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Riferimenti normativi del cash pooling

L’accordo di cash pooling che si realizza tra la tesoriera e le diverse società del gruppo aziendale ha una struttura molto complessa la quale non permette di essere agevolmente assimilata a nessun’altra categoria contrattuale tipica. Quindi, il contratto di cash pooling rientra nella classificazione dei contratti atipici (ex articolo 1322 cc) e può essere definito come un accordo stipulato autonomamente da tutte (o parte) delle consociate di un gruppo con una stessa società (solitamente la capogruppo, ma in alcuni casi viene prediletta la soluzione di creare appositamente una società per svolgere tale funzione), che funge quale centro di tesoreria e che ha per oggetto la gestione di un conto corrente “accentrato” sul quale vengono riversati i saldi dei conti correnti periferici di ciascuna società52.

La dottrina prevalente è d’accordo nel ricondurre tale fattispecie di intesa tra le parti a una particolare forma di conto corrente non bancario (Libro IV – Delle obbligazioni - Titolo III, Capo XVI, art. 1823 cc), distinguendolo dalle “operazioni

bancarie in conto corrente”53. Invece, la restante parte, ritrovano nel funzionamento

50 Non essendo esplicitamente materia di approfondimento di questo elaborato, limito la trattazione

a una semplice elencazione delle principali implicazioni legislative e fiscali.

51 Il riferimento normativo è: DPR n. 331/93 e il DPR n. 633/72 art. 17

52 TREVISAN T., Cash pooling, aspetti civilistici e fiscali - 1, Fisco oggi, 2006, www.fiscooggi.it 53 Art. 1852 «qualora il deposito, l’apertura di credito o altre operazioni bancarie siano regolate in

conto corrente, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l’osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito».

dello Zero Balance elementi tipici dei contratti di finanziamento che farebbe così rientrare il contratto di cash pooling nella categoria dei “contratti misti” in quanto combina: condizioni proprie del conto corrente con elementi del negozio di finanziamento.

L’articolo 1823 del Codice Civile definisce il conto corrente come: «il contratto con il quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerando inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto.

Il saldo del conto è esigibile alla scadenza stabilita. Se non è richiesto il pagamento, il saldo si considera quale prima rimessa di un nuovo conto e il contratto s’intende rinnovato a tempo indeterminato».

Da tale articolo si evince che si tratta di un contratto con il quale le parti, che sono allo stesso tempo creditrici e debitrici, possono gestire unitariamente il saldo; infatti, mediante il conto corrente, le parti potranno operare una liquidazione per differenza delle loro posizioni, attraverso una compensazione dei rispettivi crediti e debiti.

La connotazione del negozio di cash pooling come una particolare forma di conto corrente non bancario è riconosciuta anche dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 58/E del 27 febbraio 2002 e ne delinea anche gli elementi fondamentali, che sono i seguenti:

♦ reciprocità delle rimesse;

♦ mancanza dell’onere restitutorio delle rimesse attive tra le parti;

♦ inesigibilità e indisponibilità dei crediti immessi nel conto per la durata del

conto;

♦ possibilità di usufruire del saldo alla chiusura del periodo.

Questa specificazione dell’Agenzia delle Entrate ci fa capire che, eventuali saldi negativi sui conti stessi, in contropartita dell’azzeramento di posizioni debitori sui conti bancari, non possono essere considerati “prestiti di denaro”, concessi alle consociate tramite la tesoriera titolare del conto accentratore. Questo per quanto riguarda la tecnica dello Zero Balance.

Per quanto concerne il Notional, invece, la disposizione 194/E sempre dell’Agenzia delle Entrate, afferma che i saldi negativi dei conti bancari sono a tutti gli effetti «una forma di finanziamento, ancorché indiretta» e che le prestazioni obbligatorie che stanno alla base di tale contratto sono assimilabili a una «operazione di prestito in denaro».

Questa conclusione sulla natura giuridica del contratto di cash pooling ha suscitato molte critiche di diversi studiosi della materia che hanno messo in rilievo alcuni aspetti tralasciati dalla regola vigente espressa dall’Agenzia delle Entrate. Tra tutti, Occari54 richiamato pure da Trevisan nel suo articolo pubblicato su Ilfiscooggi.it, il

quale sottolinea che, gli elementi che sono alla base di un contratto di conto corrente, non riescono a esaurire completamente gli aspetti caratterizzanti del cash pooling. Infatti, sempre secondo Occari, in questa tecnica di accentramento della tesoreria, troviamo anche le caratteristiche del prestito in denaro, che viene attuato tramite il trasferimento di risorse finanziarie dai singoli conti periferici al conto corrente accentratore gestito dal pooler. Quindi, il fondamento causale non è la gestione dei rapporti che potranno sorgere tra le parti in virtù di altri atti giuridici, come si ha nel negozio di conto corrente non bancario, ma è la gestione della tesoreria secondo modalità tali da compensare le carenze di liquidità di alcuni partecipanti con le disponibilità di altri per limitare al massimo il ricorso all’indebitamento bancario.

Dal momento che un gruppo aziendale decide di gestire la tesoreria globale attraverso un processo di accentramento di quest’ultima, è inevitabile che si verifichi una operazione di finanziamento a favore delle società del gruppo, che vedrebbero coprire le loro passività di conto attraverso la gestione unitaria della liquidità nel conto master.

Le differenze strutturali e operative che si hanno tra i sistemi di effective e di

virtual cash pooling si ripercuotono, naturalmente, anche nella definizione civilistica di

tali tipi di contratto.

