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Segue: Le condizioni e le modalità di attivazione della clausola.

IL TRATTATO DI LISBONA E LE FONDAMENTALI INNOVAZIONI NEL QUADRO GIURIDICO

6. Segue: Le condizioni e le modalità di attivazione della clausola.

L’art. 222 TFUE stabilisce che la clausola esplichi i suoi effetti in due situazioni: in caso di attacco terroristico (subito o eventuale) ed in caso di calamità naturale o provocata dall’uomo.

Il Trattato di Lisbona, per quanto concerne il terrorismo, stabilisce una duplice azione da parte dell’Unione. Essa dovrà agire, da un lato, per prevenire la minaccia terroristica sul territorio degli Stati membri e per proteggere le istituzioni

141Doc. JOIN (2012) 39 def. del 21 dicembre 2012.

142Decisione 2014/415/UE, del 24 giugno 2014, relativa alle modalità di attuazione da parte dell’Unione della clausola di solidarietà, in GUUE L 192, del 1° luglio 2014, p. 53 e ss.

143 GESTRI, “La risposta alle catastrofi nell’Unione europea: protezione civile e clausola di solidarietà, in GESTRI (a cura di), Disastri, protezione civile e diritto: nuove prospettive nell’Unione europea e in ambito penale, Milano, Giuffrè, 2016, p. 37 e ss.

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democratiche e la popolazione civile da un eventuale attacco terroristico e, dall’altro, per prestare assistenza ad uno Stato membro sul suo territorio qualora sia vittima di un attacco terroristico o di una catastrofe naturale.

Per cui, la possibilità di utilizzare qualsiasi tipo di strumento, compresi quelli a carattere militare, è ammessa anche prima che l’attacco terroristico abbia luogo.

L’eccezionalità di questa minaccia richiede, quindi, l’utilizzo sinergico dell’insieme degli strumenti di cui la UE dispone anche preventivamente, come conferma il par. 4 dell’art. 222 TFUE, secondo il quale il Consiglio europeo valuta regolarmente le minacce con cui si deve confrontare l’Unione, così da consentire a quest’ultima ed agli Stati membri di agire in modo efficace nella tutela della sicurezza.

In effetti, il linguaggio utilizzato dalla disposizione sembra indicare un vero e proprio obbligo del Consiglio europeo di valutare ad intervalli di tempo regolari le suddette minacce, cosi che la risposta possa essere sempre efficace e tempestiva. Accanto alla prevenzione di attacchi terroristici sul territorio degli Stati membri, l’Unione deve, inoltre, mobilitare tutti i mezzi di cui dispone anche per proteggere la popolazione civile e le istituzioni democratiche dalla suddetta minaccia. Questa specificazione potrebbe essere interpretata nel senso che l’azione dell’Unione non deve mirare solo a garantire la sicurezza del territorio degli Stati membri ma deve anche tutelare la popolazione civile dagli effetti che un attacco terroristico potrebbe avere sul godimento dei loro diritti e sul

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rispetto delle istituzioni democratiche. Da un altro punto di vista, quanto affermato nel secondo trattino della lett. a), par. 1 dell’art. 222 TFUE144, potrebbe essere una garanzia affinché

le misure anti-terrorismo adottate in questo ambito non minaccino le libertà pubbliche ed i diritti individuali.

Inoltre, l’Unione interviene anche nel caso in cui uno Stato membro abbia già subito un attacco terroristico sul suo territorio; in tal caso, a differenza delle precedenti situazioni, l’intervento dell’UE è successivo al verificarsi dell’evento e sarà possibile solo previa richiesta delle autorità politiche del Paese colpito. In questo modo, si vuole escludere qualsiasi diritto di ingerenza da parte dell’UE o degli Stati, considerato che, in tale situazione, l’intervento dovrà svolgersi sul territorio dello Stato vittima145.

Qualche difficoltà potrebbe presentare l’individuazione della nozione di “attacco terroristico”, a cui si riferisce l’art. 222 TFUE, dal momento che né a livello internazionale né a livello UE è stata data una definizione condivisa.

La Decisione 2014/415/UE relativa all’attuazione dell’art. 222 TFUE da parte dell’Unione risolve il problema qualificando, all’art. 3, l’attacco terroristico come un “reato di

144Art. 222 TFUE, par. 1, lettera a), secondo trattino, “proteggere le istituzioni democratiche e la popolazione civile da un eventuale attacco terroristico”.

145Vedi ZAMBRANO, “Art. 222 TFUE”, in CURTI GIALDINO (a cura di), Codice dell’Unione europea, Napoli, 2012, p. 1650.

