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I. INTRODUZIONE

2. THE MONKEY WRENCH GANG: MANUALE PER ASPIRANTI SABOTATORI

2.2 Sinossi

Dopo una lunga analisi della figura di Abbey, autore rivoluzionario e dai toni anarchici, e del contesto storico- sociale in cui l’opera si inserisce, eccoci finalmente arrivati alla trattazione di questo capolavoro letterario così unico nel suo genere. Esempio di lotta contro la società super industrializzata e il progresso senza limiti, The Monkey Wrench Gang si presenta al pubblico in tutto il suo carattere polemico e lo stile provocatorio tipico dell’autore. L’obiettivo principale del libro corrisponde al tentativo di risvegliare le coscienze assopite dei lettori per metterli davanti ad una scomoda verità, vale a dire che l’avidità e il consumismo della società americana del secondo dopoguerra stavano consumando totalmente, senza possibilità di riscatto o salvezza, la ricchezza più preziosa per l’America: la sua vasta e selvaggia wilderness.

Il romanzo non dovrebbe considerarsi esclusivamente un invito all’azione e alla disubbidienza civile in nome di una legge più alta, che supera quella corrotta dal capitalismo degli uomini e fa appello all’originario legame profondo tra uomo e natura. Non lo si dovrebbe ritenere neppure soltanto una Bibbia o un manuale di istruzioni da leggere davanti a folle inferocite di eco-terroristi e aspiranti sabotatori. Al contrario, stando a quanto afferma Abbey in persona, il libro è stato pensato per essere letto e compreso possibilmente nella più totale solitudine, in modo da ispirare nel lettore una vera conversione e una maggiore consapevolezza del destino che attende uomini e natura, se si continuasse lungo questa strada costellata da sprechi e abusi:

It was written to be read in sawdust taverns and isolated cabins, on hiking trails and in humming factories (Brinkley, 2006: xxiv).

Il tema del sabotaggio e il carattere rivoluzionario di questo scritto emergono con forza già nelle prime pagine del volume con la dedica del libro a Ned Ludd, il leggendario leader popolare del luddismo, ossia il movimento di protesta operaia che si sviluppò nel XIX secolo in Inghilterra e che fu caratterizzato dal sabotaggio della produzione industriale e di nuovi macchinari come i telai meccanici. È noto che l’uso di tali strumenti determinò un aumento della disoccupazione e un calo degli stipendi per i lavoratori salariati, che si videro sostituire da queste attrezzature più veloci ed economiche. Pertanto, non è un caso che Abbey dedichi il libro a Ned Ludd, simbolo del rivoluzionario vendicatore di tutti i lavoratori oppressi e

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incarnazione della lotta violenta contro il mutamento tecnologico, cosa che Abbey ha sempre guardato con sospetto.

Il tema della lotta dura alla tecnologia è ripreso subito dopo l’allusione della dedica nel primo episodio del romanzo in cui si descrivono il sabotaggio e la distruzione di un ponte. Il lettore viene catapultato immediatamente, in medias res, nel cuore del problema centrale del libro.

Il prologo di The Monkey Wrench Gang, intitolato The Aftermath, racconta dell’inaugurazione di un nuovo ponte, che avrebbe unito le sponde di due stati, Utah e Arizona, separati dal Glen Canyon. Si inizia con la descrizione festosa della scena, tra i suoni dei clacson, il borbottare della folla radunatasi intorno al palco delle autorità e il gracchiare degli altoparlanti per il discorso del governatore, con il quale si celebravano i futuri benefici derivanti della nuova infrastruttura. L’attenzione del lettore viene poi spostata da questa caotica atmosfera, assolutamente in contrasto con l’ambiente naturale circostante, allo scheletrico arco d’acciaio elegantemente posato sulle due sponde di una gola profonda, sul cui fondale scorre l’ormai docile ed addomesticato fiume Colorado:

What was once a mighty river. Now a ghost. Spirits of sea gulls and pelicans wing above the desiccated delta a thousand miles to seaward. Spirits of beaver nose upstream through the silt-gold surface. Great blue herons once descended, light as mosquitoes, long legs dangling, to the sandbars. Wood ibis croaked in the cottonwood. Deer walked the canyon shores. Snowy egrets in the tamarisk, plumes waving in the river breeze… (Abbey, 2006: 2)1

Già in questa prima descrizione emerge con forza tutto il risentimento di Abbey nei confronti della politica e del potere stabilito del governo americano, che con un semplice ponte era riuscito a deturpare irrimediabilmente un intero ecosistema, visto che di tutta la vita animale e vegetale che una volta popolava le rive del Colorado non restava che un pallido fantasma.

