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fra Ecocriticism e ecoterrorismo The Monkey Wrench Gang di Edward Abbey In difesa della Wilderness : L , C , C C L M

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia D

IPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICI E CULTURALI

C ORSO DI L AUREA M AGISTRALE IN

L INGUE , C ULTURE , C OMUNICAZIONE

In difesa della Wilderness:

The Monkey Wrench Gang di Edward Abbey fra Ecocriticism e ecoterrorismo

Prova finale di:

Chiara Talassi Relatore:

Franco Nasi

Correlatore Gioia Angeletti

Anno Accademico 2019/2020

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RIASSUNTO

Il presente elaborato intende analizzare la complessa dinamica alla base del rapporto tra uomo e natura, mettendo in relazione le tematiche chiave dell’Ecocriticism con il romanzo The Monkey Wrench Gang (1975), scritto dall’autore americano Edward Abbey. L’obiettivo del lavoro consiste non soltanto nell’evidenziare le caratteristiche strutturali, tematiche e stilistiche del romanzo, ma anche di mettere in relazione il romanzo con la recente prospettiva critica dell’Ecocriticism. Tra i temi presi in analisi compaiono: la rappresentazione letteraria della natura, con un’attenzione particolare rivolta alla wilderness del sud-ovest americano; la denuncia della devastazione dell’ecosistema naturale ad opera dell’industrializzata e consumistica società americana del XX secolo e i limiti della legalità e della moralità nell’adottare tattiche di guerriglia e sabotaggi in difesa della natura.

Il lavoro affianca alla lettura del romanzo in lingua originale e in traduzione italiana lo studio di saggi e approfondimenti critici, che hanno offerto spunti di riflessione utili sia per l’analisi dell’opera sia per delineare il profilo dello scrittore. A questi si aggiungono saggi teorici relativi all’Ecocriticism.

La tesi è articolata in tre capitoli: il primo è dedicato alla biografia intellettuale di Edward Abbey. Nel capitolo si individuano le tappe principali della vita dello scrittore, e si descrivono l’ideologia politica, la produzione scritta con i temi più ricorrenti e, infine, lo stile narrativo. Il secondo capitolo si incentra sull’analisi del romanzo The Monkey Wrench Gang, del quale si analizza il contesto storico e sociale che precede la pubblicazione del libro, le vicende che coinvolgono i quattro protagonisti, il linguaggio con cui vengono trattate le tematiche chiave e la ricezione critica dell’opera. Il terzo capitolo conclude l’elaborato e affronta da un punto di vista teorico le origini e lo sviluppo dell’Ecocriticism e i suoi legami con Edward Abbey.

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ABSTRACT

The present work offers the analysis of the complex dynamic underlying the relationship between man and nature, relating Ecocriticism’s key issues to the novel The Monkey Wrench Gang (1975), written by the American author Edward Abbey. The main purpose of the work consists not only in emphasizing the novel’s structure, style and themes, but also in establishing a connection between the book and the Ecocriticism’s modern critical perspective. Among the various topics examined are: the literary representation of nature, paying particular attention to the American wilderness of the Southwest; the nature destruction carried on by the consumerist and highly industrialised American society of the XX century; the moral and legal limits of adopting guerrilla tactics and sabotage in defence of nature.

The work combines the reading of both the English original novel and its Italian translation with a collection of critical essays and studies, that have proved useful for the analysis of the book and its writer. Theoretical papers dealing with Ecocriticism are added.

The paper is organized into three chapters: the first is dedicated to Edward Abbey’s intellectual biography. This chapter focuses on the major events in the writer’s life, his political commitment, his large written production and his narrative style. The second chapter deals with the study of the novel, The Monkey Wrench Gang, providing information about the historical- social context of its publication, synopsis, analysis of the main characters, core issues and style, and eventually, a concluding paragraph about the reception of the novel. The third and last chapter concludes the work and briefly addresses the origins and development of Ecocriticism, with a closer look at its influence on Edward Abbey.

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RESUMEN

Este texto aspira a analizar la compleja dinámica que subyace en la relación entre el ser humano y la naturaleza, relacionando las temáticas claves de la Ecocrítica con la novela The Monkey Wrench Gang (1975), escrita por el autor estadounidense Edward Abbey. El objetivo del trabajo no es simplemente resaltar las características estructurales, temáticas y estilísticas de la novela, sino también asociar la obra con la moderna perspectiva crítica de la Ecocrítica.

Entre los temas principales están: la representación literaria de la naturaleza, prestando particular atención al paisaje desértico del suroeste de los Estados Unidos; la condena de la devastación del ecosistema natural por parte de la industrializada y consumista sociedad estadounidense del siglo XX y, por último, la utilización de tácticas de guerrillas y sabotaje en defensa de la naturaleza.

El trabajo combina la lectura de la novela en inglés y su traducción al italiano con el estudio de ensayos y artículos críticos, que ofrecieron material de reflexión útil para el análisis de la obra y para la descripción de la personalidad del escritor. A todo esto, se deben añadir textos teóricos que tratan el tema de la Ecocrítica.

El trabajo se articula en tres capítulos. El primero trata la biografía intelectual de Edward Abbey, se identifican también las etapas principales de la vida del escritor, y se describen la ideología política, su producción escrita con los temas más recurrentes y, al final, el estilo narrativo. El segundo capítulo se centra en el análisis de la novela The Monkey Wrench Gang, en el que se analiza el contexto histórico y social que precede a la publicación del libro, las aventuras de los cuatros protagonistas, el lenguaje que se emplea para hablar de los temas claves y la recepción crítica de la obra. El tercer capítulo concluye el trabajo y aborda desde un punto de vista teórico los orígenes y el desarrollo de la Ecocrítica y sus conexiones con Edward Abbey.

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INDICE

I. INTRODUZIONE ... 1

1. EDWARD ABBEY: IL GUARDIANO ANARCHICO DELL’OVEST AMERICANO ... 3

1.1 Profilo di Edward Paul Abbey ... 3

1.2 Formazione letteraria ed ideologia ... 9

1.3 L’attivismo di Abbey e i suoi legami con Earth First! ... 19

1.4 Produzione scritta e tematiche ricorrenti ... 27

1.5 Stile di Edward Abbey ... 33

2. THE MONKEY WRENCH GANG: MANUALE PER ASPIRANTI SABOTATORI E ATTIVISTI AMBIENTALISTI ... 37

2.1 Contesto storico- sociale di The Monkey Wrench Gang... 37

2.2 Sinossi ... 45

2.3 I membri della Monkey Wrench Gang: Hayduke, Smith, Doc e Bonnie ... 55

2.4 Stile narrativo e tematiche chiave in The Monkey Wrench Gang ... 73

2.5 Ricezione critica del romanzo ... 87

3. ECOCRITICISM: LA NUOVA ECOLOGIA LETTERARIA E LA CRISI AMBIENTALE ATTUALE ... 95

3.1 All’origine dell’Ecocriticism: i meriti delle Humanities ... 95

3.2 Ecocriticism: l’avvento di una nuova ecologia letteraria ... 105

3.3 Le fasi dello sviluppo dell’Ecocriticism ... 107

3.4 Shallow e Deep Ecology a confronto ... 115

3.5 I legami tra Edward Abbey e l’Ecocriticism: il sabotaggio ecologista, l’aspra critica all’Antropocentrismo e l’ecoterrorismo ... 119

CONCLUSIONE ... 129

BIBLIOGRAFIA ... 131

SITOGRAFIA ... 133

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I. INTRODUZIONE

Il seguente elaborato si pone come obiettivo l’analisi e l’approfondimento critico della complessa dinamica che si trova alla base del rapporto tra uomo e natura, vale a dire una relazione antica e articolata che nel corso del tempo ha subito notevoli sviluppi. Tale legame sarà esaminato in relazione al romanzo The Monkey Wrench Gang (1975) dell’anarchico scrittore americano, Edward Abbey, che ha voluto denunciare nella propria opera le devastazioni e lo sfruttamento della wilderness compiuti da parte della consumistica e industrializzata società americana del XX secolo nella Four Corners Region e nel Colorado Plateau. Più precisamente, verranno approfondite le ragioni che portarono lo scrittore a ricorrere a soluzioni estreme per la difesa della natura, come, ad esempio, il sabotaggio ecologista e l’ecoterrorismo. Inoltre, per meglio comprendere la rappresentazione letteraria della natura presente nel romanzo, verrà fornito uno studio dettagliato e teorico del moderno movimento dell’Ecocriticism e dei suoi legami con lo scrittore.

