I. INTRODUZIONE
2. THE MONKEY WRENCH GANG: MANUALE PER ASPIRANTI SABOTATORI
2.4 Stile narrativo e tematiche chiave in The Monkey Wrench Gang
L’impatto dell’uomo sulla natura è universalmente riconosciuto come allarmante, al punto da minacciare considerevolmente non soltanto la sopravvivenza delle varie forme di vita che popolano il pianeta, uomini compresi, ma addirittura da danneggiare in maniera incontrastabile la qualità dell’esistenza stessa. Si tratta di un triste primato per l’uomo l’essere riuscito da solo ad influire così radicalmente e negativamente sul destino di tutte le altre specie, animali e vegetali, distruggendo ricchi ecosistemi e sconvolgendo delicati equilibri. La specie umana si è macchiata di tremende colpe nel corso del tempo e, attualmente, accecata dalla smania di accrescere la propria ricchezza, sembra non voler rendersi conto che sta esaurendo le ultime risorse della wilderness. Parrebbe quasi che gli uomini si siano scordati che la natura è l’entità dalla quale hanno avuto origine e dalla quale dipendono, sentendosi, al contrario, in diritto di sfruttarla ben oltre ogni limite pur di soddisfare il proprio tornaconto.
Ebbene, Abbey, noto per essere stato un fervente difensore dell’incontaminata bellezza dell’Ovest americano, si serve di The Monkey Wrench Gang proprio per ispirare nei lettori una riflessione rivoluzionaria ed anarchica, che possa dare il via ad un risveglio delle coscienze e ad un cambio di rotta ormai necessario. È per questa ragione che nel suo romanzo, trasformato in un manifesto e in un manuale di guerriglia ecologista, Abbey decide di trattare con uno stile narrativo molto particolare tematiche complesse che riguardano la distruzione dell’ambiente, vale a dire uno scempio volontario compiuto per poter fare fronte all’eccezionale richiesta energetica degli Stati Uniti. Più precisamente, nella seguente sezione non ci si limiterà soltanto ad esaminare lo scontro titanico tra natura e progresso tecnologico che è presente nel libro, ma si tenterà anche di analizzare lo stile narrativo aggressivo che Abbey adotta per rimarcare l’obbligo comune ad un intervento diretto in difesa della natura, dato che l’apatia e l’indifferenza della politica sembrano regnare sovrane. Le stesse parole le ritroviamo in David Streitfeld in un articolo su Edward Abbey del dicembre 1988, pubblicato sul Washington Post, nel quale si afferma che qualora le autorità non siano disposte ad ascoltare i moniti e gli avvertimenti riguardanti la disastrosa situazione ambientale attuale, allora è lecito fare ricorso alla disobbedienza civile sulla scia di Thoreau, pur di farsi sentire:
When political means fail, you have almost a moral obligation to put your body in front of the machines and try to stop them directly, through civil disobedience, or illegally, or nocturnally, through sabotage. (Streitfeld, 1988)
74
Spostando l’attenzione sul romanzo di Abbey, con un’attenta lettura ci si renderà conto che proprio queste preoccupazioni vengono trattate nel libro attraverso la raffigurazione di uno scontro di carattere epico tra la preziosa e indomabile wilderness del Colorado Plateau e l’avanzata della società capitalistica e consumistica americana, che dilaga come una piaga biblica in regioni una volta vergini. In effetti, Abbey articola la struttura del romanzo, alternando sequenze narrative di carattere più dinamico e dialogico, dove ritroviamo le conversazioni della gang sui futuri sabotaggi o gli scatenati inseguimenti di Bishop Love, ad altre sequenze narrative di carattere ben diverso, vale a dire più descrittivo e riflessivo. Se nelle prime il ritmo della narrazione procede rapido ricalcando le azioni raccontate, ad esempio, diventando quasi vorticoso nel riportare il susseguirsi rapido delle azioni nel bel mezzo di un inseguimento, nelle altre l’autore si prende tutto il tempo necessario per descrivere nei minimi particolari sia il terribile trionfo del degrado e dell’inquinamento, sia la maestosità della poca natura ancora intatta. Infatti, Abbey come scrittore presenta la straordinaria capacità di passare da un registro all’altro con estrema facilità e questa dote permette al lettore di immedesimarsi a tal punto nel libro da arrivare a sentirsi braccato anche lui dalla Squadra di Ricerca e Soccorso o da ritrovarsi a trattenere il fiato mentre i compagni di avventura danneggiano cavi elettrici e bulldozers. Qui di seguito viene riportata una sequenza che mostra con chiarezza la frenesia della narrazione collegata alla velocità degli eventi:
“Those people are coming,” Bonnie points out. “Let’s discuss the bridge later.” “What’s the escape plan?” Hayduke asks Smith.
