• Non ci sono risultati.

25 Milgrom e Roberts (1992) “Economia Organizzazione e Management”

3.2 Relazione principale agente.

“Ma allora, dico io, qual è lo scopo di imparare a fare le cose per bene

quando farle nel modo giusto è difficile, non ci sono problemi nel farle male, ed il salario è lo stesso ?” La citazione di Huckleberry Finn26 riportata da M-

R sintetizza in maniera formidabile la problematica del moral hazard nella relazione principale agente.

La relazione di agenzia è quella in cui, come già accennato, un individuo (agente ) agisce per conto di un altro (principale), presupponendo che il primo agisca nell’interesse del secondo. Il problema del moral hazard emerge quando il principale e l’agente hanno interessi difformi, ma soprattutto quando il principale non ha modo di riconoscere facilmente la bontà dell’operato dell’agente. Situazioni di questo tipo si possono continuamente individuare nella vita comune, ma nel nostro caso ci occuperemo principalmente di quelle che si possono verificare all’interno delle organizzazioni.

Il comportamento elusorio da parte dei dipendenti è una costante nei rapporti di lavoro. Anche il dipendente più competente usa parte del suo tempo per trovare il modo di lavorare di meno cercando di convincere del contrario il suo datore di lavoro.

La frequenza con cui i contratti di incentivazione entrano nelle imprese fornisce un’idea della loro importanza. Lo scopo è ovviamente garantire e

26

M.Twain, (1884), The Adventures of Hukleberry Finn - Le avventure di Hukleberry Finn, Novara, De Agostini, (1990)

47

aumentare sforzo, intelligenza e creatività che i dipendenti impiegano nelle loro attività lavorative, legando la loro retribuzione alla performance: i premi per le prestazioni o le vittorie eccezionali per gli sportivi, le commissioni per gli agenti di vendita, il cottimo per la manifattura, oppure la diffusione della proprietà del capitale tra i dipendenti. Il punto fondamentale è spesso l’identificazione dei parametri che possano in qualche modo raffigurare l’immagine di quella che è l’atteggiamento e l’impegno desiderato. L’azienda premia i risultati che sono più probabili quando i dipendenti tengono un certo comportamento. Di fatto incentivare il comportamento sbagliato può portare a risultati inattesi e a volte del tutto contrari a quelli sperati.

Citiamo il caso dei controllori del traffico aereo negli USA durante gli anni settanta27.In quel periodo i dipendenti del governo federale degli Stati Uniti, beneficiarono di una legge che, in caso di invalidità, avrebbe garantito loro una percentuale dello stipendio base, esente da tasse, che poteva arrivare al 75%. A causa del livello di tassazione di quel periodo poteva succedere che un lavoratore guadagnasse di più stando a casa invece che lavorando. Per ottenere il contributo occorreva dimostrare una infermità che rendesse inabili al lavoro e che fosse collegata al lavoro svolto: il medico poteva certificare non solo un malessere fisico, ma anche uno stress psicologico, purché fosse comprovato da relazioni di colleghi e superiori, e da evidenze che legassero lo stress al lavoro.

I controllori del traffico aereo svolgono un lavoro molto stressante e di grandissima responsabilità, per cui per loro sarebbe stato relativamente facile chiedere il sussidio. Nel ’72 inoltre venne introdotta la possibilità, per chi fosse stato impossibilitato a proseguire l’attività , di avere incarichi alternativi, anche nel caso in cui l’infermità non fosse stata da mettere in relazione con il passato incarico. Dal ’74 le regole furono rese più stringenti, soprattutto per rendere più difficile le richieste basati su problemi psicologici. Dai dati di quegli anni si vede come il numero di richieste di infermità per gli anni dal ’72 al ’74 furono di circa tre volte superiori agli anni precedenti, ma anche nel

27

48

’74 le richieste raddoppiarono. Un altro effetto ancora più imprevisto fu quello sulle segnalazioni sulle violazioni delle distanze di sicurezza. Tali violazioni possono essere di due tipi: gli errori di sistema, ovvero le violazioni dei protocolli di sicurezza durante il volo, e le quasi collisioni, che come dice il nome stesso sono violazioni di livello più alto perché mettono direttamente in pericolo la vita dei passeggeri e degli equipaggi.

