Performance di genere online e offline: il rapporto con la famiglia
6.2 Resistere alle pressioni dei genitori, esplorare i confini di genere
“Il giorno in cui ho perso la reputazione sono diventata libera” Slavina (performer postporno e attivista queer/transfemminista)110
In questo paragrafo concentriamo l’analisi sui modi attraverso i quali i genitori intervengono nelle attività online delle figlie cercando di individuare quali discorsi di genere essi contribuiscano in tal modo a riprodurre. Sotto questo profilo la ricerca si pone in continuità con quegli studi che si interrogano sull’agency delle ragazze nel contesto postfemminista dei nuovi media. Dal punto di vista empirico questo tema è ancora poco esplorato e pone una serie di sfide teoriche e metodologiche. Per affrontarle la prima domanda che ci siamo poste è la seguente: sotto il profilo del quotidiano quel è la relazione che le ragazze intrattengono con il mondo della famiglia, talvolta rappresentato dai genitori, dagli zii o da fratelli maggiori? Questo aspetto è importante. L’espressione della soggettività delle ragazze prende corpo nello spazio confuso tra la loro volontà di mantenere online uno spazio di autonomia e gli interventi di controllo dei genitori. In particolare interessa comprendere, a quali modelli e relazioni di genere rimandino gli interventi di questi ultimi, per cogliere quali sono concretamente le forze che esercitano pressioni sulle scelte quotidiane delle ragazze. In linea con altri studi che analizzano i processi di soggettivazione in relazione ai social network
sites, anche in questo caso l’attenzione si focalizza su come i discorsi vengono prodotti dai
soggetti, ma allo stesso tempo negoziati, creando a volte forme di resistenza (Ringorse 2009, De Ridder e Van Bauwel 2013). Questa analisi segue le linee di analisi di Butler a proposito di
agency e trasformazione sociale, in base alle quali il soggetto è al tempo stesso immerso in
certe norme e pratiche, ma capace di creare spazi di cambiamento (Butler 1990). Su questa base ci occupiamo ora dei risultati della ricerca relativi al rapporto tra le ragazze e i loro genitori, in riferimento a SNSs come Facebook. Come vedremo, si costruiscono in questa relazione sia determinati discorsi di genere, ma anche specifiche forme di resistenza.
L’analisi dei racconti delle ragazze mostra che la famiglia entra nei vissuti online delle giovani donne in due modi principali: quando interviene direttamente nell’uso che le ragazze fanno della tecnologie digitali, ad esempio attraverso forme di controllo del device mobile, del tempo speso online e del tipo di materiale da caricare sui social network;; oppure quando per
le ragazze anche solo sapere che i genitori e/o i parenti sono presenti nei loro spazi online (ad esempio tra gli “amici” di Facebook) modifica il modo di vivere lo spazio della rete e, di conseguenza, di costruire la propria identità online.
I risultati mostrano che le pressioni che la famiglia esercita, direttamente o indirettamente, sulle pratiche online delle ragazze, hanno una forte connotazione di genere. I tipi di pressioni esercitati dalla famiglia spesso vanno nella direzione di inibire possibili forme di sperimentazione identitarie e relazionali che possono aver luogo online. Dalle interviste emerge un discorso spesso normativo rispetto al genere, che si esprime ‘suggerendo’ e ‘incoraggiano’ forme tradizionali di femminilità, esercitando forme di controllo sull’uso e la rappresentazione online dei corpi e sull’espressione della sessualità delle ragazze.
Gli interventi diretti dei genitori nel monitorare l’uso che le figlie fanno dei social media spesso muovono dall’idea comune che le ragazze siano a rischio quando sono online. Come altre ricerche hanno mostrato, le preoccupazioni del mondo degli adulti verso le ragazze e l’uso dei social network sites ruotano intorno alla visione delle ragazze come possibili vittime di predatori sessuali (Cassel e Cramer 2008) o di una cultura sessualizzata (Renold e Ringrose 2013).
