La vita online delle ragazze
4.3 Le attività online
4.3.2 Le ragazze e i blog
Fra tutti i social media i blog sono quelli che hanno inaugurato la stagione dei servizi web pensati per comunicare e per essere usati da un pubblico più ampio: una miscela di componenti tecnologiche, netiquette e dinamiche relazionali che ne fanno dei veri e propri archetipi del web partecipativo (Bennato 2011). Due elementi congiunti hanno reso il blog un luogo di osservazione privilegiato per interrogare il rapporto tra donne e tecnologie in relazione alle nuove possibilità di espressione che la rete può offrire. Ci riferiamo all’aumento costante nel tempo del numero di donne presenti nella blogosfera e alla struttura peculiare del blog, che permette una forma di scrittura quasi diaristica vicina alle forme narrative autobiografiche femminili. Per Bennato, i blog “altro non sono che la rilettura in chiave web del classico diario personale, resa anche più somigliante dalla circostanza che il contenuto nei blog è organizzato cronologicamente, come le pagine di un diario” (Bennato 2008: 68). Secondo Violi (2008), il blog sfugge a univoche e tradizionali categorizzazioni (diario personale, giornale...) e si contraddistingue essenzialmente per essere una ‘pratica’: il blogging (boyd 2006), ossia aggiornare costantemente con contenuti il proprio spazio online. A costruire la sua popolarità è stata la sua forma relativamente semplice dal punto di vista tecnico, insieme alle possibilità di includere immagini, musica, filmati, commenti di lettrici/ori e soprattutto link da altri blog e siti, creando una narrazione fatta di costanti rimandi ad altre voci (intertestualità). Rispetto ad altri spazi online come le chat o i MUD, i blog costituiscono un ambiente virtuale fortemente incentrato sull’identità di chi scrive. Attraverso la sua presa di parola personale/individuale il/la blogger diventa voce pubblica nella spazio offerto dalla rete.
Un fashion blog è un blog che parla di moda. Il termine è generalmente riferito a un “personal style blog” dove la blogger - solitamente una giovane donna - posta foto di se stessa in posa con differenti outfit. Questi tipi di blog di moda sono spesso considerati dalle loro lettrici più autentici, personali e indipendenti rispetto ai tradizionali media legati alla moda, e questa sembra la chiave capace di catturare l’interesse delle ragazze (Marwick 2013).
Ogni tanto guardo quello (di blog) della Chiara Ferragni85 che è italiana. Se no una che si chiama Rumi Neely86, che si chiama “fashion toast”.
Intervistatrice: Cosa ti piace?
Ad esempio la seconda mette foto un po’ magari un po’ più belle perché non sono concentrate solo sui vestiti, mentre la Chiara Ferragni è sempre lei e il vestito alla fine,
85 http://www.theblondesalad.com/it/
mentre l’altra spesso è in Australia e mette foto della spiaggia e dell’Australia in generale. Mi piacciono spesso i vestiti che indossano quelli un po’ più di marca diciamo. Una borsa di Chanel e cose del genere. A me piace abbastanza la moda. Non mi piace molto il mondo della moda perché è un po’ ipocrita però. (Morena,16 anni)
Lo stile personale del blog in cui le giovani blogger mixano l’esibizione di vestiti alla moda con elementi della loro vita privata fa sì che questi blog siano capaci di andare incontro all’interesse per la moda delle ragazze (e al fascino esercitato dal mondo della moda) ma anche di sostenere la loro esigenza di costruire uno stile personale che sia accessibile e praticabile nel quotidiano. Lo stile immediato di comunicazione e la condivisione di esperienze trasforma le giovani blogger in role-model a portata di mano:
Adesso Ferragni è diventata famosissima, adesso fa un lavoro a Dubai e gira il mondo con questa cosa del blog. Infatti a volte le invidio un po’ perché loro hanno finito la scuola e non fanno niente, cioè fanno quello che gli piace fare. Gli regalano i vestiti, fanno foto e stanno bene, vanno in giro… …queste blogger loro viaggiano tantissimo, avere la possibilità di viaggiare molto secondo me è bellissimo. (Francesca, 19 anni).
