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Un altro profilo problematico sul quale la dottrina concorda con il Consiglio di Stato, è quello relativo alla questione dello spostamento, da parte del Codice, al rango di norma primaria di quella disciplina che era stata in precedenza contenuta in fonti regolamentari313.

Se la nuova fase di codificazione e di riordino promossa dalla legge n. 229 del 2003 si caratterizza, rispetto alla tecnica legislativa dei testi unici misti, per l’abbandono dell’inclusione di disposizioni di rango regolamentare e dalla capacità innovativa attribuita oggi al legislatore delegato, ciò non significa che il Codice dell’amministrazione digitale debba necessariamente operare la “rilegificazione” di molte norme ora previste al più flessibile livello regolamentare314. Infatti, lo stesso Consiglio di Stato aveva già sottolineato come «la rilegificazione appare particolarmente controindicata proprio in una materia come quella in oggetto, in cui anzi alcune disposizioni tecniche, a rapidissima evoluzione, dovrebbero essere rese ancora più flessibili. Appare, infatti, limitativo volere codificare la fase attuale, mentre in un futuro potrebbero raggiungersi diverse e più efficaci modalità di esternazione degli atti o di apposizione di sigilli, etc»315.

Il legislatore, sostiene la dottrina, avrebbe, dunque, potuto scegliere di emanare contemporaneamente al Codice, raccolte organiche di norme secondarie, più flessibili e più adatte ad una materia particolarmente mutevole e dinamica316. La diversificazione della disciplina tra fonti di diverso livello rispondeva all’esigenza di consentire la modifica delle regole in ragione del progresso tecnologico, al fine di regolare le novità e correggere le norme con continuità e fluidità ed adattarle alla tecnologia esistente, facilitando inoltre, l’attuazione del dettato normativo317.

Questa soluzione trovava uno specifico fondamento autorizzatorio nella legge di delega 229/03. Così si sarebbe garantita non solo l’organicità della materia dell’amministrazione digitale ad un dato livello normativo (quello primario), ma anche la sua completezza318.

313 Cfr. A.L

ISI, Quando le norme vengono scritte male: finalmente chiarezza sul Codice della Pubblica

Amministrazione Digitale, cit.; V.R.PERRINO, Il Codice dell’amministrazione digitale alla luce del parere del Consiglio

di Stato del 7 febbraio 2005,cit.; R.M.DI GIORGI, Lo stato essenziale,semplicità, cultura e democrazia al tempo della rete,cit., p. 108; F. BASSANINI, Il Codice della pubblica amministrazione digitale. Luci e ombre, cit.

314

Cfr. V.R.PERRINO, Il Codice dell’amministrazione digitale alla luce del parere del Consiglio di Stato del 7

febbraio 2005, cit.; R.M.DI GIORGI, Lo stato essenziale,semplicità, cultura e democrazia al tempo della rete, cit. p.

108.

315

Si vedano ad esempio le critiche in tema di documento informatico effettuate da A.LISI, Quando le norme

vengono scritte male: finalmente chiarezza sul Codice della Pubblica Amministrazione Digitale, cit.

316 Cfr. V.R.P

ERRINO, Il Codice dell’amministrazione digitale alla luce del parere del Consiglio di Stato del 7

febbraio 2005, cit.

317 Cfr. D. M

ARONGIU, La fonti del diritto e l’amministrazione digitale: l’armonizzazione tra livelli di

normazione nell’attuale sistema, cit., p. 602.

318

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Il legislatore invece, secondo alcuni autori ha preferito ‹‹“rilegificare” le discipline procedimentali a scapito della flessibilità propria delle fonti regolamentari, essenziale per poter adeguare rapidamente le procedure amministrative alle nuove esigenze sociali o alle nuove opportunità offerte dai progressi tecnologici››319

.

