Genere e tecnologie
2.4 Studi empirici su internet e genere
La breve rassegna che segue restituisce un insieme di riflessioni e analisi che criticamente guardano il web come uno spazio di forti contraddizioni. L’attenzione si sposta dalle tematiche dell’identità, che hanno guidato i paragrafi precedenti, al contributo degli internet
studies che hanno investigato la natura gendered della rete dal punto di vista dell’accesso,
delle disuguaglianze digitali, della partecipazione politica.
L’influenza reciproca che si sviluppa tra le nuove tecnologie digitali e le relazioni sociali rappresenta un elemento di riflessione ormai consolidato nelle scienze sociali. Le nuove tecnologie di comunicazione sono state spesso viste positivamente da parte degli utenti che hanno immaginato che queste potessero essere una leva centrale per un cambiamento nell'ordine sociale. La nascita della società in rete ha coinciso con nuove possibilità di “autocomunicazione di massa” (Castells 2009: 71). Siti, blog, social network sites, consentono la produzione da parte degli stessi utenti di messaggi e contenuti, questo ha suggerito che la verticalità del potere politico ed economico potesse essere messa in discussione dall’orizzontalità della rete creando nuove forme di protagonismo e partecipazione. Internet è stata descritta come una tecnologia intrinsecamente democratica, capace di livellare le distinzioni tradizionali di status sociale e di creare opportunità per individui e gruppi con minor potere. Le donne, come uno dei gruppi che socialmente, politicamente ed economicamente detiene meno potere, potrebbero trovarsi in una posizione di vantaggio nel beneficiare delle possibilità offerte da questo nuovo mezzo di comunicazione (Herring 2008). Questa prospettiva rischia di promuovere un paradigma influenzato dal determinismo tecnologico che rischia di sottostimare il fatto che lo sviluppo e l’uso di ogni tecnologia è embedded in un contesto sociale e da questo contesto è modellato. Gli studi che
49 “Intersezionalità” è intesa come lo studio sistematico dei modi in cui multiple differenze come il genere, l’etnia, l’orientamento sessuale, la classe, si intersecano e si costruirono reciprocamente.
hanno esplorato l’intreccio tra genere e internet mettono in luce elementi che sembrano dare di volta in volta ragione prima a posizioni più utopiche poi a posizioni distopiche. Pur supportando una visione ottimistica per la quale la nuova società delle reti offrirebbe nuovi spazi di partecipazione, Castells, uno dei principali teorici della Società dell’Informazione (2002), suggerisce analizzare le nuove forme di potere che i nuovi media potrebbero portare con sé e ammonisce: “esiste una forma fondamentale dell’esercizio del potere che è comune a tutte le reti: l’esclusione dalla rete” (Castells 2009: 52-53).
Ragionando sulle forme di inclusione e di esclusione a internet i primi approcci empirici allo studio del rapporto tra nuove tecnologie e genere si sono mossi in due direzioni: da un lato, a partire dai primi studi sulla rete, si sono interrogati sul gender gap, inteso come haves o
have nots 50 e quindi come questione legata alle disparità di accesso a internet tra donne e uomini (Bimber 2000; Ono e Zavodny 2003);; dall’altro lato si sono mossi investigando l’utilizzo di internet nei termini di gender difference, vale a dire sotto il profilo delle pratiche e usi differenti della rete tra maschi e femmine (Hargittai e Shafer 2006, Hargittai 2010).
Nella sua ricerca Bimber (2000) mette in luce l’esistenza di un divario di accesso a internet tra donne e uomini (sfavorevole alle prime) e allo stesso tempo sottolinea come questo divario sia strettamente legato anche a fattori socio-economici che stanno alla base delle disuguaglianze di genere. Nel lungo periodo Bimber ipotizza che questo divario andrà a ridursi in relazione ad una diminuzione delle differenze in ambito d’istruzione e di reddito tra uomini e donne. A questo proposito l’autore osserva, ad esempio, che sempre di più sono le donne rispetto agli uomini che portano a termine il percorso universitario e proprio questo le porterà a ricoprire una posizione di maggiore vantaggio nella rivoluzione informatica. Inoltre, grazie alla sempre maggiore diffusione e accessibilità di internet, secondo Bimber, le connessioni diventeranno meno costose e, di conseguenza, lo status socio-economico sarà sempre meno correlato alle possibilità di accesso a internet.