Ginevra, durante l’intervista, racconta che sua madre le ha permesso di aprire un account Facebook solo a condizione di utilizzare la sua mail (della madre) - in modo tale che quest’ultima possa essere messa al corrente di tutte le attività che Ginevra svolge su Facebook. Per aprire un profilo Facebook, infatti, è necessario possedere un account email ed è possibile richiedere che ogni volta che qualcuno interagisce con il profilo sul SNS (condividendo un link sulla nostra pagina, inviando un messaggio personale, commentando un nostro post) venga inviata una email di notifica. 111
...sì perché loro i genitori controllano il mio profilo. Nel senso che mia madre quando mi sono iscritta a Facebook mi ha detto: “o ti iscrivi con la mia mail oppure nulla”. Quindi io mi sono iscritta con la sua mail e lei riceve tutte le mie notifiche. Riceve i miei messaggi…quando uno mi scrive. Perché lei non vuole che io incontri persone sbagliate… Che possano adescarmi sul web e poi magari anche farmi male. (Ginevra,16 anni)
Ricevendo tutte le notizie delle attività online di Ginevra, la madre a volte interviene direttamente sulle scelte della figlia. Ginevra decide di condividere, in un passaggio dell’intervista, un episodio in cui sua madre le ha chiesto di rimuovere dagli “amici” un
111 Poiché dalle ragazze l’email è uno strumento pochissimo utilizzato - nella maggior parte dei casi limitato alle funzioni scolastiche - è difficile che esse decidano di utilizzare questa funzione.
nuovo contatto.
Una volta avevo accettato un'amicizia di una persona. Era un amico di un amico che io non conoscevo, però ho detto “è un amico di un amico, l'accetto” e lei si era… tipo questo qua aveva cominciato a scrivermi dicendo: “ah, ma io forse ti conosco”, e io: “forse anche io”… bla bla. E lei è arrivata e mi fa: “ma chi è questo qua?”, e io faccio: “guarda non lo conosco però so che è amico di un mio amico”, e lei mi fa: “però io non sono d'accordo perché questa persona potrebbe essere chi non pensi che sia”, e quindi mi aveva fatto togliere l'amicizia, non ricordo, oppure non parlargli. E' successo all'inizio di Facebook.
Intervistatrice: e tu cosa avevi fatto?
Io all'inizio avevo detto: “ma cavoli, mamma, è una persona che so che esiste perché amico di un'altra persona, non è tutto questo gran male”. Ma lei ha detto: “no, io te l'ho detto, sei su Facebook se stai alle mie regole”. Allora io avevo detto: “va bene, d'accordo”. Perché appunto era la prima volta, era la mia prima esperienza sul web e non volevo me la togliesse, allora ho detto sì. (Ginevra, 16 anni)
Ginevra in un primo momento accetta la richiesta di “amicizia” seguendo la prassi condivisa da altre ragazze di includere nuovi contatti quando si ha una soglia minima di amicizie in comune. Dopo l’intervento della madre Ginevra rinuncia ad esplorare quella relazione di amicizia con un ragazzo in cambio della possibilità di poter continuare ad utilizzare Facebook sotto la minaccia della mamma di chiudere l’account. Lo stile di utilizzo dei social network
sites di Ginevra, va segnalato, è piuttosto complesso. La ragazza non è presente solo su
Facebook, ma ha altri account su social media (Twitter). Si tratta di un tipo di partecipazione alla rete che - utilizzando una definizione di Ito el al. (2010) – possiamo chiamare “geeking around” (ito el al. 2010), ossia un uso dei social media mosso sia dalla curiosità per le tecnologie sia dalla passione per un interesse specifico. Questo tipo di utilizzo della rete è rilevante perché aiuta a spiegare l’alto valore che Ginevra attribuisce all’uso dei social
network site e come per lei sia importante poter esser attiva nello spazio online. Ginevra è
anche molto fan dei One Direction (boy band inglese che abbiamo già incontrato, molto popolare tra le ragazze) e questo orienta parte delle sue attività online. In segreto da sua madre cerca di fare parte di un gruppo su Facebook composto da fan che si stanno organizzando per incontrarsi al prossimo concerto del gruppo. La madre se ne accorge e redarguisce Ginevra per aver condiviso il numero del suo posto a sedere del concerto con le altre ragazze del gruppo di Facebook.
