5. QUALI PERCORSI PER USCIRE DALL'ESCLUSIONE
5.2.1 S.D.S E CENTRO PER L'IMPIEGO: LIMITI E POSSIBILITA'
Come si è potuto vedere nel corso del terzo capitolo, i servizi sociali, attori come il Centro per l'Impiego e la previdenza sociale sono in Italia, come in moti altri paesi europei, enti separati. Per questo motivo sono state somministrate 7 interviste agli operatori e ai responsabili delle aree operative139 della società della salute (SdS) del Valdarno inferiore e un'intervista al Centro per
l'impiego (CPI). Queste interviste sono state effettuate all'interno di un percorso di ricerca- azione molto ampio, portato avanti da un progetto all'interno del laboratorio Lariss; grazie al quale sono state prodotte varie ricerche e pubblicazioni.
Dalle interviste somministrate agli operatori dei servizi sociali è emersa da subito una composizione dell'utenza che è mutata molto negli anni successivi alla crisi economica del 2008:
“Dal 2010 non arrivano più solo le “classiche persone” da servizio sociale. Prima del 2010 il piccolo contributo dava idea di sostenibilità. Ora il contributo di 100,00 euro ad esempio non cambia minimamente il quadro.”
“Le problematiche legate al lavoro sono aumentatene negli ultimi anni; anche chi non ha altre difficoltà da affrontare oltre alla mancanza di lavoro, si trova in una situazione di stallo. (...) Inoltre per le persone che non hanno mai avuto problemi di questo tipo, l’aver perso il proprio impiego ha molte ripercussioni anche dal punto di vista morale. L’altra fascia fortemente colpita dalla perdita del lavoro, riguarda utenti “multi-problematici” i quali devono affrontare difficoltà legate alla fragilità o si trovano già in situazioni di marginalità.(...) Circa il 30/40% di chi è in carico attualmente ai servizi è utenza nuova.”
“Negli ultimi anni c’è stato un incremento della fascia più svantaggiata e scarsamente qualificata che si rivolge al CpI. Si tratta di fasce deboli che molte volte non riescono a trovare un impiego.” (Intervista al CPI)
Secondo gli operatori quindi, la platea degli utenti si è molto estesa negli ultimi anni, e può sostanzialmente essere distinta in due macro categorie: coloro che erano già in carico al servizio (nella maggior parte dei casi utenti multi-problematici e talvolta con problematiche intergenerazionali) ed una nuova parte di utenti che si è rivolta ai servizi in seguito alla perdita
139 La struttura della società della salute del Valdarno inferiore è stata ristrutturata pochi mesi prima dell'avvio del percorso di ricerca azione, nel momento in cui sono state effettuate le interviste vi erano presenti tre aree operative: minori e famiglie, popolazione adulta e anziani.
del lavoro. Questi nuovi utenti tuttavia, in molti casi, conservano ancora il pregiudizio di essere stigmatizzati in seguito all'accesso ai servizi:
“Le persone che accedono al servizio lo fanno per motivazioni molto diverse. Spesso le persone che si rivolgono al servizio sono separate o comunque hanno reti familiari molto deboli. Quasi sempre queste persone si rivolgono al servizio solo quando hanno già tentato tutte le strade e non sanno più a chi rivolgersi.”
Come emerge da queste interviste i servizi sociali sono spesso visti come l'ultima risorsa da dover utilizzare. Sembrerebbe inoltre che gran parte della nuova utenza abbia una rete familiare limitata o con risorse limitate, e questo sembra evidenziare come in questo territorio si tenda tutt'ora a fare affidamento sulla famiglia prima che sui servizi sociali.
La domanda di lavoro in questa area si è molto ridimensionata: si tratta di una zona in cui l'artigianato, attraverso le concerie, svolge un ruolo fondamentale. Anche per questa sua peculiarità legata all'artigianato, i comuni nel tempo hanno attirato una parte consistente di immigrazione, ma la crisi economica ha colpito tutti i lavoratori indistintamente.140 La questione
lavorativa ha poi portato con se un conseguente aggravio nell'ambito abitativo:
“Abbiamo situazioni di persone che si sono comprate casa impegnandosi con i mutui perché lavoravano entrambe i coniugi e poi invece hanno perso il lavoro tutti e due. La mancanza di lavoro crea subito un problema casa. Si vede il problema degli sfratti che sono realizzati con una certa frequenza. La gente non riesce a pagare le bollette.”