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terrorismo, quale definito nella Decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI”146.

Tale Decisione quadro adotta una definizione che si basa sull’elencazione di una serie di reati147 che possono arrecare

grave danno ad un Paese o ad un ‘organizzazione internazionale. Sono, infatti, da qualificare come reati di terrorismo quelli commessi al fine di intimidire gravemente la popolazione o di costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, ovvero di destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale148. La scelta operata dalla Decisione 2014/415

146Decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo, in GUCE L 164, del 22 giugno 2002, p. 3 e ss.

147In particolare, l’art. 1 della Decisione quadro del 2002 fa riferimento ai seguenti atti criminosi: a) attentati alla vita di un persona che possono causarne il decesso; b) attentati gravi all’integrità fisica di una persona; c) sequestro di persona e cattura di ostaggi; d)distruzioni di vasta portata di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli; e) sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci; f) fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche e chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo; g)diffusione di sostanze pericolose, il cagionare incendi, inondazioni o esplosioni i cui effetti mettano in pericolo vite umane; h)manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane; i) minaccia di realizzare uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h).

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ha, quindi, il merito di assicurare l’uniformità tra le definizioni di terrorismo adottate nei diversi atti dell’Unione. Inoltre, è importante sottolineare che in virtù del rinvio operato dalla Decisione 2014/415 alla Decisione quadro, gli attacchi terroristici da cui origina l’obbligo di solidarietà possono avere anche natura interna, cioè essere compiuti da cittadini nel territorio dello Stato nazionale149.

Con riferimento all’attivazione della clausola, la Decisione 2014/415 si limita a stabilire che la clausola di solidarietà possa essere invocata in caso di attacco terroristico. In realtà, la proposta congiunta del 2012 prevedeva, invece, che l’attivazione della clausola di solidarietà potesse essere richiesta da uno “Stato membro che sia oggetto di un attacco terroristico imminente o effettivo”. Il riferimento alla situazione in cui l’attacco sia imminente, poiché non ricavabile direttamente dall’art. 222 TFUE, è stato espunto, ciò anche per evitare problemi quanto alla definizione di attacco terroristico “imminente”. In ogni caso, la formula attuale non dovrebbe escludere l’applicazione della clausola nel caso in cui un attacco terroristico risulti imminente, ovvero risulti sul punto di essere sferrato.

La Decisione 2014/415 lascia, inoltre, impregiudicato l’articolo 42, paragrafo 7, del Trattato sull’Unione europea150;

149Diversamente, in riferimento alla qualificazione del terrorismo come crimine internazionale si richiede generalmente che esso trascenda i confini di un singolo Stato: vedi CONFORTI, Diritto Internazionale, X ed., Napoli, 2014, p. 222.

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per cui, vi potrebbero essere casi in cui, in presenza di un’azione terroristica, la linea di distinzione tra le sfere di applicazione dell’art. 222 TFUE e dell’art. 42, par. 7, TUE risulti incerta.

L’art. 42, par. 7, TUE, prevede, come condizione d’attivazione, una “aggressione armata” contro uno Stato membro, richiamando al riguardo l’art. 51 della Carta delle Nazioni unite, nel quale è espressamente prevista la legittima difesa come eccezione alla proibizione dell’uso della forza nelle relazioni internazionali151.

L’art. 51 della Carta non specifica se l’attacco armato, che dà diritto a reagire in legittima difesa, debba provenire da uno Stato oppure possa provenire da un’entità non statale. Il problema si è posto in particolare dopo l’attentato terroristico negli Stati Uniti (2001) alle Torri Gemelle (New York) e al Pentagono (Washington)152.

A tal riguardo, va ricordato che nel quadro della NATO il Consiglio atlantico del 12 settembre 2001 convenne che l’attacco terroristico subito dagli Stati Uniti costituisse un attacco armato ai sensi dell’art. 5 del Trattato di

151 GESTRI, “La risposta alle catastrofi nell’Unione europea: protezione civile e clausola di solidarietà, in GESTRI (a cura di), Disastri, protezione civile e diritto: nuove prospettive nell’Unione europea e in ambito penale, Milano, Giuffrè, 2016, p. 42 e ss.

152RONZITTI, Introduzione al diritto internazionale, IV ed., Torino, 2013, p. 424 e ss.

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Washington153, qualora fosse determinato che l’attacco fosse

stato diretto dall’estero.