La scelta di basare l’elaborato su queste tematiche è stata dettata dall’attualità dell’argomento e dalla consapevolezza che l’odierna crisi ambientale ed energetica ha raggiunto vertici critici, che obbligheranno l’umanità ad un repentino cambio di atteggiamenti e di mentalità nei confronti della natura. A ciò si deve aggiungere un personale interesse per questioni relative all’ambiente e all’ecologia, che ho avuto la possibilità di approfondire in seguito alla frequenza del corso di letteratura anglo-americana offerto durante il percorso di laurea magistrale, tutto incentrato sulla discussione del tema della wilderness nel contesto degli Stati Uniti. Il confronto tra le tematiche chiave dell’Ecocriticism e la singolare rappresentazione dell’ambiente nel romanzo di Abbey hanno suggerito interessanti spunti di riflessione.

La metodologia per la stesura della tesi si è basata, in primo luogo, sulla lettura del romanzo principale, The Monkey Wrench Gang, in lingua originale e nella sua traduzione in italiano e, in secondo luogo, sulla consultazione di diversi saggi e studi critici sull’opera in questione e sul suo autore, in modo da presentare un’efficace inquadramento storico-sociale di entrambi. Successivamente, lo stesso procedimento è stato applicato alla trattazione più teorica dell’Ecocriticism e delle sue influenze su Abbey.

Il risultato delle ricerche critiche e dell’analisi del romanzo è stato esposto in tre capitoli.

Il primo tratta la biografia intellettuale dell’autore, l’ideologia politica e i suoi legami con il movimento ambientalista radicale Earth First!, oltre alle tematiche ricorrenti e allo stile

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narrativo della sua produzione. Il secondo capitolo è, invece, dedicato all’analisi di The Monkey Wrench Gang: si è qui descritto il contesto storico politico in cui si inserisce la pubblicazione dell’opera, la struttura del romanzo, le principali vicende che coinvolgono i protagonisti, il linguaggio con cui vengono presentate le tematiche chiave e la ricezione critica del volume. A conclusione dell’elaborato si trova il terzo capitolo che costituisce un approfondimento teorico dell’Ecocriticism e della sua influenza su Edward Abbey nel rappresentare la relazione tra uomo e wilderness.

Grazie al seguente lavoro è stato possibile esaminare tematiche di grande attualità relative all’odierna crisi ambientale che affligge la nostra società, approfondendo la tipologia di relazione che l’uomo stabilisce con la natura e le sue diverse forme di rappresentazione letteraria. Oltre a ciò si è iniziata una lunga riflessione sulla necessità di cambiare presto rotta nella gestione della wilderness e delle sue risorse, arrivando ad adottare sabotaggi e tecniche di guerriglia di tipologia ecoterrorista per intervenire in difesa del patrimonio naturale, laddove le associazioni di industrie e i governi centralizzati sembrano averle voltato le spalle, accecati da grandi interessi economici. Tali considerazioni verranno spiegate più chiaramente nelle conclusioni finali della tesi.

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1. EDWARD ABBEY: IL GUARDIANO ANARCHICO DELL’OVEST

AMERICANO

“We can have wilderness without freedom.

We can have wilderness without human life at all;

but we cannot have freedom without wilderness”

(Abbey, 1977: capitolo 22)

1.1 Profilo di Edward Paul Abbey

Il primo capitolo del seguente elaborato non poteva non aprirsi citando direttamente le parole del suo protagonista, vale a dire una delle voci più potenti e severe che si sono levate in difesa del grande Ovest americano e delle sue preziose bellezze, Edward Abbey.

La citazione sopra riportata è tratta da The Journey Home: Some Words in the Defence of the American West, una raccolta di saggi pubblicata nel 1977, nella quale Abbey racconta i suoi viaggi e le sue avventure alla scoperta del selvaggio Ovest, alternando humor tagliente e toni accessi nel descrivere lo scempio di questi ampi spazi ad opera della consumistica società americana, votata esclusivamente al profitto. In effetti, l’amore profondo per la natura incontaminata, la libertà che soltanto questa riesce a dare all’animo umano e la lotta contro lo sfruttamento smodato della natura saranno tematiche che caratterizzeranno sia la produzione scritta di Abbey sia la sua esistenza.

Edward Paul Abbey nasce nel Gennaio del 1927 ad Home, in Pennsylvania, figlio di Mildred Postlewait, insegnante ed organista, e di Paul Revere Abbey, rude contadino e minatore occasionale. I genitori eserciteranno una grande influenza sul giovane Abbey, trasmettendogli idee e convinzioni che porterà con sé per tutta la vita. In particolare, il padre, uomo duro e ateo, era un convinto sostenitore dei principali leader dell’Industrial Workers of the World, comunemente conosciuti come “Wobblies” (Itineranti). Precisamente, si tratta di un’associazione militante del movimento operaio statunitense degli inizi del XX secolo.

Caratterizzata da una visione radicale, questa associazione si prefissava l’obiettivo di contrastare lo sfruttamento delle masse povere degli operai, considerate al tempo pura forza

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lavoro senza diritti. Fu un sindacato unito e determinato nel cercare di spezzare il patto tra proprietari terrieri ed industriali che si trova alla base della società americana, non facendosi scrupoli nell’impiegare scioperi organizzati, azioni di sabotaggio e di boicottaggio, alle quali le autorità risposerò con feroci repressioni. Abbey erediterà dal padre proprio questo forte sentimento di sfiducia e diffidenza nei confronti del governo centrale con sede a Washington D.C., coltivando una predisposizione ad opporsi al potere stabilito con un certo piacere e sempre a testa alta.

Il talento per la scrittura non tarda a manifestarsi. Infatti, come si afferma sia nel documentario biografico diretto e prodotto da Eric Temple nel 1993, “Edward Abbey: A Voice in the Wilderness”, sia nella biografia di James M. Cahalan, Edward Abbey: A Life del 2001, il fratello Howard e la sorella Nancy ricordano di come da ragazzo lo scrittore si dilettasse a scrivere e illustrare brevi racconti di avventura ambientati nelle verdi foreste degli Appalachi, dove aveva passato la sua infanzia in stretta comunione con la natura. Il documentario e la biografia, in effetti, raccolgono le testimonianze di coloro che hanno conosciuto Abbey, le figure più importanti che lo hanno affiancato fino alla fine: ad esempio, i fratelli, i suoi editori, la quinta ed ultima moglie Clarke e una lunga serie di amici scrittori, dai quali spesso trarrà ispirazione per i protagonisti dei sui libri. Grazie alla loro testimonianza è possibile guardare oltre la pura figura dello scrittore di fama internazionale e si riesce, pertanto, a scorgere anche l’uomo semplice, il marito e l’amico divertente che fu. Si arriva a provare empatia e a simpatizzare per un individuo, i cui modi o le cui parole potrebbero apparire in un primo momento rudi e volgari.

Uomo dalla personalità complessa e poliedrica, il giovane Abbey non aveva ancora deciso se avrebbe dedicato la sua vita alla musica, alla pittura, o alla scrittura. Tuttavia, quest’ultima prenderà il sopravvento quando in lui nasce il bisogno di denunciare lo sfruttamento delle foreste in cui era cresciuto, studiando piante e cacciando scoiattoli, da parte delle grosse aziende di legname. Si fanno vivi in lui i primi istinti ribelli.

Nell’estate del 1944, a soli 17 anni, compie una dell’esperienze più importanti della sua vita, che ne segnerà profondamente la produzione artistica. Lascia la Pennsylvania e si avventura alla scoperta dell’America, viaggiando fino a Seattle con mezzi di fortuna: come un vagabondo salta su vagoni di treni merci o fa l’autostop. Durante il suo peregrinare lavora per brevi periodi in conservifici o raccogliendo la frutta. Ciò gli permette di guadagnare una piccola paga che lo spinge a proseguire il suo viaggio, non sazio delle bellezze naturali che l’America

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ha da offrire. Discende lungo la Pacific Coast fino a San Francisco, si inoltra nella Yosemite Valley fino a raggiungere la San Joaquin Valley in California. Il suo viaggio terminerà a Flagstaff, in Arizona, non per volontà dello scrittore, ma poiché viene arrestato per vagabondaggio e rinchiuso in prigione. Le meraviglie naturali che Abbey poté ammirare durante questa esperienza rimasero marchiate a fuoco nella sua mente, accrescendo maggiormente il suo amore e la sua devozione per la natura selvaggia e indomita di questi luoghi. In particolare, la contea di Navajo, il deserto di Sonora e la Death Valley con i loro canyon, i loro pilastri di arenaria e i cespugli di Creosoto arrostiti dal sole colpiranno così profondamente la sua sensibilità da portarlo ad innamorarsene perdutamente.