Mentre la forbice tra haves and have nots si riduce, perché aumenta la diffusione di internet tra le donne, l’attenzione si sposta sulle attività delle donne e degli uomini online, con l’obiettivo di comprendere i meccanismi che sottendono la trasformazione dell’uso delle tecnologie in termini pratiche sociali. Dati recenti mostrano che se da un lato il divario nell’accesso a internet legato al genere - gender digital divide - si è notevolmente ridotto, dall’altro lato emrgono più sottili differenze di genere nelle attività svolte sulla rete. Ono e
50 Si parla di gender digital divide (divario digitale di genere) di primo livello riferendosi alla distinzione tra coloro che hanno e coloro che non hanno accesso a internet (haves o have nots). Si intende digitali divide di secondo livello quando al diminuire della forbice di accesso permangono forme di disuguaglianza legate alle competenze e agli utilizzi degli utenti.
Zavodny (2003) osservano che se le donne hanno avuto significativamente meno probabilità rispetto agli uomini di utilizzare internet durante tutti gli anni ‘90, questo divario di genere si sta assottigliando. Tuttavia, una volta online, le donne rimangono le utenti che usano internet con minore intensità. In conclusione, il loro studio afferma che non ci sarebbe motivo di preoccuparsi della disparità di accesso a internet, tuttavia rimangono forti disuguaglianze tra uomini e donne per quanto riguarda le differenze di genere nella frequenza e l'intensità d’uso della rete. Questa tendenza indicherebbe il permanere di un divario di natura culturale. Infatti, se dall’inizio degli anni Duemila non è riscontrabile - soprattutto per le generazioni più giovani - un significativo gender digital divide, è tuttavia presente tra uomini e donne una minore percezione delle capacità personali nell’utilizzare la rete (Ono e Zavodny 2003).
A tal proposito, Hargittai e Shafer (2006) mostrano che gli uomini e le donne non differiscono in modo significativo nelle loro capacità di navigare e trovare vari tipi di informazioni online, nelle loro internet skills. Tuttavia, i risultati della loro ricerca mostrano che le donne sono molto più propense a sottovalutare se stesse quando si tratta di auto-percezione delle proprie competenze online. Il genere dunque risulta una variabile importante rispetto ai livelli di abilità auto-percepite. I loro risultati sono stati confermati da altri lavori (Correll 2001), che hanno trovato che al netto delle competenze, le donne hanno meno probabilità di percepire se stesse come esperte in queste campo, ciò ha un’influenza anche sulla propensione a perseguire carriere orientate verso la matematica o la scienza.
Dal momento che le donne sono più propense a mettere in discussione le loro internet
skills, ne consegue che possano essere meno orientate a sfruttare la potenzialità di servizi
messi a disposizione dalla rete. Secondo Sartori (2008) l’evidente mancanza di fiducia delle donne rispetto alla loro capacità di utilizzare le tecnologie è frutto di una tradizione culturale che socializza sin da piccoli a modelli in cui la tecnologia è principalmente una questione maschile. Lo stereotipo che vede le donne meno capaci e meno interessate all’uso del computer sarebbe alla base del rapporto meno sereno che instaurano con le ITC (Information Communication Tecnologies). Gli stereotipi contribuiscono ad una socializzazione diversa alle tecnologie in base al genere, da un lato producendo modelli di consumo specifici, dall’altro producendo effetti reali che si materializzano nelle scelte di istruzione e di carriera (Varma 2007).
Queste ricerche suggeriscono che, una volta ottenuto l’accesso alla rete, il genere continua a contare nella dotazione tecnica, nell’autonomia d’uso, nella sicurezza di sé rispetto all’uso della rete (Di Maggio et al. 2003). In Italia il lavoro di Bracciale (2010) offre un’approfondita riflessione attorno alla relazione tra donne e internet utilizzando la chiave interpretativa delle
disuguaglianze digitali. Il percorso di analisi offerto dalla studiosa rimette in gioco l’elemento di criticità rappresentato dal perdurare delle disparità e disuguaglianze di accesso alla rete in un paese, il nostro, che dimostra livelli di arretratezza tecnologica rispetto agli altri paesi europei.
La ricerca sulla relazione tra genere e internet si sposta dunque dall’osservazione e dallo studio del divario digitale al tema delle disuguaglianze digitali, dove l’attenzione è posta su come le risorse materiali e il contesto culturale determinano e definiscono le possibilità di accedere alle potenzialità del web. Tra gli elementi maggiormente invocati quando si sostengono le posizioni sulla parità di utilizzo della rete vi è l’appartenenza generazionale. Infatti, si associa l’etichetta di nativi digitali a una generazione di soggetti che sembra essere immune a qualunque tipo di disuguaglianza solo per il fatto di essere nata e cresciuta stretto contatto con le tecnologie. Quando invece numerose indagini mettono in luce ancora una volta usi diversi di internet tra ragazze e ragazzi. In una recente ricerca, Hargittai (2010) mette in discussione l’assunto secondo cui la generazione dei digital natives (Prensky 2001) sia una generazione omogenea, competente ed esperta nel navigare in rete. Al contrario trova che specialmente tra i più giovani, a proposito dei diversi tipi di utilizzo della rete, ancora una volta le ragazze (insieme a coloro che provengono da un background socio economico basso e coloro di origine ispanica) siano impegnate in un minor numero di attività online rispetto agli altri.
