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La riforma delle strutture di produzione e di distribuzione dei prodott

4. Il periodo sankarista: una rivoluzione per il mondo rurale?

4.4. La riforma delle strutture di produzione e di distribuzione dei prodott

4.4.1. Interventi per il miglioramento dell’irrigazione e la colonizzazione di nuove terre Il settore agricolo diventò il settore prioritario di investimento e una particolare attenzione venne posta sulla costruzione di impianti idrici che fossero funzionali ad una migliore gestione dell’acqua, risorsa che scarseggiava, soprattutto nelle zone saheliane del Paese. Venne quindi creato un Ministero dell’Acqua e attraverso l’Office des Barrages et des Amenagement Hydro-agricoles (ONBAH) furono intraprese operazioni di costruzione di infrastrutture necessarie alla ritenzione dell’acqua.

Si trattava di obiettivi diversi rispetto a quelli dei precedenti Governi, che avevano invece lavorato alla realizzazione di macro-progetti di canalizzazione dell’acqua controllati e gestiti dall’amministrazione statale. Le micro-realizzazioni di dighe e canalette nei villaggi richiedevano la partecipazione della popolazione ai lavori di esecuzione e manutenzione degli impianti e, tramite i GV, si sarebbe realizzata localmente la raccolta di fondi per provvedere alle spese di gestione.

Allo stesso tempo, un grande progetto idro-agricolo di canalizzazione delle acque del Volta Noire venne avviato nella valle del Sourou e diventò il simbolo della lotta politica in favore dell’autosufficienza alimentare del Paese. Dei 30.000 ettari di terra della valle del Sourou, circa 16.000 dovevano essere dotati di un impianto di canalizzazione per la produzione di poli-colture agro-industriali.

L’obiettivo era quello di rispondere in una decina di anni alle esigenze alimentari del Paese svincolandosi, almeno parzialmente, dalla dipendenza economica che il Burkina Faso continuava ad avere nei confronti dell’ex madrepatria (Labazée 1985, 13). “ La terra a chi la coltiva” era il motto del regime. Se la terra apparteneva allo Stato essa poteva essere coltivata da chiunque ne avesse avuto bisogno per la propria sopravvivenza. Forza lavoro migrante, principalmente mossi, si trasferì in questo periodo dalla zona centrale del Paese verso le nuove zone di “colonizzazione agricola” e in particolare nell’Aménagement delle Valli del Volta (AVV) con l’obiettivo di aumentare la produzione cereailicola e di cotone destinato all’esportazione. Laddove i terreni

diventavano oggetto di interventi statali, le modalità di accesso e usufrutto della terra erano invece determinate dallo Stato, legalmente unico proprietario della terra.

In un contesto di ristrutturazione delle istituzioni locali responsabili della gestione del regime fondiario sulle terre di nuova colonizzazione agricola anche la questione dei migranti acquisiva un certo peso politico. Che spazio avrebbero avuto i migranti all’interno dei CDR? I migranti insediatisi nei territori di nuova colonizzazione sarebbero stati rappresentati politicamente? Che diritti fondiari sarebbero stati loro riconosciuti? Gli autoctoni avrebbero perso qualsiasi possibilità di recupero delle terre gestite dallo Stato? Le problematiche legate alla condizione dei migranti sulle nuove terre di colonizzazione agricola si acuirono con il passare del tempo, in seguito all’aumento demografico delle popolazioni immigrate e alla progressiva trasformazione dei meccanismi di transazione fondiaria.

4.4.2. Interventi nell’ambito della pastorizia

Diversa fu invece la politica adottata nei confronti degli allevatori. Furono promosse pratiche di “sedentarizzazione” eliminando tasse precedentemente riscosse sui capi di bestiame e creando siti appositi per la vaccinazione di animali. Tale politica era funzionale al controllo della produzione del bestiame, che rappresentava un’ampia percentuale delle esportazioni del Paese. Come gestire però la presenza di un maggior numero di allevatori nei villaggi rurali? La convivenza tra agricoltori e pastori emerse effettivamente come problema di difficile gestione in alcune aree rurali, demograficamente più popolate. Nel corso delle interviste svolte nel gennaio-maggio 2014 alcuni abitanti dei villaggi di Sourogoudougou e Bama (comune di Bama) raccontavano dell’abuso di potere di alcuni membri dei CDR, che si appropriavano deliberatamente di capi di bestiame, con la scusa di porre fine al danneggiamento di campi agricoli da parte dei pastori. La “lotta” promossa dal regime contro il danneggiamento dei campi da parte del bestiame entrava infatti a far parte delle tre “lotte” (trois luttes) promosse dal CNR per regolare la coesistenza di attivitità legate alla pastorizia e all’agricoltura in ambito rurale.163