Dopo il 1974 gli errori di sistema registrarono un notevole incremento a fronte di un incremento minimo delle quasi collisioni. Inoltre, dato che la possibilità di essere assegnati ad un altro servizio era più elevata per chi avesse avuto più di cinque anni di servizio al momento della certificazione dell’inabilità, si verificò che, prima del ’74 , la maggior parte degli errori erano commessi da controllori con meno di cinque anni di esperienza (quindi i più inesperti), dopo il ’74 il 50% di tali errori veniva commesso da controllori con un’anzianità tra cinque e dieci anni benché questo gruppo comprendesse meno del 30 % del personale .

Evidentemente in questo caso un provvedimento che avrebbe dovuto introdurre un miglioramento delle garanzie di welfare per gli impiegati pubblici, e magari rassicurarli sugli effetti di lungo periodo di attività molto stressanti, era stato trasformato dal comportamento opportunistico dei controllori di volo, in un meccanismo che moltiplicava le inefficienze e aumentava addirittura potenzialmente il rischio per la vita dei passeggeri. In che cosa aveva sbagliato l’amministrazione USA nel costruirlo ? Per dirla con la MDT, l’errore principale fu nel non valutare in maniera adeguata i rapporti tra possibili costi, benefici e rischi presenti in quel tipo di meccanismo, finendo per rendere violare il vincolo di partecipazione (denunciare malessere da stress) molto più conveniente rispetto a rispettare il vincolo di compatibilità (riferire in modo veritiero le proprie condizioni di salute), tanto da far diventare accettabile il rischio di essere scoperti. Vedremo nei prossimi paragrafi alcune soluzioni possibili per evitare questo tipo di malfunzionamenti nei meccanismi di incentivazione.

49 3.3 Soluzioni possibili ai problemi di moral hazard.

A partire da questi esempi, Milgrom e Roberts (M-R d’ora in avanti) individuano tre motivi principali per l’istaurarsi di problemi di moral hazard:

Esistenza di potenziali divergenze di interessi tra gli individui.

Una base per la convergenza di interessi, che dia spazio però anche alla loro divergenza.

Difficoltà nell’accertare che i termini contrattuali siano rispettati e adempiuti.

Per i primi due casi basterebbero le normali condizioni di mercato per arrivare ad una soluzione. Nel terzo caso invece non basta la contrattazione in quanto spesso la verifica delle informazioni è difficile, impossibile o richiede un monitoraggio molto costoso. Inoltre, dato che non si possono prevedere tutte le situazioni reali in un contratto , non si può nemmeno pensare di demandare la verifica a terzi (arbitri o tribunali). M-R suggeriscono alcune soluzioni al problema del moral hazard .

- Controllo diretto.

Il rimedio più semplice da mettere in campo contro il terzo dei problemi elencati è individuare un sistema di controllo diretto: le assicurazioni a tale scopo inviano i loro periti di fiducia a verificare i danni denunciati dall’assicurato, le aziende richiedono ai dipendenti la timbratura di un cartellino per verificare la presenza nell’orario di lavoro. I sistemi di controllo possono anche fornire informazioni utilizzabili per costruire dei sistemi premianti o penalizzanti, ma ancora una volta risulta insufficiente se le informazioni sono di difficile reperimento o incerta interpretazione. Inoltre stabilire delle regole per il pagamento di premi può portare, a sua volta, a generare costi per chi le stabilisce. In alcuni casi, per esempio, potrebbe portare a comportamenti scorretti per raggiungere l’obiettivo, mentendo sui risultati o aggirando il conteggio con trucchi contabili. Anche la scoperta

50

dell’irregolarità può creare dei costi. Se il dipendente scorretto è comunque un buon dipendente la sua sospensione o allontanamento rischia di costare di più del beneficio che si ha dal mantenere alta la reputazione dell’impresa.

Le informazioni possono spesso arrivare attraverso la concorrenza delle fonti. Ascoltare la comparazione delle qualità di un prodotto da parte dei venditori di due ditte concorrenti può far emergere aspetti che difficilmente verrebbero evidenziati, dato che ognuno di loro oltre a magnificare le caratteristiche del proprio articolo, non mancherà di evidenziare i difetti della concorrenza. Una fonte di informazione di informazione di questo tipo non è però efficace se entrambi i contendenti avessero una convergenza di interessi nel nascondere un aspetto negativo comune: chi vendeva rivestimenti in amianto non andava certo a mettere in evidenza i possibili rischi per la salute prima che divenisse generalmente nota.