Oltre lo studio del gender digital divide e delle disuguaglianze digitali, alcune ricerche hanno analizzato come l'uso di internet - inteso quale spazio di cultura partecipativa (Jenkins 2006) - possa essere uno strumento di partecipazione politica dal basso e sostenere l'esercizio della cittadinanza attiva. Seguendo questa liena di ricerca la rete è vista come mezzo di
empowerment per il mondo femminile. 51 Secondo questa prospettiva, la possibilità di avere accesso a un maggiore potere comunicativo si tradurrebbe nella possibilità di avere maggior voce e capacità proattiva in contesti pubblici.
Anita Harris (2008) esplora l'uso di internet delle giovani donne nel contesto della cultura
DIY(Do It Yourself). La studiosa australiana di culture giovanili e di studi di genere indaga le possibilità offerte dalla rete nel creare nuove forme di azione politica attraverso blog, siti di
social network e altre tecnologie digitali. Harris suggerisce che queste attività rappresentano
51 Tra gli studi che si sono occupati dell’uso e del consumo politico delle rete da parte delle donne prevalgono 3 tipi di narrazioni : «utopiche del web» ossia la rete offre nuove possibilità alle donne di democrazia partecipata ;; «flamed out» internet è uno spazio pericoloso dove si puo’ essere molestate sessualmente e vittimizzate ;; «rinchiuse nella località» c’è ancora molto da fare perché le donne acquisiscano il diritto ad evere «un computer tutto per sé» (Scott, Semmens, Willoughby 1999).
nuove forme di attivismo, di costruzione di nuove comunità di partecipazione e di sviluppo di nuovi tipi di sé pubblici.
Girlpower o grrrlpower era la parola d'ordine di un sotterraneo e giovane movimento
femminista radicale. Emerge nei primi anni ‘90 come una combinazione di sottocultura punk e politica femminista, diventa poi uno dei più potenti movimenti giovanili di sottocultura politica organizzato interamente sulla base delle rivendicazioni delle giovani donne. La riscrittura della parola girl (ragazza) in “grrrl” voleva comunicare rabbia (“grrr” corrisponde al ringhio) e il rifiuto della cultura patriarcale. Coloro che si riconoscevano in questo movimento - le riot grrrl - erano in gran parte coinvolte in culture musicali alternative, qui la musica e la scrittura erano strumenti chiave per sviluppare una piattaforma politica per le femministe più giovani. Matrice comune di questo movimento era la filosofia punk del DIY (do it yourself), una miscela tra impegno politico ed espressione di sé. A metà degli anni ‘90 le fanzines - principale canale di espressione di controcultura e di diffusione di messaggi politici - hanno iniziato a essere prodotte in formato elettronico e a essere condivise online. Attraverso la realizzazione di pagine web le riot girls hanno aperto un nuovo spazio politico e simbolico. Queste ragazze hanno utilizzato la rete sia per confrontarsi con il potere politico sia come spazio di espressione, sovvertendo l’immaginario maschile nerd e geek e aprendo nuovi spazi in cui immaginare forme di femminilità meno stereotipate. Divenute note come
Gurls, un gioco sulla parole tra ragazza e URL (Uniform Resource Locator, ovvero l'indirizzo
web), le riot grrrl hanno segnato l’inizio della crescita femminile online attarverso la produzione di e-zines, diari online, blog, listservs, gruppi di discussione e pagine personali.
Partendo dall’esperienza delle riot grrrl alcuni studi si sono concentrati sugli usi politici e trasgressivi della rete da parte delle giovani donne (Harris 2004, 2008; Kearney 2005), mentre altri hanno scelto di interrogare il panorama dei nuovi media nel contesto post-femminisma (cfr. Cap.1) guardando come le ragazze ‘comuni’ attraverso la rete possono negoziare uno spazio di partecipazione e di espressione (Sarah Banet-Weiser 2011; Ringrose et al. 2013; Ringrose e Barajas 2011; Dobson 2013).