Per le ragazze intervistate questi blog sembrano anche capaci di offrire modelli di bellezza più accessibili, con cui è più semplice confrontarsi. Il fatto che questi blog di moda veicolino immagini di bellezza più o meno stereotipate o che siano capaci di offrire modelli di bellezza alternativi è oggetto di un interessante dibattito.87
Lei (la blogger) pubblica praticamente ogni giorno delle foto di lei. E’ famosissima, quella più seguita in Italia. Mette delle foto di come è vestita oppure di cosa ha fatto in un giorno. Sono foto di lei e di come è vestita e non di una modella. Proprio lei che si veste e fa delle foto e lo fa per lavoro perché ci guadagna molto. Io guardo solo quello, poi credo che ci siano altre cose tipo che parla della sua vita, ma a me non interessa. I suoi commenti agli outfit… di questo blog mi piace molto come si veste. Io sono una che come la musica mi posso vestire dal più sciallo al più magari pettinato. Cioè se una cosa mi piace la metto, vari stili, come lei, ma lei è sempre più curata. Comunque mi piace il fatto che non sia una modella. Lei è una bella ragazza, ma se fosse una modella sarebbe brutto seguire.. ti viene da pensare: ovvio che ti sta bene una cosa, invece lei no. (Anna,16 anni)
In termini di utilizzo delle tecnologie seguire i blog delle giovani stylist per le ragazze significa anche salvare foto e immagini di capi di abbigliamento su un proprio dispositivo tecnologico in modo da poter avere una fonte d’ispirazione quando ci si deve vestire la mattina per uscire di casa e, molto raramente, condividere post o immagini prese dal blog
sulla propria pagina di social network site (solitamente Facebook). Nessuna delle ragazze intervistate dice di aver mai commentato un post di questi blog o di aver sfruttato la possibilità di interazione con la blogger offerto dalla struttura di questo ambiente virtuale. 88
Come sottolinea Francesca in una fase più riflessiva dell’intervista, gli strumenti di comunicazione grazie ai quali le blogger hanno costruito il loro successo sono gli stessi che le giovani intervistate utilizzano tutti i giorni. Se le ragazze si soffermano a riflettere su questo elemento a prevalere è la preoccupazione che un uso intensivo dei social media sia troppo intrusivo nella vita privata.
Intervistatrice: hai pensato di fare un blog?
Sì ci ho pensato ma poi ho detto non sarei neanche capace di stare lì. Perché ogni tanto ci penso che loro ogni cosa che fanno, fanno una foto e la mettono su Facebook e Instagram, sarebbe un po’ un peso, io da quando ho questo cellulare ho anche Instagram e metti d’estate quando ho avuto Instagram le prime volte, tutto quello che vedevo facevo una foto e la mettevo su Instagram solo che dopo un po’ che faccio foto ovunque, dici, ma a cosa serve? (Francesca, 19 anni)
Seguire le giovani fashion blogger, quindi, non si traduce in forme di maggiore partecipazione online.
Seguo tutto…Non scrivo, non commento, ma metto sempre mi piace alle loro foto perché sono veramente belle. (Francesca,19 anni)
In breve sintesi possiamo affermare che l’interesse per la moda porta ad ampliare la propria dieta mediale online, ma non diventa una forma di partecipazione attiva nel web 2.0.