1 I Sabotatori, prima e unica traduzione italiana del romanzo di Edward Abbey, The Monkey Wrench Gang, pubblicata nel 2001 a cura di Stefano Viviani e prefazione di Franco La Polla.

“Quello che una volta era un corso d’acqua impetuoso è ormai un fantasma. Gli spiriti dei gabbiani e dei pellicani sorvolano il delta prosciugato a un migliaio di chilometri dall’oceano. Gli spiriti dei castori risalgono controcorrente con il naso affondato nel terreno cosparso di particelle d’oro. Un tempo i grandi aironi azzurri calavano, leggeri come mosche, con le lunghe zampe penzolanti, sui banchi si sabbia increspati dal vento. La cicogna americana gracchiava sul pioppo nero. Il cervo si spostava lungo le coste del canyon. Gli aironi nivei si riposavano sui tamarischi, lasciando piume svolazzanti nella brezza del fiume…” (Abbey, 2001: 16)

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Ad assistere a tale corruzione ambientale troviamo mimetizzati tra le ali di folla urlante e scalpitante anche qualche indiano paiute, ute e navajo, tutti impegnati a consumare bevande e cibi confezionati di note marche americane, che Abbey cita una ad una per indicare come la mentalità consumistica fosse riuscita a sedurre persino gli originali abitanti di queste regioni, spezzando il loro autentico ed antico legame con quella terra:

The Indians also watch and wait. Gathered on an open hillside above the highway, on the reservation side of the river, an informal congregation of Ute, Paiute, Hopi and Navajo lounge among their brand-new pickup trucks. The men and women drink Tokay, the swarms of children Pepsi-Cola, all munching on mayonnaise and Kleenex sandwiches of Wonder, Rainbo and Holsum Bread. (Abbey, 2006: 3)2

Ebbene, il ponte verrà fatto saltare in aria da un misterioso operaio con un caschetto giallo canarino, che con movimenti furtivi si era perfettamente confuso nella folla per potersi avvicinare alla struttura e piazzare le cariche esplosive. Sulla parte posteriore della tuta da lavoro sporca esibiva a chiare lettere il motto che guidava la sua esistenza: “AMERICA: LOVE IT OR LEAVE IT ALONE” (Abbey, 2006: 4)3. Quest’uomo, che in seguito verrà identificato con l’ex berretto verde George Washington Hayduke, rappresenta il membro più estremista e violento della futura gang. È un uomo d’azione che, a differenza dei suoi compagni, non disdegna l’uso della violenza e delle armi per conseguire i propri obiettivi. Nelle sue azioni e pensieri è possibile scorgere il lato più radicale ed anarchico dell’autore Abbey, il quale si serve di questo personaggio per manifestare la rabbia profonda derivante dallo scempio dei suoi amati territori del sud-ovest americano. Come si può chiaramente comprendere dalla scritta sulla tuta di Hayduke, lo scrittore non perderà mai occasione di ribadire al proprio lettore la necessità di ritornare ad una concezione di vita semplice, i cui ritmi vengono dettati dalla natura, cercando di assicurare il massimo rispetto del fragile equilibrio ambientale e dei meravigliosi paesaggi di questo grande paese. Ecco svelato il motivo per cui Abbey sceglie come grido di battaglia della banda di eco-sabotatori la frase: “Keep it like it was” (Brinkley, 2006: xx).

2 “Anche gli indiani osservano e aspettano. Riuniti in una congregazione informale di ute, paiute, hopi e navajo su un versante aperto della collina sopra l’autostrada, sulla sposa del fiume che fa parte della riserva, riposano vicino ai loro pick-up ultimo modello. Gli uomini e le donne bevono Tokay, le orde di bambini Pepsi-Cola, tutti ruminano sandwich preconfezionati targati Wonder, Rainbo e Holsum.” (Abbey, 2001: 17)