Nell’effective pooling, oltre ad avere la necessità di organizzare un sistema di conti correnti ordinari, la tesoriera deve aprire delle linee di finanziamento intragruppo nei confronti delle consociate. La logica alla base del sistema ZBS è che le posizioni debitorie delle aziende con deficit di cassa vengano coperte da quelle che presentano un surplus con l’intermediazione della tesoriera. La tesoriera va, così a svolgere la funzione tipica della banca cioè, raccogliere risorse da alcuni utenti per renderle disponibili ad altri che ne fanno richiesta; però bisogna sottolineare che il treasury center per avere risorse finanziarie da distribuire alle diverse società del gruppo in caso di necessità, ha bisogno di una specifica linea di credito esterna da cui attingere liquidità e quindi, è sempre l’istituto di credito che di fatto finanzia le società del gruppo.

Per quanto detto, possiamo affermare che per ciò che riguarda i sistemi effective pool, si parla di strutture di finanziamento e non di prestito di denaro.

Nel notional pooling le linee di credito concesse sono riconducibili alla tipologia dell’apertura di credito, o della disponibilità a fronte di presentazione della documentazione (assegni, fatture, portafoglio commerciale) che sta alla base della necessità di credito. In questo caso, quindi, si ha un finanziamento bancario dei fabbisogni di capitale circolante, dove non è previsto una erogazione iniziale e un successivo rimborso rateizzato o a scadenza, ma, la posizione viene regolarizzata in base alla dinamica dei pagamenti e degli incassi dell’azienda o del gruppo.

Nei sistemi virtuali non avviene precisamente ciò che è definito nell’art.1823 del cc. per ciò che concerne la “reciprocità delle rimesse”, ma il rapporto tra banca e azienda che si ha in questa tipologia di accentramento della tesoreria si avvicina molto a tale concetto.

Se analizziamo attentamente i sistemi virtual e quelli effective, ci accorgiamo che, le dinamiche di funzionamento delle linee di finanziamento concesse dagli istituti di credito sono molto simili tra loro.

2.9.1 La tesoriera secondo l’ordinamento giuridico

Svolgere l’attività di accentramento della tesoreria comporta delle implicazioni normative e giuridiche molto rilevanti che vanno analizzate attentamente.

All’interno del gruppo aziendale, il ruolo di tesoriera può essere svolto dalla holding di controllo o da una società diversa dalla holding che non detiene partecipazioni di controllo nelle società partecipanti.

Sia nella prima soluzione che nella seconda, il requisito fondamentale che deve possedere, è che l’oggetto sociale che la caratterizza deve prevedere esplicitamente lo svolgimento di attività riconducibili al coordinamento finanziario del gruppo societario di appartenenza e inoltre è richiesto che gli organi di amministrazione deliberino esplicitamente la volontà di avviare l’attività di accentramento della tesoreria del gruppo.

Dal punto di vista giuridico, la definizione così proposta ricondurrebbe la società tesoriera alla fattispecie delle società finanziarie regolamentate agli art. 106-113 del D.Lgs. 385/1993 del Testo Unico Bancario (TUB). In particolare, l’art. 106 del Dlgs. 385/1993 del TUB stabilisce che, se effettuato nei confronti del pubblico: «L’esercizio

[…] delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall’UIC (Ufficio italiano Cambi)», inoltre, il Ministero dell’Economie e delle Finanze con un apposito decreto emesso il 6 luglio 1994, specifica che: «non configurano operatività nei confronti del pubblico le attività esercitate nei confronti di società controllanti, controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359 cc. e controllate da una stessa controllante, e comunque all’interno di un medesimo gruppo».

Se l’attività di accentramento della tesoreria ricopre, all’interno della società, un ruolo prevalente rispetto alle altre attività esercitate, rientra nell’ambito di operatività dell’art. 113 del TUB, il quale specifica che: «L’esercizio in via prevalente, non nei confronti del pubblico, delle attività indicate nell’articolo106, comma 1 (attività di assunzione di partecipazioni, concessioni di finanziamenti, prestazione di servizi di pagamento e intermediazione in cambi), è riservato ai soggetti iscritti in una apposita sezione dell’elenco generale». L’iscrizione a tale elenco implica una minore onerosità e obblighi da rispettare rispetto ai soggetti a cui fanno riferimento gli artt. 106 e 107. In particolare, alle società che svolgono l’attività di tesoriera, non vengono applicate i requisiti di forma giuridica e di importo di capitale sociale previsti per gli intermediari, ma devono essere rispettati le disposizioni in materia di onorabilità dei partecipanti al capitale sociale e le disposizioni in materia di onorabilità e indipendenza dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo.

I presupposti quantitativi affinché si abbia le prevalenza sono:

1) L’ammontare complessivo degli elementi dell’attivo di natura finanziaria sia

superiore al 50% del totale dell’attivo patrimoniale;

2) L’ammontare complessivo dei proventi prodotti dagli elementi dell’attivo, dai

profitti derivanti da operazioni di intermediazione su valute e commissioni attive percepite sulla prestazione dei servizi richiamati dall’art. 106 del Tub (D. Lgs. 385/93), sia superiore del 50% dei proventi complessivi.

L’ex art. 113 impone anche dei limiti all’attività degli intermediari, i quali non possono svolgere l’attività di finanziamento sotto forma di garanzie, avalli e fideiussioni per impegni altrui, anche se sono a beneficio di soggetti appartenenti allo stesso gruppo, ad eccezione del caso in cui assuma dimensione residuale e sia strumentale al perseguimento dell’oggetto sociale.

Riassumendo, quindi, se l’attività di accentramento delle funzioni finanziarie della tesoriera viene assimilata alle categorie previste dagli articoli del TUB ed sono svolte in via prevalente, è necessaria l’iscrizione in apposita sezione dell’Elenco generale come previsto dall’art. 113.

Inoltre, dall’iscrizione nell’apposita sezione prevista dall’ex art. 113, discendono gli obblighi della normativa antiriciclaggio.