Smith smiles. “Escape plan?” he says “I thought Bonnie she was in charge of escape plans.”
“Let’s not be funny,” Abbzug snaps. “Which way out of here, Smith?”
“Now don’t get your bowels in an uproar.” He looks up the road to the west. The lights, flickering behind an intervening rise of land, are making slow progress. “We still got a couple of minutes, so we’ll take this abandoned loop yonder and wait for that to go on past. Then we cut back to the road and head on up to the Maze and that Robber’s Roost country. We can hide for ten years in there if we have to, unless you’d rather hide somewhere else. Or maybe we oughta split up beyond the middle bridge and half of us borrow a boat at Hite and go down the sewage lagoon. (Abbey, 2006: 326)34
34 “Quelli stanno arrivando – Discuteremo poi del ponte - Qual è il piano di fuga? – chiede Hayduke a Smith.
75
Ad una prima occhiata il dialogo sopra riportato potrebbe sembrare alquanto irrilevante, trattandosi semplicemente di uno scambio di battute tra i personaggi del romanzo. Tuttavia, la realtà è ben diversa: infatti, con un’attenta lettura si potrà notare che emerge con chiarezza una forte sensazione di inquietudine ed incertezza data dal contenuto del dialogo. Più precisamente, i quattro eco sabotatori della Monkey Wrench Gang hanno appena tentato di far deragliare un treno elettrico per il trasporto del carbone, servendosi di una carica esplosiva piazzata su un ponte. L’operazione avrà solo parzialmente esito positivo, poiché il treno uscirà dai binari ma il ponte non crollerà del tutto, piuttosto resterà leggermente danneggiato. Il dialogo viene pronunciato dai protagonisti subito dopo aver assistito alla scena e, nella tensione generale, lo scambio di battute sarcastiche tra Hayduke, Smith e Bonnie rivela tutto il disappunto e la frustrazione per l’inaspettato esito dell’operazione di sabotaggio. L’insoddisfazione dei quattro ribelli si manifesta in maniera esplicita nella scelta semantica di Abbey di impiegare un verbo come “to snap”, reso con il termine “scattare” nella traduzione italiana di Stefano Viviani, per indicare la reazione di Bonnie alla frecciata di Smith. In effetti, questo verbo riesce a rendere molto bene l’dea di uno scatto d’ira o di una risposta fulminea che esprime un profondo disappunto. Si tratta esattamente del caso di Bonnie, che si vede addossare la colpa di non aver preparato un piano di fuga e che viene messa subito da parte dai membri maschili del gruppo. Tanto è vero che la frase: “Now don’t get your bowels in an uproar” potrebbe essere considerata alquanto offensiva poiché fa riferimento alla maggiore emotività delle donne, la quale rasenta l’irrazionalità totale secondo l’opinione maschile. Ebbene, credo che sia proprio per questo genere di frasi che Abbey sia stato accusato di misoginia nel corso della sua vita. In verità, sappiamo che tali accuse sono infondate perché è tipico dello stile dello scrittore inserire battute di spirito o sarcasmo nella trattazione di tematiche più serie e complesse.
Il lessico impiegato nel dialogo non è il solo dettaglio a cui prestare attenzione. Infatti, l’insoddisfazione per la mala riuscita del sabotaggio pianificato lascia ben presto lo spazio all’affanno e all’urgenza di trovare una via di fuga prima che le autorità si accorgano di tutto e accorrano sul luogo del misfatto. Il bisogno impellente di fuggire viene sapientemente reso da
- Smith sorride – Quale piano di fuga? – dice. – Pensavo fosse Bonnie incaricata dei piani di fuga - Non facciamo gli spiritosi – scatta Bonnie – Da che parte ce ne andiamo, Smith?
- Adesso non farti venire l’ulcera – Guarda in su la strada verso ovest. Le luci, che ora scompaiono dietro ad un dosso, si avvicinano lentamente.
