo medico/chirurgo, la chirurgia fetale ha la sua società (la Fetal Medicine and Surgery Society), la sua rivista scientifica (Fetal Diagnosis and Therapy) e libri di testo (es., “The Unborn Patient: The Art and Science of Fetal Therapy”), il numero e la qualità dei professionisti della chirurgia fetale è in aumento insieme ai centri che si occupano di tali trattamenti – decreta il successo definitivo di tale specialità chirurgica. Ma alcune righe dopo nello

stesso articolo egli richiama l’attenzione sulle questioni irrisolte nell’ambito del trattamento fetale facendo riferimento particolare ai problemi tecnici e alla necessità di sviluppare strumentazione appropriata e specifica per la chirurgia fetale endoscopica (Harrison, 2003).

Anche Alan W. Flake (2003) considera che lo sviluppo futuro della chirugia fetale debba necessariamente passare dal superamento dei due suoi attuali e principali limiti: il vincolo biologico – intrinseco alle condizioni fetali – e gli irrisolti problemi tecnologici.

Dispositivi specifici per la chirurgia fetale endoscopica – microtrocar e altri piccoli strumenti di dissezione – devono essere studiati, progettati e sviluppati appositamente per le procedure chirurgiche fetali. Possibili soluzioni alle questioni ancora aperte in ambito chirurgico fetale potrebbero derivare, secondo Flakes, dai miglioramenti in corso nella tecnologia delle bioimmagini e dalla possibile applicazione della robotica alla terapia fetale (Flake, 2003).