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Alle pagine 32/35 della relazione sono esposti i rilievi dei periti in merito agli EFFETTI A LUNGO TERMINE dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana, così suddivisi

Alle pagine 32/35 della relazione sono esposti i rilievi dei periti in merito agli EFFETTI A LUNGO TERMINE dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana, così suddivisi.

Effetti a lungo termine ed effetti cancerogeni

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L’approccio più adeguato per studiare effetti a lungo termine dell’esposizione ad inquinanti atmosferici è quello di seguire nel tempo coorti di popolazione residenti in aree geografiche con livelli diversi di inquinamento disponendo di informazioni accurate sui più importanti fattori individuali che regolano la speranza di vita (es. fumo, peso corporeo) e studiare nel tempo la loro mortalità. A differenza degli studi a breve termine che notano le differenze nella frequenza delle malattie con il tempo, nello studio degli effetti a lungo termine le differenze vengono osservate secondo lo spazio. Tre studi di coorte di questo tipo sono stati condotti negli Stati Uniti (Dockery et al., 1993; Abbey et al., 1999; Pope et al., 2002), e sono disponibili anche indagini nel contesto europeo (Hoek et al, 2002; Nafstad et al., 2003).

I tre studi di coorte americani hanno coerentemente dimostrato un aumentato rischio di morte per cause cardiovascolari e respiratorie e per cancro polmonare parallelo all’esposizione nel corso della vita alla componente particolata dell’inquinamento atmosferico. Dockery et al. (1993) hanno studiato la mortalità di 8111 adulti residenti in sei città degli Stati Uniti durante il periodo 1974-91. Per ciascuna città erano disponibili dati di inquinamento atmosferico dal 1977 al 1988. A livello individuale, erano state raccolte informazioni su diversi potenziali confondenti (sesso, età, abitudine al fumo, livello di istruzione ed esposizione professionale a polveri, fumi o gas). I residenti nelle città con concentrazioni medie annuali più elevate di materiale particolato con diametro 2.5 m (PM2.5) mostravano, rispetto ai residenti nelle città con livelli inferiori di inquinamento, eccessi di mortalità per tutte le cause, per malattie cardiorespiratorie e per tumore del polmone. La seconda indagine consiste in uno studio di coorte su 6338 adulti non fumatori residenti in California, appartenenti alla comunità degli Avventisti del Settimo Giorno, seguiti dal 1977 al 1992 (Abbey et al., 1999). Veniva calcolato un indicatore di esposizione cumulativa individuale, ottenuto moltiplicando le concentrazioni medie mensili di alcuni inquinanti atmosferici (PM10, anidride solforosa [SO2], biossido di azoto [NO2] e ozono [O3]) rilevate nelle diverse aree urbane per il tempo trascorso da ciascun individuo in una determinata area geografica (definita in base al codice postale), per ragioni residenziali o professionali. E’ stata riscontrata una associazione tra inquinanti derivanti dai prodotti di combustione e mortalità generale, per cause respiratorie e per tumore polmonare tra i maschi. Nello studio di Pope et al. (2002) è stata stimata l’esposizione individuale a PM2.5 di 500.000 adulti, seguiti per 16 anni. E’ emerso un aumento del 6%, statisticamente significativo, del rischio di morte per un incremento di 10 µ g/m3 di PM2.5. Il corrispondente aumento per il rischio di morte per malattie cardiovascolari era del 12%. E’ emerso inoltre un aumento del 6%, statisticamente significativo, del rischio di morte sviluppare un cancro polmonare nel corso della vita per un incremento di 10 µg/m3 di PM2.5.. Queste stime tengono conto di una serie di fattori di confondimento, compresa massa corporea, esposizioni professionali e consumo di tabacco. Entrambi gli studi di coorte europei hanno prodotto risultati statisticamente significativi. Il primo ha dimostrato un raddoppio della mortalità per malattie cardiopolmonari non neoplastiche nei residenti in vicinanza di strade ad elevato traffico. Il secondo ha dimostrato un eccesso del 36% di incidenza del cancro polmonare per un incremento di 30 µ g/m3 di concentrazione di NO2.

In breve si può sostenere che i risultati degli studi di coorte sui residenti nelle aree metropolitane degli Stati Uniti (Dockery et al., 1993; Pope et al., 1995; Abbey et al., 1999; Pope et al, 2002) hanno rafforzato l’ipotesi che l’inquinamento atmosferico abbia un ruolo nell’eziologia del tumore polmonare, specialmente in associazione con altri noti fattori di rischio quali il fumo di sigaretta e alcune esposizioni professionali.

Molti studi hanno valutato anche l’associazione tra esposizione cronica ad inquinanti e malattie o sintomi respiratori (Abbey et al., 1995; Dockery et al., 1989; Dockery et al., 1996; Forastiere et al., 1992; Peters et al., 1999) o funzione polmonare (Forastiere et al., 1994; Ackermann-Liebrick et al., 1997; Raizenne et al., 1996). Sono stati associati in modo più frequente con l’inquinamento ambientale i segni di bronchite, come la tosse e il catarro cronico, mentre più controversi sono i risultati per quanto riguarda l’asma bronchiale.

Malattie cardiovascolari

Alcuni studi hanno analizzato la possibile associazione della esposizione cronica ad inquinanti con le malattie cardiovascolari. Rosenlund et al (2006) a Stoccolma avevano evidenziato una associazione della esposizione cronica con la frequenza di infarti letali (Rosenlund et al. 2006).

