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Segue: e il diritto alla giusta azione e alla giusta difesa

Dalla previsione espressa del «giusto processo» in Costituzione taluna dottrina – richiamando anche la giurisprudenza costituzionale che, pur in relazione al processo penale, ha indicato quale bene costituzionale l’efficienza

del processo – ha dedotto che «mentre l’art. 24 ha come diretto referente il

singolo titolare di situazioni giuridiche sostanziali, che in quanto tale è legittimato a richiederne la tutela in sede giudiziaria, (…) l’art. 111 sembra innanzitutto alludere al quomodo di questa tutela, ovvero alle modalità di esercizio dell’attività giurisdizionale che, in virtù di interessi non solo del singolo ma più generali, deve svolgersi attraverso giusti processi. (…) Trattandosi nel caso dell’art. 24 di un diritto che necessita di essere esercitato in un ambito ben preciso che è quello circoscritto dei tribunali, le modalità di esercizio dello stesso non possono non fare i conti con il terreno sul quale vengono ad operare. E così e comunque si voglia ricostruire tale diritto, non vi è dubbio che esso si estrinseca nel dare, innanzitutto, impulso all’attività giurisdizionale che non può che attuarsi mediante giusti processi» (97).

(94) In senso analogo all’opinione illustrata nel testo v. A. Andronio, in Aa. Vv., Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Torino 2006, sub art. 111, 2111.

(95) C. Conti, voce Giusto processo (diritto processuale penale), in Enc. dir., agg., vol. V, Milano 2001, 627 s.

(96) G. Vignera, op. cit., 1185. (97) M. F. Ghirga, op. cit., 130.

Da tali premesse – presupposta, come detto, la possibilità di imporre modalità limitative che ne regolano in concreto l’esercizio – questa dottrina fa discendere la conclusione che il diritto di accesso ai tribunali va considerato «funzionale alla realizzazione del giusto processo», dovendosi mercé siffatta formula intendere «innanzitutto richiamata la strumentalità del processo, ovvero il suo essere al servizio del bisogno di tutela giurisdizionale» (98).

Ora, i riferimenti all’efficienza del processo (quale bene costituzionale) e al

giusto processo nell’ottica non solo degli interessi del singolo ma anche – e

soprattutto, diremmo – degli interessi generali ci paiono sintomatici del cambio di prospettiva dal quale talune dottrina e giurisprudenza hanno iniziato ad inquadrare il fenomeno: al giusto processo del singolo in una prospettiva

individuale pare essersi sostituito il giusto processo del singolo nel quadro delle risorse giudiziarie collettive, tendenti ad erogare un servizio pubblico limitato nei

mezzi e nelle risorse medesime (99).

(98) Ivi, 132.

(99) E infatti, «preso atto dell'estrema difficoltà di destinare maggiori risorse all'amministrazione della giustizia in generale ed a facilitare i non abbienti, si va alla ricerca di mezzi alternativi di soluzione delle liti» (F. Carpi, Note sull’accesso alla giustizia, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2016, 835).

V. anche F. Agnino (Le spese nel processo civile tra sanzioni e ottimizzazione del sistema giudiziario, in Corriere giur. 2012, 633), ad avviso del quale «sussiste (…) l’esigenza di contemperare il diritto di ciascun individuo ad adire un Tribunale per far valere le proprie posizioni giuridiche soggettive con quella di evitare che l’eccessivo carico del ruolo rispetto alle risorse spesso esigue messe a disposizione metta a repentaglio la possibilità di assicurare giustizia in tempi accettabili. In altri termini, è necessario bilanciare il disposto dell’art. 24 Cost., che riconosce il diritto di ciascuno ad agire e difendersi in giudizio per la tutela dei propri diritti, e quello dell’art. 111 Cost., che individua tra i canoni dell’equo processo anche la ragionevole durata dello stesso».

Cfr. poi M. Taruffo (Abuso del processo, in Contratto impr. 2015, 841 s.), che riporta l’opinione dottrinale secondo cui «l’amministrazione della giustizia deve attuare i “valori del sistema”, ossia valori e principi che attengono al buon funzionamento della giustizia civile» e afferma: «Questo riferimento sembra collocarsi in una più generale evoluzione della concezione del processo civile, che abbandonerebbe l’idea del processo come “cosa privata” delle parti configurandolo invece come servizio pubblico».