La scelta operata, determina quindi le conseguenze negative che sono state già accennate, in quanto l’introduzione di un corpus normativo completo solo per la normativa di livello primario e non anche per quella di rango secondario non produce soltanto il denunciato fenomeno della “rilegificazione” 320

, ma comporta anche delle ripercussioni in termini di operatività della disciplina, chiarezza e leggibilità della norma321.

In dottrina è stato sostenuto che ciò che ha indotto il legislatore a preferire il livello legislativo, è connesso al mutamento della concezione di “semplificazione normativa”322. Nel corso delle riforme degli anni novanta, la semplificazione poteva essere più efficacemente perseguita attraverso il ricorso alla fonte regolamentare che permetteva di intervenire con maggiore fluidità su una disciplina mutevole. Il regolamento era dunque sinonimo di semplificazione. Al contrario, dal duemila in poi, si è progressivamente affermata l’idea per cui un’ epoca di riforme considerata ormai matura, poteva essere consolidata all’interno del testo più stabile e duraturo della legge; all’idea di semplificazione corrispondeva la facile reperibilità della disciplina contenuta all’interno di un testo legislativo di settore in grado di assicurare stabilità nel tempo e maggiore organicità della materia. Per queste ragioni, il risultato è stato quello di una disciplina che anziché essere distribuita su diversi livelli normativi, afferiva al rango di legge323.

Al riguardo l’unica eccezione può essere individuata per la disciplina della posta elettronica certificata, in cui si rileva un equilibrio nella relazione tra le fonti, per la quale il Codice dell’amministrazione digitale prevede poche norme di principio e l’intera disciplina di dettaglio è demandata al D.P.R. n. 68/2005324, che contiene le norme di carattere operativo.

319

Cfr. F.BASSANINI, S. PAPARO,G. TIBERI, Qualità della regolazione: una risorsa per competere, in L. TORCHIA,F.BASSANINI (a cura di), Sviluppo o declino. Il ruolo delle istituzioni per la competitività del paese, Firenze, 2005, p. 122 ss.

320 Il Codice delle Pubbliche amministrazioni digitali: prime osservazioni, Testo elaborato dal Gruppo di lavoro

di ASTRID, cit.

321 Cfr. A.L

ISI, Quando le norme vengono scritte male: finalmente chiarezza sul Codice della Pubblica

Amministrazione Digitale, cit.

322 Cfr. D. M

ARONGIU, La fonti del diritto e l’amministrazione digitale: l’armonizzazione tra livelli di

normazione nell’attuale sistema, cit., p. 601.

323 Ibidem. 324

DPR 11 febbraio 2005, n.68, Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 28 marzo 2005,n. 97.

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Invece, tra le norme che in origine erano disposte sia a livello primario che secondario, ricordiamo quelle contenute nel capo II del Codice, ossia il documento informatico e le firme elettroniche, ora divenute di rango solo legislativo325.

Mentre nei testi unici misti era possibile una lettura chiara ed esaustiva dell’intera disciplina riguardante la documentazione amministrativa, grazie alla presenza di disposizioni di diverso rango normativo, la riconduzione di tutte le disposizioni al superiore rango legislativo, operata dal Codice dell’amministrazione digitale, determinava un irrigidimento della disciplina giuridica dell’informatica pubblica, ponendo un freno al necessario e costante aggiornamento della normativa, vista la necessità di adeguare nel tempo le norme alle dinamiche dell’innovazione. Il Codice si collocava così in controtendenza rispetto a quella che era stata la scelta legislativa che aveva invece caratterizzato la stagione dei testi unici ed in particolare la redazione del testo unico sulla documentazione amministrativa, nata dalla certezza che non si potesse irrigidire in norme legislative una realtà in permanente modificazione, legata al rapido sviluppo delle tecnologie e del cambiamento amministrativo326. In alternativa a tale prospettiva si poteva ipotizzare, al contrario, una continua opera di revisione ed aggiornamento della normativa vigente, operata al livello legislativo327.