Il ricordo di questi luoghi incantati lo accompagnerà anche durante il richiamo alle armi da parte dell’esercito nel 1945. Infatti, trascorrerà l’ultimo anno del secondo conflitto mondiale in Italia come ufficiale della polizia militare. La permanenza nell’esercito non farà altro che rafforzare la sua diffidenza nei confronti delle istituzioni e le sue idee dall’orientamento anarchico.

Di ritorno negli Stati Uniti si iscrive all’Università del Nuovo Messico, dove consegue una prima laurea (B.A., Bachelor of Arts) nel 1951 in inglese e, successivamente, nel 1956 una seconda laurea (M.A., Master of Arts) in filosofia, discutendo una tesi intitolata “Anarchy and the Morality of Violence”. Trascorrerà anche un anno presso l’Università di Edimburgo, in Scozia, prendendo parte ad un programma di scambio culturale.

Il trasferimento nel Nuovo Messico rappresenta per Abbey un sogno che diventa realtà, in quanto sin dal suo famoso viaggio alla scoperta dello sconfinato Ovest nell’estate del 1944, egli aveva deciso che la regione denominata “Four Corners” (l’unico punto del territorio degli Stati Uniti in cui 4 stati si toccano: Utah, Colorado, Arizona e Nuovo Messico) sarebbe diventata la sua casa.

Gli anni universitari nel Nuovo Messico sono costellati da diversi cambiamenti: ad esempio, svolge molti lavori per potersi mantenere negli studi, collabora con il giornale universitario “Thunderbird”, diventandone persino editore per un breve periodo. Inoltre, prima del conseguimento della laurea Edward Abbey sposa la prima moglie, Jean Schmechal.

La vita personale e amorosa dello scrittore fu decisamente turbolenta, risentendo in particolare del suo carattere inquieto e dei lunghi periodi di assenza che Abbey trascorreva esplorando il deserto o discendendo fiumi. In totale avrà cinque mogli e cinque figli. È interessante notare come nel documentario di Eric Temple, precedentemente menzionato, sia

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proprio la quinta ed ultima moglie, Clarke, ad ammettere che Abbey avesse capito solo in parte che uomini e donne hanno modi diversi di ragionare. Questo lo portava inevitabilmente a compiere gesti o a dire cose che facevano infuriare le sue mogli. Nonostante le relazioni extraconiugali, Abbey amò le sue compagne di vita. Infatti, alla morte della terza moglie, Judy Pepper, nel luglio del 1970 per leucemia, Abbey sprofondò in uno stato di forte depressione e solitudine. A lei è dedicato Black Sun, uno dei capolavori di Edward Abbey.

È bene precisare che Black Sun non è il primo libro scritto e pubblicato da Abbey, bensì il quinto. Infatti, le vicende della sua vita si alterneranno alla pubblicazione di romanzi, saggi e articoli di successo e che fecero grande scalpore. Pertanto, proprio per l’importanza che questi hanno avuto in ambito letterario, a loro dedicherò un’intera sezione di approfondimento nella seconda parte del primo capitolo.

Alla seconda metà degli anni ’50 risale l’amicizia con il pittore espressionista John DePuy. Con queste parole Abbey lo celebra nel 1981:

He paints a hallucinated, magical, and sometimes fearsome world- not the one we think we see but the one, he claims, that is really there. A world of terror as well as beauty- the terrible beauty that lies beyond the ordinary limits of human experience, that forms the basis of experience, the ground of being.

Il loro legame durerà per tutta la vita, diventando anche complici nel compiere piccole azioni di sabotaggio. Lo stesso biografo di Abbey, Jack Loeffler, prenderà parte a queste azioni di protesta, senza mai ammetterlo pubblicamente. È qui che ha origine la vera “Monkey Wrench Gang”.

Tra il 1956 e il 1957, Abbey lavora come ranger stagionale per la United States National Park Service all’Arches National Monument, attualmente un parco nazionale, che si trova vicino la citta di Moab nello Utah. Ricopre l’incarico dal mese di aprile a quello di settembre ogni anno, svolgendo diverse mansioni: dall’accoglienza e la sorveglianza dei campeggiatori alla cura dei percorsi e dell’ambiente circostante. Egli lavorerà presso altre riserve e parchi naturali degli Stati Uniti: ad esempio, negli anni 60 si dedicherà all’Organ Pipe Cactus National Monument, nel profondo sud dell’Arizona a confine con lo stato messicano di Sonora, mentre nel 1965 presterà servizio nella regione acquitrinosa delle Everglades in Florida, per poi lavorare come guardia boschiva in prevenzione degli incendi nel Lassen Volcanic National Park, in California.

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L’esperienza di lavoro presso i parchi e le riserve nazionali offrirà ad Abbey molti spunti di riflessione per i suoi scritti, radicando in lui ancora più profondamente la necessità di proteggere la natura dallo scempio incontrollato compiuto dall’uomo.

Negli anni a seguire, Abbey alterna la sua attività di scrittore ad un crescente impegno e coinvolgimento politico. Infatti, partecipa a manifestazioni, tiene discorsi e scrive articoli. Ad esempio, nel 1968 prende parte al Rocky Mountain Book Festival dove legge un discorso in cui attacca il governo per il sostegno e gli sviluppi della guerra in Vietnam.

Dopo il trasferimento a Tucson nel 1984, Abbey tiene classi di scrittura creativa presso l’Università dell’Arizona, anche se questo impiego non calmerà la sua indole anarchica. In realtà, porterà avanti la sua azione di protesta contro il governo centrale sotto diverse forme.

Forse il gesto più eclatante fu il suo avvicinamento al movimento Earth First! per il quale terrà diversi discorsi in occasioni delle loro azioni di contestazione. Abbey non ammetterà mai pubblicamente l’adesione al movimento ecologista radicale, anche se i suoi stretti legami di amicizia con i principali leader erano da tempo noti ai più importanti organi giudiziari degli Stati Uniti.

Dalla biografia di Abbey è possibile capire che personaggio complesso ed eccentrico fosse in vita, ma anche nella morte lo scrittore, che aveva sempre rifiutato con forza l’etichetta di “nature writer”, non si smentì. Agli inizi degli anni 80, la salute di Abbey peggiora considerevolmente. In un primo momento tale peggioramento viene attribuito ad un tumore al pancreas, anche se, in seguito, la diagnosi non si rivelerà corretta. Difatti, Abbey soffre di emorragie interne all’esofago, che lo costringono a frequenti ricoveri in ospedale.

La morte sopraggiunge nel marzo del 1989 all’età di 62. Circondato dalla moglie e dagli amici più stretti, si spegne nel suo ufficio, chiamato “cabin”, in cui era solito trascorrere la maggior parte del tempo lavorando ai suoi libri. Nonostante la morte imminente, il suo senso dell’humor non lo abbandonò mai: lasciò una serie di istruzioni su come dovesse svolgersi il suo funerale e scrisse un biglietto con le sue ultime parole, nel caso qualcuno in un futuro si fosse domandato quali fossero state. Scrisse “NO COMMENT”. Il corpo fu avvolto nel suo sacco a pelo blu preferito, fu caricato sul retro di un pickup e fu seppellito in un luogo non ben definito nel Cabeza Prieta Desert in Arizona. Non volle nessun discorso formale o pianto, anzi lui stesso si raccomandò:

No formal speeches desired, though the deceased will not interfere if someone feels the urge. But keep it all simple and brief.

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La sua sepoltura fu accompagnata da musica di cornamuse, spari, fiumi di birra e whiskey. Non volle nessuna bara, poiché il suo corpo avrebbe dovuto fornire il nutrimento ad un cactus o ad una rosa selvatica del deserto. Questa scelta riconferma il desiderio profondo di Abbey di ricongiungersi nella morte con quella natura che aveva strenuamente difeso in vita.

