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I risultati della sperimentazione avviata dall’Accordo Stato Regioni del 12 febbraio

Contesti territoriali, capacitazioni istituzionali e individuali: l’integrazione tra politiche attive e passive del lavoro

3.6 I risultati della sperimentazione avviata dall’Accordo Stato Regioni del 12 febbraio

In questo paragrafo cercheremo di quantificare la portata della sperimentazione avviata con l’Accordo Stato Regioni in primo luogo attraverso l’analisi effettuata dall’Istat sulle diverse misure di cassa integrazione. In seconda istanza esporremo i dati disponibili sull’attuazione dell’Accordo Stato Regioni attraverso le informazioni raccolte dal monitoraggio dell’Isfol e di Italia Lavoro. Nell’ultimo rapporto sulla situazione del Paese l’Istat descrive il ruolo e l’andamento della cassa integrazione negli ultimi vent’anni (Istat, 2012, p. 129), osservando come questo dispositivo “ha consentito di mitigare l’impatto delle fasi cicliche negative sul mercato del lavoro. In particolare, gli interventi di salvaguardia dell’occupazione hanno interessato la crisi del 1992-1993 come quella più recente, ma con ampiezza e modalità diverse sia perché, nel corso degli anni, talune modifiche normative hanno allargato la platea dei soggetti che possono ricorrere allo strumento, sia per le specifiche caratteristiche del ciclo economico nei due periodi”.

Si è fatto ricorso all’uso degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa nazionale già da qualche anno attraverso la delega al lavoro che il governo esercitava per consentire di intervenire con misure emergenziali mediante accordi tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Regioni (Liso, 2008). Infatti, come si può notare nella successiva figura gli ammortizzatori in deroga vengono utilizzati già dal 2005, ma la normativa che ne consente un uso più ampio è intervenuta nel 2009.

Figura 3.5 Ore autorizzate di Cassa integrazione per tipologia di intervento - Anni 1990-2011 (composizioni percentuali)

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Per quanto gli interventi di cassa integrazione, nel 2009 l’incremento rispetto a un anno prima avviene repentinamente (+301,3 per cento) e prosegue nel 2010 (+31,1 per cento), raggiungendo il massimo storico di circa 1,2 miliardi di ore autorizzate. Con il progressivo miglioramento delle condizioni cicliche, gli interventi della Cig sono andati contraendosi nella parte finale del 2010 e nel 2011 (-18,8 per cento). Nonostante tale andamento, il numero di ore autorizzate nella media del 2011 (973 milioni) si mantiene su livelli molto elevati nel 2009. Per contrastare gli effetti recessivi sul mercato del lavoro, il ricorso alla Cig straordinaria viene esteso ad imprese escluse a causa della loro dimensione e a comparti non coperti dalle norme generali (imprese artigiane, quelle dei servizi e agli apprendisti). Inoltre, insieme all’ampliamento delle somme stanziate dallo Stato e dalle Regioni, si provvede alla proroga di precedenti interventi giunti a termine, cosicché assume un ruolo sempre più rilevante la cosiddetta cassa in deroga.

Nella crisi di questi anni, a differenza di quella degli inizi degli anni ’90, le imprese utilizzano le diverse tipologie della Cig con una successione temporale precisa. Ciò dipende soprattutto dalla programmazione regionale che attraverso gli accordi tra parti sociali predilige seguire un percorso guidato che prevede in ultima istanza la sospensione con cassa integrazione straordinaria per dilazionare il più possibile il ricorso alla mobilità.

Nel 2009, sebbene crescano tutte le tipologie, la Cassa ordinaria registra una vera e propria impennata (+410 per cento, pari a circa 463 milioni di ore in più rispetto a un anno prima), arrivando ad assorbire circa il 63 per cento delle ore autorizzate totali. Nel 2010, a fronte della discesa della componente ordinaria (-40,7 e -32,9 per cento, rispettivamente, nel 2010 e 2011), la componente straordinaria, orientata ai processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, aumenta in misura significativa (+125,3 per cento, pari a circa 270 milioni di ore in più su base annua), per poi ridursi solo moderatamente nel 2011 (-12,8 per cento). L’andamento della Cig in deroga segue quello della componente straordinaria, ma con ritmi di crescita decisamente più accentuati nel biennio 2009-2010 (+335,1 e +204,4 per cento) e una contenuta flessione nel 2011. Di conseguenza, l’incidenza della componente straordinaria, posizionatasi intorno al 40 per cento nel 2010, si porta al 43,5 per cento nel 2011 e quella della Cig in deroga, da una quota di poco superiore al 13 per cento nel 2009, arriva a rappresentare nel 2011 un terzo del totale delle ore autorizzate. Tutto ciò consente di poter allungare i tempi affinché certe aziende in difficoltà riescano poi a riavviare la produzione dopo le dovute ristrutturazioni, per altre invece si allunga l’agonia. Tutto ciò manfesta una esplicita finalità difensiva di tali misure, anche per salvaguardare l’occupazione e i consumi interni. Con l’affiancamento di politiche attive del lavoro vi è l’intenzione di facilitare percorsi di riqualificazione dei lavoratori e la ricollocazione.