Io il 28 giugno andrò al concerto dei One Direction. E si era creato questo gruppo ufficiale delle ragazze che ci vanno. Allora io avevo detto: “va beh, ci vado sono delle ragazzine innocenti”. Tipo comunque avevo tolto tutte le notifiche e avevo fatto in modo
che mia madre avesse saputo solo... va beh è un gruppo di ragazzine. Ma poi l'ha scoperto perché è arrivata una notifica e mi ha detto: “ma cos'è che stai facendo?” e gli dico: “ma guarda, è solo un gruppo di ragazzine e parliamo del concerto, non è che ci facciamo niente di male”. Lei però si è arrabbiata. Mi ha detto che “scrivi per esempio in che settore sei?”…va beh, uno risponde a queste domande, può anche dire il falso. E lei mi ha detto che non dovevo rispondere perché loro possono andare a riprendere il profilo e quindi mi ha detto “o ti togli o litighiamo”. Allora ho detto togliamoci, non è proprio un male se mi tolgo dal gruppo. Non è niente di che. A me dava dispiacere perché comunque ci poteva essere la ragazzina che magari era di fianco a me e io non lo sapevo. Mi sono tolta… Ho pensato che invece di litigare: “ti ritiro l'ipod o ti ritiro il computer” era meglio fare questa cosa… che porta dispiacere, ma meglio farla. (Ginevra, 16 anni)
La madre ha paura che l’informazione che Ginevra condivide con le altre ragazze all’interno del gruppo di Facebook sia accessibile anche ad altre persone che possono avere “cattive intenzioni” (Ginevra). Quello che muove l’intervento della madre è la paura comune e ricorrente degli adulti che le ragazze possano essere vittime di predatori sessuali online. Questa preoccupazione rischia di riprodurre un’associazione negativa tra le ragazze e l’uso delle tecnologie digitali e inibire le potenzialità delle tecnologie per le ragazze. In questo caso, ad esempio, l’intervento della madre non permette a Ginevra di incontrare altre ragazze con la sua stessa passione per la boy band. Attraverso la riproposizione della figura delle ragazze come possibili ‘vittime’ sulla rete, questo discorso rischia di depotenziare il loro ruolo, la loro agency, e mantenere un ordine patriarcale che regola la loro presenza nei contesti pubblici e suggerisce che le tecnologie siano per loro inappropriate (Thiel-Stern 2014). Questo approccio rischia di indebolire le ragazze come soggetti sociali e ha un effetto diretto sulla (ri)produzione di discorsi che formano e mantengono le nozioni dominanti di femminilità.
Fatima è una ragazza di 16 anni di origini egiziane e appartiene a una famiglia copta ortodossa praticante. Nel processo di costruzione della sua identità (online e offline) è in tensione tra i valori religiosi della famiglia e le risorse culturali che sono a sua disposizione nel contesto della vita di tutti i giorni nella sua città, Milano. Fatima è coinvolta nella comunità copta ortodossa italiana e nelle attività dell’associazione giovanile ad essa legata. Considera la sua posizione verso la religione in discontinuità rispetto a quella dei genitori [“Io preferisco stare a casa o uscire con gli amici piuttosto che andare in chiesa. Va bene andare la domenica massimo, catechismo la domenica pomeriggio. Però dopo un po' basta... ”].
La costruzione di una pagina personale su Facebook richiede siano caricate da parte dell’utente due immagini: una si riferisce all’immagine del profilo, e nella maggior parte dei
casi le ragazze scelgono di utilizzare una foto di loro stesse - un primo piano o a corpo intero con uno sfondo a cui attribuiscono un significato speciale - in alcune eccezioni accompagnate da un’amica, un nipote o il fidanzato (raramente si tratta di selfie). 112 La foto del profilo di Fatima, al momento dell’intervista, la ritrae voltata di lato con lo sguardo rivolto verso il giardino della sua famiglia in Egitto.
Intervistatrice: come hai scelto la foto del profilo di ora?
