• Non ci sono risultati.

remunerandam esse c(larissimi) v(iri) benivolentiam (XTe-1; Tergeste; d II.m)

Capitolo III: Analisi della documentazione epigrafica

B) Gli onorati; i membri della famiglia imperiale

III.3 Catalogo delle virtù

1: remunerandam esse c(larissimi) v(iri) benivolentiam (XTe-1; Tergeste; d II.m)

Ho trovato solo un esempio di benevolentia usata per un senatore di Tergeste da parte della res publica, mentre in tutta Italia ci sono solo nove esempi. Cicerone definisce la benevolentia come qualità fondamentale per ottenere popolarità dimostrando un atteggiamento di buona disposizione verso la collettività e la spiega come segue70; Ac primum de illis tribus, quae ante dixi, benivolentiae praecepta videamus; quae quidem capitur beneficiis maxime, secundo autem loco voluntate benefica benivolentia movetur, etiamsi res forte non suppetit (Off. II.32). Nell’iscrizione la benivolentia, intesa come buona predisposizione a fare beneficia – et idc[ir]co, quamvis pro mensura beneficiorum eius impares in referenda gratia simus, interim tamen pro tempore vel facultate ut adiuvet saepe factu[r]us –, sarebbe relativa a tutti gli atteggiamenti in favore della propria patria71.

magistrati dei ceti più alti, nonostante un significato di superiorità tra altri ed una relazione con nobilitas, cfr. Hellegouarc’h 1963, p. 301. Cita usi per praetor, quaestor e septemvir. In DE si citano auctoritas pontificum, auctoritas proconsulis ed auctoritas praefecti urbi come esempi di auctoritas magistratuum.

68

Neri 1980, pp. 196-198. Si citano: CIL, VI, 1679, 1698, 1751, 1772, 1783, 32051; CIL, IX, 1576; AE, 1972, 756.

69

Hellegouarc’h 1963, pp. 149-150; D’Errico, 1996; Forbis 1996, pp. 50-53. La D’Errico fa «l’analisi della benevolentia e degli aspetti che collegano tale virtù ai ceti medio-alti della società romana (senatori, cavalieri, notabili locali)», raccogliendo epigrafi tra la metà del II e il IV-V sec. d.C., compresa la presente iscrizione.

70

Questa frase di Cicerone chiarisce il carattere attivo della benevolentia, cfr. Hellegouarc’h 1963, p. 150; D’Errico, 1996, p. 60. L’Hellegouarc’h dice, «Elle (= la

beneuolentia) n’est pas seulement comme amor et caritas, comme «bienveillance» en

français, un sentiment, elle est une disposition efficace, elle se manifeste par des actes; par là le mot est mieux adapté aux nécessités de la langue de la politique».

71

La D’Errico indica due aspetti della benevolentia; uno, «come l’adfectio e l’amor, in una definizione di virtù evergetiche, cioè forme che nella vita reale trovano generalmente riferimento in atti di liberalitas / munificentia» (p. 61) ed un altro come una virtù con significato morale (p. 63). Perciò classifica la benivolentia dell’iscrizione tergestina nel primo senso; ma, almeno solo in base al testo dell’iscrizione, non si possono riconoscere atti concreti di liberalitas o munificentia collegati alla benevolentia, nonostante che tutto il testo lodi atti concreti del senatore a favore della città.

6) bonitas72

1: meritis, fidei, bonitati, innocentiaeque eius (VIII-12; Ariminum; d. III.1) C’è solo un esempio di bonitas usata per un cavaliere di Ariminum dall’ordo della città. Cicerone definisce la bonitas come qualità contraria a fraus73; donum hoc divinum rationis et consilii ad fraudem hominibus, non ad bonitatem impertitum esse videatur. Nell’iscrizione si menziona la bonitas insieme con fides ed innocentia (che sono tutt’insieme idealmente contrapposti alla fraus ciceroniana), come un atteggiamento moralmente ineccepibile di un cavaliere verso la sua patria, come risulta dall’essere definito amantissimus decurion(i, o -um), amantissimus civium.

7) clementissimus74

La clementia è una delle quattro virtù collegate con Augusto e dei concetti importanti sull’immagine imperiale, essendo propagandata per esempio sulle monete come virtù dell’imperatore.

1: patron(o) clemen[tiss(imo)] (XBr-1; Brixia; d. III.1)

Nell’Italia settentrionale, ma anche in tutta Italia, in una sola iscrizione compare un termine connesso con la clementia; clementissimus, un aggettivo superlativo. Ma poiché era virtù importante degli imperatori, è ben presente nelle fonti letterarie. Ad esempio Seneca dice nel “de Clementia” (II.3): Clementia est temperantia animi in potestate ulciscendi vel lenitas superioris adversus inferiorem in constituendis poenis. … Illa finitio contradictiones inveniet, quamvis maxime ad verum accedat, si dixerimus clementiam esse moderationem alquid ex merita ac debita poena remittentem: reclamabitur nullam virtutem cuiquam minus debito facere. Atqui hoc omnes intellegunt clementiam esse, quae se flectit citra id, quod merito constitui posset. Cioè la clementia è lenire e moderare qualcosa di degno e di meritato. Anche Valerio Massimo scrive un capitolo a proposito, “De humanitate et clementia” (V.1) ed all’inizio la spiega allo stesso modo: Liberalitati quas aptiores comites quam 72 Forbis 1996, pp. 42-43. 73 CIC. N.D. III.75. 74

Hellegouarc’h 1963, pp. 261-263; Forbis 1996, pp. 71-72; Konstan 2005; Dowling 2006. In genere si pensa che la clementia fosse associata a Cesare ed alla sua dittatura e quindi nell’età imperiale non fosse favorita e preferita come virtù imperiale, cui opinione corrente il Konstan controprova, concludendo che era virtù. La Dowling descrive una storia di cambiamenti di significati della clementia. Per quanto riguarda bibliografia del culto della virtù ed il suo ruolo nell’ideologia imperiale, vedi Fears 1981, p. 842, n. 67.

humanitatem et clementiam dederim, quoniam idem genus laudis expetunt? quarum prima inopiae, proxima occasioni, tertia ancipiti Fortunae praestatur. Secondo Valerio Massimo clementia è virtù di prestare aiuto in fortuna ancipite.

L’ordo Brixianor(um) scelse il prefetto del pretorio, forse non originario di Brixia, come patron(us) della città e lo definì come clemen[tiss(imus)]. L’iscrizione non ci racconta di più, ma è possibile che il prefetto del pretorio, il personaggio vicino all’imperatore, abbia procurato alla città agevolazioni, forse per lenire una situazione difficile. Sembra sia elogio sperticato, infatti è unico esempio di questa virtù. Chiaramente la clementia non era diffusa in Italia come virtù dei notabili locali, influenzata dalla virtù imperiale; comunque il significato dell’epiteto per il prefetto del pretorio bresciano non sarebbe stato uguale a quello come virtù degli imperatori75.

8) cura76

La cura, una virtù simile alla diligentia, ha significato di zelo e di scrupolo con cui si opera. Infatti Cicerone comprende cura come un aspetto della diligentia77. Infatti anche nei nostri esempi la cura compare sia come compagno della diligentia (XPo-4) che come sostantivo a cui si riferisce l’aggettivo della diligentia (XVe-2);

1: ut non t[a]ntum contentus sit cura ac dilige[ntia r]eligioni publicae