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Relaz I.2.3 Educazione e devianza: sfide possibili scenari sostenibil

Nel documento Università degli Studi di Sassari (pagine 42-46)

Valeria Friso

Dipartimento di Scienze dell’Educazione “G. M. Bertin”, Università di Bologna valeria.friso@unibo.it

Il presente contributo si pone l’obiettivo di offrire uno sguardo generale sugli attori e i fattori in gioco nelle relazioni educative in situazioni di devianza analizzando alcune sfide attuali e proponendo degli scenari possibili. Questo tema è ancorato a un approfondimento pedagogico che si sofferma su alcuni temi strategici:

- l’assunzione di una prospettiva olistica ispirata dal Progetto di vita;

- il ruolo dell’educatore professionale, pensato come tessitore di relazioni tra persone e contesti;

- l’impegno ad accompagnare le persone nella costruzione di un’identità multipla.

Nel complesso, il tentativo è quello di offrire una visione articolata, che non nasconde le problematicità ma si impegna parallelamente a individuare degli itinerari di crescita possibili, grazie a un atteggiamento educativo che, come direbbe Canevaro (2013), rinuncia all’assistenzialismo e al

vittimismo.

Per quanto, infatti, nel corso di questi ultimi anni si sia investito molto nella prospettiva universale dell’Education for all, esistono ancora numerose problematiche (Unesco, 2012). I dati continuano ad affermare che i problemi di apprendimento sono particolarmente correlati alle caratteristiche del contesto familiare (Woodhead, Dornan and Murray, 2013) e, in generale, le situazioni di ineguaglianza e di povertà fanno sì che i giovani si iscrivano più tardi a scuola, la frequentino con irregolarità, abbiano degli esiti di apprendimento più bassi e abbandonino più frequentemente il percorso di apprendimento (Unesco, 2012). Tutti questi elementi diventano barriere ad un buon impiego di lavoro e ad una effettiva cittadinanza. Nello specifico, la disoccupazione giovanile ha assunto un livello critico globale, al punto che l’attuale coorte di giovani è chiamata la generation

jobless (The Economist, 2013). Queste situazioni spesso possono alimentare circostanze di

maggiore devianza e la sfida per l’educazione, sia dei giovani sia degli adulti in una prospettiva di

lifelong learning, è quanto mai presente in modo esplicito.

Anche recenti documenti internazionali rinforzano l’idea di dover investire risorse e impegno ispirandosi ad alcuni principi guida:

- Garantire le giuste fondamenta: dato che la letteratura evidenzia come la qualità di vita durante l’infanzia influenzi le fasi di vita successive, è fondamentale intervenire in questo periodo di vita garantendo, ad esempio, l’accesso ai servizi sanitari e a quelli pre-scolastici anche alle fasce sociali più deboli (WDR, 2018);

- Creare un ambiente abilitante: tra le varie azioni possibili, la necessità di sostenere le famiglie in modo da evitare loro situazioni di deprivazione permanente, attraverso dei sostegni anche economici per chi non è in grado di avere un lavoro stabile. In generale, i

43 meccanismi di protezione sociale rispondono al post dell’agenda delle Nazioni Unite Leave

no one behind (United Nations, 2013).

Una prospettiva da poter percorrere in questo senso è quella di incentivate le azioni volte a favorire l’accesso e il completamento della scuola secondaria e lo sviluppo di competenze determinanti per la propria vita e per l’ambito lavorativo (UN, 2013; Unesco, 2012). Questo sarà possibile accrescendo l’educazione inclusiva e democratica (Tikly and Barrett, 2011), anche attraverso percorsi formativi extra, dedicati a studenti svantaggiati o studenti migranti (OECD, 2017), per evitare la ripetizione dell’anno scolastico che, sempre più evidenze dimostrano essere una strategia che non migliora gli esiti di apprendimento degli studenti coinvolti (OECD, 2017). Inoltre, sarebbero da sostenere contesti educativi capaci di generare competenze adatte al contesto culturale, sociale e lavorativo nel quale i giovani sono inseriti, soprattutto potenziando il peer tutoring (Bowman-Perrott et al., 2013). Ulteriore prospettiva in quest’ambito è quella di proporre azioni che accrescano nelle persone le capacità di apprendere garantendo la continuità scolastica in quanto elemento fondamentale per aiutare la crescita identitaria dei giovani che, grazie ad una maggiore

consapevolezza, possono consolidare la propria autodeterminazione, determinando scelte in linea

con le proprie aspirazioni.