La scomparsa di Abbey fu celebrata a distanza di qualche mese da due veglie di seguaci e amici: una si tenne presso il parco Saguaro National Monument e una presso l’Arches National Park. A queste celebrazioni presero parte anche figure di rilievo come Wendell Berry, rinomato scrittore americano, nonché attivista ambientalista. I due condividevano l’idea che le principali minacce ad una vita semplice, vissuta in pace con la natura, fossero l’agricoltura industriale, l’economia globale e la distruzione ambientale.

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9 1.2 Formazione letteraria ed ideologia

Leggendo la biografia, ci si rende immediatamente conto di che figura complessa fosse Edward Abbey: non un semplice uomo con un profondo amore per la natura incontaminata, bensì un suo agguerrito protettore, animato da forti passioni ed ideologie. Sarebbe un errore considerevole semplificarne i tratti della personalità e delle idee per farlo rientrare in una corrente letteraria precisa. Lo stesso Abbey ha sempre rifiutato l’etichetta di “nature writer”, essendo piuttosto insofferente alle categorizzazioni.

In un articolo del 1988, pubblicato sul Washington Post, David Streitfeld riporta le parole di Abbey a questo proposito: “If a label is required say that I am one who loved the unfenced country”.

Nella prefazione alla traduzione italiana di The Monkey Wrench Gang, titolo tradotto come I Sabotatori e pubblicato dalla casa editrice Meridiano zero, il docente e critico cinematografico Franco La Polla definisce Abbey con un’espressione chiara e precisa: “Abbey fu un solitario, ma non un isolato” (La Polla, 2001: 7). Tale definizione indica che, nonostante il suo pensiero politico irrispettoso dell’autorità e votato alla disubbidienza fosse un suo tratto distintivo, Abbey rappresenta il punto d’arrivo novecentesco di una lunga e numerosa tradizione di scrittori filo naturalisti di diversa estrazione sociale. Proprio come questi autori che lo avevano preceduto, Abbey presenta la medesima preoccupazione di preservare la wilderness originaria del continente americano dalla spietatezza del potere e dei suoi interessi economico- industriali.

Tra le schiere di questa lunga tradizione, che incrocia la strada del più ampio fenomeno dell’American Environmentalism, ritroviamo grandi nomi, come quelli di Henry David Thoreau, John Muir, Walt Whitman, Aldo Leopold e molti altri. In effetti, chi semplicemente attraverso la propria attività di scrittore, chi affiancando ad essa azioni di attivismo ambientalista, questi autori avranno un’enorme influenza su Abbey e sulle sue opere.

Pertanto, prima di dedicarci ad un’analisi più attenta dei singoli scrittori che più hanno ispirato Abbey, è necessario chiarire in che cosa consista l’American Environmentalism. Più precisamente, si tratta di un fenomeno che si è evoluto nel corso del tempo e che si lega strettamente al tema dell’identità americana, in quanto è volto ad analizzare in maniera specifica il tipo di rapporto che la società di questa potente nazione ha stabilito con una delle sue

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ricchezze più preziose, cioè la wilderness. In questo modo, la natura vasta ed incontaminata dell’America si converte in un simbolo di identità nazionale unico nel suo genere, il quale non troverà paragoni che reggano il suo confronto nel vecchio continente europeo, come sostiene Roderick Franzier Nash nel suo volume Wilderness and the American Mind:

The nation’s short history, weak traditions, and minor literary and artistic achievements seemed negligible compared to those of Europe. But in at least one respect Americans sensed that their country was different: its wilderness had no counterpart in the Old World. (Nash, 2014: 67)

Tuttavia, il concetto di American Environmentalism non coincide semplicemente con la celebrazione della natura o con le varie politiche adottate nel corso degli anni dai movimenti ambientalisti ed ecologisti a difesa di quest’ultima. Si tratta di un fenomeno che supera, pur prendendone ispirazione, l’etica di conservazione di tali movimenti. Stando a questa eticità, esiste un dovere civico di intervento per la salvaguardia dell’ambiente attraverso tecniche scientifiche ed empiriche. Inoltre, l’American Environmentalism dovrebbe considerarsi soprattutto come una critica sociale, capace di trasformare la voce dei suoi esponenti letterari in una denuncia dello sfruttamento incosciente delle risorse ambientali. Abbey fu appunto testimone del dilagante capitalismo statunitense nel XX secolo e fece tutto quanto in suo potere per opporsi alle industrie e alle corporazioni che divoravano la terra e le ultime porzioni di aree naturali nel nome della crescita economica.

Il movimento ambientalista muoverà i suoi primi passi nel contesto sociale degli Stati Uniti alla fine del XIX secolo. Inizialmente si trattava di piccoli gruppi e associazioni isolate che protestavano contro la negligenza delle politiche governative nella tutela dell’ambiente e nello sfruttamento delle risorse naturali. Nonostante la forte volontà che muoveva tali gruppi, le loro rimostranze rimanevano perlopiù inascoltate dalle rappresentanze del potere, poiché erano realtà veramente modeste. La situazione cambia quando al fianco dei primi movimenti ecologisti ed ambientalisti si schierano voci autorevoli come quella di Thoreau o Muir. Essi forniranno attraverso i loro scritti ed idee una forte ispirazione filosofica e una solida base teorica alle critiche avanzate dalle prime organizzazioni.

Ritroviamo con chiarezza in Edward Abbey e nella sua concezione di vita i tratti del pensiero di questi due autori.

Soffermandoci in un primo momento sulla figura di Thoreau, ci si può rendere conto con facilità di quanti parallelismi esistano tra i due autori, non solo a livello di idee ma anche a

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livello di esperienze fatte nel corso delle rispettive esistenze. La somiglianza è a tal punto sorprendente, che si potrebbe paradossalmente pensare che i due si siano conosciuti veramente.

L’affinità tra Thoreau ed Abbey è così marcata che portò il romanziere e sceneggiatore statunitense Larry McMurtry a definire Abbey in un articolo pubblicato sul Washington Post come “the Thoreau of the West” (Brinkley, 2006: xvi). In effetti, Abbey dedicherà buona parte della propria esistenza, soprattutto durante i decenni in cui imperversò la tensione internazionale della Guerra Fredda, a difendere l’Ovest dalle industrie minerarie, dalle aziende per la costruzione delle autostrade, dalle centrali elettriche e, infine, dalle società che incoraggiavano il diffondersi del consumismo per mezzo della fabbricazione di imponenti centri commerciali. In altre parole, davanti agli occhi di Abbey si presentava uno scenario spaventoso di devastazione e di assoggettamento al capitalismo chiamato “Californicating”.

(ivi) Le vittime di tale processo, all’apparenza inarrestabile, erano i territori così tanto amati: lo Utah, il Nuovo Messico, il Colorado, l’Arizona e, naturalmente, la wilderness che ne caratterizzava le ampie distese.

Per Abbey la wilderness non è soltanto la forza che si oppone all’inesorabile avanzata del sistema capitalistico americano. Ad essa non corrisponde nemmeno l’immagine che gli è stata attribuita per decenni di entità indomita e spaventosa, nella quale gli uomini non avrebbero potuto trovare il loro posto. La visione della wilderness si è evoluta nel corso del tempo ed è arrivata a rappresentare per autori come Abbey e Thoreau la fonte della vera libertà e della salvezza per l’uomo. Preservare la natura vuole dire salvare noi stessi, come afferma Thoreau in persona: “Nature is another name for health” (Gray, 2011: 64).

Da questo primo ritratto degli autori sopra citati si potrebbe pensare che i due rappresentino un muovo modello di patrioti, impegnati anima e corpo nell’impresa di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo ai soprusi ai danni della natura.

Il voto alla disubbidienza di Abbey si inserisce nella scia tracciata da Thoreau (1817- 1862). In effetti, Richard Gray nel suo manuale A Brief History of the American Literature sottolinea come lo stesso Thoreau nel 1849 pubblicò un famoso saggio intitolato On the Duty of Civil Disobedience. In esso risalta il carattere ribelle e non conformista di Thoreau, già emerso negli anni di studio ad Harvard, che giustifica atti di disobbedienza e resistenza alle autorità rappresentanti il potere quando quest’ultime erano le prime a violare la legge per il proprio tornaconto.

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Per poter comprendere tale pensiero è bene precisare che Thoreau visse in prima persona i disordini e le tensioni che culminarono successivamente nella guerra di secessione americana (1861-1865). Thoreau insieme ad altri intellettuali, come il trascendentalista Emerson, si dichiarò un fervente abolizionista, rifiutandosi di tacere la questione della schiavitù. La sua volontà di opposizione si manifestò concretamente quando Thoreau si rifiutò di finanziare il governo che supportava la guerra tra Stati Uniti e Messico (1846-1848), vale a dire un conflitto considerato dallo scrittore come puramente indirizzato alla sottrazione di territori da parte degli stati schiavisti del Sud. Per questo motivo fu rinchiuso in prigione per un breve periodo. La reclusione non solo gli ispirò la scrittura del saggio sopra citato, ma lo porterà ad elaborare la dottrina della resistenza passiva, la quale afferma che esiste una legge superiore, estranea a quella del governo degli uomini, che ripone la massima autorità nell’individuo e nella sua coscienza:

Under a government which imprisons any unjustly, the true place for a just man is also in prison. (Gray, 2011: 66)

Tale pensiero avrà un enorme successo nei decenni successivi, arrivando ad essere adottato da figure di rilievo come Mahatma Gandhi e Martin Luther King. Abbey farà suo il diritto all’opposizione e alla disubbidienza, ma a differenza di Thoreau la sua resistenza non sarà passiva, ma, al contrario, sarà attiva, assumendo una deriva anarchica che lo porterà ad adottare tecniche di guerriglia e a mettere in atto azioni di sabotaggio per protestare contro la società capitalistica e consumistica dell’America a lui contemporanea. Ciò si può chiaramente leggere nel suo capolavoro The Monkey Wrench Gang:

To him, anarchy was just democracy in action, and his book’s eco-raiders were just bold American patriots like those who participated in the Boston Tea Party or fought alongside Ethan Allen and his Green Mountains Boys. (Brinkley, 2006: xix)

Thoreau ed Abbey non sono accomunati esclusivamente da idee e pensieri, bensì anche da simili esperienze di vita vissuta. Un chiaro esempio è rappresentato da due opere che trattano l’allontanamento dei rispettivi autori dalla società e dalla massa per trovare rifugio nella natura.

Mi riferisco a Walden, or Life in the Woods di Thoreau e Desert Solitaire di Abbey.

Nel primo caso, Grey afferma che Walden rappresenta uno dei capolavori letterari più riusciti di Thoreau. Pubblicato nel 1854, il libro racconta il soggiorno solitario dello scrittore nei boschi intorno a Walden Pond, vicino alla cittadina di Concord nel Massachussetts. Il suo ritiro nella natura durò dal 4 luglio 1845 al 6 settembre 1847 e rappresentò un tentativo di vita

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ispirata ai dettami del Trascendentalismo. Durante questo periodo lo scrittore visse a stretto contatto con l’ambiente naturale che lo circondava: Thoreau pesca, studia animali e piante e vive in una modesta casetta che si era costruito da solo. Nessuno degli altri trascendentalisti riuscì a fare propri i principi di Emerson con la stessa intensità di Thoreau.

A metà degli anni 50 del XX secolo risale, invece, l’esperienza simile di Edward Abbey, il quale lavorò come ranger per la U.S. Forest Service e il National Park Service presso il parco Arches National Monument, vicino la città di Moab nello Utah. Questa esperienza viene raccontata in Desert Solitaire, il primo capolavoro di saggistica pubblicato nel 1968. All’interno di questa opera Abbey non solo raccoglie i ricordi e le emozioni suscitate dall’ambiente estremo del deserto, ma anche le riflessioni critiche sull’avanzata del turismo di massa nei parchi nazionali. Tale fenomeno viene descritto dall’autore come una male in grado di corrompere il fragile equilibrio di questi paesaggi. Tra i vari argomenti trattati, si rimane stupiti dalla precisione con cui Abbey riporta i suoi studi sulla flora e sulla fauna del delicato ecosistema del deserto. Leggendo queste minuziose descrizioni, la mente vola inevitabilmente alle osservazioni naturali condotte da Thoreau durante il suo isolamento a Walden Pond.

In aggiunta a ciò, in entrambe le opere è possibile ritrovare una riflessione profonda sulla complessa rete di relazioni che si formano a livello fisico, sociale ed emotivo, quando l’essenza umana entra in contatto con la wilderness pura e vera, ossia quella che si può trovare in ambienti estremi, come il deserto per Abbey, o lontano al sicuro nei boschi del Massachusetts per Thoreau. Questo legame tra lo scrittore e la natura è talmente radicato da sembrare quasi carnale:

Standing there, gaping at this monstrous and inhuman spectacle of rock and cloud and sky and space, I feel a ridiculous greed and possessiveness come over me. I want to know it all, possess it all, embrace the entire scene intimately, deeply, totally, as a man desires a beautiful woman. An insane wish? (Abbey, 1971: 6)

Un ulteriore tratto in comune alle due opere è la loro singolarità, cioè il fatto di rappresentare un capolavoro letterario unico nel proprio genere, difficilmente collocabile in una categoria precisa. Ad esempio, Gray in a Brief History of the American Literature sostiene che Walden abbia ricevuto nel corso del tempo diverse definizioni:

Many other descriptions or generic titles have been applied to it: it has been called, among other things, an autobiography, a philosophical narrative, an ecological journal, a spiritual diary. (Gray, 2011:64)

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Anche per il lettore di Desert Solitaire è difficile stabilire il genere al quale l’opera appartiene, come d'altronde ammette l’autore stesso nell’introduzione del libro. Pertanto, sarebbe più corretto parlare di un testo sui generis, la cui unicità sta nel fatto che l’attenzione è totalmente posta sull’io dell’Abbey narratore, il quale è capace di trasmettere al lettore un profondo senso di intimità con la natura, senza, però, mai perdere quel tono polemico ed accesso che lo contraddistingue:

This is not a travel guide but an elegy. A memorial. You are holding a tombstone in your hands. A bloody rock. Don’t drop it on your foot- throw it at something big and glassy. What do you have to lose? (Abbey, 1971: xii)

Tuttavia, è bene puntualizzare che il fatto che questi libri presentino numerosi tratti in comune, non deve però indurre a credere che siano uguali. In effetti, leggendoli con cura, ci si rende conto che ci sono anche notevoli differenze. Nonostante entrambi, sia Thoreau che Abbey, incoraggiassero i propri lettori a condurre una vita semplice, con pochi beni materiali a disposizione, convinti che solo così si potesse raggiungere la vera felicità, è in Abbey che troviamo una critica più forte alla società capitalistica e ai suoi consumi sregolati. Secondo Abbey la modernità e la natura presentano culture differenti che è bene che rimangano separate per la loro sopravvivenza. Gli uomini sono prigionieri della cultura di massa e delle sue tendenze. Credono di godere di piena libertà quando, in realtà, non è così, poiché sono schiavi di noiose routine. Il disprezzo di Abbey per la società industrializzata sembra non avere limiti in Desert Solitaire e profetizza con toni cupi un futuro di desolazione per gli uomini:

A civilization which destroys what little remains of the wild, the spare, the original, is cutting itself off from its origins and betraying the principle of civilization itself.

If industrial man continues to multiply its numbers and expand his operations he will succeed in his apparent intention, to seal himself off from the natural and isolate himself within a synthetic prison of his own making. He will make himself an exile from the earth. (Abbey, 1971: 211)

Come precedentemente menzionato, Abbey si può considerare erede non solo di Thoreau, ma anche di John Muir (1838-1914). Conosciuto come “Father of the National Parks”, Muir viene ricordato sia per gli scritti, nei quali narra le sue esplorazioni avventurose attraverso la natura incontaminata della Sierra Nevada, sia per il suo attivismo e le campagne a tutela della Yosemite Valley e del Sequoia National Park.

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Proprio come nel caso di Abbey e Thoreau, Muir era solito ritirarsi per lunghi periodi di riflessione nella natura inviolata degli Stati Uniti occidentali, nello specifico della California.

