• Non ci sono risultati.

Gli strumenti messi a disposizione per la gestione della cris

D I servizi fruit

D. Gli strumenti messi a disposizione per la gestione della cris

Le attività formative erogate in abbinamento agli ammortizzatori sociali in deroga sono state frequentate dai lavoratori, ma secondo i presenti, si è trattato di “formazione inutile”. Era un corso di durata brevissima (due giornate) per i lavoratori in cassa integrazione in deroga gestiti dai dipendenti della Regione. Per i lavoratori si è trattato di due giorni inutili.

La formazione che vorrebbero è quella on the job: cioè intendono fare formazione lavorando e percependo una retribuzione.

Secondo la platea l’integrazione tra politiche attive e passive è esclusivamente favorevole ai datori di lavoro.

C→”Si è trattato di chiacchiere inutili. A cosa possono servire due mezze giornate di formazione? Io attualmente sto

facendo il parassita, che posso fare in cassa integrazione? Se si pensa di arrotondare con piccoli lavoretti, i rischi sono elevati e si viene solo sfruttati. Sarebbe allora opportuno che le attività di formazione, promosse dalle istituzioni fossero in linea con le competenze/conoscenze acquisite, magari anche in vista di un’attività da avviare in proprio.

B→“Oggi noi non possiamo progettare una formazione utile per il nostro futuro: neppure le istituzioni sanno su quale

tipo di formazione investire. Per me fare formazione significa seguire attività formative legate al lavoro, percependo la retribuzione, e non frequentare corsi di formazione esclusivamente teorici, non legati alla pratica.

Alcuni lavoratori hanno ricordato l’esperienza di lavori socialmente utili, per qualcuno ‘inutili’.

Nel corso della discussione si riconosce che alcuni LSU possono costituire una buona chance per i lavoratori fuoriusciti dal mercato del lavoro, pur essendo un’ottima opportunità soprattutto per il datore di lavoro che utilizza forza lavoro sostenendo un minor costo. Taluni lavoratori che, in passato, sono stati impegnati in LSU ritengono, però, che non sempre questo tipo di impiego sia qualificante.

A→Il lavoro che svolgo come LSU presso la Municipalizzata, insieme agli altri miei colleghi, è dignitoso, ha determinato

reali benefici alla comunità e per me rappresenta una vera speranza per il futuro. Nell’azienda di appartenenza io ero un caporeparto, ora, dopo 14 anni di lavoro in quell’azienda, sono un LSU. Forse, un giorno, potrei entrare nella Municipalizzata magari attraverso un concorso in cui l’esperienza di LSU sia un requisito di preferenza. Certo, a 43 anni non posso pensare di andare al Nord per trovare lavoro.

La validità dei LSU è legata alla capacità delle istituzioni coinvolte nel gestire questi lavoratori e nel programmare le attività in modo veramente proficuo per il lavoratore e la comunità di appartenenza.

H→In passato ho svolto LSU, ma il tipo di impegno era assolutamente ripetitivo: tagliavo l’erba tutti i giorni nei

giardini della scuola del paese in cui vivo. Non si trattava di un’attività veramente utile per la comunità. Mi sembrava un modo per prendersi in giro.

Alcuni lavoratori ritengono che gli strumenti di sostegno al reddito sono insufficienti rispetto alle esigenze dei singoli e delle famiglie e spesso diventa necessario lavorare in nero. Sarebbe opportuno che i sussidi economici fossero utilizzati per promuovere nuove attività, anche se taluni reputano questo tipo di incentivi come insufficienti. Qualcuno affronta anche la questione delle politiche di sviluppo attivate per il Mezzogiorno di natura squisitamente assistenziale e capaci di produrre solo grandi “cattedrali nel deserto”, senza determinare occupazione e crescita a livello locale.

N→I sussidi che vengono erogati attualmente per i disoccupati sono sicuramente insufficienti, ma almeno riescono a

coprire parte dei fabbisogni di numerose famiglie. Gli incentivi, invece, che sono stati erogati agli imprenditori per gli insediamenti produttivi nelle nostre aree industriali hanno favorito pochi e non hanno prodotto nemmeno sviluppo per il territorio e la popolazione.