Emerge da fin dall'inizio delle interviste la percezione degli operatori di non avere percorsi sufficientemente adeguati, che possano essere messi in campo in breve tempo per riattivare questa nuova fascia si utenza:
“Dove ci sono si cerca di incentivare le persone a riallacciare le loro reti, sopratutto quella familiare che può essere un grande stimolo per riattivare persona e la sua capacità di mettersi in gioco.” Ma allo stesso tempo l'operatrice osserva che: “(...)la presa in carico dei servizi che si limita molte volte ad un contributo economico: “si pretende troppo” da gli utenti senza offrirgli un supporto adeguato.”
140 Sembrerebbe che, mentre le concerie più grandi hanno avuto tutto sommato una tenuta, molte di quelle più piccole sono state costrette a chiudere, salvo alcune eccezioni che hanno saputo reinventarsi in determinati ambiti.
“Lo scopo principale dovrebbe essere quello di riattivare le persone dal punto di vista lavorativo modo da non continuare a erogare delle tantum, il problema in questo senso però è la difficoltà nell’attivare tirocini. Spesso gli adulti in carico a questo settore si affidano anche ad associazioni e cooperative esterne, come il centro di accoglienza notturno, proprio per questo si sente la necessità di una maggiore collaborazione tra i servizi pubblici e non.”
“Attività come l’inserimento lavorativo sono diminuiti, il privato non accetta inserimenti lavorativi, quindi vengono fatti quasi esclusivamente nel pubblico (con giovani-sì per categorie protette, ma c’molta difficoltà anche con la legge 68).”
“C’è un po di difficoltà ad uscire del settore. Non si è voluto fare affidamento sul privato, ci si continua ad affidare sempre al pubblico. La settorialità ha penalizzato l’offerta dei servizi. I programmi messi in atto sono sempre per categorie specifiche, questo porta quindi all’esclusione di altri possibili utenti da quei progetti.”
Emerge infatti dalle interviste come la difficoltà nell'attuare gli inserimenti lavorativi è la maggiore. C'è diffidenza da parte degli enti e questo ne impedisce l'attivazione nel privato, inoltre anche quando si riesce ad attivarli non hanno quasi mai prospettive future.
Gli unici percorsi ad avere una struttura più definita ed un numero maggiora di risorse, sono i progetti che vengono sviluppati intorno a precisi bandi, ma che quindi hanno anche una durata limitata nel tempo.
“Per adesso è attivo un progetto di inclusione sociale gestito con una cooperativa di assistenza domiciliare; è un progetto con un bilancio fortemente positivo che però non ha particolari finanziamenti e rischia di essere interrotto. Nei casi in cui ci sono tensioni familiari tese a causa anche di utenti a carico completo della famiglia intervenire e cercare di alleggerire il peso sulla famiglia, tramite gruppi ed altri tipi di interventi.”
Le varie aree operative dei servizi sociali risultano quindi essere settoriali e senza un'organizzazione volta al loro coordinamento. Gli operatori sembrano concordare che molti interventi sono messi in atto come “tampone” a situazioni emergenziali, senza una progettualità di lungo periodo. C'è molta difficoltà a strutturare e portare avanti i progetti, gli unici che portano a dei risultati sono quelli dove ci sono adeguati finanziamenti. Alcuni operatori hanno evidenziato inoltre come talvolta si tenda a pretendere troppo dagli utenti, che (spesso a causa di una situazione cronicizzata) non riescono ad attivarsi. La sensazione degli operatori è quindi
quella di chiedere agli utenti il raggiungimento degli obbiettivi concordati all'utente, ma quest'ultimo non viene adeguatamente supportato.
La sensazione degli operatori è quindi spesso quella di impotenza, mancanza di risorse e risposte da offrire:
“Non si riusciva a dare risposta a situazioni ad alto rischio di povertà per la sensazione di impotenza del servizio.”