I mercati possono essere dei validi meccanismi di controllo soprattutto sull’operato dei manager. Se le imprese operano in un contesto competitivo, le cattive performance dell’azienda ,la cattiva qualità del prodotto o l ‘inefficienza nell’utilizzo delle materie prime portano a segnali di scarsa redditività che i mercati evidenziano con i tentativi di scalata .

- I contratti di incentivazione.

Per evitare costose attività di controllo diretto, è possibile cercare di instaurare dei meccanismi virtuosi attraverso contratti di incentivazione. Prendere il numero di interruzioni della lavorazione come parametro della buona manutenzione dei macchinari potrebbe sembrare un buon indicatore, a patto che la qualità dei macchinari sia costante e che, in caso di rinnovamento della linea di lavorazione o di presenza di linee di lavorazione di epoche differenti, i valori siano bilanciati. Trovare una corretta corrispondenza tra azioni osservabili e azioni non osservabili è piuttosto difficile. Premiare dei venditori per aver raggiunto l’obiettivo prefissato di vendita può dipendere dalla bravura del venditore ma anche da tutta una serie di fattori: se il prodotto è stagionale può dipendere dal periodo dell’anno, se si tratta di premi destinati a

51

venditori che sono monomandatari su una zona geografica il risultato può dipendere dalle differenti condizioni economiche, preferenze o esigenze degli abitanti delle varie zone. Alcune componenti del risultato possono quindi essere indipendenti dallo sforzo profuso. Il problema della ripartizione del rischio, come vedremo, è centrale nella costruzione di un incentivo efficiente.

- Ripartizione del rischio e congruenza degli obiettivi

Introdurre nella retribuzione una variabile che può dipendere parzialmente dal caso sarà sicuramente poco apprezzata da coloro che hanno una bassa propensione al rischio. Per queste persone i contratti di incentivazione potrebbero essere visti come dei costi o, in presenza di una preponderante base fissa della retribuzione, come poco incentivanti. Diversamente il datore di lavoro potrebbe avere un atteggiamento più neutrale verso il rischio di dover pagare un reddito aggiuntivo in caso di buon andamento degli affari ma anche di dover continuare a pagare la base della retribuzione quando le cose vanno male. Se l’azionariato è diffuso e la società è ben finanziata il rischio è ovviamente meno pesante sul datore di lavoro..

Per bilanciare efficacemente le diverse predisposizioni al rischio, è necessario costruire i meccanismi di incentivazione seguendo criteri di congruenza tra gli obbiettivi e complementarietà degli strumenti collegati agli incentivi monetari. Per ottenere il comportamento desiderato si può optare per tentare di far convergere gli interessi di dipendenti e datore di lavoro , non solo premiando certi comportamenti, ma anche migliorando la salubrità e la sicurezza dell’ambiente di lavoro o il clima interno, inteso come correttezza delle relazioni tra di dipendenti. Vedremo come in alcuni contributi di studiosi come Robert Gibbons ed Edward P. Lazear, possono funzionare modelli di incentivazione basati sulle rilevazioni sia di tipo oggettivo che soggettivo, sull’acquisizione di particolari capacità (skills). Ma vedremo anche come il team working, le promozioni e gli aumenti, le gare interne, gli incentivi non monetari, la fama e il buon nome possano influenzare le prestazioni lavorative.

52

Di seguito procederemo con una breve trattazione sulla ripartizione del rischio e sui principi degli incentivi retributivi tratti dal testo di Milgrom e Roberts già citato.

3.4 Distribuzione del rischio e principi degli incentivi retributivi.

Abbiamo visto come i contratti di incentivazione risultano efficienti nel contrastare il problema se si seguono dei principi generali che consentono di bilanciare la ripartizione dei rischi connessi alla componente casuale e imponderabile. Il campo tipico in cui il bilanciamento tra un rischio che un certo evento si avveri e il costo necessario alla copertura delle conseguenze dell’evento, è quello dei contratti assicurativi. All’interno di tali contratti ci sono delle componenti incentivanti, come ad esempio le franchigie, che servono a diminuire il ricorso al rimborso per i danni più piccoli. I contratti che determinano le retribuzioni affrontano problemi simili, cercando un equilibrio tra il rendere responsabili i dipendenti per le loro azioni e proteggerli contro l’assunzione eccessiva di rischi.