Metteremo ora in evidenza i dati di attuazione dell’accordo differenziando i diversi sistemi regionali, sia per quanto riguarda la capacità di implementare gli interventi di politica attiva del lavoro, sia di assorbire i colpi inflitti dalla crisi in questi anni. In questo modo riteniamo di poter evidenziare elementi di “capability istituzionale e territoriale”. Si tratta di una variabile determinante affinché vi siano possibilità di sviluppare capacitazioni e funzionamenti individuali.

In primo luogo possiamo fare riferimento alla quantità di persone coinvolte nella sperimentazione. Si tratta del numero di unità produttive (aziende e sedi aziendali) e dei lavoratori che sono state interessate da provvedimenti in deroga. Le aziende in previsione di situazioni di forte difficoltà potevano fare comunque richiesta preventiva ma non necessariamente erano obbligate ad usufruirne. In questo caso il rapporto tra numero di unità produttive e lavoratori autorizzati e quanti effettivamente ne hanno fatto ricorso costituisce una misura della percezione della crisi e della capacità di attivazione dei territori. Il numero di aziende e lavoratori che nei diversi anni hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali in deroga ci consegna una misura della persistenza delle difficoltà che un territorio sta attraversando. Da una parte palesa la presenza di un tessuto produttivo che viene colpito dalla crisi, dall’altro lato l’eventuale assorbimento di capitale umano o il non rinnovo degli ammortizzatori in deroga costituisce un segnale della reattività del tessuto produttivo.

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Questa è la chiave interpretativa delle analisi longitudinali a 12 e 24 mesi effettuate su due tipologie di ammortizzatori sociali. Rispettivamente i lavoratori in CIG e in mobilità in deroga. La prima tipologia riguarda lavoratori che avevano concluso il trattamento della CIG nel 2009 e la seconda è composta da lavoratori che lo avevano concluso nel 2010. Questi due gruppi sono stati seguiti nei 12 mesi successivi ed è stato verificato il cambiamento di status occupazionale. L’analisi longitudinale ha coinvolto coloro che hanno iniziato il trattamento di mobilità in deroga nel 2009, anche in questo caso rilevando il numero di lavoratori in mobilità (deroga ed ordinaria) nei 24 mesi successivi per quanto concerne l’eventuale cambiamento di status occupazionale (almeno un rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato).

Ma cominciamo in primo luogo riferendoci alla dimensione del fenomeno. Nel 2009 i numeri complessivi di unità produttive e quindi lavoratori che hanno ottenuto autorizzazione a fruire di cassa integrazione e mobilità in deroga erano rispettivamente 35.756 unità produttive per 291.205 lavoratori. Questi numeri sono lievitati nel 2010, 47.063 unità produttive pari 432.342 lavoratori, a dimostrazione che la percezione sulla situazione economica non era ottimistica ma si stava aggravando. Nel 2011 invece pur rimanendo la numerosità delle unità produttive pressoché costante (47.066), a significare che lo stato di crisi per le aziende non cambia, diminuisce il numero di lavoratori per cui si sono ottenute le autorizzazioni (400.127). Ma se la richiesta di CIG in deroga può costituire anche una misura cautelativa che presuppone situazioni di difficoltà, quella di mobilità in deroga dimostra un perdurare delle difficoltà per cui la soluzione è il licenziamento degli addetti. Infatti nel 2011, rispetto al 2010, le autorizzazioni per la CIG in deroga sono in leggera flessione, al contrario per la mobilità in deroga si registra un considerevole aumento. Infatti, la tabella seguente mostra che le autorizzazioni concesse per lavoratori in CIG in deroga sono costituite per il 52,3% da proroghe concesse nel 2010, mentre tra le mobilità in deroga le proroghe sono il 32,2%, a significare che nel 2011 per la quasi metà delle CIG in deroga si tratta di nuove autorizzazione, mentre per i due terzi delle mobilità nel 2011 sono costituite da nuove autorizzazioni a licenziare.

Per quanto concerne le differenze territoriali si distingono Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto che raccolgono per valori assoluti quasi la metà dei lavoratori italiani autorizzati per la CIG in deroga 2011. Umbria, Puglia, Calabria, Marche e Abruzzo, pur con valori assoluti decisamente diversi, evidenziano un contesto produttivo che sta soffrendo di più (rapporto con la media degli occupati a tempo indeterminato).