Rivolgiamo ora l’attenzione alle ragazze della ricerca che hanno raccontato di aver dato vita e curato un blog. Nessuna delle ragazze che hanno preso parte allo studio al momento dell’intervista gestiva un blog personale, ma due di loro ne avevano avuto uno in passato. Queste due esperienze hanno alcune cose in comune: sia Carlotta che Simonetta erano - al tempo dell’apertura del blog - fan di due giovani boy band, i One Direction per Carlotta e i Sonora per Simonetta, ed entrambe raccontano che l’interesse per i due gruppi musicali ha orientato la scelta dei materiali postati sul blog. Per Carlotta l’essere fan dei One Direction ha significato essere molto attiva online, seguire la vita del gruppo oltre i concerti e cercare informazioni sul proprio gruppo preferito attraverso siti e partecipando a forum. Queste
88 I blog sono un social media prima espressione del web 2.0, permettono alle lettrici di commentare e interagire con l’autrice/autore del blog direttamente sulla bacheca pubblica.
informazioni (foto, canzoni, gossip) vengono poi ‘ri-narrativizzate’ nello spazio del blog. Il blog è stato quindi utilizzato da Carlotta non tanto per la produzione di contenuti originali (o UGC, User Generated Content), ma più che altro come spazio fatto di link e contenuti raccolti da altre parti nel web (rimandi ipertestuali). Per loro tramite vengono create connessioni, potenzialmente infinite, con altri spazi della rete a altre/altri utenti che condividono la sua passione.
Sì perché… l’anno scorso, no due anni fa seguivo i One Direction e quindi ero dentro il forum ufficiale e seguivo 300000 blog. Avevo un blog anche io dove postavo tutte le news. Raccoglievo tutte le informazioni dai blog e le mettevo nel mio. (Carlotta, 16 anni) I blog offrono la possibilità alle/agli utenti di usare pseudonimi e avatar che non necessariamente corrispondono alle caratteristiche della vita offline. È così che per Simonetta il blog era diventato uno spazio che le permetteva di giocare con i confini della propria identità offline. Simonetta lo usava per immaginarsi più grande e fantasticare sul proprio futuro.
Mi è successo una volta, avevo creato un mio blog che poi ho dimenticato (ride). C’era anche una chat a sé stante a questo blog e mi avevano chiesto chi ero, era un bel po’ di tempo fa e avevo fatto finta di andare al liceo, e quando avevano iniziato a farmi domande specifiche, anche solo che liceo... e non sapevo più cosa dire e quindi l’ho piantata lì. Era un blog, in generale io ho fatto dei post su…al tempo mi piacevano i Sonora e io avevo messo un mio commento a proposito di questo gruppo, cose così. (Simonetta, 17 anni)
Una specifica temporalità è un fattore caratterizzante il blog. Il blog è un testo in costruzione che esiste solo nel momento in cui viene aggiornato (Violi 2008). Il blog non esiste senza le pratiche di blogging: scrittura, produzione, condivisione che lo costituiscono. “Il blog ci costringe a modificare l’idea della fine come punto di partenza e dato fin dall’inizio tipica dei testi tradizionali e si confronta con un testo in trasformazione nel tempo” (Violi 2008: 194). Questa flessibilità permette alle ragazze di confrontarsi con uno spazio aperto alla sperimentazione del sé. Per Simonetta, ad esempio, il blog è uno spazio in cui giocare con alcune dimensioni della propria identità (in particolar modo l’età) in un contesto in cui le conseguenze possono essere tenute sotto controllo. Ad esempio, grazie anche all’anonimità offerta dal blog, Simonetta si sente libera di lasciarlo nel momento in cui non è più a suo agio. Abbandonando il blog, Simonetta lascia anche l’identità digitale costruita per quell’occasione nel momento che ritiene più opportuno. Ciò accade, almeno apparentemente senza avere
conseguenze per la sua vita offline.
In entrambi i casi le ragazze hanno avuto un blog per un certo periodo di tempo e poi hanno smesso di curarsene senza che questo implicasse una vera fine o una chiusura del sito. In linea con l’idea di blog come un farsi, una pratica, piuttosto che una struttura rigida, il blog risulta per loro uno spazio da utilizzare e interpellare nel momento in cui lo si desidera, senza preoccuparsi troppo di strutturarlo in modo chiaro con un inizio e una fine.