Per analizzare il comportamento degli individui in situazioni rischiose verranno evidenziati degli strumenti statistici che permettono di determinare cosa si intende per rischio. Quindi vedremo come gli individui razionali, agendo singolarmente, possano sceglier quale rischio prendere. Infine si potrà esaminare come le persone possano suddividersi i rischi formando dei gruppi di mutua assicurazione. La ripartizione del rischio è in contrasto con l’incentivazione dell’impegno dell’agente tanto che, se fosse possibile prevedere esattamente l’andamento della produzione, quindi in assenza di rischio, si otterrebbe esattamente lo stesso risultato (di first best) sia da un contratto definito totalmente ex ante che dalle ipotesi in cui il contratto è costruito sulla performance (performance–related), piuttosto che sulla cessione di parte del ricavo derivante dal risultato all’agente (sell the business). Se invece il rischio è presente, allora il massimo risultato

53

raggiungibile in termini di efficienza è dato dalla combinazione della propensione al rischio e dalla personal knowledge degli individui. In ogni caso non sarà ottenibile un risultato di first best ma soltanto di second best, derivato dalla combinazione della possibile rendita per l’agente in caso di eventi più favorevoli del previsto, e di un output inferiore a quello ottimale dovuto ad un impegno inferiore a quello massimo in caso di circostanze sfavorevoli. Si tratterà comunque del miglior risultato raggiungibile in quelle condizioni, quindi efficiente in termini di MTD, dato che non esiste un risultato alternativo migliore.

Un caso tipico in cui la valutazione del rischio tra più individui è particolarmente complessa è quello della definizione delle regole di Corporate Governance. Tali regole hanno infatti lo scopo di garantire il surplus più alto possibile a vantaggio di tutti gli stakeholder (azionisti, manager, dipendenti, clienti e chiunque altro subisca in qualche modo l’influenza del comportamento dell’impresa) definendo quali tra essi devono sostenere la parte più alta di rischio (oltre alla definizione delle regole della contrattazione ex ante ed ex post). La scelta migliore sarà capace di individuare, tra tutte le possibili opzioni, quella che concentra maggiormente il rischio sulla parte che è più capace di sopportarlo (most efficient risk bearer).

Definiti i riferimenti si potranno sviluppare i principi su cui sono costruiti i contratti di incentivazione.

- Calcolo delle medie e delle varianze .

Per descrivere il rischio finanziario dovremo usare due concetti statistici , la media e la varianza. Di seguito riportiamo un esempio di come calcolarli partendo dai dati ripresi dalla tabella 7.1 di M-R28.

Nella tabella è raffigurata una situazione ipotetica nella quale ad un investimento fanno seguito dei ricavi pari a: zero con probabilità un mezzo, a 3000 dollari con probabilità un terzo, a 6000 dollari 1000 dollari con probabilità un sesto. La media o valore atteso dei ricavi è1/2 (0) + 1/3(3000) +

28

54

1/6(6000) = 0 + 1000 + 1000 = 2000 dollari. Evidentemente se aumenta la probabilità dei valori maggiori la media aumenta.

La varianza è invece la misura della variabilità o erraticità di un valore: è calcolata nelle colonne 4 e 5 della tabella. Nella colonna 4 ad ogni valore viene sottratto quello medio ottenendo una misura della sua distanza dal valore atteso, il risultato cosi ottenuto viene elevato al quadrato per evitare la compensazione tra i termini più grandi della media che si ottengono da redditi superiori a quello atteso e quelli che si ottengono da redditi inferiori a quello atteso. In colonna 5 le deviazioni al quadrato vengono moltiplicate per le relative probabilità . La somma dei termini così ottenuti dà la varianza. Se il reddito è certo la varianza è zero.

Gli individui generalmente sono avversi al rischio, per cui preferiscono un reddito certo R* piuttosto che lo stesso reddito ma come variabile stocastica. L’ammontare che la persona è disposta a pagare per ottenere il reddito certo è il premio per il rischio associato al reddito incerto. Quello che rimane una volta pagato il premio è detto equivalente certo del reddito stocastico, cioè il valore certo che l’individuo considera equivalente al reddito incerto in esame. L’equivalente certo può essere calcolato con la formula: R*-1/2 r(R*) Var(R) dove R*e Var(R) sono la media e la varianza della variabile stocastica R e

55

r(R*) è un parametro delle preferenze individuale dell’agente chiamato

coefficiente di assoluta avversione al rischio per situazioni di incertezza con

valor medio R*.

