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Relaz II.2.6 – Percorsi educativi fuori dal carcere: la sospensione del processo e messa alla prova

Nel documento Università degli Studi di Sassari (pagine 102-106)

Filippo Dettori

Dipartimento di Storia Scienze dell’Uomo e della Formazione, Università di Sassari

fdettori@uniss.it

Uno dei principi fondamentali su cui si fonda la giustizia minorile è il seguente: il minore autore di reato è penalmente responsabile ma in maniera diversa rispetto ad un adulto. Il giovane che commette un reato, spesso lo fa per sentirsi grande, per dimostrare agli altri di essere capace di realizzare un obiettivo, per trovare nel gruppo dei pari e/o negli adulti di riferimento approvazione e consenso. La giustizia minorile, ispirandosi alle Regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile promulgate dall’ONU nel 1985 (più conosciute come regole di Pechino), parte dal principio che il processo penale celebrato nei confronti di imputati minorenni deve essere “equo e giusto “avere un valore educativo più che punitivo e repressivo.

La sospensione del processo con messa alla prova, rappresenta una delle innovazioni più interessanti del processo penale minorile. Introdotta con la riforma generale del processo penale del 1988 e inserita nell’art. 28 D.P.R. n. 488/88, la sospensione del processo e messa alla prova è l’unico istituto presente nell’ordinamento italiano che si ispira alla giustizia riparativa (restorative

justice), molto diffusa in numerosi Paesi dell’Unione Europea. La giustizia riparativa, parte dal

principio che l’autore di reato, specie se minorenne, deve essere coinvolto in un processo educativo finalizzato al cambiamento in termini di maturazione e di crescita e, se possibile, alla conciliazione con la vittima. Con la messa alla prova l’autore del reato diventa un soggetto attivo che, attraverso un progetto educativo, si impegna a dimostrare agli altri e a se stesso di essere in grado mi mettere in atto nuove modalità comportamentali nella relazione con agli altri, nell’utilizzo delle risorse personali, nel progetto di vita.

La messa alla prova si può applicare per qualsiasi tipologia di reato, anche per quelli gravi, e può avere una durata massima di tre anni. Essa è disposta con ordinanza nel corso dell’udienza preliminare o del dibattimento e prevede che il minorenne segua un progetto educativo predisposto dai servizi sociali del servizio giustizia minorile (USSM), con attività formative ma anche riparative e socialmente arricchenti, come per esempio fare attività presso strutture che si occupano di disabili, anziani, bambini in difficoltà.

La valutazione dell’esisto della prova avviene nell’udienza di verifica fissata appositamente dal collegio dei giudici in fase di udienza preliminare (GUP) o dibattimentale e si svolge nel pieno rispetto dei principi del contraddittorio e della difesa alla presenza delle parti interessate: pubblico ministero, imputato, genitori o esercenti la potestà genitoriale, difensore, servizi minorili, persona offesa dal reato.

Diversi studi hanno dimostrato che la messa alla prova ha un valore educativo in termini educativi e di prevenzione in termini di recidiva e che spesso il ragazzo supera positivamente il periodo di osservazione dimostrando di aver cambiato modalità di comportamento (Dettori, 2010). Le

103 statistiche del Ministero della giustizia28, attestano che un’altissima percentuale di ragazzi ottengono un esito positivo e dopo la misura ottengono dal giudice l’estinzione del reato per effetto positivo della messa alla prova, come previsto dall’art. 29 del DPR 488/88. Recentemente, il Consiglio d’Europa ha ricordato: “I servizi di probation hanno lo scopo di ridurre la perpetrazione di ulteriori reati instaurando rapporti positivi con gli autori di reato, al fine di assicurarne la presa in carico (anche con un controllo, se necessario), di guidarli e assisterli per favorire la riuscita del loro reinserimento sociale”. La messa alla prova vuole quindi “innescare” nei giovani autori di reato delle “dinamiche mutative”, che li portino a rivedere posizioni, idee, progetti di vita per riorganizzare la progettualità futura verso principi di legalità.

Molto del successo della messa alla prova è dovuto alla qualità del progetto educativo che viene elaborato dagli educatori e/o assistenti sociali dell’USSM che collaborano con gli operatori sociali dei servizio sociale di residenza del minore. Il progetto educativo per essere efficace deve rispondere ai bisogni del minore e deve essere personalizzato; per questa ragione è necessario che esso sia condiviso con il ragazzo e che niente di ciò che è previsto nel percorso educativo sia imposto dagli operatori.

Le considerazioni che seguono dimostrano l’efficacia della messa alla prova, richiamando una ricerca relativa alle esperienze di ragazzi delle province di Sassari e Nuoro (Dettori, 2013), che hanno ottenuto la misura dai giudici del tribunale per i minorenni di Sassari. Nella tabella 1 sono descritte le fasi della ricerca:

Aspetto studiato Fonte

1 Numero di ragazzi e ragazze che hanno beneficiato della misura nel periodo 1993 (anno successivo all’istituzione del tribunale per i minorenni di Sassari) al 2012.

Ruoli Gup e Dibattimento del Tribunale per i minorenni di Sassari.

2 Sesso, età e livello di istruzione dei minori ammessi alla messa alla prova.

Fascicoli Tribunale per i Minorenni sezione penale.