A questi prolungati soggiorni risalgono molti dei suoi studi condotti sulla flora e fauna di queste aree, con un’attenzione particolare rivolta alla conformazione geologica del territorio. Le sue riflessioni rimasero sicuramente influenzate dalle idee trascendentaliste di Emerson, con il quale strinse una forte amicizia che durò per tutta la vita.

Tra i riconoscimenti più importanti è necessario menzionare che fu tra i padri fondatori del Sierra Club nel 1892. Si tratta di una delle prime e più influenti associazioni per la salvaguardia ambientale di tutti gli Stati Uniti, attivamente impegnata nell’istituzione di nuove riserve e parchi nazionali per la tutela della cosiddetta wildlife. A partire dal 1896 il Sierra Club si divide, poiché all’interno del movimento si delineano due correnti contrapposte con diverse filosofie ispiratrici per quanto riguardava la gestione delle risorse naturali. Il primo dei due indirizzi di pensiero era capeggiato da Gifford Pinchot, un conservazionista che sosteneva che le risorse naturali andassero preservate al fine di poter essere poi sfruttate dall’uomo. La seconda corrente, invece, era guidata da Muir, il quale era fermamente convinto che la natura andasse difesa senza fini utilitaristici a vantaggio dell’uomo. Fu così che ebbe origine il conflitto tra conservazionisti e protezionisti, che imperversò per molti decenni negli Stati Uniti.

Nel corso della sua esistenza, Abbey si scontrò diverse volte con l’organizzazione Sierra Club, in quanto le sue azioni di accesa protesta contro il governo e le sue idee anarchiche non erano sempre condivise dai membri del gruppo. In effetti, è difficile accostare la definizione di ambientalista ad Abbey, poiché, nonostante i suoi scritti trattassero tematiche ambientali, determinati atteggiamenti lo allontanavano dal vero significato di quel termine. In particolare, nel documentario biografico girato da Eric Temple nel 1993 viene riportato di come Abbey fosse solito gettare lattine di birra vuote fuori dal finestrino della sua amata Cadillac, mentre percorreva le autostrade desertiche dell’Arizona e dello Utah. Stando a quanto afferma lo scrittore, il suo gesto, alquanto insolito per un ambientalista, non andava a danneggiare il paesaggio, poiché quest’ultimo era già stato inevitabilmente corrotto dalla distesa di asfalto delle autostrade.

Un’altra personalità di rilievo, che esercitò una notevole influenza sulla formazione di Abbey, fu l’ecologo statunitense Aldo Leopold (1887-1948). La sua ideologia assunse importanza a livello internazionale grazie all’opera A Sand County Almanac, pubblicata

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postuma nel 1949, nella quale l’autore introduce il concetto di etica ambientale e fa riferimento alla necessità di trovare un’armonia tra la specie umana e l’ambiente che questa abita.

Gran parte della sua vita fu dedicata alla lotta per il riconoscimento di politiche sulla tutela ambientale, nel tentativo di accrescere la consapevolezza delle masse riguardo all’esistenza di profondi legami tra gli organismi e i loro ecosistemi. In questo modo, la tutela dell’ambiente non consisteva soltanto in un nobile sentimento dell’animo, quanto piuttosto in una necessità concreta. Più precisamente, nel manuale Wilderness and the American Mind si parla di “ecological conscience” (Nash, 2014: 182).

Durante il periodo di impiego presso lo United States Forest Service, organismo per il quale lavorò lo stesso Abbey molti anni dopo, Leopold si distinse a tal punto per la sua devozione alla causa ambientalista, che il presidente Theodore Roosevelt lo elesse ad esempio virtuoso per tutta la nazione.

Proprio come Abbey, la sua esistenza fu caratterizzata per tutta la durata da una notevole ansia di preservare la wilderness da una sua distruzione totale. In altre parole, Leopold era profondamente convinto che l’annientamento della natura avrebbe avuto terribili conseguenze sullo stile di vita degli americani. Tuttavia, è bene puntualizzare che, a differenza di Abbey, Leopold non era interessato a manomettere o rallentare l’avanzata della modernizzazione. In effetti, gli era ben chiaro che sarebbe stato molto difficile fare sì che gli Stati Uniti si rendessero conto che la natura incontaminata non era una ricchezza illimitata, di cui poter disporre a proprio piacimento. Tale convinzione era dovuta al fatto che i vari governi, che si era succeduti fino ad allora alla guida del paese, vedevano nella wilderness esclusivamente un profitto economico:

He realized this was a difficult point to make to a people who are so accustomed to a plentiful supply of wilderness that we are unconscious of what the disappearance of wild places would mean. (Nash, 2014: 187)

Ne consegue che per Abbey fosse inconcepibile restare ad assistere allo scempio della natura come un semplice spettatore passivo. Sin da giovane, infatti, il padre gli aveva trasmesso uno spirito ribelle e votato alla resistenza. Traendo ispirazione dal suo scrittore preferito, vale a dire Walt Whitman (1819-1892), il padre gli insegnò a condurre una vita semplice, possibilmente in comunione con la natura, cercando di sviluppare una coscienza critica che lo portasse a vedere il mondo per quello che era e che gli insegnasse a vivere libero dalle

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costrizioni e dalle ascendenze del potere. Ciò lo si può leggere chiaramente dalle parole dello stesso Whitman nella prefazione all’edizione del 1855 di Leaves of Grass:

This is what you shall do: Love the earth and sun and the animals, despise riches, give alms to everyone that asks, stand up for the stupid and crazy, devote your income and labour to others, hate tyrants, argue not concerning God, have patience and indulgence toward the people, take off your hat to nothing known or unknown, or to any man or number of men—go freely with powerful uneducated persons, and with the young, and with the mothers of families—re-examine all you have been told in school or church or in any book, and dismiss whatever insults your own soul.

(Whitman, 1855: preface)

Considerato il padre del verso libero e della poesia americana, Walt Whitman ispirò profondamente Abbey, che fece proprio il motto “Resist much. Obey little” del famoso poeta al fine di mettere la società capitalistica americana davanti ai propri peccati: slealtà, ipocrisia e cupidigia.

Come Abbey, anche Whitman celebra il suo sconfinato amore per la libertà. Più precisamente, Gray sostiene che le opere di questo grande poeta rivelino il suo desiderio di essere identificato con l’America. Whitman si considerava l’unico poeta con l’abilità e il coraggio necessari per rappresentare le selvagge vastità del continente americano in versi altrettanto audaci e indomabili. In effetti, la sua poesia era un gesto di identificazione con la terra nativa, innalzandolo al ruolo di “American Homer” (Gray, 2011: 109).

Ritroviamo un ulteriore parallelismo tra Abbey ed Whitman nell’esperienza di vagabondaggio attraverso gli Stati Uniti. Di fatto, quella che Brinkley nella prefazione di The Monkey Wrench Gang chiama “hobo holiday” appare essere una tappa necessaria e comune a molti degli scrittori qui menzionati. Spostarsi alla scoperta della propria nazione si rivela una pratica che permette di assaporare l’avventura e un senso di profonda libertà

Tali temi saranno ampiamente trattati successivamente, negli anni 50 e 60 del XX secolo, dagli esponenti della Beat Generation, tra i quali incontriamo scrittori come Allen Ginsberg o Jack Kerouac, e poeti quali Gary Snyder. Abbey fu contemporaneo di questo movimento e con esso condivideva la forte volontà di un ritorno alla natura in risposta alla crescente modernizzazione delle metropoli americane. Infatti, la Beat Generation si caratterizza per un rifiuto del materialismo, per lo studio di nuove dottrine e religioni orientali e per l’esplorazione della condizione umana, arrivando a servirsi di droghe e sostanze psichedeliche

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per raggiungere questo scopo. Lo stesso Abbey in Confession of a Barbarian (1951-1989) ammise di aver sperimentato l’uso di LSD.

In conclusione, grazie all’excursus storico-letterario svolto, si comprende come Abbey abbia sviluppato la propria ideologia e possa, quindi, prendere il posto che gli spetta di diritto all’interno della lunga tradizione di scrittori impegnati nella salvaguardia dell’ambiente.