Intervistatrice: esiste ancora questo blog?
Credo di sì. Però non ci entro da un anno (ride) minimo, anche di più. Avevo altri blog che non ricordo più, me ne aveva fatto creare uno Sonia, quella che non vive a Milano, con Blogger credo.. (Carlotta, 16 anni)
Questo suggerisce che anche la relazione con il potenziale pubblico del blog può non essere vissuta come vincolante. Addirittura, quando Simonetta è interpellata da alcune lettrici/lettori sulla propria identità si sente libera non solo di non rispondere, ma anche di lasciare quello spazio che non la fa più sentire a suo agio.
Per queste ragazze il blog assume i contorni di un ambiente fluido, da utilizzare o meno, a seconda delle priorità del momento, adattato agli interessi e aperto a sperimentazioni dell’identità online. Al suo interno competenze digitali e risorse relazionali si combinano. 4.3.3 I videogiochi
“As gamer culture continues to struggle with racial and sexual difference, those of us who love to play but who do not fit the traditional gamer identity envision an expanded community based on skill, pleasure, engagement, and collaboration.”
(Nakamura 2014: 93) Nell’immaginario comune gli utilizzatori di video giochi sono i ragazzi. La figura del nerd - uomo di classe media, eterossesuale e bianco - esemplifica molto bene il principale giocatore di video game. Sia o meno vero che le donne non utilizzino i videogiochi (le statistiche dicono che un numero considerevole di donne usa i videogiochi) è agli uomini che i designer di videogiochi si sono rivolti, con rare eccezioni, costruendo contesti virtuali di gioco abitati da immagini di genere stereotipate che hanno contribuito ad allontanare le ragazze da questo mondo (Jansz e Martis 2007). L’idea che questa tecnologia sia esclusivamente maschile è talmente radicata che difficilmente alle bambine vengono offerte occasioni di gioco, contribuendo così sin dalla più tenera età alla diffusione degli stereotipi
sulle tecnologie. Per questo motivo è interessante gettare un breve sguardo sulle attività dedicate alle forme strutturate di gioco online condotte dalle ragazze che hanno preso parte allo studio. L’utilizzo dei video giochi è un’attività online che almeno cinque delle intervistate su un totale di trentadue afferma di praticare.
Per un paio di ragazze i giochi online sono principalmente un passatempo, un’attività che permette loro di riempire i tempi vuoti durante la giornata, magari per accompagnare attese e spostamenti. Si tratta di giochi semplici che non prevedono un investimento di tempo per studiare le regole e curare i personaggi, per lo più esclusivamente condotti su dispositivi mobili, in particolare il cellulare. È il caso di “Fruit Ninja”, un gioco sviluppato per dispostivi mobili (iphone, ipod, android) in cui il giocatore/giocatrice deve affettare della frutta che viene lanciata in aria, colpendo il touchscreen del dispositivo con un dito. In alcuni casi, come quello di Marzia, questo tipo di gioco non è più soltanto un’attività di contorno alla giornata, ma diventa un impegno più ‘serio’ con vincoli temporali e anche un investimento identitario. Marzia, infatti, ritiene importante durante l’intervista sottolineare più volte che la sua bravura nel condurre uno di questi giochi online sul cellulare l’ha portata ad essere inserita tra i migliori giocatori in Italia.