La Pedagogia Speciale è sicuramente chiamata in causa per il fatto che il suo focus è quello di promuovere processi di inclusione, impegnandosi nel prendere in considerazione le diverse dimensioni sociali e politiche che influenzano la sfera educativa. Interviene, di conseguenza, prima sulle caratteristiche del contesto – di un’istituzione, del contesto – per individuare gli ostacoli che si possono presentare e le risorse possibili, e solo in seguito sulla persona (Medeghini e Valtellina, 2006). Il riferimento teorico privilegiato è quindi quello del modello bio-psico-sociale che promuove un approccio olistico e globale e che mette al centro il contesto, la prospettiva relazionale, la qualità dei processi e dei sistemi educativi, ma soprattutto la valorizzazione della persona in quanto tale (Caldin, 2012, p. 32).

Il contributo termina con qualche cenno sulla figura dell’educatore quale figura che lavora in maniera progettuale.

Se l’anima intrinseca dell’azione del progettare possiamo asserire che sia il futuro, significa che progettare apre l’educatore – e l’azione educativa – al concetto di possibilità: l’orizzonte del possibile, dunque, costituisce la legittimazione stessa del progetto (Contini, 2009, p. 52). Il possibile, sia in negativo che in positivo, richiama un impegno per chi poi nel progetto agisce – la persona in primis affiancata eventualmente da figure professionali – a scegliere e affrontare la complessità. Questo ci pone di fronte ai nostri limiti ma, accanto alla fatica, ci dà una nuova occasione per imparare, per riflettere, per affrontare anche situazioni problematiche. Dunque, parola-chiave è il cambiamento, perché la trasformazione è l'essenza del progetto, in cui si combinano due dimensioni centrali: la dimensione analitica/esplorativa e quella intenzionale/costruttiva. L’azione progettuale, infatti, è un processo di ricerca-azione, che pone la sua attenzione al sapere e al cambiamento.

Cambiamento della e per la persona a partire dalla sfida dell’accompagnamento del cambiamento del contesto. Infatti, se si agisce non solo per il qui e ora, ma in una prospettiva progettuale il contesto di riferimento diventa un elemento imprescindibile da considerare. Solo così sarà possibile tenere insieme la «significatività ontologica della persona» con i «vari contesti di vita in cui questa si realizza». Questo ci riporta al “modello ecologico” nella definizione fattane da Bronfenbrenner – ma anche Erikson parla di una «ecologia fatta di reciproche attivazioni all’interno di un nucleo

44 comunitario» (Erikson, 1982, p. 33) – fondato sull’interazione individuo-ambiente, nel quale la crescita individuale può avvenire grazie alle sperimentazioni di contesti differenti, e, conseguentemente, di ruoli differenti, in quelle che Bronfenbrenner definisce “transizioni ecologiche”. Potremmo far rientrare a pieno titolo questa prospettiva in quello che, da Canevaro (tra gli altri), è stato definito “welfare di prossimità”.

Se poi al concetto di “Progetto” vi affianchiamo quello di “Vita”, significa che vogliamo dare maggior enfasi a percorsi che si impegnano a essere ancor più personalizzati, in cui i vari interventi (educativi, sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali) vengano coordinati in maniera mirata, al fine di rispondere in modo armonico e complessivo ai bisogni, ma anche ai desideri e alle aspirazioni, della persona.

L’educatore che accompagna la persona svantaggiata nel suo percorso di costruzione del Progetto di vita è, dunque, un professionista che dovrebbe avere le competenze per fornire alla persona gli strumenti attraverso cui essa stessa possa essere protagonista e co-costruttrice del percorso, dotata di auto-consapevolezza e autodeterminazione. Agisce, adottando un approccio centrato sulla giusta distanza, per permettere alla persona con disabilità di liberarsi da un approccio assistenzialistico, che lo condurrebbe alla passività e allo sviluppo di un progetto di vita etero-diretto, indirizzando azioni invece utili a far sentire il soggetto di «Esistere come persona che si proietta nel futuro, fosse solo per piccoli passi» (Goussot, 2011, p. 85).

Bibliografia

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World Bank Group (2018). World Development Report, Learning. To realize education’s promise. Washington DC, USA.

46 Venerdì 14 Giugno 2019 ore 10:30-13:30, aula Cossiga

Sessione I.2 –RIFLESSIONI SOCIOLOGICHE, PEDAGOGICHE E PSICOLOGICHE SULLA DEVIANZA E SUI PERCORSI VERSO IL CARCERE

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