H→ “L’idea di avviare un’attività autonoma, magari con contributi statali, può essere una soluzione, ma il sistema è

117

Dalla discussione emerge che per superare la crisi i lavoratori si vedono costretti a beneficiare del solo sussidio e a fare qualche lavoretto per arrotondare. Non sono spinti a riprogettare un nuovo percorso di vita in vista di un futuro professionale diverso. In generale, a parte lavoretti saltuari ‘in nero’, i lavoratori intervistati non si sono attivati in modo autonomo per affrontare la crisi. In generale, i presenti ritengono che la crisi economico- finanziaria, le tasse e la malavita sono fattori capaci di bloccare qualsiasi iniziativa: a ciò poi si aggiunge il fenomeno dell’evasione fiscale.

Solo una persona dichiara di essersi impegnato in attività di studio o formazione.

D → “Io ho 34 anni e per garantirmi un futuro professionale migliore ho deciso di completare gli studi. Durante il

periodo di cassa integrazione, ho seguito un corso di formazione in modo del tutto autonomo e ho conseguito la qualifica di perito industriale e mi sono abilitato. Tuttavia, in seguito mi sono iscritto all’Albo dei periti industriali per poter eseguire prestazioni autonome, versando circa 300 euro l’anno per mantenere l’iscrizione. Ma poi mi sono reso conto che non mi conveniva.

Infatti, il sussidio percepito (899 euro) come cassaintegrato, stando a casa, senza rischi e senza spese, è più o meno equivalente a quanto avrei percepito facendo un’attività autonoma, regolarmente dichiarata, come libero professionista. Allora, mi chiedo mi conviene avviare un attività in proprio?

Forse, per avere un vantaggio concreto, dovrei imbrogliare, dovrei rubare?

Le istituzioni ci devono mettere in condizioni di poter lavorare, senza troppi lacci e laccioli. Le idee ci sono, lo spirito di iniziativa non manca, ma purtroppo il sistema attuale è eccessivamente restrittivo.

Spesso l’Ispettorato del Lavoro effettua controlli stringenti sui cassintegrati o su quelli in mobilità, ma non verifica chi nel pubblico impiego svolge una seconda attività in nero.

Io sono vigile del fuoco discontinuo, cioè svolgo un servizio volontario per 18 giornate all’anno, e vedo alcuni di quelli effettivi/permanenti che oltre il lavoro come vigile, cioè come dipendente pubblico, fanno lavoretti saltuari in nero.

E mi chiedo ancora: è possibile che un dentista possa produrre una dichiarazione dei redditi con un importo inferiore a quello dichiarato da me? ”

Gli intervistati lamentano una totale inefficienza dei servizi per l’impiego: il rapporto con questi è inesistente; ritengono gli operatori del CIP poco informati e il meccanismo di incrocio domanda/offerta di lavoro funziona in modo distorto. Sono i lavoratori stessi che vanno alla ricerca dell’azienda che li deve assumere.

D →”Gli operatori del Cip ci hanno fornito un modulo da portare alle aziende per chiedere di lavorare. Siamo noi che ci

dobbiamo presentare alle aziende, senza alcuna intermediazione da parte degli uffici del CIP, e chiedere di lavorare. Eppure qui al CiP hanno informazioni sulle aziende che assumono.

Il CiP così come è strutturato non funziona: c’è solo uno spreco di denaro pubblico. Spesso sono proprio gli operatori del Cip che consigliano a chi vuole rinunciare alla cassa integrazione e trovare un nuovo impiego di mantenere il sussidio, piuttosto che cercare qualcosa altro.

Forse, qui il costo della vita è tale che il sussidio che mi viene erogato non mi consente di andare a mangiare la pizza quattro volte al mese. Pazienza! Ormai mi sono abituato a vivere con 800 euro al mese. Vuol dire che andrò una sola volta in pizzeria.”

