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Sintesi indiretta

Nel documento Misure Elettroniche (pagine 154-158)

9.3 Sintetizzatori di frequenza

9.3.2 Sintesi indiretta

Un’alternativa ai sintetizzatori basati sul processo di sintesi diretta sono i sintetizzatori indiretti, basati sull’uso dei PLL, ossia sugli anelli ad aggancio di fase (Phase-Lock Loop). Il principio alla base di questi dispositivi `e il seguente: se due segnali sono isofrequenziali, allora la loro differenza di fase, ∆Φ, `e costante; se non sono isofrequenziali, ovviamente, lo sfasamento tra i due segnali sar`a variabile nel tempo, e quindi la differenza di fase non costante. L’idea interessante `e sfruttare il segnale (variabile nel tempo) di differenza di fase ∆Φ, trasformandolo in un segnale di tensione (che avr`a dunque una forma simile a quella di una rampa).

Il segnale di tensione cos`ı generato potrebbe comandare un VCO, os-sia uno degli oscillatori comandati in tensione prima definiti, ottenendo il risultato che stiamo per presentare.

Utilizzando come riferimento un quarzo, e collegando il VCO ad un cir-cuito comparatore di fase, passando per un amplificatore unito ad un filtro passa basso, si otterr`a una tensione pseudocontinua. Il VCO continuer`a ad inseguire la frequenza del quarzo, ossia la frequenza di riferimento, tendendo a stabilizzarsi con essa, per effetto della retroazione introdotta dall’anello comparatore di fase + integratore/passa basso + VCO. Dopo un certo tem-po dunque, il VCO tender`a a stabilizzarsi (si noti che nelle modulazioni analogiche AM capita esattamente questo: si ha un oscillatore locale co-mandato in tensione che cerca di agganciare la frequenza della portante fino a raggiungerla, ottenendo quindi di fatto la portante pur senza bisogno di trasmetterla).

Complicando questo circuito, introducendo un divisore di frequenza dopo l’oscillatore al quarzo, ed un oscillatore di frequenza dopo il VCO, si riesce a sintetizzare frequenze diverse da quella introdotta precedentemente: cer-cando di spiegare in maniera pi`u semplice, introdurre un divisore di frequen-za pari a N in cascata al quarzo significa ridurre la frequenfrequen-za del quarzo, e dunque diminuire la sua velocit`a, relativamente al PLL; introducendo a questo punto un divisore di frequenza pari a M in cascata al VCO, si tende a riavvicinare la frequenza a quella in ingresso al PLL, precedentemente nor-malizzata per N: in questo modo, data la frequenza di riferimento del quarzo non diviso, frif, si avr`a che la frequenza in uscita al circuito, fu, sar`a pari a:

fu = M

N frif

Quanto possiamo variare queste frequenze, utilizzando i divisori M e N ? Dipende dal PLL: il circuito passa basso dovr`a lavorare a frequenza pi`u bassa, l’anello aggancer`a a frequenza pi`u bassa la frequenza della sinusoide in uscita dal divisore, e quindi le fluttuazioni diventeranno pi`u lunghe, e la qualit`a del circuito peggiorer`a. Sar`a necessario aumentare le costanti di tempo del circuito, aumentando la sua inerzia, in modo da permettere al PLL di agganciare, seppur lentamente, la frequenza in ingresso.

Questo tipo di sintesi `e molto pi`u economico da realizzare, mediante cir-cuiti integrati (i PLL si trovano infatti integrati, anche assieme a circir-cuiti divi-sori come quelli che utilizziamo), ed eventualmente un oscillatore al quarzo; l’introduzione di questi sistemi tuttavia riduce notevolmente la risoluzione rispetto al metodo di sintesi diretta, e anche la stabilit`a della frequenza che viene sintetizzata; per questo si utilizzano di solito per applicazioni eco-nomiche, quali selettori di canali per la televisione o per le radio, o generici usi di laboratorio (in misure dove non sono richieste elevate accuratezze).

Capitolo 10

Impedenzimetro Vettoriale

Oltre ai metodi basati su ponti, o sullo studio di circuiti risonanti, vi `e un terzo sistema, un terzo strumento di misura di impedenze, basato sul metodo voltamperometrico: l’impedenzimetro vettoriale. Questo metodo consister`a sostanzialmente nel misurare, ad una certa pulsazione ω0, i moduli della tensione V , della corrente I, e la loro differenza di fase Φ. Eccitata dunque l’impedenza mediante un segnale sinusoidale a frequenza ω0, si misurano |V |,

|I|, e Φ, ottenendo:

Z(ω0) = |Z(ω0)| e = R0+ jX0

Si tenga conto che `e del tutto indifferente misurare i valori efficaci o massimi di V e I, ai nostri fini.

Per quanto riguarda le misure dei moduli delle correnti, si tratta di tecniche gi`a utilizzate molto spesso; quello sul quale merita soffermarsi, `e un’analisi delle misure di fase.