Si fa strada, quindi, un diritto alla giusta azione e alla giusta difesa (100) – con la conseguenza che, in ipotesi di azione o difesa ingiuste, si configurerebbe un abuso (101) di tali diritti.

Cfr., ancora, A. Panzarola (Presupposti e conseguenze della creazione giurisprudenziale del c.d. abuso del processo, in Dir. proc. amm. 2016, 23), il quale fa notare che «se tutto si riduce ad evidenziare la scarsità del bene al quale i cittadini anelano (la risorsa della giustizia nel nostro caso), la preoccupazione principale tenderà ad essere soltanto quella di distribuirlo in modo proporzionato fra loro».

(100) Cfr. V. Ansanelli (voce Abuso del processo, in Dig. disc. priv., sez. civ., agg. III, 1, Torino 2007, 2), secondo cui «in ragione della costituzionalizzazione del principio del giusto processo, in forza del quale il processo deve svolgersi in tempi ragionevoli apprestando strumenti e garanzie idonee ad impedire alle parti di utilizzare la difesa tecnica per scopi diversi da quelli della giusta risoluzione del conflitto fra le parti (…), anche la garanzia della difesa costituzionalmente prevista dall’art. 24 Cost. deve intendersi (…) come garanzia di una “giusta” difesa»; e A. Dondi, A. Giussani (Appunti sul problema dell’abuso del processo civile nella prospettiva de iure condendo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2007, 197), per i quali «d'altronde anche alla luce dell'art. 24 cost. la garanzia della difesa deve intendersi, specie in considerazione della riscrittura dell'art. 111 cost., come garanzia di una "giusta" difesa, e quindi di una difesa svolta nell'interesse del cliente alla utilizzazione corretta della potenzialità del processo, senza che ne vengano distorte le finalità ad esso proprie in pregiudizio della stessa efficienza dell'amministrazione della giustizia».

(101) Come si vedrà infra, parte II, cap. II, par. 2.6, ammissibilità e definizione dello (e rimedi allo) abuso processuale (e relativa responsabilità) hanno molto impegnato giurisprudenza e dottrina più recenti. Quest’ultima si è divisa tra chi riconosce ormai all’abuso processuale – pur diversamente concepito (v. infra, parte II, cap. II, par. 2.6) – (più o meno) piena cittadinanza nel nostro ordinamento – v. M. F. Ghirga, A proposito del recente libro di Tropea, di abuso del processo e di positivismo giuridico, in Riv. dir. proc. 2016, 362 ss.; Id., Recenti sviluppi giurisprudenziali e normativi in tema di abuso del processo, in Riv. dir. proc. 2015, 445 ss.; Id., Abuso del processo e sanzioni, Milano 2012; Id., La meritevolezza della tutela richiesta. Contributo allo studio sull’abuso dell’azione giudiziale, cit.; F. Cordopatri, La condanna alla rifusione delle spese di lite e l'evoluzione del principio di soccombenza, in Giusto proc. civ. 2014, 369 ss.; Id., L’abuso del processo nel diritto positivo italiano, in Riv. dir. proc. 2012, 874 ss.; Id., Ancora sull'art. 96, comma 3, c.p.c. e sull'abuso del processo, in Corriere giur. 2012, 241 ss.; Id., Un principio in crisi: victus victori, in Riv. dir. proc. 2011, 265 ss.; Id., L’abuso del processo e la condanna alle spese, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2005, 249 ss.; Id., L’abuso del processo, Padova 2000, voll. I e II; S. Chiarloni, Etica, formalismo processuale, abuso del processo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2014, 1281 ss.; L. P. Comoglio, Abuso del processo e garanzie costituzionali, in Riv. dir. proc. 2008, 319 ss.; A.

La questione dei limiti entro i quali un’azione o una difesa possano dirsi

giuste e quindi, per quanto qui interessa, andare esenti da aggravî di spese e/o

sanzioni pecuniarie processuali sarà oggetto di indagine nel prosieguo di questo lavoro.