- Abbiamo ancora un paio di minuti, così ci infileremo in quel raccordo abbandonato e aspetteremo che passino. Poi torneremo sulla strada e ci infileremo su per il Maze e l’area di Robbers’Roost. Laggiù potremo stare nascosti per dieci anni se è il caso, a meno che non preferiate nascondervi da qualche parte. O magari è meglio se ci separiamo dopo il ponte di mezzo e metà di noi noleggiano una barca a Hite e scendono per la laguna di scarico.” (Abbey, 2001: 300)
76
Abbey con la scelta stilistica di riportare le battute dei personaggi direttamente una dietro l’altra, inserendole in una sequenza che non prevede paragrafi descrittivi o riflessivi. Il ritmo della narrazione è dettato da una serie serrata di botte e risposte tra i quattro ribelli, che con lo scorrere del tempo sentono sempre di più il fiato degli sbirri sul collo. Questa struttura permette al lettore di percepire l’agitazione e l’indecisione del gruppo sul da farsi, lasciando chi legge con il fiato sospeso e con il dubbio che la gang si salvi.
Queste sequenze dinamiche si alternano a sequenze dal carattere più descrittivo e riflessivo, nelle quali è possibile osservare altre caratteristiche dello stile di scrittura di Abbey, in primis tra tutte l’estrema accuratezza nel rendere anche i più piccoli dettagli e il marcato realismo. Soffermandoci su queste caratteristiche indicate, ritengo che sia opportuno leggere attentamente alcuni paragrafi esemplificativi:
Long files of automobiles stand at the approaches, strung out for a mile to the north and south and monitored by state police on motorcycles, sullen, heavy men creaking with leather, stiff in riot helmet, badge, gun, Mace, club, radio. The proud though sensitive flunkies of the rich and powerful. Armed and dangerous. The people wait. Sweltering in the glare, roasting in their cars bright as beetles under the soft roar of the sun. (Abbey, 2006: 1)35
Standing again he faces the river, the soaring cliffs, the sky, the flaming mass of the sun going down like a ship beyond a shoal of clouds. Hayduke’s cock, limp, wrinkled, forgotten, dangles from his open fly, leaking a little. He spreads his legs solidly on the rock and lifts his arms wide to the sky, palms up. A great and solemn joy flows through bone, blood, nerve and tissue, through every cell of his body. (Abbey, 2006: 29)36
Osservando i due paragrafi, colpisce subito la struttura dei periodi, poiché nelle descrizioni Abbey tende a preferire la costruzione per asindeto a quella per polisindeto, visto
35 “Lunghe file di automobili sono ferme in prossimità degli ingressi, colonne di un chilometro verso nord e verso sud, controllate da poliziotti in motocicletta, uomini massicci con le facce scure, vestiti di cuoio cigolante, irrigiditi da caschi antisommossa, distintivi, pistole, lacrimogeni, manganelli, radio. I lacchè orgogliosi ma sensibili dei ricchi e potenti. Armati e pericolosi. La gente aspetta. Soffoca dal caldo, arrostisce dentro le automobili fiammanti come scarafaggi sotto l’indolente ruggito del sole.” (Abbey, 2001: 15)
36 “Di nuovo in piedi, fronteggia il fiume, i ripidi dirupi, il cielo, la massa fiammeggiante del sole che scende come una nave oltre un fondale di nuvole. L’uccello di Hayduke, flaccido, raggrinzito, dimenticato, penzola dalla sua patta aperta, sgocciolando qualcosa. Si punta solidamente sulla roccia divaricando le gambe e solleva le braccia larghe verso il cielo, i palmi rivolti all’insù. Una gioia grande e solenne percorre le sue ossa, il sangue, i nervi e i tessuti, penetra in ogni cellula del suo corpo.” (Abbey, 2001: 41)
77
che propone al lettore una considerevole enumerazione di termini ed aggettivi, che si accumulano e si coordinano solo attraverso l’ausilio di segni di punteggiatura e non di congiunzioni. Seguendo un ritmo incalzante, lo scrittore aggiunge dettagli su dettagli e questo porta il lettore ad avere un’immagine più chiara davanti agli occhi, come se lui stesso fosse presente ad assistere agli eventi. Questa precisione sfocia spesso in un forte realismo che, in certi punti, è talmente particolareggiato da creare imbarazzo in chi legge, come avviene nella descrizione di Hayduke intento ad urinare sull’orlo di un canyon.