10.1 Fasometro numerico

Quella di cui abbiamo bisogno, al fine di realizzare uno strumento di misura di impedenze mediante misure di tipo voltamperometrico, `e un metodo di misura diretta di fase; spesso, le misure di fase si fanno mediante strumenti analogici, nella fatispecie oscilloscopi analogici, dove, visualizzando i due segnali, si pu`o vedere e misurare a occhio facilmente la differenza delle fasi.

Mai abbiamo sinora parlato di fasometri numerici, ossia di strumenti in grado di fornire un valore numerico dello sfasamento. Questo anche perch`e in realt`a la fase si presta male alla rappresentazione numerica: vedere su di uno strumento analogico la variazione della differenza di fase `e molto pi`u intuitivo rispetto al vedere un insieme di dati in ingresso in uno strumento.

Un’idea, `e quella di utilizzare uno schema basato su dei comparatori di soglia, fissi ad un valore noto e semplice da utilizzare, come lo 0.

L’idea fondamentalmente `e la seguente: dati in ingresso i due segnali, quando il primo fa commutare il comparatore di soglia, parte un segnale di START, che d`a luogo ad un segnale di gate, un impulso; il secondo, quando fa commutare il comparatore di soglia (impostato alla stessa soglia del prece-dente, ossia a 0), provoca lo stop dell’impulso; relazionando la lunghezza dell’impulso rispetto a tutto il periodo T , `e possibile calcolare la differenza di fase tra i due segnali. Le ampiezze del periodo T e dell’impulso t0 vengono determinate mediante un processo di conteggio: abbiamo infatti, alla base di tutto, il solito oscillatore ad alta frequenza, introducente una serie di im-pulsi ad ogni oscillazione. Un circuito contatore sar`a in grado di contare gli impulsi contenuti in t0 ed in T , permettendo di stabilire dunque le seguenti relazioni: N0 ←→ t0 NT ←→ T Φ = 2πt0 T = 2π N0 NT

Quello che si verr`a dunque a creare, `e un segnale onda quadra, rapp-resentante lo sfasamento tra i due segnali; di questo, `e possibile estrarre la continua VDC, ossia la componente continua del segnale onda quadra. Questa si definisce come:

VDC = EMt0

T

Dove EM `e il valore di picco degli impulsi alti dell’onda quadra. Come si pu`o notare, facilmente, VDC ∝ Φ: le due grandezze variano una proporzional-mente all’altra. Dato dunque un fattore di taratura k, in grado di quantificare con maggior precisione il rapporto di proporzionalit`a tra le due grandezze, possiamo dire che:

Φ = kVDC

Siamo riusciti a realizzare quantomeno lo schema di principio del fa-sometro numerico. In realt`a, ci sono alcuni problemi in esso che andrebbero rivisti e corretti: se Φ ' 0, ossia lo sfasamento dei due segnali `e quasi nullo, la presenza di rumore pu`o provocare commutazioni indesiderate, e quindi l’impulso di gate potrebbe arrivare a durare per il 100% del periodo circa,

falsando del tutto la nostra misura: del semplice rumore potrebbe infat-ti modificare i segnali, allungandone uno e di fatto invertendo le situazioni, ottenendo che il segnale in ritardo in realt`a secondo il fasometro `e in anticipo. La soluzione a questo tipo di problemi `e l’introduzione di uno sfasatore tarato: introducendo su uno dei canali uno sfasamento di 180 rispetto a quella che dovrebbe essere la sua fase, e quindi di fatto ribaltando il segnale, mettiamo i due segnali, che nella realt`a sarebbero quasi coincidenti (in fatto di fase), in opposizione di fase, ottenendo un duty cycle del 50% circa. In un certo senso, dunque, abbiamo spostato l’indice a met`a scala, eliminando il rischio di inversione del grafico.

Quello dei segnali simili tra loro non `e l’unico problema che possiamo ritrovarci: se la frequenza dei segnali `e elevata, infatti, a parit`a di sfasa-mento, il duty cycle potrebbe risultare pi`u piccolo, in quanto i tempi di commutazione del circuito diventano non trascurabili. Inizia inoltre a far-si sentire il tempo di quantizzazione, osfar-sia il limite imposto dalla frequenza dell’oscillatore di riferimento, dal momento che, se i segnali sono a frequenze elevate, il periodo sar`a breve, il numero di impulsi contati piccolo, e si avr`a una risoluzione inferiore. Ancora una volta ci verr`a incontro lo sfasatore, questa volta tarato a scatti: a seconda dell’impostazione che introdurremo, potremo portare a centro scala il valore che noi desideriamo, evitando di in-contrare anche problemi di questo tipo. Solitamente, come possiamo intuire, i fasometri numerici sono strumenti a zero centrale: la fase introdotta dallo sfasatore, dunque, deve essere in grado di portare i segnali in opposizione di fase a centro scala, in modo da ottenere una taratura del tipo:

Φtar = 180 + ΦCS

In uscita a tutto, si introduce ancora un attenuatore tarato, in grado di riportare sulla scala che l’operatore esaminer`a un valore accettabile.

Nel documento Misure Elettroniche (pagine 154-158)