Ora stavo vedendo le foto che avevo fatto qui a Milano e quella che avevo fatto in Egitto e ho visto che quella che ho fatto in Egitto mentre guardavo l'orto di mio zio mi piaceva molto e quindi ho detto bene, questa è la foto del profilo! (Fatima, 15 anni)
Una seconda immagine è quella di “copertina”, visibile come intestazione della propria pagina personale, e con una connotazione identitaria differente. In questo caso è più facile trovare foto delle ragazze in scene della vita quotidiana con amiche e/o amici e fidanzati, o anche altri tipi di immagini come citazioni, paesaggi o foto su cui sono intervenute in modo creativo. Nella propria immagine di copertina Fatima rinvia alla tensione con i genitori mettendo una foto in cui è scritto: “follow your dreams”. Quando abbiamo chiesto a Fatima cosa rappresentasse quellafrase ci ha spiegato di avere una grande passione per il canto, che vorrebbe trasformare in una professione partecipando già ora a provini per trasmissioni musicali in televisione, ma che i suoi genitori sono contrari.
I miei sanno che sono brava però non vogliono che io faccia i provini per i programmi (televisivi di canto).
Intervistatrice: per quale motivo?
Sempre per la religiosità perché sono proprio... cioè i miei genitori sono egiziani terroni (ride) detto semplicemente. Hanno ancora un po' di mentalità dell'Egitto e non riescono a capire che quello che voglio fare è quello che poi… sarà tutto il mio futuro. Eh… non andiamo d'accordo su sta cosa e basta. Loro vorrebbero che io fossi più concentrata più sulla spiritualità e invece che sul mondo reale e ‘ste cose qua. Io invece sono di tutt'altra opinione. (Fatima, 15 anni)
Nella costruzione della propria identità attraverso Facebook Fatima sceglie di mettere in primo piano un aspetto conflittuale del suo rapporto con la famiglia, e rivendica la possibilità di realizzare i propri sogni anche se non corrispondono ai ruoli più tradizionali proposti dai genitori.
Invece ora ho "follow your dreams". Perché a me piace cantare però… miei genitori non mi aiutano in sta cosa qua e quindi "segui i tuoi sogni " e basta… (Fatima, 15 anni)
In linea con un certo atteggiamento protettivo e paternalista rintracciabile in altri interventi dei genitori, sia il padre che il fratello sono attenti a controllare le attività online di Fatima. In particolar sono preoccupati dalla possibilità che la ragazza conosca dei ragazzi e entri in contatto online con immagini sessualmente esplicite.
Intervistatrice: tuo fratello e tua sorella sono amici su Facebook?
Sì, perché se non si arrabbiano. Mio fratello all'inizio mi faceva pure il controllo degli amici su Facebook. Se avevo qualcuno che non conoscevo… è arrivato per fino lui a cancellarmi delle persone senza la mia volontà.
(…) ci sono dei link… non sono sempre foto, ci sono delle pagine che mettono dei link di articoli di giornali che parlano di queste cose qua. Cioè tipo una volta ero in macchina con mio padre e ha visto un'immagine di due nudi sulla spiaggia e ha detto "che cos'è questa cosa su Fb???" e gli faccio "è una pagina" e lui mi fa "ok, toglila" imita un tono severo "togli il mi piace dalla pagina" e io "ok" (ride). Io però non ho messo il mipiace per… quelle cose lì erano per delle frasi che avevano messo è che poi alla fine mettono ‘sti link. (Fatima, 15 anni)
L’intervento del padre è in linea con i risultati della ricerca, che mostrano come per i genitori l’idea che le ragazze possano incorrere online in materiale considerato inopportuno, ad esempio legato alla sfera del sesso, costituisce un problema. Da queste paure nascono atteggiamenti restrittivi sull’uso dei social media. È importante anche riflettere sul fatto che facendo del materiale sessualmente esplicito un tabù, i genitori escludono la possibilità che le ragazze possano discuterne in famiglia, socializzando i rischi e negoziandone il senso. È quello che mette in luce Pasquali (2012), discutendo il materiale raccolto nella ricerca europea Eukids online: “in Italia la relazione tra generazioni e tra pubblico e privato è più problematica che in altri contesti Europei (…) si radicalizza nel nostro paese la paradossale e generalizzata coesistenza di pervasività e rimozione al tempo stesso del sesso e della società sessualizzata che rende il sesso indicibile proprio là dove è maggiormente esibito” (Pasquali 2012: 207).