4.9.2 Il focus group realizzato presso la sede Isfol di Benevento A. Informazioni generali e di contesto

Hanno partecipato al focus group 7 lavoratori in cassa integrazione provenienti dalla Tessival Sud, un’azienda tessile collocata nel territorio di Airola, in Provincia di Benevento.

Nata nel 2004 la Tessival ha avviato le prime procedure di messa in cassa integrazione già nel 2008, a soli quattro anni dall’avvio delle attività. La breve storia produttiva dell’azienda ha lasciato non pochi interrogativi nei lavoratori, che ancora oggi si chiedono come sia possibile che chi aveva la responsabilità non

118

abbia fatto niente per far crescere una struttura ultra moderna, per la cui costituzione sono stati investiti 150 milioni di euro di finanziamenti pubblici.

Secondo uno dei lavoratori intervistati è sbagliato il modo in cui vengono concessi i finanziamenti pubblici, in quanto seppure ci siano dei vincoli da rispettare da parte delle aziende beneficiarie basta poco per smontare

tutto appena giunti alla data posta come limite minimo entro cui l’attività non può assolutamente cessare. Un altro

interrogativo emerso nel corso della discussione riguarda la scelta di investire in un settore, come quello tessile, che in quel momento storico era già in crisi, anziché in uno di quelli con prospettive di crescita che oggi hanno risentito solo in maniera marginale gli effetti della crisi.

Sembra addirittura che in contemporanea alla Tessival anche un’altra grossa azienda fosse interessata ad investire in quel territorio, ma a detta di uno dei lavoratori rappresentante sindacale, non si è giunti ad una soluzione che avrebbe portato 2.000 assunzioni perché le istituzioni competenti non avrebbero accettato la richiesta della GETRAG (questo il nome dell’azienda di cui si parla, che ha scelto poi di aprire un nuovo stabilimento nella Provincia di Bari, l’azienda produce cambi e soluzioni di trazioni per l’industria automobilistica, tra cui MERCEDES e BMW). Il lavoratore B, a questo proposito, ha sottolineato la rigidità della suddetta azienda nelle procedure di assunzioni così come nei percorsi di formazione dei suoi dipendenti, lasciando intendere quanto sia proficuo per il successo di un’azienda la selezione di personale competente adeguatamente formato.

Tutti gli intervistati sono residenti a Montesarchio, Comune distante pochi chilometri dalla sede della fabbrica presso cui lavoravano. Solo 2 dei partecipanti sono donne, rispettivamente di 29 e 33 anni, per tutti gli altri l’età oscilla tra i 32 ed i 47 anni.

Nella parte introduttiva di presentazione tutti hanno dichiarato di essere operai assunti in occasione dell’apertura del complesso tessile ad Airola. Nessuno di loro ha frequentato un corso di formazione specifico in merito alle mansioni che avrebbe dovuto svolgere all’interno dell’azienda, le competenze sono state sviluppate attraverso l’affiancamento sul campo tra colleghi. In alcuni casi non era previsto neanche lo svolgimento di una specifica mansione, ognuno si è prestato a svolgere i compiti che gli venivano di volta in volta assegnati dai responsabili.

Nonostante la forte diffidenza iniziale da parte dei lavoratori, il colloquio si è svolto in un clima sereno ed informale, tanto che tutti i partecipanti hanno acconsentito senza nessuna remora a videoregistrare la discussione.

Nello schema seguente si riportano alcune brevi caratteristiche dei partecipanti. Ad essi, ai fini di tutela della privacy, come anche nelle trascrizioni contenute nei paragrafi successivi, è stata assegnata una lettera di riferimento.

Lettera di

riferimento

Genere Età Ultimo lavoro svolto Settore

A F 33 operaia Tessile B M 38 operaio Tessile C F 29 operaia Tessile D M 38 operaio Tessile E M 45 operaio Tessile F M 32 operaio Tessile G M 47 Operaio/sindacalista Tessile

B. Percezione della propria condizione

L’intervista è stata preceduta dal racconto dell’esperienza di uno dei lavoratori, al quale è stato revocato il diritto alla cassa integrazione in quanto ha dichiarato in ritardo all’INPS di aver lavorato un mese come bagnino presso una piscina della zona. Il suddetto lavoratore, pur non avendo percepito la cassa integrazione contemporaneamente allo stipendio di bagnino, è stato additato come truffatore ed in quanto tale gli è stato chiesto di restituire l’intero importo ricevuto fino a quel momento come sostegno al reddito.