I due paragrafi sopra riportati descrivono situazioni molto diverse: nel primo ci troviamo esattamente nel prologo del romanzo, quando viene fatto detonare un ponte di nuova costruzione durante la cerimonia di inaugurazione, mentre nel secondo caso siamo nei capitoli chiamati “Origini”, quando Hayduke fa finalmente ritorno nella sua amata Four Corners Region dopo anni di guerra in Vietnam e prigionia dei vietcong. Ad una seconda lettura ancora più attenta si noterà che, nonostante in entrambi i paragrafi selezionati venga riproposta più o meno la stessa costruzione per asindeto ed accumulazione di dettagli, l’atmosfera generale dei due testi sia decisamente opposta. Ciò lo si deve al fatto che le citazioni presentano prosodie semantiche molto distinte, vale a dire che certe espressioni scelte da Abbey, che in apparenza potrebbero sembrare neutre, in realtà vengono percepite dal lettore con associazioni positive o negative in base alle collocazioni e al contesto lessicale in cui compaiono.
Seguendo questo ragionamento, il primo testo presenta una prosodia decisamente negativa poiché lo scrittore decide di usare parole e metafore che trasmettono un’idea negativa dell’evento in corso: ad esempio, la decisione di paragonare la successione infinita di automobili in attesa sotto il sole ad una fila di fastidiosi scarafaggi è alquanto esplicativa, poiché fornisce al lettore una prima intuizione dell’enorme disappunto di Abbey riguardo all’avanzata del turismo di massa. Inoltre, anche la caratterizzazione negativa della polizia, rappresentata con caschi antisommossa, manganelli e pistole a portata di mano, contribuisce a rivelare l’indisposizione di Abbey nei confronti delle autorità e, per di più, rafforza quella sensazione generale di freddezza e indifferenza che non dovrebbe caratterizzare un evento pubblico di tale portata, simbolo del futuro e del prodigio della tecnica. Invece, contrariamente al primo, il secondo paragrafo trasmette un’atmosfera totalmente diversa poiché, malgrado Abbey si soffermi fin troppo sulla descrizione dei genitali di Hayduke, il paragone della luce solare che pervade l’intero canyon scendendo dall’alto come se fosse un veliero attraverso la coltre delle nubi regala una caratterizzazione estremamente positiva e poetica del momento. Hayduke è in perfetta comunione con la terra sotto i suoi piedi e con l’immensità del cielo che lo sovrasta e
78
ciò lo si comprende dalla posizione che assume sull’orlo del precipizio, cioè braccia e gambe ben divaricare come se fosse pronto ad abbracciare il suo tanto amato Ovest, vittima innocente della devastazione ad opera della società americana.
In effetti, nel romanzo la rappresentazione dello scontro tra wilderness e società industrializzata viene descritto con toni talmente accesi che, inevitabilmente, si viene portati a domandarsi che cosa abbia spinto i quattro eco terroristi a compiere atti di sabotaggio sempre più spettacolari e pericolosi. Quale goccia ha fatto traboccare il vaso al punto da costringerli ad entrare in azione? Fino a che punto è morale ed etico usare tecniche di guerriglia e di sabotaggio per far sentire la propria voce? Perché non ricorrere a proteste pacifiche invece che alla disubbidienza civile?
