4.2 Voltmetri numerici (DVM)
4.2.3 Specifiche dichiarate di un DVM
¯ ¯ ¯δVVx x ¯ ¯ ¯ ¯ = ¯ ¯ ¯ ¯δVVr r ¯ ¯ ¯ ¯ +N1 x
Da un’analisi circuitale, come nel caso di voltmetro a singola integrazione, `e possibile determinare un insieme di altri parametri in grado di aumentare l’incertezza dello strumento. Questi sostanzialmente sono del tutto identici a quelli prima introdotti nel caso di integrazione semplice, pi`u uno extra: poich`e questo tipo di circuito `e pi`u elaborato rispetto ai precedenti, potrebbe farsi sentire in misura maggiore la sua inerzia, la sua latenza, e quindi la non idealit`a dei componenti elettrici potrebbe introdurre ritardi tra operazioni che dovrebbero in realt`a essere sincronizzate.
Reiezione del rumore
Come anche il voltmetro a singola integraziome anche in questo ambito si pu`o aver a che fare con rumori, in grado di aumentare l’indeterminazione della misura. In realt`a per`o rispetto a questo caso non c’`e molto da aggiungere: ai fini di introdurre la reiezione, `e sufficiente far s`ı che il tempo di misurazione,
Tm = Tc+ Tx, sia un multiplo del periodo del disturbo, Td.
4.2.3 Specifiche dichiarate di un DVM
Nel datasheet o manuali di un DVM, di solito viene dichiarato un certo numero di informazioni, legate a sue caratteristiche. Conoscere il significato di ci`o, permette di avere facilitazioni nell’interpretare il risultato ce viene fornito dal DVM in seguito al processo di misura.
• Numero di cifre: si indica il numero di cifre, con una notazione di questo
tipo: 31 2; 41
2, e simili: in questo ambito, vuol dire che abbiamo 3 o 4 cifre a variazione piena, ossia in grado di assumere tutti i numeri da 0 a 9, e la cifra di peso pi`u elevato pu`o assumere solo alcuni valori (0 ÷ 1, piuttosto che 0 ÷ 2, o simili, ma non 0 ÷ 9, se no sarebbe a variazione piena).
• Fondo scala: il valore di fondo scala (nel caso di un DVM il VF S) `e il valore a cui si fa riferimento per parte delle valutazioni dell’incertezza di misura; si tratta del massimo valore esprimibile, ad una certa portata dello strumento;
• Overrange: lettura massima consentita, in %, oltre al valore di fondo
scala, rimanendo comunque nella portata di questo. Se abbiamo ad es-empio un overrange del 100%, con un fondo scala V pari a 1 V, allora
potremo leggere fino a 1,999 V (se abbiamo un numero di cifre 31 2); se l’overrange alle stesse condizioni fosse del 50%, potremmo leggere fino a 1,499 V.
Accuratezza di un DVM
Esistono sostanzialmente due contributi sull’incertezza di misura di un DVM:
• Contributo a valore assoluto costante: per qualsiasi punto del campo
di misura, in una certa portata, si utilizza il valore di fondo scala ai fini del calcolo di questo contributo; ci`o racchiude in s`e errori di offset e di non linearit`a dello strumento;
• Contributo a valore relativo costante: a seconda della misura effettuata,
in una certa portata, si riutilizza il valore stesso della misura ai fini del calcolo di questo contributo; l’errore che si quantifica in questa maniera deriva da cattive definizioni della funzione di traferimento del DVM, e quindi su errori di guadagno.
Si ricava, mediante il seguente calcolo, l’incertezza assoluta derivante da questi due contributi:
|δVx| = |ε1%VF S+ ε2%Vx|
Dove il termine relativo ε1 `e relativo al contributo a valore assoluto costante, e ε2 al contributo a valore relativo costante.
Capitolo 5
Oscilloscopi Numerici
Con l’avvento dell’era digitale, gli strumenti un tempo analogici tendono a trovare un loro corrispettivo numerico, o digitale: questo perch`e gli strumenti di misura (e non solo di misura) tendono sempre pi`u ad avvicinarsi a dei cal-colatori. Introdotto un frontend tra analogico e digitale, ossia un’interfaccia in grado di tradurre il mondo analogico in un insieme di numeri, si tende ad analizzare un insieme di numeri semplicemente mediante computazioni effettuate da calcolatori di vario tipo.