Nonostante le varie influenze, egli è stato in grado di distinguersi, riuscendo a trasmettere al lettore la propria filosofia di vita. Tutti gli autori qui approfonditi hanno offerto un prezioso contributo all’evoluzione del concetto di wilderness e con le loro opere ed idee hanno collaborato allo sviluppo del movimento ambientalista ed ecologista odierno. Quest’ultimo è arrivato ad includere non solo le forze e le organizzazioni a tutela dell’ambiente, ma, al contrario, ha registrato anche una nuova e crescente sensibilizzazione verso tematiche riguardanti il cambiamento climatico. Ebbene, si tratta di una realtà molto contemporanea e in continua evoluzione.

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1.3 L’attivismo di Abbey e i suoi legami con Earth First!

Come già affermato nella sezione biografica, Abbey ereditò buona parte dei propri pensieri anarchici e anticonformistici dai genitori, Paul e Mildred Abbey. In effetti, essi erano considerati persone dalle vedute alquanto liberali per essere un uomo e una donna di inizio 900, e, inoltre, erano caratterizzati da una forte propensione al socialismo. Non è di certo un caso che il padre di Abbey appartenesse al movimento dei “wobblies”, o Industrial Workers of the World, cioè uno delle prime organizzazioni di inizio XX secolo, che perseguiva l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione di una nuova struttura economica della società. Quest’ultimo insegnò al figlio a non accettare le imposizioni del potere, ma, al contrario, ad usare la propria intelligenza e coscienza per decidere della sua vita in maniera assolutamente autonoma. Ciò non spettava a nessun’altro. Soltanto così sarebbe stato libero dalle influenze negative del potere e del governo, che, secondo Abbey, tenterebbe di celare dietro ad un’apparenza di democrazia un piano di controllo della popolazione, riducendo gli individui a membri ubbidienti e sottomessi della società capitalistica.

In un’intervista rilasciata nel dicembre del 1982 ad Eric Temple, quando quest’ultimo aveva appena ottenuto un incarico come reporter ambientalista presso l’emittente televisiva KAET a Phoenix, Abbey in persona ammette di essere anarchico e, poche righe dopo, afferma anche di essere un accanito sostenitore della democrazia diretta. Secondo l’autore tra democrazia partecipativa (diretta) ed anarchismo esisteva un legame così stretto, da assicurare al popolo il diritto di esprimersi individualmente su ogni problematica di interesse comune, senza passare attraverso la mediazione di figure terze:

I’m an anarchist. My father was a wobblie. I.W.W. We should all take charge. We should all be leaders, neither followers nor rulers, make our own decisions. I’m a really democrat, small “d”, I really believe in democracy. Direct democracy, I think every issue of any importance should be decided by popular referendum.

Nonostante i genitori avessero lasciato nel giovane Abbey una prima impronta di stampo anarchico, sarà all’università che lo scrittore rafforzerà le proprie convinzioni politiche e ideologiche. Infatti, durante gli studi all’Università del Nuovo Messico nei primi anni 50, Abbey diventa per un breve periodo redattore e responsabile del giornalino universitario, “The Thunderbird”. Tuttavia, la carriera da redattore durerà poco a causa della pubblicazione di un

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numero particolare della rivista, il quale suscitò un grande scalpore all’interno sia del corpo studentesco sia di quello docente.

Scendendo maggiormente nel dettaglio, in occasione di una conferenza a tematiche religiose tenutasi presso il proprio ateneo, Abbey fa pubblicare un numero del giornalino, raffigurando in copertina un uccello rapace che allunga le proprie grinfie su di un fiore, mentre all’interno della rivista inserisce un suo articolo intitolato Some Implications of Anarchy.

Inoltre, subito sotto l’immagine di copertina riporta una frase di Diderot, che lui scherzosamente attribuisce a Louisa May Alcott. Così recita la citazione riportata: “Men will never be free until the last king is strangled with the entrail of the last priest”. Possiamo solo provare ad immaginare lo scandalo che la scelta di questa frase provocò in tutta l’università, andando ad attaccare i principali simboli di potere ed influenza sull’uomo, vale a dire la religione e la politica. In effetti, nella citazione è implicito un invito alla liberazione dalle costrizioni imposte da queste due forme di potere. Lo scandalo travolse Abbey, il quale fu immediatamente licenziato ed allontanato dalla redazione del giornalino, e ciò è perfettamente comprensibile se si considera il periodo storico in cui tale affermazione viene fatta. In altre parole, all’interno di un’istituzione importante come un’università americana del primo dopoguerra, circolo elitario al quale solo ristrette minoranze della popolazione avevano accesso con diritto allo studio, queste parole, che incitavano la classe studentessa alla rivolta nei confronti dell’ordine e del potere stabilito, risultavano inaccettabili.

Effettivamente, la società americana degli anni 50 era caratterizzata da una forte volontà di rinascita a seguito dell’esperienza devastante del secondo conflitto mondiale. Gli Stati Uniti erano riusciti a trasformare la propria macchina da guerra in un paese nuovo, caratterizzato da una vivace cultura consumistica. Tuttavia, la crescita esponenziale dei consumi e l’economia fiorente di quegli anni non si estendevano in maniera uniforme a tutte le fasce della popolazione.

Molte minoranze continuarono a soffrire forme di discriminazione su base politica, economica e sociale, generando tensioni che sarebbero poi sfociate in disordini pubblici prontamente repressi. A questi tumulti interni è necessario sommare anche preoccupazioni di livello internazionale, derivanti dalla paura della possibile guerra nucleare con la superpotenza sovietica.

Tale scenario permette di comprendere come l’ideologia conservatrice della classe media americana del tempo, costituita nell’immaginario comune da famiglie che vivono in

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casette ordinate nelle aree suburbane, non ammettesse repliche o incitamenti alla protesta da parte di individui come Abbey.

Non è ben chiaro come mai Abbey abbia provocatoriamente deciso di attribuire la frase di Diderot a Louisa May Alcott. I dubbi sul perché Abbey abbia scelto proprio una donna affollano la mia testa, visto e considerato che lo scrittore in vita fu anche accusato di misoginia per via della rappresentazione di alcuni dei personaggi femminili nelle sue opere. Forse la motivazione di tale scelta non va ricercata solamente nella filosofia o nelle idee che caratterizzarono la famosa scrittrice di Little Women, quanto piuttosto in ciò che la scrittrice simboleggiava idealmente per Abbey. Essa fu una donna forte ed indipendente, che intraprese la carriera da scrittrice in un’epoca in cui le donne che volevano scrivere erano costrette molto spesso a ricorrere a pseudonimi e nomi maschili per poterlo fare. Ciò nonostante, mossa dal desiderio di fare sentire la propria voce, Louisa May Alcott ebbe il coraggio di esporsi su tematiche che non erano considerate tipicamente femminili, come, ad esempio, l’abolizionismo e il diritto al suffragio per le donne, dimostrando così che anch’esse fossero individui dotati di una coscienza e di un’opinione politica non meno rilevante di quella maschile. È possibile che Abbey abbia rivisto in lei sé stesso nel tentativo di distinguersi dalla massa per denunciare verità scomode alle autorità a lui contemporanee.

Ritornando alla carriera universitaria di Abbey, egli trascorse un anno, dal 1951 al 1952, ad Edimburgo come studente partecipante ad uno scambio culturale tra diverse università. Al termine dell’esperienza consegue una borsa di studio, discutendo una tesi di ricerca intitolata

“A General Theory of Anarchism”. Ritornato successivamente negli Stati Uniti, nel 1956 termina il percorso di studi universitari con la tesi “Anarchy and the Morality of Violence”.

Appare da subito evidente come i due elaborati prodotti dal giovane studente Edward Abbey fossero strettamente collegati tra di loro, come se ci fosse un filo rosso ad unirli per quanto riguarda le tematiche trattate.

L’insistenza di Abbey su determinate argomentazioni così complesse, che vengono riproposte a distanza di anni in scritti diversi, stupisce ancora di più se ci si sofferma un attimo a riflettere sul fatto che al tempo Abbey fosse semplicemente un giovane studente universitario, un ragazzo sulla ventina con davanti a sé ancora tutta una vita per poter sviluppare posizioni ideologiche così ferme e risolute. Inoltre, colpisce anche la serietà e la profondità con cui Abbey analizza il tema dell’anarchia nelle sue tesi. Più precisamente, sostiene che il desiderio di ribellione alle imposizioni di una qualsiasi forma di governo, sentimento che nasce in un primo

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momento come un moto dell’animo, non ha valore se non è seguito da una precisa volontà di azione e di messa in pratica. Esiste un dovere morale all’azione e alla protesta verso ciò che viene imposto all’uomo.