Per cui, un’analoga interpretazione dell’art. 42, par. 7, TUE non pare quindi da escludere154.

L’art. 42, par. 7, TUE non dovrebbe, invece, trovare applicazione riguardo a situazioni in cui l’attacco terroristico sia confinato, quanto ai suoi obiettivi e alla sua origine, al territorio di uno Stato membro, senza coinvolgimenti esterni. In caso di attacco particolarmente massiccio, tale da potersi qualificare come “aggressione armata”, non è da escludere che entrambe le disposizioni in esame possano trovare applicazione: l’art. 222 TFUE quanto all’organizzazione di azioni di assistenza a favore dello Stato vittima e l’art. 42, par.7, TUE quanto all’eventuale varo di una reazione armata in legittima difesa nei riguardi dei responsabili155.

Nel caso delle calamità naturali o provocate dall’uomo si passa ad un piano del tutto differente, cioè a quello solidaristico. L’art. 222 TFUE fa, infatti, riferimento ad un intervento di urgenza immediato, con l’obiettivo di dare aiuto

153L’art. 5 del Trattato di Washington, cosi come l’art. 51 della Carta delle Nazioni unite, fa riferimento alla nozione di attacco armato senza fornirne alcuna definizione.

154Va però ricordato che, secondo quanto riportato da più fonti, alcuni membri della NATO avrebbero in seguito sottolineato l’eccezionalità della situazione oggetto della Decisione del 12 settembre 2001: vedi in particolare WILLIAMSON, Terrorism, War and International Law. The Legality of the Use of Force against Afghanistan in 2001, Farnham, 2009, p. 175 e ss.

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e sostegno ad uno Stato vittima di tale calamità e che ne abbia fatto richiesta.

L’art. 222 TFUE, anche in questo caso, non fornisce alcuna definizione di calamità naturale o provocata dall’uomo156.

La Decisione 2014/415, relativa all’attuazione della solidarietà da parte dell’Unione, definisce catastrofe157

“qualsiasi situazione che colpisce o rischia di colpire gravemente le persone, l’ambiente, o i beni, compreso il patrimonio culturale”.

La nozione di catastrofe fornita dalla Decisione 2014/415 non sembra, poi, discostarsi da quella risultante dall’art. 4 della Decisione 1313/2013 sul meccanismo unionale di protezione civile. Infatti, entrambe le definizioni non condizionano la sussistenza di un disastro al verificarsi di danni attuali, potendo rientrare nel concetto anche situazioni in cui le conseguenze dannose siano soltanto potenziali.

Per quanto riguarda, invece, l’attuazione della clausola, risulta in linea con il testo, l’oggetto e lo scopo dell’art. 222 TFUE, un’interpretazione per la quale la clausola di solidarietà possa essere invocata in presenza di ogni situazione di attacco

156 Secondo il senso ordinario, rientrano tra le calamità naturali, terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, valanghe, incendi boschivi; tra quelle di origine umana gli incidenti industriali, nucleari, tecnologici, marittimi e dell’aviazione.

157 La decisione 2014/415 impiega, in luogo del termine “calamità” utilizzato dall’art. 222 TFUE, quello di “catastrofe”, anche se è evidente che il Consiglio abbia ritenuto i due termini assolutamente fungibili nella lingua italiana. Vedi il “Considerando” n. 2 della Decisione 2014/415, dove, richiamandosi l’art. 222 TFUE, si fa parimenti uso del termine “catastrofe”.

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terroristico o di calamità la quale richieda una risposta al di là della capacità dello Stato colpito158. Inoltre, il diritto di

invocare assistenza ex art. 222 TFUE dovrebbe essere in ogni caso esercitato in buona fede dallo Stato interessato, tenendo conto del fatto che incombe in primo luogo sullo Stato territoriale la responsabilità di assicurare la sicurezza dei propri cittadini.

Per quanto riguarda, invece, la questione relativa alle condizioni di attivazione della clausola di solidarietà159, la

Decisione 2014/415 ha accolto una soluzione ragionevole e in linea con l’interpretazione dell’art. 222 TFUE.

Ai sensi dell’art. 4 della suddetta Decisione “in caso di catastrofe o attacco terroristico, lo Stato membro interessato può invocare la clausola di solidarietà se, dopo essersi avvalso delle possibilità offerte dai mezzi e dagli strumenti esistenti a

158GESTRI, “EU Disaster Response Law: Principles and Instruments”, in DE GUTTRY, GESTRI, VENTURINI (a cura di), International Disaster Response Law, The Hague, 2012, p. 110-112.