I risultati della ricerca mostrano come in generale la sessualità delle ragazze sia una delle questioni cruciali nel definire il rapporto tra adulti e giovani donne quando si parla di uso dei
social network sites. Per sessualità intendiamo un campo semantico che comprende le identità
di genere e i modi di agirle, le pratiche sessuali e gli orientamenti. Nonostante il discorso postfemminista celebri l’indipendenza e l’autonomia delle ragazze in diversi aspetti della vita,
la sessualità continua a costituire uno spazio di contesa nella relazione tra le ragazze e la famiglia. Poiché le pratiche digitali delle prime mediano le forme e le rappresentazioni della sessualità e del corpo, per comprenderle occorre considerarle anche come il risultato di forme complesse di negoziazione con il mondo degli adulti.
Leccardi (2011) ha esplorato le trasformazioni della morale sessuale e dei rapporti tra i generi in Europa dal dopoguerra ad oggi, mettendo in luce la continua tensione fra le esigenze di controllo e sorveglianza da un lato e le strategie di liberazione da questa coercizione dall’altro. Ad un estremo c’è il polo del controllo, rappresentato dalla morale sessuale degli anni ’50 e ’60, in cui prevale la presenza del doppio standard (comportamenti maschili e femminili vengono considerati diversamente e per le donne vale il principio alla subordinazione all’autorità maschile), e la soggettività delle donne è pressoché inesistente. Poi, nella seconda metà dei ’60 e nella prima metà dei ’70, vi è una fase di liberazione sessuale che in Italia conduce a momenti di forte tensione sociale dovuti al persistere di un’autorità morale costruita attorno all’istituzione matrimoniale e alla minorità sociale e culturale della donna. Si affermano qui i presupposti dell’affermazione della volontà femminile ad autodeterminare le proprie scelte sessuali e biografiche. È in questo contesto che il movimento delle donne e i movimenti gay e lesbici mettono al centro del progetto collettivo, ma anche della vita quotidiana, la sessualità (“il personale è politico”, “ciò che è sessuale è politico”) e le nuove categorie concettuali biografiche che le accompagnano. Queste soggettività prendono posizione contro il sistema patriarcale, la dimensione normativa della famiglia borghese, la naturalizzazione dell’eterosessualità che rimanda all’omofobia (2011: 313). Leccardi mette in luce come questi processi abbiano portato a una trasformazione delle norme sessuali, a favore di una maggiore apertura verso le questioni legate alla sessualità pur permanendo una struttura di disuguaglianze legata alle relazioni di genere.
Quello che è rilevante per la nostra riflessione è che queste tensioni, tra una morale sessuale opprimente che definisce forme normative di espressioni di genere e spinte verso un maggiore apertura verso l’auto-definizione anche sessuale, sono presenti nei racconti delle ragazze e vengono restituite nel corso delle interviste come nodi non risolti, ma anche come spazi di negoziazione nella relazione con la famiglia. Le madri delle ragazze della nostra ricerca a volte sono state adolescenti negli anni delle più importanti trasformazioni della morale sessuale e hanno assistito ad un cambiamento verso una maggiore eguaglianza dei ruoli maschile e femminile che ha preso corpo all’interno di mobilitazioni collettive.
Intervistatrice: cosa ti fa pensare la parola femminismo?
Donne, tante donne, che si ribellano contro gli uomini (ride). Conosco magari amiche di mia mamma che sono molto femministe, come gli uomini maschilisti queste cose qua.. In certi aspetti sono anche io un po’ femminista, magari con i vestiti per dirti o su come la penso io su certe persone. Ho le mie idee ma non so come spiegartele. (Miriam, 17 anni)
Le figlie, le ragazze della nostra indagine, sono invece immerse in quello che McRobbie definisce “double entaglement” (2009), ossia un groviglio in cui coesiste un’apertura sulle questioni che riguardano i ruoli sessuali (promossa in particolar modo dalla popular culture) e forme di ri-tradizionalizzazioni dei ruoli di genere. In Italia si assiste alla messa in discussione della possibilità di aborto (Balzano e Voli 2014), all’assenza del riconoscimento dei diritti per le persone omossessuali e un recente contrattacco sulle teorie del genere