Oppure gioco per svegliarmi, ultimamente con prato fiorito, perché sono un po’ malata di questo gioco sono tra i migliori 100 in Italia penso..con i giochi io mi..prendono abbastanza, c’è anche un gioco in cui sono prima in Italia, Traffic crash quello di far passare le macchinino negli incrocio, ero prima in Italia una volta ora non so se..mi era venuto il callo da iPhone, quando ero in prima liceo mi era venuto un callo qua che pensavo fosse un verruca non capivo e ho scoperto essere un callo per lo schermo, quindi sì, è diventata quasi una droga per un certo periodo. Giochi al computer no... (Marzia, 18 anni)
In altri casi, le ragazze partecipano a giochi più elaborati, di solito giocati al computer, che prevedono una maggiore interazione con l’ambiente di gioco in termini di costruzione del personaggio e dell’ambiente. Carlotta, ad esempio, sperimenta differenti ambienti di gioco, e non perde la fiducia quando il gioco la mette in difficoltà;; al contrario prova a plasmarlo in base ai propri desideri. Se il gioco di fantasmi suggeritole dall’amico le sembra troppo realistico e le fa paura, decide di utilizzare solo la parte che più si adatta ai sui gusti e la fa sentire a suo agio.
L’anno scorso giocavo a un gioco, perché mi aveva tirato dentro un amico, Minecraft. Praticamente è basato tutto che sei a pixel, tutto a cubi e devi costruire. Poi un altro, ma ci ho giocato pochissimo che è Slanders, sei una persona smarrita o in un bosco, comunque
in un posto abbandonato ed è tutto buio e tu hai una torcia. Devi collezionare dei foglietti che si trovano in giro senza farti guardare troppo tempo dallo Slanders, che è tipo un fantasma. Comunque ho smesso perché fa troppa paura. Cioè ti sale l’ansia, senti tutti i rumori e poi a un certo punto ti compare davanti…Lo usavo solo per costruire delle case fighe. Perché puoi farla praticamente come vuoi, cioè devi andare nel bosco, tagliare gli alberi, poi dagli alberi costruire il ferro, il vetro. Ti devi costruire tutte le cose tu. Prendi la sabbia, il fuoco e fai il vetro. Niente lo usavo per fare delle case architettoniche strane… Basta. (Carlotta, 16 anni)
Simonetta, invece, ama i giochi di ruolo online ad ambientazione fantasy. I giochi di ruolo prevedono la costruzione di personaggi di fantasia. Costruire un personaggio virtuale è un’azione piuttosto complessa che prevede una serie di scelte a proposito di come ci si vuole rappresentare agli altri giocatori e quali tipi di abilità si vuole possedere per portare avanti il proprio personaggio nel gioco. Attraverso i personaggi complessi che costruisce, Simonetta sperimenta nel mondo virtuale tratti della sua identità che non trovano spazio nella vita offline, e esplora diversi tipi di ruoli.
Mmh ma magari di alcuni giochi che facevo al computer, fantasy di ruolo…in pratica era questo gioco dove tu appartenevi a delle gilde e dovevi scrivere perché a me piace scrivere e dovevi scrivere tutte le tue azioni come racconto, come libro, e lì quindi forum di questo.
Intervistatrice: quale era il tuo personaggio?
Ero un’elfa (ride) e… niente… un guerriero. Ero alta (ride) con poteri magici, sono molto fissata su queste cose (ride) di bell’aspetto come gli elfi dovrebbero essere se esistessero (ride) ci ho giocato per un anno e mezzo, ho smesso tre anni fa.
Intervistatrice: ti sei mai finta uomo?
No. Non avevo altri personaggi perché era vietato. Poi in un altro gioco fantasy eccetera… dove però questa volta era più di lotta c’erano proprio personaggini che lottavano tra loro, e avevo sempre un elfo! (Simonetta, 17 anni)
Pur essendo un’esperienza minoritaria l’utilizzo di video giochi è una pratica significativa perché rompe con la norma che vuole i video giochi come spazio maschile. Come sottolinea Nakamura (2014), se più in generale la rete sta diventando uno spazio sempre più bilanciato rispetto al genere, i videogiochi continuano a costituire un territorio molto insidioso per le ragazze - in ragione di forti stereotipi di genere, forme di sessismo e discriminazione. Studiare le pratiche online delle ragazze rispetto ai video giochi è dunque un primo passo per mettere in luce i modi in cui le ragazze si aprono uno spazio di azione nella rete.