Quivi, però, occorre avvertire il lettore che una siffatta valutazione non può prescindere dall’analisi della impostazione (culturale e) politico-giuridica di fondo (che sarà lumeggiata nei due capitoli successivi), la quale è stata così sintetizzata

Dondi, voce Abuso del processo (diritto processuale civile), in Enc. dir., Annali, vol. III, Milano 2010, 1 ss.; Id., Spunti di raffronto comparatistico in tema di abuso del processo (a margine della l. 24.3.2001, n. 89), in Nuova giur. civ. comm. 2003, II, 62 ss.; A. Dondi, A. Giussani, op. cit., 193 ss.; V. Ansanelli, voce Abuso del processo, cit.; Id., Rilievi minimi in tema di abuso del processo, in Nuova giur. civ. comm. 2001, I, 506 ss. – e chi invece si è mostrato piuttosto perplesso circa i termini della sua configurabilità e/o del suo impatto – v. A. Panzarola, op. cit., 23 ss.; G. Tropea, L’abuso del processo amministrativo. Studio critico, Napoli 2015, passim; M. Taruffo, op. cit., 832 ss.; Id., L’abuso del processo: profili generali, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2012, 117 ss.; Id., L’abuso del processo: profili comparatistici, in Aa. Vv., L’abuso del diritto. Diritto privato, vol. IV, Padova 1998, 496 ss.; Id., Elementi per una definizione di «abuso del processo», in Aa. Vv., L’abuso del diritto. Diritto privato, vol. III, Padova 1997, 435 ss.; G. Verde, L’abuso del diritto e l’abuso del processo (dopo la lettura del recente libro di Tropea), in Riv. dir. proc. 2015, 1085 ss.; Id., Il processo sotto l’incubo della ragionevole durata, in Riv. dir. proc. 2011, 528 ss.; C. Consolo, Note necessariamente divaganti quanto all’«abuso sanzionabile del processo» e all’«abuso del diritto come argomento», in Riv. dir. proc. 2012, 1284 ss.; G. Scarselli, Sul c.d. abuso del processo, ivi, 1450 ss.; M. Montanari, Note minime sull’abuso del processo civile, in Corriere giur. 2011, 556 ss.

Di «innocua clausola generale, oscillante verso il pleonasmo ed il precetto proibitivo imperfetto» discorre invece A. Scarpa, Abuso del processo: clausola generale o pleonasma?, in Contratto impr. 2012, 1154.

V., poi, anche: C. Asprella, Il frazionamento del credito nel processo, Bari 2015, passim; G. Romualdi, Dall’abuso del processo all’abuso del sistema giustizia, Torino 2013, passim; D. Borghesi, L’abuso del processo civile, in Aa.Vv., Condotte abusive e responsabilità, Padova 2009, passim; G. Nicotina, L'abuso nel processo civile, Roma 2005, passim; M. De Cristofaro, Doveri di buona fede ed abuso degli strumenti processuali, in Giusto proc. civ. 2009, 1018 ss.; R. Giordano, Responsabilità delle parti per le spese ed i danni e abuso del processo, in Giur. merito 2007, 52 s.; G. De Stefano, Note sull’abuso del processo, in Riv. dir. proc. 1964, 582 ss.

V., infine, gli Atti del XXVIII convegno della associazione italiana fra gli studiosi del processo civile: L'abuso del processo, Bologna 2012 (con le relazioni di M. Taruffo, F. Cordopatri, M. F. Ghirga e G. Scarselli e gli interventi di G. Balena, P. Biavati, R. Caponi, A. Carratta, V. Colesanti, C. Consolo, S. La China, F. P. Luiso, G. Verde, E. Lupo e L. De Angelis).

in dottrina: «il legislatore italiano negli ultimi anni ha assunto la preoccupante tendenza di servirsi dei costi del processo per contenere, ed anzi talvolta anche per dissuadere, l'accesso alle corti per la tutela della giustizia civile. È un disegno che si manifesta con l'incremento costante di importi da versare in limine litis a titolo di contributo unificato, con l'aggravio progressivo di oneri fiscali e di imposizioni sanzionatorie in materia di spese processuali» (102).

(102) N. Trocker, Processo e Costituzione nell’opera di Mauro Cappelletti civilprocessualista (elementi di una moderna «teoria» del processo), cit.