Secondo la formula, maggiore è il coefficiente di avversione al rischio maggiore è la somma che le persone sono disposte a pagare per fronteggiare il rischio. Se il coefficiente è zero allora i soggetti sono neutrali al rischio. Se il reddito non varia allora Var (R) = 0 e quindi R = R*.

- Principi.

Nel seguito tralasceremo in parte lo sviluppo formale che il testo propone concentrandoci sulla sequenza logica e sui principi individuati.

Dalla formula evidenziata in M-R si fa discendere un principio di suddivisione efficiente del rischio per cui, in una suddivisione efficiente dei rischi, la quota di un soggetto è la stessa nei diversi rischi, ed è uguale alla quota della tolleranza al rischio totale del gruppo.

In base a tale principio, la tolleranza verso il rischio di una grande compagnia di assicurazioni o di una grande società di capitali, è sicuramente molto maggiore rispetto a quella del singolo dipendente o assicurato, anzi si può assumere che il coefficiente di avversione al rischio sia zero, e pertanto sia zero anche il premio per il rischio a esso relativo. In termini di efficienza è dunque consigliabile che i rischi vengano imputati alla parte ad essi neutrale, dato che non deve sostenere nessun costo, questo senza però tener conto dei problemi di moral hazard presenti nei contratti assicurativi e nei rapporti di lavoro dipendente.

Tali problemi sono contenuti nella relazione principale agente tra datore di lavoro e lavoratore. Lo sforzo che il datore di lavoro deve fare (e) per vincere la sua resistenza a impegnarsi nell’attività lavorativa può dipendere da diversi fattori, primo fra tutti la piacevolezza del lavoro stesso. Il costo C(e), può essere nullo o anche negativo per lavori molto piacevoli o soddisfacenti. D’altra parte un maggiore sforzo lavorativo dovrebbe aumentare i profitti dell’impresa P (e); questo almeno come risultato finale, perché, come

56

abbiamo detto, può non essere semplice osservare direttamente dei fattori che rappresentino adeguatamente lo sforzo del dipendente.

Lo schema di incentivi che prendiamo in considerazione è quello lineare per cui :

w = α + β (e + x +γy)

dove: w è il salario, α la retribuzione base , più una parte che varia in ragione delle osservazioni effettuate x e y. β è il parametro dell’intensità dell’incentivazione e γ è il parametro che rappresenta il peso relativo dell’informazione convogliata da y nella determinazione della retribuzione. Secondo questa formula lo stipendio del dipendente varia non soltanto in base al suo sforzo, ma anche in base alle variabili stocastiche e indipendenti y e x oltre che al fattore β .

Questo tipo di schemi di incentivazione, di tipo lineare, sono molto diffusi. Ne sono esempi le commissioni riservate ai venditori, le parcelle pro quota lite degli avvocati, le retribuzioni a cottimo. Talvolta possono essere utilizzate anche retribuzioni che garantiscono un bonus una volta raggiunto un obiettivo. In questi casi c’è però il rischio che una volta raggiunto l’obiettivo il venditore, per esempio, non sia più stimolato a effettuare vendite aggiuntive. Ecco perché spesso le aziende che fissano obiettivi di vendita, fanno riferimento a periodi piccoli, limitando i periodi in cui gli incentivi sono poco efficienti. Può a volte risultare che il sistema di incentivazione per obiettivi diventi sempre più simile a quello proporzionale. In questo tipo di relazione abbiamo detto che è l’azienda a dover sopportare la maggior parte del rischio in quanto ad esso tendenzialmente neutrale.

Si può quantificare l’equivalente certo del dipendente sottraendo alla sua retribuzione attesa, il costo per l’impegno lavorativo sopportato dal dipendente e il rischio relativo alla retribuzione.

Equivalente certo del dipendente = α + β e – C(e) -1/2r β2

Var( x +γy).

Per il datore di lavoro l’equivalente certo sarà dato invece dal profitto lordo atteso meno il valore atteso della retribuzione da pagare: