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L’aspetto normativo

ARTICOLO 3 – REGOLAMENTO E TARIFFE

1. Il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e per l’effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni.

2. Con il regolamento il comune disciplina la modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubbli-citarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse.

3. Il regolamento deve in ogni caso determinare la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l’installazione, nonché i criteri per la realizzazione del piano generale degli im-pianti. Deve altresì stabilire la ripartizione della superficie degli impianti pub-blici da destinare alle affissione di natura istituzionale, sociale o comunque pri-ve di rilevanza economica e quella di destinare alle affissioni di natura com-merciale, nonché la superficie degli impianti da attribuire a soggetti privati, comunque diversi dal concessionario del pubblico servizio, per l’effettuazione di affissioni dirette.

4. Il regolamento entra in vigore dal primo di gennaio dell’anno successi-vo a quello in cui la relativa deliberazione è divenuta esecutiva a norma di leg-ge.

5. Le tariffe dell’imposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche af-fissioni sono deliberate entro il 31 ottobre di ogni anno ed entrano in vigore il primo gennaio dell’anno successivo a quello in cui la deliberazione è divenuta esecutiva a norma di legge e, qualora non modificate entro il suddetto termine, si intendono prorogate di anno in anno; in caso di mancata adozione della deli-berazione in questione, si applicano le tariffe di cui al seguente capo.

6. Il comune, in relazione ai rilevanti flussi turistici desumibili da oggetti-vi indici di redditioggetti-vità, non può applicare, per un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore a quattro mesi, una maggiorazione fino a cinquanta per cento delle tariffe per la pubblicità di cui agli articoli 12, comma 2, 14, commi 2, 3, 4 e 5, e all’articolo 15, nonché, limitativamente a quelle di carattere com-merciale, della tariffa per le pubbliche affissioni di cui all’articolo 19.

L’articolo 3 del D.L.vo 15 novembre 1993, n. 507, è uno dei punti chiave della nuova normativa in quanto definisce quelli che sono gli strumenti della gestione tributaria e urbanistica del servizio di pubblicità e pubbliche affissioni da parte del Comune:

1) il Regolamento per l’applicazione dell’imposta e dei diritti;

2) il Piano Generale degli impianti;

3) le tariffe dell’imposta e dei diritti.

1) Il Regolamento ex art.3, D.L.vo 15 novembre 1993, n. 507

«Compiti fondamentali del Regolamento comunale sono, in generale, la disci-plina delle modalità di effettuazione della pubblicità e delle affissioni, ed, in particolare, le modalità per il rilascio del titolo per la installazione degli impianti pubblicitari, la fissazione, dal punto di vista tipologico, di limitazioni e divieti, per particolari forme pubblicitarie, la determinazione delle quantità complessive degli impianti pubblici da destinare, ed in quale misura, alle affissioni aventi ri-levanza economica e non, nonché della quantità di superficie di impianti da at-tribuire per le affissioni dirette a soggetti privati, diversi comunque dall’eventuale concessionario del servizio, ed, in fine, la individuazione dei cri-teri per la elaborazione del Piano generale degli impianti medesimi»3

a) L’autorizzazione

L’abrogato D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, già prevedeva per i Comuni la fa-coltà di stabilire, per mezzo del regolamento, limitazioni e divieti per determi-nate forme pubblicitarie qualora questi provvedimenti fossero motivati dalla ne-cessità di tutelare un interesse pubblico di tipo ambientale, estetico o di sicurez-za. Non era comunque prevista la possibilità per i Comuni di introdurre un regi-me autorizzatorio per qualsiasi tipo di pubblicità, regi-mentre era invece espressa-mente sancita dall’articolo 28 la necessità dell’autorizzazione comunale per le affissioni da parte dei privati in aree di propria pertinenza.

Sulla impossibilità del Comune di assoggettare ad autorizzazione qualsiasi for-ma di pubblicità si era in passato pronunciato anche il Tar Puglia con sentenza 6 agosto 1987, n. 603, nella quale si afferma che «é contrario a legge quel regola-mento che subordini sic et simpliciter ad autorizzazione comunale ogni forma di pubblicità, tanto più se l’autorizzazione stessa non appaia neppure strumentale all’applicazione dell’imposta il cui sistema di accertamento e pagamento è fon-dato sulla dichiarazione del contribuente». In senso opposto si era invece pro-nunciato il Tar Lombardia che, con sentenza 4 ottobre 1979, n. 690, affermava

3 Idem, pag. 13

che «in materia di attività pubblicitaria l’intervento del Comune non può essere ristretto nei limiti dell’esercizio di una mera potestà diretta a dare, in via gene-rale, limitazioni e divieti a tutela di interessi di natura estetica, panoramica ed ambientale, così come prescritto dall’art. 3, secondo comma, D.P.R. 26/10/1972, n. 639, ma può trovare estrinsecazione, altresì, in una disciplina regolamentare che, in applicazione dei principi deducibili dal penultimo comma dell’art. 21 del D.P.R. citato, preveda la necessità di una autorizzazione preventiva per la attua-zione di forme di pubblicità le cui caratteristiche eccedano quelle per le quali la normativa primaria ha previsto la accettazione implicita».

Ora il D.L.vo 507/1993 prevede, all’ articolo 3, la necessità che l’installazione degli impianti pubblicitari di qualsiasi genere sia conforme a quanto previsto dal Comune in sede di Regolamento e di Piano Generale degli impianti. Sorge quin-di per il privato l’onere quin-di ottenere un’autorizzazione comunale prima quin-di proce-dere all’installazione dell’impianto, mentre al Comune viene attribuita la potestà in relazione alla concessione dell’autorizzazione e dunque anche la facoltà di re-golare quest’ultima, indiscriminatamente, al fine di un migliore controllo del ter-ritorio. Questo concetto viene confermato dal successivo articolo 36 che, in sede di disposizioni transitorie, vieta l’installazione di nuovi impianti pubblicitari fintanto che non siano stati approvati il Regolamento ed il Piano Generale. Tale potere riguarda dunque tutti gli impianti pubblicitari visibili all’esterno, sia che siano collocati su aree private, sia che si riguardino zone pubbliche di pertinenza del Comune stesso o appartenenti ad altri Enti (Ferrovie dello Stato, ANAS, etc.).

Del rilascio dell’autorizzazione è incaricato il dirigente del servizio di pubblicità e pubbliche affissioni, e non già il Sindaco, mentre, nei comuni di piccole mensioni non provvisti di personale dirigenziale, la responsabilità ricade sul rigente dell’ufficio che, in via amministrativa, si occupa della materia. Tali di-sposizioni sono desumibili dalle modificazioni alla legge 142/1990 introdotte dall’articolo 6 della legge 15 maggio 1997, n. 127 (legge “Bassanini”), che attri-buisce ai dirigenti «i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezio-nale [...]».

L’autorizzazione comunale può poi essere, in determinati casi previsti da leggi speciali, concorrente con quelle di altri Enti Pubblici che hanno il compito di salvaguardare precisi valori ed interessi; la presenza di queste ultime, comunque, non sostituisce e non fa venir meno la necessità dell’autorizzazione da parte del Comune.

Riguardo a ciò, occorre anzitutto ricordare, in materia di tutela delle bellezze naturali, i vincoli imposti dall’articolo 35 del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357, con-tenente il Regolamento previsto dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), il quale fa esplicito riferimento agli impianti pubblicitari collocati nelle vicinanze dei siti tutelati. Sul fronte invece della salvaguardia di oggetti, costruzioni e monumenti di interesse storico e artistico, gli articoli 18 e 22 della legge 1 giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose di interesse artistico e storico), richiedono l’autorizzazione dei Soprintendenti competenti per il «collo-camento o l’affissione di manifesti, cartelli, insegne ed altri mezzi di pubblicità»

la cui presenza può danneggiare sia l’aspetto, che il decoro, che il pubblico go-dimento dei beni ad interesse storico, con un conseguente pregiudizio per l’intera comunità (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 maggio 1994, n. 678). Lo stesso Codice della Strada (D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285) interviene in materia vietan-do esplicitamente all’articolo 23, comma 3, l’installazione di cartelli o di altri mezzi pubblicitari lungo le strade, nelle vicinanze di luoghi tutelati come bellez-ze naturali e paesaggistiche, oppure in prossimità di edifici o zone ad interesse storico ed artistico.

Sempre il Codice della Strada prevede poi la necessità dell’autorizzazione da parte dell’Ente proprietario della strada per la collocazione di cartelli o di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse, al fine di garantire la sicu-rezza della circolazione (articolo 23, comma 4, D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285).

Si tratta di un’autorizzazione che viene rilasciata dall’Ente proprietario della strada ma che richiede, nel contempo, il nulla osta degli Enti proprietari delle altre strade da cui l’impianto è visibile (art. 23, comma 5). Se quindi, ad esem-pio, si volesse installare un cartello pubblicitario lungo una strada provinciale, in posizione visibile da un’autostrada, l’autorizzazione dovrà essere concessa dalla Provincia con nulla osta dell’ANAS. Un caso particolare di tale fattispecie si ve-rifica quando la pubblicità è effettuata in ambito ferroviario ed è visibile da

stra-de e piazza comunali (articolo 14, comma 4, septies, stra-del D.L. 318/1986, conver-tito con legge 488/1986); in questo caso, oltre all’autorizzazione dell’Azienda Ferrovie dello Stato, sarà necessaria anche l’autorizzazione del Comune e saran-no pure applicabili i regolamenti comunali in materia.

Altri limiti e prescrizioni per l’installazione degli impianti pubblicitari lungo le strade o in loro vista sono poi contenuti nel Regolamento di attuazione del nuo-vo Codice della Strada (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495) così come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610. In materia, l’articolo 53 del citato decreto, che regola il rilascio delle autorizzazioni, dispone affinché l’Ente proprietario della strada si pronunci entro sessanta giorni dalla data della richiesta dell’autorizzazione e, in caso di rifiuto, occorre che questo sia validamente mo-tivato. La giurisprudenza ritiene che il provvedimento con cui l’Ente rifiuta l’autorizzazione possa essere impugnato in sede giurisdizionale solo per manife-sta irrazionalità, mentre sul piano amministrativo e di legittimità è concessa all’Ente piena discrezionalità circa la valutazione dell’impatto dell’impianto sulla sicurezza della circolazione (cfr. Tar Lombardia – Milano – Sez. II, 30 settembre 1991, n.1214). Con sentenza del Tar Emilia Romagna si è poi ammes-sa la facoltà per l’Amministrazione di prendere differenti provvedimenti in casi analoghi qualora un giudizio tecnico insindacabile attesti la non sussistenza di situazioni di pericolo (cfr. Tar Emilia Romagna – Bologna – Sez. II 14 aprile 1989, n. 183).

Occorre comunque sottolineare la diversa natura dell’autorizzazione rilasciata dall’Ente proprietario della strada e di quella comunale: mentre la prima riguar-da l’impatto degli impianti pubblicitari sulla sicurezza della circolazione, la se-conda attiene invece alla salvaguardia degli interessi pubblici di tipo ambientale e urbanistico (cfr. Cons. Stato, Sez. I, 15 maggio 1996, n. 2806/91).

È poi da rilevare che, in base all’articolo in esame, è attribuito al Comune il po-tere di rimuovere gli impianti pubblicitari installati con il consenso degli altri Enti ma privi della autorizzazione comunale. Concetto poi ripreso e confermato dal successivo articolo 24 che al comma 2 sancisce che « Il comune dispone al-tresì la rimozione degli impianti pubblicitari abusivi [...]».

È tuttavia ferma convinzione della giurisprudenza che, a fronte del potere di-screzionale del Comune di rilasciare l’autorizzazione, un eventuale rifiuto della stessa debba essere validamente motivato.

In materia sono state espresse diverse sentenze amministrative particolarmente interessanti (cfr. Tar Lombardia – Milano – Sez. II, 27 settembre 1988, n. 314, e Tar Lazio, Sez. II, 15 marzo 1990, n. 688), in special modo quella del Tar Lom-bardia – Milano – Sez. II, 31 gennaio 1986, n. 3, con la quale si dichiarava le-gittima «la deliberazione comunale che, nel disciplinare le modalità di rilascio di autorizzazioni per affissioni pubblicitarie, introduce limiti numerici e di spazio per ciascun utente, in modo che tutti possano accedere agli spazi privilegiati».

Ciò che ci si domanda a questo punto è se, in caso di inerzia dell’Amministrazione che deve concedere l’autorizzazione, si possano applicare l’istituto del silenzio assenso o, altrimenti, quello della denuncia di inizio di atti-vità.

Per quanto riguarda il silenzio assenso, questi è previsto esplicitamente dal già citato art. 14, comma 4, septies, del D.L. 318/1986, convertito con D.L.

488/1986, con il quale si dispone che, per quanto riguarda gli impianti pubblici-tari collocati in ambito ferroviario, qualora sia richiesta la congiunta autorizza-zione comunale, questa si intende rilasciata trascorsi trenta giorni dalla richiesta senza che sia pervenuta comunicazione contraria opportunamente motivata. Re-sta comunque questo il solo caso previsto dalla legge e in ambito giurispruden-ziale non si ritiene che vi possano essere altre applicazioni, vista la discreziona-lità tecnica che caratterizza il procedimento di valutazione, confermata dai re-golamenti di attuazione dell’articolo 20 della legge 241/1990. Ed è infatti evi-dente l’inapplicabilità dell’istituto del silenzio assenso dato lo scopo dell’autorizzazione comunale consistente nella tutela dell’ambiente, dell’estetica e della sicurezza urbana.

A maggior ragione risulta inapplicabile l’istituto della denuncia di inizio di atti-vità vista l’importanza delle valutazioni tecniche affinché l’impatto del nuovo impianto pubblicitario non arrechi danno al pubblico interesse, e considerato poi che l’articolo 19 della citata legge 241/1990 vieta espressamente la possibilità di sostituire alla dichiarazione una denuncia di inizio attività nei casi in cui sia

ri-chiesto «l’esperimento di prove [...] che comportino tecniche di valutazione di-screzionali [...]».

Si differenzia invece la fattispecie della voltura ad altro soggetto di un impianto pubblicitario già esistente. In questo caso, visto che la struttura è già stata rite-nuta idonea e regolarmente autorizzata, il soggetto subentrante dovrà solo dare comunicazione all’Amministrazione della sua titolarità, essendo l’autorizzazione concessa in base alle caratteristiche tecniche dell’impianto e non già a quelle soggettive del titolare dello stesso. Occorre però ricordare che, qualora l’impianto fosse stato dato in concessione da parte dell’Amministrazione, il tra-sferimento dall’azienda cedente a quella subentrante dovrebbe avvenire nel ri-spetto delle norme relative a tale fattispecie e, quindi, non potrebbe risolversi con la semplice comunicazione dell’avvicendamento.

Ci sembra opportuno sottolineare che l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto pubblicitario non deve essere confusa con l’atto mediante il quale, e-ventualmente, viene data in concessione l’area pubblica su cui questo è installa-to, né tanto meno deve essere confusa con il rapporto tributario previsto agli ar-ticoli 8 e 9 del D.L.vo 507/1993.

Il Regolamento o lo stesso provvedimento autorizzativo deve poi prevedere la scadenza temporale dell’autorizzazione all’installazione dell’impianto pubblici-tario che comunque, in caso di contestuale rilascio di concessione per l’occupazione del suolo pubblico, coinciderà con la scadenza di quest’ultima.

Una volta scaduta l’autorizzazione è da ritenere che l’Amministrazione possa negarne il rinnovo qualora ritenga, secondo la sua discrezionalità tecnica, che l’impianto non risponda più ad un interesse pubblico; una tale decisione non de-ve comunque essere considerata una revoca dell’autorizzazione, in quanto non sussiste un diritto al rinnovo di quest’ultima in capo al soggetto titolare dell’impianto (cfr. Tar Lazio, Sez. II, 14 novembre 1989, n. 1620).

Anche sull’aspetto della revoca e della decadenza dell’autorizzazione le fonti giurisprudenziali hanno avuto più volte modo di esprimersi giungendo così alle seguenti conclusioni:

ÿ «è legittima la previsione della decadenza o della riduzione delle autorizza-zioni e delle concessioni rilasciate per incompatibilità con il piano generale o

particolareggiato in quanto l’art. 3 comma 3 del D.Lgs. 507/93 demanda al pia-no generale degli impianti il compito di stabilire la ripartizione della superficie tra i diversi tipi di impianti pubblici e privati, con ciò attribuendo al Comune la potestà di disporre la revisione degli impianti in conformità con i piani generale e particolareggiato (Tar Lazio Sez. II 26/9/1997 n.1486);

ÿ «[...] è legittima la revoca di “concessioni” per impianti pubblicitari contra-stanti con le esigenza di tutela ambientale della zona (Cons. Stato Sez. I 3/6/1983 parere n. 531), ovvero la revoca di una autorizzazione all’impianto di mostre o insegne pubblicitarie adottato per ragioni di pubblico interesse relative alla tutela dell’ambiente, o alla conservazione delle caratteristiche architettoni-che dell’edificio, attraverso una riconsiderazione degli stessi elementi architettoni-che il Comune può ritenere ostativi al rilascio dell’autorizzazione (Cons. Stato Sez. V 17/10/1972 n. 662);

ÿ «illegittimamente il Sindaco, dopo aver concesso l’autorizzazione ad un im-pianto pubblicitario ad un’impresa di pubblicità e di affissioni, revoca tale auto-rizzazione, su istanza di un’altra impresa che aveva dedotto che il contratto di commessa in virtù del quale la precedente impresa aveva realizzato l’impianto e-ra stato rescisso, e rilascia l’autorizzazione medesima alla seconda impresa, poi-ché i rapporti di carattere privatistico sono irrilevanti al fine della concessione e la Amministrazione non può assentire ad un’impresa un impianto pubblicitario già concesso (Cons. Satato Sez. I 9/5/1975, parere n. 1274/73);

ÿ «l’autorizzazione ad impiantare mostre ed insegne pubblicitarie non crea a favore del soggetto autorizzato un diritto perfetto, poiché il mantenimento dell’impianto è subordinato al difetto di motivi di pubblico interesse; pertanto tale autorizzazione non è permanente, ma precaria, potendo essere in ogni tempo revocata per ragioni di pubblico interesse (Cons. Stato Sez. V 17/10/1972 n.

