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Sessanta volte in Cina in quindici anni Intervista a Massimo Ceccarell

Nel documento Elogio della paura (pagine 45-49)

Punti di vista

6. Sessanta volte in Cina in quindici anni Intervista a Massimo Ceccarell

«Se già prima avevamo bisogno della Cina, domani ne avremo ancora di più»

a. g. Massimo Ceccarelli è un noto consulente digital marketing ed ecommerce in Cina per alcune importanti realtà italiane nel panorama del wine& food. È stato in Cina più di sessanta volte nell’arco di circa quindici anni.

Com’era la situazione dei cinesi residenti in Italia prima della pandemia e come è cambiata nel giro di poche settimane (31 gennaio-9 marzo 2020)?

Forti delle notizie che arrivavano dalla madrepatria, sono stati molto bravi a capire la situazione e si sono messi in quarantena molto prima che scattasse il lockdown ufficiale il 9 marzo.

Com’erano la vita e il commercio nelle Chinatown italiane e che tipo di integrazione esisteva rispetto al tessuto sociale locale?

In generale quella cinese è tra le comunità più integrate in Italia e anzi, grazie alle nuove generazio- ni, ha contribuito a dare un’immagine ringiovanita rispetto a quella che avevamo un tempo delle Chinatown nostrane. Bastava farsi una passeggiata in via Paolo Sarpi a Milano prima dell’epidemia per comprendere questo cambiamento. Un’immagine rinnovata che rispecchia da vicino quello che veramente è la Cina di oggi, ossia un paese giovane, innovativo e pieno di energia.

Che cosa è successo alle comunità cinesi dopo il lockdown del 9 marzo?

Rispettano seriamente il lockdown, ma si sono anche molto attivate per far arrivare aiuti sanitari in Italia dalla Cina: mascherine, ventilatori, tute, ecc.

La Cina è stata accusata dagli osservatori internazionali di aver inizialmente nascosto, poi minimizzato i dati dell’epidemia Covid-19 e di aver “sacrificato” il medico cinese Li Wen- liang che aveva denunciato il fatto, riabilitandolo poi a posteriori. Cosa ne pensi?

nemico che non ha un volto. E ovviamente, essendo stata la Cina l’epicentro di tutto, ce la pren- diamo con loro, a partire dalle loro presunte mancanze iniziali. Ma francamente trovo più grave il fatto che, nonostante sapessimo già da un mese quello che stava accadendo a Wuhan e nello Hubei, non abbiamo agito immediatamente per tamponare la situazione. E noi italiani siamo stati anzi anche più reattivi rispetto a molti altri paesi che hanno colpevolmente minimizzato l’emergenza, lasciando che il virus si propagasse incontrastato.

Qual è l’umore attuale in Cina secondo te? Prudenza, speranza, nuovo slancio, paura. . . I cinesi non vengono da sessant’anni di benessere come noi, e sono stati abituati spesso nella loro storia a confrontarsi con cambiamenti repentini che ne hanno stravolto la vita e le abitudini. Sono certamente prudenti in questa fase, ma hanno dimostrato una straordinaria capacità di adattamento. E anche in quelle province dove i numeri erano molto bassi hanno rispettato seriamente le regole. E non perché vivono in un “regime feroce”, come da più parti si è sentito dire, ma perché hanno pensato innanzitutto al bene della comunità.

Che cosa succederà all’import/export da e per la Cina?

Saranno mesi difficili per tutti, ma è anche vero che la Cina sta già ripartendo. Sul fronte export molte aziende cinesi si stanno riconvertendo nella produzione di mascherine, tute, ventilatori e altri prodotti sanitari utilizzati per combattere il virus. La maggior parte di questi prodotti, infatti, proviene dalla Cina. Sul fronte import è tutto molto rallentato, però vedo un futuro confortante per il made in Italy e ritengo che bisognerà essere bravi a comunicare in modo adeguato sui social network cinesi (WeChat, Weibo, ecc.), dove siamo ancora troppo poco presenti. Senza dimenticare il potere straordinario dell’e-commerce, di cui la Cina è già leader mondiale (vedi Tmall), e che crescerà ancora di più nei prossimi anni. Per tanto tempo non sarà possibile presidiare il mondo fieristico, per cui dobbiamo approfittarne per riempire tutti gli spazi virtuali che il paese mette a disposizione.

Il turismo cinese era una filiera importante per l’Italia; cosa pensi succederà a quarantena finita?

La classica domanda da un milione di dollari è: quando finirà realmente la quarantena? Quando saremo in grado di riaprire al turismo, non solo a quello cinese? Io vedo un futuro prossimo in cui i cinesi viaggeranno soprattutto nel proprio paese, che è enorme e offre un’infinità di attrazioni. Il turismo interno, già in forte sviluppo negli ultimi anni, sarà l’orizzonte con cui la stragrande maggioranza dei cinesi si confronterà nei prossimi tempi. Per quanto possa essere ottimista, temo che non vedremo turisti cinesi in Italia per molto tempo.

Che cosa succederà in generale a quarantena finita, quali saranno i rapporti socio-economici e politici tra la Repubblica Popolare Cinese e lo Stato Italiano tra il secondo semestre del 2020 e il primo semestre del 2021?

Se già prima avevamo bisogno della Cina, domani ne avremo ancora di più. La Cina sa di essere in una posizione di forza rispetto a noi, però è anche vero che noi possiamo offrire qualità alta sia come prodotti che come competenze.

Qual è l’atteggiamento in questo momento, come pensi di rimodulare la tua professione alla luce di ciò che è successo?

Credo molto nella Cina, e paradossalmente a crisi finita vedo ancora più opportunità, a patto di saper cogliere i grandi cambiamenti che questo evento epocale porterà nelle abitudini delle persone. La Cina, come ho già detto, ha sviluppato come nessun altro paese l’ecosistema digital in questi

47 anni. Il futuro si giocherà sempre di più negli spazi digitali, e saranno quelli che dovranno essere presidiati, in attesa che potremo riabbracciarci anche con i cinesi.

7. Democrazia, tecnologia e prevenzione.

Nel documento Elogio della paura (pagine 45-49)