L’equivalente di quello che abbiamo finora conosciuto come oscilloscopio analogico, nel mondo digitale, `e il DSO, o Digital Storagen Oscilloscope. Es-so nasce sia per il trend dell’elettronica ad andare verEs-so il digitale, sia per superare alcuni limiti degli oscilloscopi analogici: per fare un esempio che dopo sar`a meglio chiarito, un oscilloscopio analogico non `e in grado di anal-izzare un fenomeno di tipo transitorio, o comunque un generico evento non periodico; l’oscilloscopio digitale supera questo limite, permettendo all’utente di analizzare e lavorare anche su segnali molto pi`u particolari di quelli che potevamo analizzare con l’oscilloscopio analogico.
Sotto il punto di vista del pannello di controllo, sul quale deve lavorare l’operatore della misura, sembrerebbe di aver a che fare con qualcosa di molto vicino al vecchio dispositivo; in realt`a uno strumento di questo tipo `e molto pi`u complicato da utilizzare (o quantomeno molto diverso) sia dal punto di vista della realizzazione, ossia della componentistica al suo interno, sia sui modi di utilizzo: bisogna aver ben chiari alcuni concetti, affinch`e l’oscillo-scopio mostri ci`o che noi ci aspettiamo di vedere sullo schermo (e non solo, come vedremo). Si possono comunque effettuare le operazioni che facevamo prima con l’oscilloscopio analogico, poich`e sostanzialmente la presentazione del risultato finale non `e troppo distante da quella del predecessore di questo strumento.
valori analogici del segnale vengono campionati in un certo numero di istanti, utilizzando diverse modalit`a di campionamento (che tratteremo in seguito); in questo modo, si ottiene una quantizzazione dei campioni, che vengono quindi interpretati numericamente, ed immagazzinati in una memoria (come suggerisce il nome DSO, uno Storage). Da questa memoria sar`a possibile andare a rileggere i dati, elaborarli, e trattarli anche con strumenti diversi dall’oscilloscopio (esportando ad esempio la memoria mediante floppy disk o porte di vario tipo).
Il campionatore continua a lavorare; dal momento che l’utente introduce un segnale di trigger (che meglio discuteremo in seguito) la memoria inizia a caricarsi, di tutti i dati registrati dall’oscilloscopio; mediante operazioni interne a partire dai campioni l’oscilloscopio potr`a ricostruire il segnale e rappresentarlo sullo schermo (a raggi catodici o a LCD); noi non vediamo quindi sullo schermo direttamente l’operazione di campionamento, ma solo un’operazione di lettura dalla memoria, ed elaborazione dei dati in modo da presentare il fenomeno, anche se di fatto esso `e gi`a passato (poich`e di esso leggiamo solo ci`o che abbiamo impresso in memoria). La memoria viene riletta ciclicamente, e cos`ı l’immagine disegnata continuamente sullo schermo; il fatto di leggere da memoria, e non di disegnare direttamente un fenomeno durante il suo tempo di vita, ci permette di poter analizzare i transitori, e quindi fenomeni non ciclici, poich`e di essi conserviamo semplicemente alcuni punti, memorizzandoli.
Tutte queste operazioni di memorizzazione e trasporto vengono gestite da un microprocessore contenuto nel DSO, il quale gestisce al contempo le op-erazioni di campionamento, di trigger, di elaborazione dati, di presentazione, e di trasporto dei dati acquisiti durante tutte queste operazioni, arbitrando un BUS di dati.
Altra nota riguarda il trigger: esso ha un significato fondamentalmente diverso rispetto a quello dell’oscilloscopio analogico, poich`e esso determina non l’inizio della visualizzazione, bens`ı l’inizio della memorizzazione dei dati; accedendo alle memorie, si potr`a scegliere quali dati presentare, effettuando operazioni di pre-trigger e post-trigger (dal momento che le memorie possono contenere dati anche contenuti prima e dopo gli istanti di trigger, se pensi-amo al trigger come l’istante di inizio rappresentazione, come nell’ambito dell’oscilloscopio analogico).