Dopo le presentazioni iniziali, il lavoratore F ha esordito descrivendo la condizione dei cassa integrati e definendoli “persone sospese”. “A suo dire, infatti, un lavoratore in cassa integrazione non può progettare il proprio

119

futuro, non può decidere di sposarsi, di mettere al modo dei figli, non può decidere di comprare casa perché non ha la possibilità di aprire un mutuo, è libero solo di rimanere in balia degli eventi. La condizione del cassa integrato è tristissima, siamo tutti giovani, viviamo sospesi, noi siamo una generazione che non può progettare il proprio futuro” è

l’espressione con la quale il suddetto ha introdotto la cruda descrizione della condizione dei lavoratori sospesi.

Questa condizione mette sempre più in discussione la fiducia nelle istituzioni, anche perché, alla luce di quanto sta accadendo in Fincantieri (dopo 2 anni di CIG l’azienda ha minacciato di chiudere il cantiere di Castellamare di Stabia in maniera definitiva), la paura di perdere pure la cassa integrazione diventa sempre più forte.

In merito all’interrogativo circa la percezione della sospensione da parte dei lavoratori uno di loro ha confessato che già durante il suo primo giorno di lavoro qualcuno gli ha chiesto perché avesse scelto di lavorare lì visto che l’azienda prima o poi avrebbe chiuso. Lo stesso lavoratore non ha esitato a dichiarare che la qualità delle tele da loro prodotte non era delle migliori, tanto che non sarebbero state acquistate neanche sulle bancarelle di un mercato rionale. “Si lavorava giusto per…..è questo che mi ha fatto

venire dei dubbi, è un grosso punto interrogativo”.

A questo punto è intervenuto il lavoratore sindacalista che ha illustrato ai presenti la storia del polo tessile di Airola. Tutto è partito da un sito dismesso della ex Pirelli, nel quale si producevano i cavi telefonici per la SIP, all’epoca in cui è iniziato il fenomeno della delocalizzazione delle aziende nei Paesi dell’est. In quegli anni è stato proprio l’allora commissario europeo Monti a promuovere uno studio di fattibilità con il quale cercava di spronare le aziende tessili ad investire nel territorio di Airola, facendo credere a tutti che si trattava di un’iniziativa importante.

In seguito alla stipula del contratto d’aria che prevedeva una pluralità di aziende, il proprietario della Tessival sdoppiò l’azienda in Tessival Sud e Benfil srl. Da quel momento i lavoratori cominciarono ad intuire che c’era qualcosa che non andava, l’unica cosa certa in quella fase era l’intenzione dei vertici aziendali di accaparrarsi i finanziamenti pubblici stanziati.

Alla luce di una situazione, come quella emersa nel corso dell’intervista, poco lusinghiera è stato chiesto ai partecipazione di spiegare il modo in cui vivono l’attuale condizione di sospensione. Ancora una volta ha preso per primo la parola il lavoratore B, il quale è fermamente convinto che per ottenere qualche risultato significativo sia necessario unire le forze e non pensare ognuno alla propria situazione come fanno un pò tutti. “Siamo abituati che ognuno si vede i fatti suoi” (espressione dialettale per dire che ognuno si preoccupa solo della propria condizione).

È intervenuto a seguire il lavoratore F ricordando che chi ha qualcuno alle spalle può anche sperare di trovare una collocazione alternativa, ma per chi come lui è un diplomato alla prima esperienza lavorativa e che solo grazie a quel lavoro ha avuto l’opportunità di aprire il primo conto in banca, di comprare la prima macchina è tutto molto difficile. “Noi ci affacciavamo alla vita, oltre che al lavoro, ma ad un

certo punto ci hanno troncato tutti i progetti…, non conti, seppure volessi comprare una lavatrice non posso.