Uno studio americano, condotto su 66.000 donne in 36 aree metropolitane, ha riportato un

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aumento del 24% nel rischio di eventi cardiovascolari e un aumento del 76% nel rischio di morte per malattie cardiovascolari per 10 µg/m3 di aumento di PM2.5 (Miller et al. 2007). Puett e colleghi hanno trovato un incremento del 43% in malattie croniche cardiache mortali per un aumento di esposizione annuale media di 10 µg/m3 di PM10 nel Nurses’ Health Study. A Roma, Rosenlund e colleghi (2008) hanno trovato un aumento del 3% nella incidenza di eventi coronarici per 10 µg/m3 di aumento di esposizione a NO2. In una pubblicazione del 2010, l’American College of Cardiologists ha chiarito la relazione tra inquinamento atmosferico da particolato e malattie cardiovascolari (Brook et, 2010) con una vasta disamina dei meccanismi che entrano in gioco nella genesi del danno cardiaco. La figura

[ a p a g . 3 4 d e l l a r e l a z i o n e p e r i t a l e ]

sintetizza i meccanismi fisiopatologici del danno cardiovascolare da particolato sospeso.

Malattie respiratorie nei bambini ed adulti

Molti studi di coorte che hanno seguito bambini dalla loro nascita e hanno esaminato l’associazione tra esposizione ad inquinamenti e l’insorgenza di asma ed allergie nei bambini.

Associazioni statisticamente significative sono state riportate per sibili, sintomi respiratori sia del tratto superiore che inferiore, allergie e otite (Brauer et al. 2002, 2006, 2007; Gehring et al. 2002;

Morgenstern et al., 2007). L’esposizione di NO2 nell’area di residenza è risultata essere associata a sintomi di bronchite anche negli adulti (Bedada et al. 2006; Sunyer et al. 2006)

Malattie neurologiche

Recenti studi suggeriscono anche che l'esposizione al particolato, specie quello ultrafine, possono avere un impatto sul cervello e possono portare al deterioramento cognitivo e demenza di Alzheimer. Gli studi su animali hanno indicato che le particelle possono traslocare dal tratto respiratorio superiore al sistema nervoso centrale (Oberdorster, 2004). In cani da esperimento l’esposizione cronica a livelli elevati di inquinanti atmosferici è stato associata con segni cerebrali di infiammazione cronica (Calderon-Garciduenas, 2002). Allo stesso modo, nei topi che erano stati esposti al PM, i tessuti cerebrali hanno dimostrato alti livelli di citochine pro-infiammatorie e chemochine (Campbell, 2005). Bambini residenti a Città del Messico hanno mostrato più spesso lesioni prefrontali della sostanza bianca e più deficit cognitivi rispetto a bambini provenienti da zone meno inquinate (Calderon-Garciduenas, 2008). Due studi epidemiologici recenti hanno evidenziato un effetto della esposizione a PM sulla capacità cognitiva (Ranft et al, 2009; Wueve et al, 2012).

I periti si soffermano, quindi, sulle conoscenze sui sottogruppi di popolazione più sensibili agli effetti dell’inquinamento atmosferico, per rappresentare quanto appresso (pagg. 35/36).

Negli ultimi anni si sono accumulate evidenze che indicano negli anziani, nei soggetti malati, e in generale nelle classi socioeconomiche svantaggiate i gruppi di popolazione con più alta vulnerabilità agli effetti dell’inquinamento atmosferico. In particolare, per le persone con condizioni di salute più compromesse, come i malati di patologie cardiache e respiratorie, l’esposizione ad inquinanti atmosferici peggiora la prognosi e aumenta la probabilità di morte. Per quanto riguarda il particolato atmosferico, è stato chiarito che rischi più elevati sono soprattutto a carico di soggetti diabetici, asmatici, con insufficienza respiratoria (BPCO) e con pregresse patologie cardiovascolari.

Un’altra categoria importante a rischio per gli effetti dell’inquinamento atmosferico è rappresentata dai bambini. Una rassegna sulle conseguenze dell’inquinamento atmosferico nei bambini (WHO, 2005) ha giudicato sufficiente il grado di evidenza scientifica concernente gli effetti avversi sulla salute infantile e sulla gravidanza. Analogo giudizio di associazione causale viene espresso per la relazione tra polveri sospese e ozono ed esacerbazione dell’asma, e per la relazione tra livelli di particolato e aumenti nella prevalenza/incidenza di tosse e bronchiti nei

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bambini. Il documento dell’OMS riporta, inoltre, che la vulnerabilità infantile all’inquinamento atmosferico è associata al fatto che i bambini presentano processi attivi di accrescimento polmonare e di sviluppo, incompletezza dei sistemi metabolici, immaturità del sistema immunitario, alto tasso di infezioni da patogeni respiratori. Questi fattori possono verosimilmente portare, a parità dei livelli ambientali sperimentati dagli adulti, ad una più elevata esposizione interna dei bambini agli inquinanti atmosferici e ad una più elevata dose degli stessi nei polmoni. Inoltre, l’efficienza dei sistemi di detossificazione presenta un pattern temporale specifico durante lo sviluppo prenatale and postnatale dei polmoni che in parte spiega l’incremento di suscettibilità dei bambini all’inquinamento atmosferico in periodi critici dello sviluppo.

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Non manca, nell’analisi condotta dai periti epidemiologi, la ricognizione delle ACQUISIZIONI