Ebbene, a mano a mano che il lettore si inoltrerà nella lettura del romanzo, sempre più domande affolleranno la sua mente e non sarà semplice trovare una risposta univoca. In verità, secondo Abbey le azioni dei quattro sabotatori sono perfettamente lecite poiché rispettano una legge molto più autorevole e sacra che autorizza l’uso della forza nella difesa della wilderness, vista come rifugio per tutti coloro che si sentivano dei disadattati sociali come lui. In un’intervista del 1982 rilasciata ad Eric Temple per l’emittente televisiva KAET TV di Phoenix, lo stesso Abbey sostiene che qualora un uomo vedesse minacciata la propria famiglia o la propria casa, sarebbe autorizzato ad intervenire in loro difesa con qualsiasi mezzo a sua disposizione e non potrebbe essere incolpato di nulla, poiché verrebbe riconosciuto universalmente secondo la legge e la moralità come vittima di un abuso o di un crimine. L’autodifesa rappresenta una delle leggi fondamentali non solo della società umana, bensì di ogni forma di vita. È un diritto inalienabile. Ed è proprio in nome di tale diritto che i protagonisti di The Monkey Wrench Gang si sentono chiamati in causa per intervenire a protezione di quel poco che era rimasto di wilderness americana, loro dimora ormai seriamente minacciata dall’avanzata dei bulldozer, delle miniere e delle industrie di bestiame, tutte interessate ad un profitto facile e immediato. Anche Brinkley condivide la stessa idea di Abbey:
Abbey’s fictional Monkey Wrenchers considered themselves justified in restoring to whatever means they found necessary to defend the Four Corners region from “deskbound executives” with their “hearts in a safe deposit box and their eyed hypnotized by calculators”. (Brinkley, 2006: xxii)
Entrambi gli autori concordano sul fatto che la democrazia rappresentativa americana avesse fallito, dato che i politici avevano smesso di dare voce alle persone comuni che li
79
avevano eletti e, al contrario, si erano schierati in rappresentanza di una ristretta minoranza, che non solo finanziava le loro campagne politiche per assicurarsi il supporto del potere, ma che allo stesso tempo mirava esclusivamente ad accrescere le proprie finanze. Secondo lo scrittore era in corso un vero tradimento della fiducia riposta dai cittadini nelle istituzioni per quanto riguarda la difesa della natura: effettivamente, la maggioranza della popolazione americana si era schierata più volte a sostegno e tutela dell’ambiente; persino alcuni politici avevano compreso quanto fosse importante e rilevante l’opinione pubblica su queste tematiche, arrivando a rendersi conto che appoggiare tali convinzioni diventava per loro vitale in vista di una loro rielezione o, in generale, per il mantenimento della carica.
Con il suo romanzo Abbey decide di denunciare la “methodical, comprehensive and precisely gauged destruction” (Abbey, 2006: 20)37, che aveva mosso i suoi primi passi in tutto il sud-ovest come un processo graduale. Il degrado, la sporcizia e l’abbandono regnavano sovrani, inquinando la natura vergine di quei luoghi con plastiche, fazzoletti, cocci di bottiglia, stracci e lattine di birra vuote, che lentamente si erano sostituiti ai fiori selvatici e ai cespugli di creosoto tipici delle ampie distese di cui Abbey scrive. Tutti questi rifiuti rappresentavano ormai una nuova e triste normalità, alla quale “the stupid and greedy and cowardly and dull white folks” si erano abituati. (Abbey, 2006: 26)38. Ebbene l’ingordigia della società consumistica portava alla costruzione a ritmi frenetici di nuove miniere a cielo aperto, di centrali a carbone, di potenti linee elettriche, di ferrovie e tubazioni, che avrebbero sventrato un territorio unico nel suo genere per trasformare l’area in un’unica enorme città moderna. Nel romanzo tale progetto viene definito da Abbey come “industrialismo planetario”, vale a dire un’era di acciaio e ferro nella quale gli ingegneri, gli agricoltori e gli avidi burocrati avrebbero distrutto ogni traccia rimasta della selvaggia wilderness:
That was the immediate object. The ideal lay still farther on. The engineer’s dream is a model of perfect sphericity, the planet Earth will all irregularities removed, highways merely painted on a surface smooth as glass. (Abbey, 2006: 80)39
Con questa citazione ci è permesso entrare nella mente dello scrittore e capire fino a che punto Abbey fosse contrario ad un’ideologia malsana di pura crescita: in effetti, egli si dichiara
37 “una distruzione metodica, totale e calcolata al millesimo” (Abbey, 2001: 32)
38 “gli stupidi e ingordi e codardi e ottusi bianchi” si erano abituati.” (Abbey, 2001: 38)
39 “Questo era l’obiettivo immediato. L’ideale era molto più lontano. Il sogno dell’ingegneria è un modello di sfericità perfetta, il pianeta Terra con tutte le irregolarità rimosse, le autostrade semplicemente su una superficie liscia come vetro.” (Abbey, 2001: 86)
80
decisamente contrario allo sviluppo e all’industrializzazione eccessiva poiché questi fattori contribuivano ad alimentare una politica di crescita economica senza limiti e senza regole, che