Anche di fronte alla richiesta circa la possibilità di spostarsi i lavoratori hanno dimostrato molta diffidenza: c’è chi avrebbe molte difficoltà a trasferirsi perché nel frattempo ha avuto dei figli, ha messo su famiglia; ma anche chi è giovane non nutre particolari speranze nell’eventualità di trovare lavoro altrove come accadeva in passato. Gli intervistati hanno piena consapevolezza che il momento storico che stiamo vivendo è difficile ovunque e per tutti, sono lontani i tempi in cui il disoccupato del Sud andava a fare fortuna al Nord.

La stessa sfiducia viene riposta anche nella formazione professionale.

Anche le due lavoratrici presenti hanno frequentato dei corsi di formazione (informatica, inglese, OSA), ma senza nessun riscontro positivo dal punto di vista occupazionale. A questo proposito, con un tono abbastanza rassegnato, chi si è attivato frequentando a proprie spese corsi di formazione ha fatto notare che allo stato attuale non c’è alcuna differenza rispetto ai lavoratori che, al contrario, non hanno fatto alcun tipo di formazione. Tutti, infatti, sono ancora senza lavoro e quello che è più grave senza grandi prospettive per il futuro. L’unica loro speranza è che l’azienda riprenda l’attività. Ciò non significa che la formazione non sia considerata importante dagli intervistati, ma, come hanno sottolineato tutti i presenti, affinché produca benefici è necessario che sia finalizzata all’acquisizione di competenze indispensabili allo svolgimento di un’attività lavorativa.

120

L’attesa e la speranza che l’azienda riapra, secondo quanto dichiarato dalla lavoratrice C, impedisce ai lavoratori di guardare oltre, non solo per quanto attiene al versante occupazionale. La suddetta lavoratrice, infatti, avrebbe dovuto sposarsi ma ha preferito aspettare in attesa di tempi migliori.

In sintesi, attualmente i lavoratori cassa integrati vivono in un limbo, in cui l’unica certezza è la diffidenza nelle istituzioni. Qualcuno ha specificato “siamo congelati e la nostra attesa non è neanche gradevole,

perché se sapessi che fra 2 anni le cose si sistemeranno vivrei bene anche questo momento di sospensione, la cosa migliore per noi sarebbe la nascita di una grossa azienda qui da noi”. Tale diffidenza è acuita dalle difficoltà in cui si

imbattono nel tentativo di essere ascoltati da chi ha il potere di decidere. I lavoratori raccontano che sono più di 6 mesi che attendono un incontro con il ministro dello sviluppo economico e non va meglio con la Regione. Per riuscire ad ottenere un appuntamento con un assessore i lavoratori hanno dovuto bloccare la strada principale che, passando per il loro paese, collega Benevento a Napoli. Molta disponibilità e solidarietà, invece, è stata riscontrata da parte della Provincia di Benevento e dal Comune di Airola.

Alla luce di tutto ciò, i lavoratori manifestano di essere stanchi delle promesse dei politici che durante gli incontri

si mostrano disponibili, ma che subito dopo dimenticano gli impegni presi. Sembra che dei politici sia anche la

responsabilità della mancata apertura di uno stabilimento della Getrag, l’azienda di cui si è scritto precedentemente, che ha investito a Modugno (BA) anziché ad Airola (BN). Per le settimane successive al focus group sono in programma numerose manifestazioni di protesta.

I lavoratori si sono mostrati disposti ad intraprendere qualsiasi tipo di attività pur di lavorare e come ci ha comunicato il lavoratore G, le forze sindacali si stanno attivando con le istituzioni per individuare una serie di

strumenti attraverso i quali attingere finanziamenti utili a rilanciare l’occupazione locale. Valide soluzioni potrebbero essere il ricorso alla legge 181 ad un Accordo di Programma. Naturalmente il tutto dovrà essere finalizzato a scongiurare la stessa situazione determinata dalla dirigenza della Tessival, che dopo aver investito in zona non ha fatto nulla per scongiurare la sospensione dei suoi dipendenti dopo soli pochi anni di attività.