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Tabella 3.4 CIG e mobilità in deroga 2011 - Distribuzione percentuale del n. max lavoratori e unità produttive da accordi per tipo di concessione. In rapporto alla media delle aziende e degli occupati a tempo indeterminato. Anno 2011

Media occupati a T. ind 2011 Media imprese attive 2010 % lavoratori in AASS / tot occupati a t. ind. % U. P. in AASS/totale imprese

CIG in deroga Mobilità in deroga

Unità produttive 2011 Lavoratori 2011 lavoratori Proroghe dal 2010 Prima conces.ne lav. 2011 Unità produttive 2011 Lavoratori 2011 lavoratori Proroghe dal 2010 Prima conces.ne lav. 2011 ABRUZZO 319.668 86.443 4,1 1,0 882 10.653 41,9 58,1 7 2.346 0,3 99,7 BASILICATA 117.406 32.173 2,6 0,6 58 1.438 44,8 55,2 139 1.639 95,1 4,9 CALABRIA 320.082 99.786 4,7 3,5 431 7.206 53,8 46,2 3.062 7.781 49,3 50,7 CAMPANIA 974.514 307.118 3,3 0,4 923 29.242 40,2 59,8 257 2.876 84,2 15,8 E.ROMAGNA 1.278.698 342.387 2,9 1,5 4.662 35.211 58,7 41,3 392 2.046 0,8 99,2 F. V. GIULIA 354.501 77.559 1,8 0,9 705 5.336 48,2 51,8 7 972 5,1 94,9 LAZIO 1.545.952 366.723 1,9 0,5 1.315 23.815 47,5 52,5 697 5.134 33,9 66,1 LIGURIA 404.794 115.955 1,8 0,8 686 6.454 45,9 54,1 233 744 6,4 93,6 LOMBARDIA 2.964.580 730.418 1,9 1,0 7.325 53.077 53,9 46,1 37 1.894 n.d. n.d. MARCHE 413.473 118.574 4,4 2,1 2.460 16.477 55,2 44,8 10 1.883 0,4 99,6 MOLISE 65.525 19.391 3,7 0,5 103 1.463 25 75 2 982 n.d. n.d. PIEMONTE 1.229.882 305.360 3,4 1,5 4.526 40.794 56,2 43,8 15 1.254 35,2 64,8 PUGLIA 730.546 227.640 4,7 0,8 1.698 24.936 66,3 33,7 47 9.464 31,8 68,2 SARDEGNA 366.325 97.806 3,7 1,6 1.119 9.966 53,8 46,2 482 3.551 51,1 48,9 SICILIA 869.404 243.376 1,3 0,3 462 9.370 34,9 65,1 359 1.777 58,3 41,7 TOSCANA 953.394 300.984 3,1 2,0 4.460 27.888 52,5 47,5 1.654 1.841 0 100 P.A. TN* 154.021 36.553 0,0 0,0 6 24 n.d. n.d. 1 10 n.d. n.d. P.A. BZ 152.834 39.134 0,0 0,0 3 28 n.d. n.d. 1 1 n.d. n.d. UMBRIA 231.361 62.464 5,2 3,4 1.838 11.625 55,6 44,4 289 372 5 95 V. D'AOSTA 36.049 10.781 0,5 0,4 31 181 56,6 43,4 8 13 27,3 72,7 VENETO 1.454.108 364.809 2,6 1,6 5.657 35.112 45,4 54,6 17 3.251 0,4 99,6 Italia 14.937.117 3.985.434 2,7 1,2 39.350 350.296 52,3 47,7 7.716 49.831 32,2 67,8

Fonte: elaborazioni su dati Isfol e Italia Lavoro Spa * Disponibili dati solo accordi MLPS

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Per quanto concerne l’attuazione dell’accordo Stato Regioni in termini di ammortizzatori sociali e prestazioni erogate ci riferiremo alle elaborazioni effettuate (Isfol e da Italia Lavoro S.p.A) sui micro- dati del Sistema Informativo dei Percettori di Prestazioni a Sostegno del Reddito dell’INPS (SIP). Questa banca dati è stata costruita dall’INPS per la sperimentazione e per una descrizione più dettagliata della banca dati si rimanda al report delle due strutture tecniche del Ministero del Lavoro e Politiche Sociali (2012). In particolare le due agenzie hanno costruito una banca dati unitaria volta a tenere traccia di tutte le prestazioni a sostegno del reddito in essere dal 1 gennaio 2009 al 31 dicembre 2011.

E’ necessario sottolineare che l’implementazione dell’Accordo Stato Regioni del 12 febbraio 2009 non ha seguito una tempistica coordinata tra tutte le Regioni e molte amministrazioni hanno convolto anche i lavoratori sospesi antecedentemente all’avvio delle attività esito dell’Accordo. In linea generale i dati fanno riferimento al triennio 2009-2011, con il rischio di un sovradimensionamento dei lavoratori coinvolti in quanto alcuni di loro sono stati sospesi prima dell’avvio degli interventi previsti dall’Accordo.