“Manca un pensiero organizzato. Ogni operatore mette in campo la propria visione del servizio”
Questa sensazione di sfiducia è dovuta ance alla continua mancanza di risorse come il tempo che gli operatori riescono a mettere a disposizione degli utenti. I continui tagli al personale hanno portato ad una difficoltà degli operatori attualmente presenti, i quali nonostante abbiano evidenziato la necessità di seguire maggiormente gli utenti non riescono a farlo.
La possibilità di migliorare il funzionamento degli inserimenti lavorativi è probabilmente legata parte alla collaborazione con il Centro per l'impiego e le altre istituzioni presenti nel territorio per costruire una rete realmente operativa e funzionante:
“Non si percepisce fiducia, rispetto agli inserimenti lavorativi di categorie protette, sulle scelte che vengono prese dai servizi e sulla capacità di quest’ultimi di valutare le persone da inserire. (...) Oltre al centro per l’impiego non c’è una rete strutturata. Questa rete di rapporti manca per la mancanza di tempo per coltivarla. Anche la strutturazione di progetti è complessa (...)”
Tuttavia il funzionamento del CPI presenta alcuni limiti, soprattutto legato al collocamento delle fasce più svantaggiate:
“Il centro per l’impiego non è semplicemente un punto di incontro tra offerta e richiesta di lavoro, fa un prima lavoro di “selezione” tra gli iscritti di coloro che presentano determinati requisiti, perché se venissero selezionati utenti non idonei, le aziende potrebbero scegliere di non rivolgersi più al centro. In questo senso ha quindi un’ottica privatistica, più si presenta credibile e agli occhi delle aziende che ricercano un alto target di credenziali tra i possibili lavoratori, più il centro amplierà la platea di coloro che vi si rivolgono. Le capacità professionali di coloro che si iscrivono sono tendenzialmente basse, coloro che hanno alte capacità non hanno bisogno di iscriversi.” (Intervista CpI)
“(...) non ci sono progetti specifici, ma il CpI partecipa a tavoli e progetti partecipati. Esistono alcuni progetti in corso rivolti ad immigrati (...) I progetti sono rivolti soprattutto agli iscritti, alcune volte però sono aperti anche ad altri interessanti (…) Per chi si iscrive al collocamento mirato ci sono alcuni servizi di orientamento e accompagnamento all’attività lavorativa. Il percorso tendenzialmente è standard per tutto gli utenti; un operatore accoglie e segue l’utente che si rivolge al servizio. Le categorie di utenze con le quali il centro è più facilitato a lavorare sono i giovani, soprattutto per esperienze di tirocinio (Garanzia giovani o servizio civile) (...)”(Intervista CpI)
Un ruolo molto importante nella costruzione dei percorsi di aiuto è svolto poi dalla presenza di numerose cooperative ed associazioni di volontariato presenti sul territorio (come vedremo nel paragrafo seguente):
“Con CARITAS ad esempio c’è una collaborazione, si cerca di mettere in atto risposte univoche per gli utenti. Tuttavia non ci sono tavoli di confronto periodici, lo scambio di informazioni avviene sulle singoli situazioni. Oltre a CARITAS i principali interlocutori sono gli operatori del centro di accoglienza notturno e il Centro Per L’Impiego (che fa anche parte del tavolo lavoro).”
“Non ci sono molto margini su questo territorio anche solo per estensione seppur con un terzo settore che funziona. Se il cittadino non sa, magari è indirizzato al servizio da AUSER, MISERICORDIA”
“C’è un tavolo istituzionale riguardante l’immigrazione che si riunisce mensilmente, al quale partecipano; Querce di Mamre, Ass. Arturo, Informa Giovani, CPI, Centro educativo, Centro zonale, Caritas, cooperative ecc. é quindi un importante punto di confronto.”
“Il tavolo casa è composto dalla Sds,dall’ufficio casa, dall’ufficio politiche sociali e dalla Caritas.”
Nel complesso tutti gli operatori hanno espresso la necessità di aumentare il coordinamento sia interno alla SdS, sia esterno, creando una cooperazione maggiormente strutturata. La necessità di avere un numero maggiore di risorse (anche in termini di numero di operatori) è senza dubbio centrale, ma un numero maggiore di risorse da solo non produrrebbe un reale cambiamento.