662).»4.

b) Tipologie, quantità, destinazione e modalità di assegnazione degli spazi

Compito primo del Regolamento, oltre a quello di fungere da riferimento per la redazione del Piano Generale, è di definire quali forme pubblicitarie sono

4 Idem, pagg. 25-26

messe e quali invece sono vietate in ambito comunale. La prima distinzione che viene fatta è tra impianti “pittorici”, destinati all’affissione di manifesti o di al-tre forme di comunicazione, impianti luminosi ed impianti di pubblica utilità.

Occorre poi definire in quale misura ripartire la superficie totale destinata alla pubblicità tra pubblico e privato nonché tra le varie tipologie di comunicazione.

In fine, con riferimento agli impianti pubblici, deve stabilire in quale misura essi devono essere destinati ad iniziative di tipo non economico (manifestazioni, co-municazioni istituzionali o sociali, comunicati politici) e, per contro, quale parte verrà destinata alle pubbliche affissioni nell’interesse di attività economiche e commerciali.

Da tali destinazioni e ripartizioni si possono ricavare l’indice di densità dell’impiantistica e l’incidenza del Comune all’interno del settore, i quali saran-no determinati anche in relazione a diversi fattori ambientali e politici tra cui:

ÿ il numero degli abitanti, tenuto conto anche di eventuali flussi turistici sta-gionali;

ÿ le caratteristiche dei quartieri e delle zone comunali;

ÿ le scelte circa il livello di partecipazione dell’Amministrazione nel settore;

ÿ l’efficienza e le dimensioni degli uffici amministrativi preposti alla gestione del servizio.

Sempre il Regolamento deve poi indicare chiaramente i criteri di assegnazione degli spazi pubblici a soggetti privati al fine di garantire la regolarità e la traspa-renza nelle assegnazioni. In quest’ambito appare poi diffusa la procedura di as-segnazione delle autorizzazioni o delle concessioni raggruppate in lotti omoge-nei di diversa dimensione e tipologia in relazione alle diverse imprese operanti sul mercato. Ciò ha portato ad una sempre maggiore concentrazione all’interno del settore, riducendo di conseguenza il numero di aziende con cui gli uffici co-munali devono trattare, migliorando la conoscenza reciproca e, quindi, limitando i fenomeni di abusivismo ed i contenziosi giudiziari.

c) Modalità delle pubbliche affissioni

Ai sensi dell’articolo 22 del decreto in esame è poi delegata al Regolamento la disciplina degli aspetti relativi alle modalità per le pubbliche affissioni non di-rettamente regolate dallo stesso articolo 22.

Non compete invece al Regolamento la fissazione delle tariffe dell’imposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, nonché le maggiorazioni previ-ste per i flussi turistici, che, come disposto dal comma 5 dell’articolo in esame, è invece affidata ad una specifica deliberazione che gli organi comunali devono a-dottare entro il 31 ottobre di ogni anno.

Il Regolamento, ai sensi dell’articolo 32, lettera a), della legge 241/1990, deve essere approvato dal Consiglio Comunale, ed entra in vigore il primo gennaio dell’anno successivo a quello in cui è avvenuta la deliberazione. Essendo poi stato abrogato l’articolo 102 della Legge Comunale e Provinciale, non è più ne-cessario il giudizio di legittimità da parte del Ministero delle finanze.

Data inoltre la sua natura tributaria e normativa, il Regolamento non può essere impugnato se non in caso di diretta lesione di interessi privati specifici o diffusi.

Uno speciale Regolamento è poi previsto dall’articolo 1, comma 69, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per disciplinare l’affissione di manifesti a contenuto politico al di fuori dei periodi di campagna elettorale. Naturalmente, tale rego-lamento può rimanere distinto da quello previsto dall’articolo 3 del D.L.vo 507/1993, ma è comunque lasciata al Comune la facoltà di accorpare i due

Uno speciale Regolamento è poi previsto dall’articolo 1, comma 69, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per disciplinare l’affissione di manifesti a contenuto politico al di fuori dei periodi di campagna elettorale. Naturalmente, tale rego-lamento può rimanere distinto da quello previsto dall’articolo 3 del D.L.vo 507/1993, ma è comunque lasciata al Comune la facoltà di accorpare i due