163 Ai CDR veniva attribuita la responsabilità di promuovere le“tre lotte” previste dal Plan National pour la

lutte contre la Desertification (PNCLD). Erano la lotta contro gli incendi dolosi nei boschi, contro il libero pascolo di bestiame e lapotatura abusiva di alberi (Lompo 2003; Tallet 1989).Questi tre fenomeni erano percepiti a quel tempo come le principali cause di desertificazione. Tale convizione non era poi propria del

4.4.3. Politica di distribuzione di input agricoli

I Comitati di Difesa della Rivoluzione vennero incaricati di trasmettere in ambito rurale i risultati della ricerca agricola. Venne incentivato in questo periodo l’utilizzo di alcune varietà di cereali “migliorate”, promossa la costruzione di canalette d’acqua per contrastare il fenomeno dell’erosione del suolo e la sperimentazione di nuove tecniche di coltivazione su campi selezionati appositamente per le “dimostrazioni” agricole. I CDR erano poi responsabili di fornire training, insegnando ai contadini metodi diversi di conservazione del suolo e tecniche di compostaggio per rendere più fertili i terreni agricoli. Furono inoltre perfezionati metodi di conservazione di prodotti agricoli, molti dei quali si deterioravano a causa di pratiche poco adeguate di raccolta e immagazzinamento.

Il rendimento dei principali cereali aumentò in questo periodo e le coltivazioni da esportazione riscontrarono un boom produttivo.164 Da questo punto di vista il regime

sankarista non ruppe con il passato, dal momento che si continuava a sostenere la coltivazione di cotone come prodotto prioritario e necessario per il Paese, sovvenzionando la produzione con il finanziamento di agenzie parastatali.

4.4.4. Sistema di controllo dei prezzi

Se le sovvenzioni agli input agricoli vennero progressivamente ridotte, il regime sankarista cercò di creare condizioni favorevoli alla promozione della produzione agricola grazie all’intervento statale sui prezzi dei prodotti agricoli. Per realizzare tale politica economica i prezzi di riferimento venivano revisionati tutti gli anni dal Governo sulla base dell’indice dei prezzi dei prodotti manufatti e tenendo conto delle oscillazioni della produzione agricola, legate principalmente alle problematiche condizioni climatiche della fascia saheliana del Paese.

L’interventismo statale sui prezzi di acquisto dei prodotti agricoli andava in controtendenza con le politiche adottate dai precedenti Governi, che avevano cercato di

regime sankarista. Il fatto di attribuire alla popolazione la responsabilità della cattiva gestione delle risorse faceva parte delle strategie dello Stato coloniale per garantirsi il controllo su di esse, soprattutto delle aree forestali, che venivano gestite dagli amministratori coloniali in collaborazione con i commercianti di legna (Jacob 2001, Poppe 2010).

164 La produzione di cotone passò da 79.000 tonnellate a 176.000 tra il 1981 e il 1987; quella di arachidi da

comprimere il prezzo di acquisto dei prodotti agricoli al momento della compravendita tra contadini e commercianti, favorendo quindi la classe dei commercianti e indirettamente la popolazione urbana, che usufruiva di prodotti agricoli a prezzi più bassi. I commercianti intraprendevano però spesso azioni speculative, rivendendo alla popolazione rurale i prodotti agricoli a prezzo maggiorato nel momento in cui questi scarseggiavano, mentre la popolazione urbana aveva goduto negli anni di un prezzo dei beni agricoli accessibile, se confrontato al potere di acquisto dei lavoratori salariati nei due principali centri urbani.

Attraverso la politica dei prezzi dei beni agricoli adottata dal regime sankarista si cercava inoltre di riequilibrare quella differenza regionale creatasi principalmente tra zone di produzione del cotone e restanti regioni la cui produzione agricola veniva utilizzata per auto-consumo o venduta nei mercati locali. Solo i produttori di cotone avevano accesso al credito tramite la Societé des Fibres Textiles (SOFITEX) e potevano permettersi l’acquisto di prodotti fito-sanitari, essendo inseriti in un circuito di commercializzazione del prodotto che era stato invece limitato nel caso degli altri prodotti.

L’aumento dei prezzi di acquisto ufficiali rappresentava un atto politico nella misura in cui esso andava ad incidere negativamente sul potere di acquisto dei lavoratori salariati delle città, che avevano invece costituito la base sociale e di legittimazione politica di quasi tutti i regimi che si erano succeduti a partire dall’indipendenza.