159Nel quadro del processo di elaborazione della Decisione 2014/415 la questione relativa alle condizioni di attivazione della clausola di solidarietà si è trovata al centro del dibattito tra gli Stati membri. Diversi Governi (Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito) si erano espressi a favore dell’indicazione nella Decisione di precisi requisiti di gravità (o di eccezionalità) della situazione. Alcuni (Paesi Bassi) avevano sostenuto che il giudizio sull’applicazione della clausola non dovrebbe essere rimesso interamente allo Stato vittima, dovendo la situazione essere valutata insieme dalla vittima e dagli Stati in grado di intervenire. Diffusa era la tesi per la quale le condizioni per l’attivazione dovessero essere riconosciute o accertate dal Consiglio (Austria, Germania). Ma tali interpretazioni restrittive sembravano mosse da considerazioni egoistiche, quali la volontà di conservare prerogative nazionali o il timore di favorire abusi da parte degli Stati meno diligenti in materia di prevenzione, ma anche dal desiderio di evitare sovrapposizioni e interferenze tra il meccanismo di solidarietà e strumenti di risposta già esistenti, come quello di protezione civile.

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livello nazionale e dell’Unione, ritiene che la crisi160

oltrepassi chiaramente le capacità di risposta di cui dispone”. La disposizione indica, quindi, che giudice della gravità della situazione debba essere lo stesso Stato vittima e che quindi l’attivazione non presupponga un’ulteriore decisione da parte delle istituzioni europee161. Punto affermato con forza, anche,

dal Parlamento europeo nella Risoluzione adottata in materia nel 2012, nella quale si affermava che “quando uno Stato membro abbia deciso di invocare la clausola, l’assistenza non debba essere messa in discussione da parte degli altri Stati”162.

Il testo finale della Decisione 2014/415 sembra aver recepito l’esigenza di rimarcare che l’applicazione della clausola di solidarietà da parte dell’Unione presuppone una situazione di una certa gravità; ed inoltre si fonda, quindi, sul principio per il quale il meccanismo di solidarietà non dovrebbe portare alla creazione di nuovi strumenti ma piuttosto costituire un “ombrello” sotto il quale riportare i vari dispositivi esistenti in materia, assicurare l’impiego di quelli più adatti alla singola situazione di crisi e, soprattutto, garantire il miglior coordinamento tra gli stessi163.

160L’art. 2 della Decisione 2014/415 definisce crisi “una catastrofe o un attacco terroristico con una tale ampiezza di impatto o rilevanza politica da richiedere un coordinamento e una risposta strategici tempestivi a livello politico dell’Unione.

161Nello stesso senso, PIROZZI, “Una clausola di solidarietà che lega l’UE”, in AffarInternazionali, 8 agosto 2014, (http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2771).

162Risoluzione sulle clausole di difesa reciproca e di solidarietà dell’UE del 22 novembre 2012, (doc. A7-0356/2012, punto 22.)

163 GESTRI, “La risposta alle catastrofi nell’Unione europea: protezione civile e clausola di solidarietà, in GESTRI (a cura di),

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Dal testo dell’art. 222 TFUE parrebbe risultare, inoltre, una dimensione prevalentemente interna della solidarietà, poiché la clausola, come più volte evidenziato, trova applicazione qualora uno Stato membro sia vittima dell’attacco terroristico o della calamità, mentre le azioni di soccorso che l’Unione può coordinare o svolgere a favore degli Stati terzi trovano la loro base in altre norme del Trattato164. Il testo fa spesso

riferimento al “territorio” dello Stato vittima165; anche se si

deve tenere presente che l’art. 222 è collocato nella parte V del TFUE, dedicata alla “azione esterna dell’Unione”, e ciò come conseguenza del fatto che nella Convenzione la clausola era considerata come legata al principio di solidarietà nelle materie di politica estera166.

Per cui ci si potrebbe chiedere se l’applicazione della clausola di solidarietà non possa mai scaturire da fatti (attacchi terroristici o calamità) occorrenti al di fuori del territorio di uno Stato membro. Non pare ragionevole escludere

Disastri, protezione civile e diritto: nuove prospettive nell’Unione europea e in ambito penale, Milano, Giuffrè, 2016, p. 46 e ss.

164 Vedi in materia CREMONA, “The EU and global emergencies: competence and instruments”, in ANTONIADIS et al. (eds.), The European Union and Global Emergencies, Oxford, 2011, p. 11 e ss. 165Ciò in particolare in riferimento alle azioni di assistenza in caso di attacco terroristico o di calamità. Non si fa invece riferimento al territorio nell’articolare azioni di protezione delle istituzioni democratiche e della popolazione civile da un eventuale attacco terroristico: vedi art. 222 TFUE, par. 1, lett. a) e b).