Prendendo atto del fatto che la delega doveva essere esercitata all’interno del contesto normativo illustrato, secondo la dottrina, si sarebbero potute scorporare dal Codice tutte le disposizioni di dettaglio, maggiormente soggette ad obsolescenza e a più frequente rivisitazioni, e collocarle in un regolamento di esecuzione. In sostanza l’intero corpo normativo poteva essere suddiviso tra principi di legge, disciplina di dettaglio di rango regolamentare e norme tecniche ricomprese in atti amministrativi generali328, per evitare le conseguenze negative determinate dal testo originario del Codice dell’amministrazione digitale.

Le difficoltà nell’attuazione del Codice dell’amministrazione digitale, sono tutt’ora in parte riconducibili all’adozione di questa tecnica normativa per due ordini di ragioni: la “rilegificazione” causando l’irrigidimento della normativa, comporta che una disciplina connessa ad una determinata tecnologia sia attuale nel momento in cui viene emanata, ma diviene in breve tempo obsoleta per l’imporsi di soluzioni più avanzate329

. Ancora, norme di legge emanate allo scopo di perdurare nel

325 Cfr. D. M

ARONGIU, La fonti del diritto e l’amministrazione digitale: l’armonizzazione tra livelli di

normazione nell’attuale sistema, cit., p. 603.

326 Cfr. F.B

ASSANINI, Il Codice della pubblica amministrazione digitale. Luci e ombre, cit.

327 Ibidem; T.B

ONETTI, Il Codice dell'amministrazione digitale: brevi annotazioni critiche,cit.; B.MATTARELLA,

Il Consiglio di stato e la codificazione, cit., p. 73 ss.

328 Cfr. Il Codice delle Pubbliche amministrazioni digitali: prime osservazioni, Testo elaborato dal Gruppo di

lavoro di ASTRID, cit.

329 Cfr. Cfr. D. M

ARONGIU, La fonti del diritto e l’amministrazione digitale: l’armonizzazione tra livelli di

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tempo, disciplinano nel dettaglio l’uso di tecnologie non ancora disponibili presso le amministrazioni. Ricordiamo il caso della carta di identità elettronica, la cui disciplina è sì completa, ma prevede, per la sua implementazione e diffusione tecnologie sofisticate e costose di cui le amministrazioni non sono dotate330.

Da queste prime osservazioni sui ricordati aspetti del Codice dell’amministrazione digitale si deduce che il percorso intrapreso dal legislatore non ha permesso di risolvere il problema della disorganicità del quadro istituzionale e normativo, per la mancanza di una completa visione d’insieme di tutte le norme attinenti a questa materia, e dei molteplici problemi che da essa possono derivare (privacy, sicurezza dei dati e dei documenti, comunicazione pubblica, partecipazione al procedimento, diversi tipi di firma, valore giuridico del documento informatico, etc.). Ad avviso della dottrina, nel momento in cui il legislatore decida di procedere ad una codificazione è ovvio che debba necessariamente compiere un’opera di ricognizione esauriente ed analitica della copiosa normativa di riferimento, riuscendo così ad estrapolare i principi e le linee fondamentali per questo intervento normativo innovativo e strategico, costituendo il suo impianto essenziale331.

Solo con una codificazione realizzata in questi termini, così come indicato dal Consiglio di Stato e dalla dottrina, diviene possibile avviare una fase di innovazione della pubblica amministrazione meno sperimentale, più operativa e sistematica, rinnovando e rafforzando la cultura giuridica in funzione della costruzione di una vera e propria ‹‹teoria giuridica dell’attività amministrativa digitalizzata››332

.

330 Cfr. F. B

ASSANINI, S. PAPARO, G.TIBERI, Qualità della regolazione: una risorsa per competere, in L. TORCHIA,F.BASSANINI (a cura di), cit., p. 122 ss.

331 Cfr. I. D’E

LIA, Processo e tecniche di normazione nel riassetto in corso in materia di società

dell’informazione, cit., p. 55 ss.

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7. Norme di principio e norme programmatiche all’interno del Codice dell’amministrazione