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Il ponte si sbriciolerà in mille pezzi che precipiteranno nel profondo abisso della gola del fiume sotto lo sguardo attento di un avvoltoio. Il rapace con le sue ampie ali solca il cielo compiendo cerchi nell’aria. Il suo è un punto di vista preferenziale, dato che l’altezza gli permette di osservare non solo ogni dettaglio del disastro appena consumatosi, ma lo rende anche in grado di spingere il proprio sguardo più in là, oltre il canyon, in modo da contemplare le altre devastazioni della wilderness compiute dall’avanzata del consumismo e del capitalismo americano. È bene prestare molta attenzione alla figura dell’avvoltoio, poiché essa si ripresenterà più volte nel corso del romanzo, accompagnando e sorvegliano la gang nei sabotaggi clandestini. Quest’immagine ricorrente si riferisce senza dubbio ad Abbey, che si immedesima nell’animale rapace per poter entrare nel suo stesso romanzo ed assistere in prima fila alla vendetta di quella terra così tanto amata. In effetti, vari indizi confermano l’ipotesi che lo scrittore abbia scelto proprio questo uccello come simbolo di sé: innanzitutto, sarà sufficiente richiamare alla memoria lo scandaloso articolo che Abbey fece pubblicare sul giornalino “The Thunderbird” ai tempi dell’università, sulla cui copertina fece disegnare proprio un avvoltoio, poi, successivamente, basterà leggere a quale animale viene paragonato Abbey da uno dei suoi amici più intimi, Doug Peacock, in un famoso articolo intitolato Chasing Abbey e pubblicato sull’Outside nel 2004:

Ed studied one of the birds and said that he wanted to come back as a buzzard after he died and soar above Barrier Canyon in Utah, where the greatest Indian rock in North America is located, a place I had never been. (Peacock, 2004)

Il primo episodio di sabotaggio è fondamentale perché in esso convergono molti temi centrali dell’opera di Abbey e in più è anche possibile osservare il particolare stile narrativo dell’autore, che cambia radicalmente ritmo narrativo in base alla tipologia di sequenza trattata. In altre parole, significa che gli episodi dove i protagonisti sono impegnati a seminare le pattuglie di polizia, dopo aver compiuto un’azione illegale, sono caratterizzati da un crescente e rapido elenco di parole ed aggettivi, che riescono a trasmettere l’idea della precipitosa fuga dei sabotatori. Al contrario, nelle sequenze descrittive in cui viene celebrata la natura, Abbey adotta uno stile narrativo più preciso e pacato, invitando così alla riflessione e commuovendo il lettore. Entrambi questi aspetti verranno ulteriormente approfonditi in sezioni dedicate del seguente capitolo.

Ritornando all’analisi della trama, la vicenda viene ambientata qualche anno prima della pubblicazione del romanzo nel 1975 e progredirà seguendo un’evoluzione per lo più uniforme:

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più precisamente, il tempo della narrazione seguirà uno sviluppo continuo e lineare soprattutto nella trattazione delle vicende principali, sia di quelle legate alla formazione della gang, sia delle azioni di sabotaggio che si fanno sempre più ambiziose ed efficaci in vista del vero oggetto narrativo, vale a dire la distruzione della Glen Canyon Dam. Infatti, questa diga rappresenta l’incarnazione della nefasta avanzata dell’industrializzazione a scapito della fragile wilderness della Four Corners Region, vale a dire i territori di Utah, Nuovo Messico, Colorado e Arizona, nei quali la gang compirà le sue scorrerie. Il racconto lineare dei sabotaggi, che si susseguono uno dopo l’altro, è l’unico elemento che aiuta il lettore a scandire il passare del tempo nel romanzo, poiché, altrimenti, quest’ultimo sembrerebbe estremamente dilatato a causa dei lunghi soggiorni compiuti nel deserto dai quattro protagonisti.