4 Caratteristiche dei progetti educativi (tipologia e durata) predisposti dall’USSM.

Fascicoli Tribunale per i Minorenni sezione penale.

5 Numero dei minori che hanno avuto valutazione positiva o negativo in sede giudiziaria.

Fascicoli Tribunale per i Minorenni sezione penale.

Tabella 1

Relativamente al primo aspetto studiato, ossia il numero di minori che hanno beneficiato della misura, per il periodo preso in esame, dal 1993 (data istituzione tribunale per i minorenni di Sassari) al 2012, vi è stato un progressivo aumento, essa è stata disposta soprattutto nella fase iniziale del percorso giudiziario, ossia all’udienza preliminare (GUP), solo una parte residuale ha ottenuto la misura durante il dibattimento. Nella tabella 2 sono riportati i dati per anno:

Anno GUP Dibattimento Totale

1993 13 2 15

1994 23 5 28

104 1995 24 3 27 1996 11 2 13 1997 30 5 35 1998 23 6 29 1999 20 5 25 2000 18 7 25 2001 19 6 25 2002 24 4 28 2003 25 5 30 2004 23 2 25 2005 21 9 30 2006 34 8 42 2007 41 14 55 2008 32 7 39 2009 46 16 62 2010 73 15 88 2011 79 15 94 2012 51 11 62 Tabella 2

Relativamente al sesso e all’età dell’inizio della messa alla prova, i dati riportati nella tabella 3 dimostrano che nella maggioranza dei casi si tratta di giovani adulti (31%), ossia ragazzi che, sebbene abbiano commesso il reato da minorenni, hanno già compiuto la maggiore età nel momento dell’udienza nella quale è stata disposta la misura. La maggioranza dei beneficiari della messa alla prova sono di sesso maschile, perché sono più spesso maschi gli imputati che compaiono dinanzi ai giudici del tribunale per i minorenni.

Classi di età Maschi Femmine Totale

14-15 anni 13% 5% 18%

16 anni 18% 7% 25%

17 anni 23% 3% 26%

18 anni e oltre 27% 4% 31%

Tabella 3

Altro aspetto interessante preso in esame nello studio è il grado di scolarità; la tabella 4 dimostra che nella maggioranza dei casi i ragazzi non hanno proseguito gli studi dopo la licenza media e che molti non hanno conseguito neppure questo titolo perché hanno abbandonato prima la scuola.

Scolarità Percentuale

Licenza elementare 9%

Frequenza scuola media inferiore con molte ripetenze 23% Abbandono scolastico dopo la licenza media 33%

Frequenza scuola superiore 19%

105

Frequenza università 7%

Tabella 4

Un altro aspetto studiato è la tipologia del progetto educativo, ed in particolari quali attività prevedeva il progetto di messa alla prova. La tabella 5 descrive in percentuale le attività presenti nei diversi progetti presi in esame. È interessante rilevare che nella quasi totalità (93%) è prevista un’attività riparativa presso centri e associazioni di volontariato.

Attività presenti nel progetto Percentuale

Attività riparativa 93%

Attività di studio 60%

Attività lavorativa (anche tirocini) 47%

Attività sportiva 32%

Colloqui con educatore o assistente sociale 97% Percorsi presso Ser.d o altri presidi sanitari 28%

Permanenza in comunità 12%

Riconciliazione parte offesa 18% Tabella 5

Dallo studio risulta che il 93% dei ragazzi che hanno avuto la sospensione e messa alla prova hanno avuto un esito positivo, ossia i giudici hanno emesso sentenza di non luogo a procedere per esito positivo della messa alla prova. Tale risultato evidenzia l’efficacia della misura e la capacità della stessa di attivare nei ragazzi processi di cambiamento che li porta ad aderire ad un progetto educativo e a portarlo a buon fine impegnandosi per un periodo che da dai tre mesi ai tre anni. La messa alla prova, in molti casi, ha favorito la ripresa degli studi, l’ottenimento di un lavoro (spesso iniziando con un tirocinio formativo), la possibilità di conoscere nuove persone, fare nuove amicizie e coltivare nuovi interessi. Attraverso il progetto educativo i ragazzi si sono misurati in attività riparative emotivamente coinvolgenti che li hanno profondamente cambiati: con anziani, disabili, animali, attività che li hanno fatti crescere e consentito loro di maturare le competenze sociali per una nuova visione del futuro.

Bibliografia

Dettori, F. (2010), Giustizia minorile e integrazione sociale, Franco Angeli, Milano.

Dettori, F. (2013), Progettazione e valutazione di percorsi educativi per adolescenti autori di reato, in Dettori F., Manca G., Pandolfi L., “Minori e famiglie vulnerabili. Ruolo e interventi dell’educatore, Carocci editore, Roma.

Parmigiani D., Traverso A. (a cura di) (2011), Progettare l’educazione. Contesti, competenze,

esperienze, Franco Angeli, Milano.

106 Venerdì 14 Giugno 2019 ore 17:00-20:00, aula Cossiga

Sessione II.2 - LA GESTIONE DEI PERCORSI DETENTIVI E I MODELLI TRATTAMENTALI IN ITALIA

Relaz. II.2.7 – Donne in carcere: diritti, opportunità,

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