È bene, tuttavia, prestare attenzione a non commettere l’errore di credere che Abbey nei suoi scritti stia incitando alla violenza. Infatti, nella tesi di laurea egli non giustifica l’uso deliberato della violenza come strumento di rimostranza, quanto piuttosto afferma che la si potesse considerare una forma di opposizione a quella che lui definiva “the organized violence of the state” (Brinkley, 2006: xviii).

La gravità delle affermazioni di Abbey negli scritti universitari, insieme allo scandaloso articolo pubblicato sul giornalino studentesco e i primi discorsi o letture pubbliche, in cui denunciava con zelo le devastazioni compiute nell’Ovest dal Federal Bureau of Land Management, attirarono su di lui l’attenzione dell’FBI, che incominciò ad indagare Abbey per sospetto coinvolgimento in possibili attività comuniste e promozione dell’ideologia comunista.

In effetti, il clima sociale e politico americano, che si respirò durante entrambi i mandati presidenziali di Harry S. Truman (1945-1953) e di Dwight D. Eisenhower (1953-1961), fu caratterizzato dalla paura e dall’ossessione di combattere il comunismo ed evitare che questo dilagasse nel resto del mondo libero. Nonostante la Guerra Fredda non sia mai sfociata in un conflitto aperto come, al contrario, le precedenti due guerre mondiali, si diffuse il timore che spie sovietiche si potessero infiltrare tra la popolazione. Ciò determinò controlli da parte delle autorità statunitensi su individui dai toni polemici e provocatori come Abbey, che avrebbero potuto disturbare l’ordine pubblico.

Il fascicolo dell’FBI su Abbey rimase aperto per i successivi 37 anni, arrivando, infine, a concludere che egli non fosse in nessun modo collegato a gruppi comunisti, ma che, al contrario, fosse semplicemente una specie di pacifista particolarmente testardo ed accanito.

Basti pensare che Brinkley nell’introduzione di The Monkey Wrench Gang afferma che la polizia federale e il famoso Sierra Club, cioè la più antica e grande organizzazione ambientalista degli Stati Uniti fondata da John Muir, lo avevano addirittura deriso, soprannominandolo

“Desert Anarchist”.

Gli anni successivi all’università vedono Abbey gradualmente passare all’azione, intraprendendo piccoli atti di sabotaggio insieme ad un gruppo di amici fidati: il pittore John DePuy e il naturalista Doug Peacock. Nel documentario Edward Abbey: A Voice in the Wilderness del 1993 di Temple si afferma che questi tre individui diedero vita alla vera

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“Monkey Wrench Gang”, a cui Abbey si ispirò più tardi per il suo capolavoro letterario del 1975.

A partire dalla fine degli anni 50 Abbey alterna l’attività di scrittore a quella di attivista ambientalista. Senza mai una vera confessione o ammissione di colpa, a lui vengono attribuiti incendi dolosi di cartelloni pubblicitari autostradali o di discariche di pneumatici fuori uso, danni a stazioni per il rifornimento di carburante e sabotaggio di mezzi meccanici di grosse dimensioni come bulldozers. Abbey non fu mai arrestato per questi atti, anche se la sua estraneità ai seguenti reati perde credibilità in seguito alla lettura di The Monkey Wrench Gang, nel quale ritroviamo esattamente le stesse azioni di sabotaggio compiute dai 4 protagonisti. Tali operazioni clandestine vengono descritte con una cura e una minuziosità tale da portare a pensare che soltanto una persona che abbia direttamente preso parte a tutto ciò sia, in realtà, in grado di narrarle così.

Ebbene, lo scrittore si descrive come un patriota che protegge la sua terra da un governo corrotto dall’avidità del capitalismo. Difendere i territori del Nuovo Messico, dello Utah e dell’Arizona equivaleva a difendere la sua vera casa e, pertanto, la sua lotta non era dettata da un diritto a dimostrare il proprio dissenso, quanto piuttosto era determinata da un dovere di contestazione. Tale dovere giustificava l’utilizzo di qualsiasi mezzo o strategia per raggiungere i propri scopi di tutela dell’ambiente, incluso il sabotaggio. In effetti, secondo Abbey esiste una chiara distinzione morale tra sabotaggio e terrorismo ambientalista. Il primo indica un qualsiasi atto di violenza contro macchinari, proprietà e beni inanimati, la cui vita non viene messa in pericolo. Mentre il terrorismo implica l’uso di violenza nei confronti di persone o esseri viventi in generale.

Il coinvolgimento nella lotta a difesa della wilderness assunse una rilevanza notevole quando Abbey strinse profondi legami con Earth First!. Si tratta di un movimento ecologista di stampo radicale nato agli inizi degli anni 80 negli Stati Uniti e che, successivamente, si diffuse nel resto del mondo, riscuotendo un certo successo ed appoggio in oltre 19 paesi. Il movimento si inserisce in un dibattito più ampio di critica ambientalista, che fa risalire simbolicamente le proprie origini a libri come Silent Spring (1962) di Rachel Carson, considerato una specie di manifesto antesignano dei movimenti per l’ambiente, e soprattutto, a The Monkey Wrench Gang (1975) di Abbey, che diventò una vera e propria Bibbia per i seguaci del movimento. Non è di certo un caso che il simbolo dell’organizzazione sia rappresentato da una mazza e una chiave inglese incrociate, come, allo stesso tempo, non è una coincidenza che all’interno del sito

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Internet di Earth First! i suoi utenti vengano chiamati “monkeywrenchers”. Tra i principali fondatori incontriamo Mike Roselle e Dave Foreman. In particolare, quest’ultimo diventò talmente amico dello scrittore, che fu tra i pochi prescelti ad occuparsi della sepoltura di Abbey e a conoscerne l’esatta ubicazione nel deserto dell’Arizona.

Il gruppo si proponeva l’obiettivo di richiamare l’attenzione pubblica sull’impatto che le comunità umane hanno sull’ecosistema naturale, in modo da poter rinnovare totalmente la tipologia di relazioni che legano l’uomo all’ambiente in cui vive. Inoltre, è possibile riconoscere tra le loro idee la stessa critica severa di Abbey alle speculazioni della società capitalistica, alla crescita incontrollata della popolazione e all’eccessiva dipendenza dalla tecnologia.

Visto lo scontento generale di molti gruppi ecologisti dei primi anni 80, che si erano sentiti traditi da quelle istituzioni che li avrebbero dovuti rappresentare, come il Sierra Club, il movimento riuscì ad ottenere molto sostegno, poiché unì alla funzione di denuncia l’urgenza di un’azione diretta contro lo sfruttamento delle risorse naturali e della wilderness. Al contrario, il Sierra Club perse supporto perché era stato accusato di avere un approccio troppo blando alle politiche di tutela della natura e, molto più grave, di aver segretamente stretto accordi sul futuro del Glen Canyon con l’U.S. Bureau of Reclamation, cioè uno dei settori del dipartimento degli Interni per la gestione delle risorse idriche, durante la presidenza di John F. Kennedy. In effetti, un accordo venne stretto realmente: il dipartimento accettò di cancellare il proprio progetto di un’enorme diga nel parco Dinosaur National Monument, tra Utah e Colorado, in cambio delle concessioni per la costruzione di una diga nel Glen Canyon. Fu così che venne costruita la famosa Glen Canyon Dam.

Eretta nel 1962 a nord del Grand Canyon per rifornire di energia idro-elettrica a basso costo le città di Los Angeles, Las Vegas e Phoenix, essa rappresenta una mostruosità di cemento armato che è costato ai contribuenti americani ben $750 milioni per la sua costruzione. La diga ha notevolmente modificato la portata del fiume Colorado, generando catastrofiche conseguenze sul delicato ecosistema fluviale. Abbey era, infatti, solito compiere lunghi viaggi di navigazione sul fiume e poté testimoniare in prima persona l’irreversibile devastazione compiuta: interi boschi di pioppi, cespugli, tane di lupi e nidi di aquile furono improvvisamente sommersi dalle acque del fiume, che vennero raccolte nel bacino artificiale del Lake Powell, chiamato da Abbey nel suo libro “the blue death” (Brinkley, 2006: xxiii).

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