Inoltre, alla narrazione principale si alternano ed intrecciano numerosi flashback che riguardano il passato degli improvvisati sabotatori. Grazie a queste sequenze è possibile imparare a conoscere e comprendere meglio i protagonisti, le cui personalità vengono svelate a mano a mano che si procede nella lettura. Per essere più precisi, all’inizio del romanzo, subito dopo il prologo, si trova un’intera sezione divisa in quattro capitoli che si intitola “Origini”. In ciascuna di queste quattro sezioni viene introdotto e presentato uno dei membri della gang: l’ex berretto verde George Washington Hayduke, uomo burbero e volgare, il Dottor A.K. Sarvis detto Doc, un chirurgo di Albuquerque sulla sessantina, la signorina Bonnie Abbzug, un’ebrea femminista convinta del Bronx, nonché assistente ed amante di Doc, ed, infine, non meno importante troviamo Joseph “Seldom Seen” Smith, cioè una guida di fiume mormona e poligama. Il nome della sezione, “Origini”, inizialmente mi aveva ingannato, in quanto mi aspettavo di trovare una presentazione completa del singolo personaggio, della sua storia e delle sue caratteristiche principali. Invece, con mia grande sorpresa, i protagonisti vengono soltanto introdotti e vengono rappresentati nel bel mezzo di riflessioni sulla loro esistenza o impegnati a compiere qualche azione illecita. In altre parole, al lettore non viene data la possibilità di inquadrare già da subito i membri della gang, i quali si svilupperanno e cambieranno molto nel corso del romanzo.

È per questa ragione che Abbey sceglie di introdurre soltanto in seguito i flashback, poiché essi aiuteranno il lettore a comprendere meglio determinate affermazioni o evoluzioni dei quattro sabotatori, mettendo insieme gli indizi disseminati qua e là nel romanzo. Quest’ultimo aspetto è di particolare importanza e, pertanto, verrà maggiormente approfondito nella prossima parte del capitolo, dove si analizzeranno i singoli protagonisti.

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Essi daranno vita alla gang durante un’escursione fluviale guidata dal barcaiolo Smith. Seduti intorno ad un fuoco da campo, i quattro bevono, fumano marijuana e si lamentano dello scempio del deserto e della sua selvaggia natura, entrambe bellezze fragili ormai divorate da un cancro che Doc chiama “a planetary industrialism” (Abbey, 2006: 64)4. La logica che muove tale tormento punta a sviluppare soltanto il proprio guadagno e potere, lasciando alle spalle una scia di vittime sacrificate per il progresso:

“The wilderness once offered men a plausible way of life” the doctor said. “Now it functions as a psychiatric refuge. Soon there will be no wilderness.” He sipped at his bourbon and ice. “Soon there will be no place to go. Then the madness becomes universal.” Another thought. “And the universe goes mad.” (Abbey, 2006: 63)5

Le considerazioni dei quattro protagonisti sulla necessità di innescare un cambiamento della situazione a loro contemporanea, in cui gli avvelenatori della natura dettavano legge e regnavano sovrani, ben presto si trasformano da semplici chiacchiere frutto dei fumi dell’alcol a sabotaggi reali ed in piena regola, mossi da una forte volontà di vendetta e riscatto. Non è più possibile restare soltanto a guardare. È così che nasce la Monkey Wrench Gang. In effetti, le prime difficoltà non tardano a presentarsi, visto che il gruppo è composto da individui con personalità molto distinte, che entreranno spesso in contrasto su diverse questioni. Lo si può vedere con chiarezza nella difficoltà del trovare un nome per la banda o nello stabilire la leadership all’interno della comitiva:

No cache was considered satisfactory until it passed inspection by both Hayduke and Smith, senior military advisers to the – the Foxpack? Sixpack? Wilderness Avengers? Wooden Shoe Mob? They couldn’t even agree on a name for themselves. Peanut Butter Cabal? Raiders of the Purple Sage? Young Americans for Freedom? Woman’s Christian Temperance Union? Couldn’t agree. Who is in charge here? We’re all in charge here, Bonnie says. Nobody’s in charge here, says

4 “industrialismo planetario” (Abbey, 2001: 72)

5 “Il deserto un tempo offriva agli uomini un modo di vivere sostenibile – disse il dottore – Adesso funziona come rifugio psichiatrico. Presto il deserto sarà scomparso. – Sorseggiò il suo bourbon con ghiaccio. – Presto non ci saranno più posti dove andare. Allora la follia diventerà universale. – Un’altra riflessione. – E l’universo diventerà una follia.” (Abbey, 2001: 71)

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Doc. Lousy way to run a fucking revolution, Hayduke complained; he suffered from a faint authoritarian streak, ex-Sgt. Geo. Wash. (Abbey, 2006: 75)6