Abbiamo finora parlato di soli pregi di questo oggetto, che in realt`a pre-senta alcune limitazioni: in passato, quando l’elettronica digitale non era ancora sviluppatissima, il fatto che si utilizzi come principio di funziona-mento il teorema del campionafunziona-mento, richiedeva soddisfatta la condizione di Nyquist, e quindi la frequenza di campionamento doveva essere quantomeno doppia rispetto alla frequenza con la quale si intendeva rappresentare, in
memoria, il segnale. Ci`o ci fa capire che fino a qualche tempo fa, non si potevano rappresentare segnali con frequenze superiori a qualche centinaio di MHz. Ora si riescono ad ottenere buone prestazioni anche per frequenze piuttosto elevate, anche se strumenti in grado di farlo sono piuttosto costosi.
5.1 Analisi dei componenti del DSO
Entriamo pi`u nel merito dei componenti del DSO, al fine di comprenderne meglio il funzionamento ed i principi sui quali si basa. Separatamente dis-cuteremo le diverse modalit`a e propriet`a di alcuni componenti in particolare, quali campionatore e altri.
Unit`a di ingresso
L’unit`a di ingresso del DSO inizia con un attenuatore tarato, ed un pream-plificatore, in grado di regolare in maniera idonea alle caratteristiche interne dell’oscilloscopio il segnale; opzionale, anche se sarebbe buona norma inserir-lo, `e un filtro anti-aliasing: esso serve a limitare in banda il segnale, in modo da evitare di ottenere sovrapposizioni di code di altri campioni, al momento dell’operazione di discretizzazione. Normalmente, un filtro di questo tipo, `e semplicemente un passa-basso.
Campionatore
Il campionatore, le cui modalit`a di funzionamento saranno presentate in se-guito, `e composto sostanzialmente dal solito blocco S/H (Sample/Hold), in grado di campionare alcuni punti del segnale, e convertirli, mediante un tras-duttore A/D, in numeri. Il campionatore `e regolato da un clock, realizzato mediante (ad esempio) un quarzo, il quale detta i tempi sia del campionatore S/H, sia del convertitore A/D, sia della CPU, ossia del microprocessore in grado di regolare tutte le operazioni: i campioni numerici, in uscita da A/D, infatti, andranno a memorizzarsi nel blocco che ora tratteremo:
Memorie
Le memorie utilizzate per lo storage dei dati dell’oscilloscopio numerico sono sostanzialmente delle RAM, ossia memorie ad accesso casuale; esse sono orga-nizzate secondo una struttura FIFO (First In First Out): il primo campione introdotto in memoria sar`a il primo ad uscirne, e quindi possiamo pensare che il primo campione ad essere letto sar`a spinto sempre pi`u verso l’uscita dai campioni introdotti in seguito. La velocit`a di scrittura di memorie di questo
tipo deve essere idonea alla velocit`a del convertitore A/D: non devono com-portarsi come un collo di bottiglia rispetto alla velocit`a del trasduttore, bens`ı essere quantomeno in grado di memorizzare istantaneamente i dati da esso inviati, in modo da non subire perdite di elementi numerici. Le dimensioni della memoria variano da alcuni kB fino ad alcune centinaia di kB, a seconda del numero di campioni che il sistema `e in grado di immagazzinare
Blocco di Trigger
Il blocco di trigger, come gi`a accennato, serve a gestire essenzialmente le modalit`a di lettura di dati dalla memoria; in questo modo si riesce a po-sizionare la finetra temporale di osservazione in prossimit`a di un dato istante da noi selezionato (o in prossimit`a di un determinato evento); le modalit`a di trigger possono essere, aldil`a degli aspetti quali pre-trigger e post-trigger, molto simili a quelle dell’oscilloscopio analogico: incontro di un certo fronte, ad un certo livello di tensione, con una certa pendenza. Oltre a queste con-dizioni, il DSO permette di introdurre alcune condizioni logiche, in grado di far scattare la commutazione del circuito di trigger.
Sistema di rappresentazione
Come tutti i blocchi finora analizzati sono stati migliorati rispetto al vecchio oscilloscopio digitale, cos`ı `e stato anche per il sistema di rappresentazione del segnale su schermo: la tecnologia di base per un certo tempo `e sempre stata la CRT (ormai sempre pi`u surclassata dalla LCD), per`o basata su di una scansione tipo raster, dettata da una deflessione magnetica. Grazie a questa tecnologia si `e riusciti a realizzare schermi pi`u grandi, potendo utilizzare deflessioni maggiori, e anche ad introdurre, in questi schermi, un maggior numero di informazioni, tra cui i colori (in grado di meglio distinguere diverse caratteristiche dei segnali).