Inoltre, per quanto concerne lo strumento aggiuntivo previsto dall’art. 19 della L. 2/2009, cioè il sostegno al reddito per sospensione, è previsto il contributo dell’Ente bilaterale nella misura non inferiore al 20% dell’importo complessivamente erogato. Nel caso ciò non avvenga (assenza dell’Ente bilaterale o non iscrizione dell’azienda alla bilateralità) i periodi di tutela (previsti dall’art. 19, comma 1, della L. 2/2009) si considerano esauriti ed i lavoratori possono accedere direttamente ai trattamenti in deroga alla normativa vigente. Nel triennio 2009-2011, la maggior parte di questi trattamenti (disoccupazione sospesi) si è concentrata in quattro regioni: Veneto (47.012), Emilia Romagna (12.871), Marche (16.848), Friuli V.G. (10.298). L’applicazione di questa tipologia di tutela, già dai primi mesi, ha incontrato numerose difficoltà di attuazione per cui in diversi territori non è stata più riproposta. In Veneto e in misura parziale nel Friuli V.G. e nelle Marche è entrata a regime una procedura di contribuzione con il coinvolgimento diretto degli Enti bilaterali (primi 90 giorni di sospensione) e successivamente con la CIG in deroga.

Nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011, sono state erogati complessivamente 730.434 trattamenti in deroga di cui 660.916 trattamenti di CIG in deroga (a pagamento diretto) e 69.530 trattamenti di indennità di mobilità in deroga. Questi trattamenti sono stati fruiti da 507.025 lavoratori e una parte di loro, in particolare 163.948 persone, pari al 32,3% del totale, ha usufruito di più di un trattamento tra CIG in deroga e mobilità in deroga.

L’identikit del percettore (in deroga) è maschio (303.101, 59,8%), delle classi centrali di età (26-55 anni, 81,7%), con una età media di 42,5 anni, dipendente di aziende micro e piccole del centro-nord. Nelle classi di età 26-45 vi è una rappresentanza femminile lievemente maggiore (43%) a differenza di quelle estreme, più giovani e più anziane, decisamente più contenute perché rispettivamente al 12% e al 6,2% del totale, in esse la presenza maschile si avvicina al 70%. Infatti, i maschi si avvicinano mediamente ai 40 anni mentre le femmine ai 44 anni. Nel 52,3% dei casi si tratta di un lavoratore lombardo, veneto, piemontese o emiliano-romagnolo, in quanto questi territori costituiscono il polmone produttivo e vi è una forte concentrazione di PMI. Ma i sistemi occupazionali (incidenza sul numero di occupati a tempo indeterminato) che dimostrano di soffrire di più sono quelli del Molise, delle Marche, della Puglia, della Calabria e dell’Umbria (figura 3.6). Considerando le unità locali che hanno utilizzato tali strumenti (98.385), si tratta per il 56% di micro e piccole realtà produttive cioè di dimensioni aziendali da 1 a 5 addetti, mentre il 31% nella classe 6 e 19 addetti. Quelle di maggiori dimensioni sono decisamente sottodimensionate. Per ciò che concerne i settori produttivi, si mette in evidenza il ricorso preponderante a tali strumenti di sostegno da parte del settore manifatturiero, che nel corso delle annualità 2010 e 2011, vede diminuire il suo peso specifico a favore del macrosettore dei servizi (escluso il commercio) che, proprio nel mese di dicembre 2011, raggiunge la quota del 35% del totale dei trattamenti attivi nello stesso mese.

Queste prime evidenze territoriali descrivono quanto certi sistemi produttivi siano stati sollecitati nonostante si tratti di contesti produttivi ampi e piuttosto solidi come quelli del Nord Italia. Ad essi si aggiungono anche quelli delle Marche e dell’Umbria e anche quello pugliese (che si è dimostrato

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distinguersi in questi ultimi anni dal punto di vista economico-produttivo tra i territori del Mezzogiorno).

Ma soffermiamoci ora sull’offerta di politiche attive del lavoro che le Regioni sono state in grado di organizzare in un tale ridotto periodo di tempo, soprattutto alla luce delle carenze che abbiamo esplicitato nella distribuzione dei servizi per il lavoro a livello territoriale.

Figura 3.6 Percettori di sostegno al reddito in deroga nel triennio 2009-2011 e tasso di coinvolgimento negli AASS in deroga degli occupati a TI nel settore privato. Disaggregazione per regione di residenza.

Fonte: elaborazioni su dati Isfol e Italia Lavoro Spa