Tra un litigio e una discordia hanno inizio i sabotaggi della gang, che vengono raccontati da un narratore onnisciente, il cui punto di vista spesso si fonde con quello dei personaggi. Adottando tecniche militari tipiche delle forze speciali, i quattro danno il via ad una lunga serie di seccature o bravate ambientaliste, che vengono anche definite dalla critica come “Eco nuisances” o “ecological capers” (Brinkley, 2006: xx). Ebbene, nulla verrà risparmiato lungo il loro cammino: verseranno Karo Syrup, cioè sciroppo di mais, nel motore di bulldozer e altri macchinari pesanti, taglieranno recinzioni in filo spinato, danneggeranno ponti e centrali elettriche e tenteranno, persino, di far deragliare un treno carico di carbone. Se si presta attenzione, ci si renderà conto che i loro sabotaggi e le varie operazioni illegali assumeranno nel progredire della narrazione un carattere sempre più professionale, arrivando a pianificare ogni dettaglio e senza lasciare nulla al caso. Ad esempio, per volere di Smith e Hayduke verranno seppellite nel deserto dello Utah e dell’Arizona, cioè le principali aeree di azione, numerose casse contenti rifornimenti in cibarie, munizioni e strumenti di scasso, tutti oggetti che gli avrebbero garantito la sopravvivenza nell’ostile ambiente desertico o nel tentativo di seminare le forze dell’ordine. Ben presto i cavi dei motori delle pale meccaniche e dei caterpillar non verranno più recisi di netto, ma verranno tagliati con una precisione chirurgica che non avrebbe dovuto catturare l’attenzione degli operai. In questo modo, gli ignari addetti ai lavori, non accorgendosi dei tubi tagliati o del denso miscuglio di sabbia e sciroppo versato nei radiatori, avrebbero causato ingenti danni ai macchinari con la loro messa in moto. Non solo il danno sarebbe stato maggiore in termini economici, ma sarebbe stato necessario anche più tempo per poter sistemare tutto e riprendere la devastazione del fragile e prezioso sud-ovest. Questo episodio rappresenta soltanto l’inizio della missione dei sabotatori: “The war has begun - says Hayduke”. (Abbey, 2006: 97)7

Come già ribadito in precedenza, i protagonisti dell’opera di Abbey non rimangono gli stessi in tutto il libro, ma, al contrario, si evolvono, sia singolarmente come individui con un

6 “I consiglieri militari…della Banda delle Volpi? della Banda delle Lattine di Birra? dei Vendicatori del Deserto? della Banda degli Zoccoli di Legno? Non riuscivano nemmeno a mettersi d’accordo sul nome da darsi. La Cricca del Burro d’Arachidi? I Raiders of the Purple Sage? Giovani Americani per la Libertà? L’Unione della Temperanza delle Donne Cristiane? Non ce la facevano. Chi comandava qui? Tutti comandiamo, qui, dice Bonnie. Nessuno comanda, qui, dice Doc. Un modo penoso di fare una rivoluzione del cazzo si lamentava Hayduke, l’ex sergente George Washington Hayduke soffriva della mancanza di una gerarchia.” (Abbey, 2001: 81)

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percorso di crescita personale, sia come complici di una banda alle prese con le complesse dinamiche di gruppo. Ciò lo si vede, in particolare, nelle figure di Bonnie e Doc, poiché inizialmente i due potrebbero essere confusi per i membri più deboli del gruppo, visto che l’uno è un uomo sulla sessantina fisicamente poco prestante, che ribadisce sempre l’importanza di non ferire nessun uomo, la seconda, invece, viene in parte esclusa in quanto donna, vittima dello stereotipo che lega la figura femminile all’immagine di una delicata creatura, che non si capisce bene come abbia spontaneamente deciso di immischiarsi in questa impresa di pazzi. Doc e Bonnie cambieranno notevolmente, abbandonando il ruolo che gli era stato assegnato inizialmente nelle operazioni di pali e vedette per diventare, infine, attivi e furbi complici. Addirittura, Miss Abbzug inizierà una breve ma intensa relazione con il membro della gang che in un primo momento disprezzava di più, vale a dire Hayduke.

Ad ostacolare le imprese rischiose dei nostri antieroi troviamo una vecchia conoscenza di Seldom Seen Smith, Bishop Love, o meglio J. Dudley Love, vescovo di Blanding, capitano della squadra di Ricerca e Soccorso. Questo personaggio rappresenta l’acerrimo nemico ed antagonista della gang, che farà tutto quanto in suo potere per non dare tregua ai sabotatori, portandoli allo sfinimento in diverse occasioni di inseguimento nel deserto e contribuendo in