166Cremona ha parlato di una duplice dimensione della clausola, la quale si riflette nei meccanismi delineati per la sua attuazione, che implicano sia la Commissione che l’AR e i comitati attivi tanto sul piano della sicurezza interna quanto su quello della sicurezza esterna: vedi CREMONA, op. cit., p. 29-30.

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l’applicazione della clausola di solidarietà qualora si configurino situazioni del genere; infatti, essa dovrebbe operare anche in presenza di fatti che, pur occorrendo al di fuori del territorio dell’Unione, determinino conseguenze all’interno dello stesso o comunque richiedano l’organizzazione di interventi di risposta a partire dal territorio dell’Unione. Nello stesso senso si è espresso il Parlamento europeo nella Risoluzione del 22 novembre 2012, nella quale si nota che la clausola dovrebbe coprire “anche gravi incidenti che si verifichino al di fuori dell’Unione, con un impatto diretto e sostanziale su uno Stato membro”167.

La Decisione di attuazione della clausola parrebbe accogliere un’interpretazione piuttosto ampia quanto al campo di applicazione territoriale, anche se risulta in parte di ambigua formulazione. Secondo il relativo articolo 2, “In caso di attacco terroristico o di catastrofe naturale o provocata dall'uomo, indipendentemente dal fatto che si verifichino all'interno o al di fuori del territorio degli Stati membri, la presente Decisione si applica: a) nel territorio degli Stati membri cui si applicano i trattati, inteso come territorio terrestre, acque interne, acque territoriali e spazio aereo; b) quando interessano infrastrutture (quali impianti offshore per l'estrazione di petrolio e di gas) situate nelle acque territoriali, nella zona economica esclusiva o sulla piattaforma continentale di uno Stato membro.

167Risoluzione sulle clausole di difesa reciproca e di solidarietà dell’UE, del 22 novembre 2012 (doc. A7-0356/2012, punto 20).

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In virtù di tale interpretazione, la parte iniziale dell’articolo 2 sembra riferirsi alla condizione per l’attivazione della clausola, poiché si fa riferimento al “caso di attacco terroristico o di catastrofe naturale o provocata dall'uomo, indipendentemente dal fatto che si verifichino all'interno o al di fuori del territorio degli Stati membri”. Per cui, la clausola potrebbe essere invocata in presenza di un evento che comunque presenti un collegamento rilevante con uno Stato membro. La seconda parte della norma fa, invece, riferimento all’ambito di applicazione territoriale dei comportamenti attraverso i quali si estrinsecano gli obblighi di solidarietà; dalla stessa, infatti, si evince che le azioni di assistenza alla vittima, realizzate ai sensi della Decisione, risulterebbero confinate al territorio degli Stati membri (inteso come territorio terrestre, acque interne, acque territoriale e spazio aereo nazionale) e alle infrastrutture situate nelle acque territoriali, nella zona economica esclusiva o sulla piattaforma continentale di uno Stato membro168.

168Occorre rilevare che l’art. 2 della Proposta congiunta prevedeva che il dispositivo di solidarietà trovasse applicazione anche in riferimento a navi e aeromobili soggetti alla giurisdizione di uno Stato membro e situati in “acque internazionali” o nello “spazio aereo internazionale” (Vedi al riguardo, GESTRI, “La clausola di solidarietà europea in caso di attacchi terroristici e calamità (art. 222 TFUE)”, in AA. VV., Studi in onore di Luigi Costato, vol. II, Napoli, 2014, p. 537 e ss., spec. a p. 548 e ss.).

Tale fattispecie è stata espunta dal testo finale sotto la pressione di alcuni importanti Governi, desiderosi di limitare al minimo gli aspetti di applicazione extraterritoriale della clausola.

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La definizione della sfera di applicazione territoriale è, infatti una delle questioni più delicate in riferimento all’art. 222 TFUE e alla sua attuazione169.

Ai sensi dell’art. 5, la Decisione 2014/415 ha stabilito che “Una volta invocata la clausola di solidarietà, il Consiglio assicura il controllo politico e la direzione strategica della risposta dell'Unione all'invocazione della clausola di solidarietà, tenendo pienamente conto delle competenze della Commissione e dell'AR. A tal fine, la Presidenza del Consiglio attiva immediatamente i dispositivi IPCR se non