Il tubo a raggi catodici `e il componente che permette di visualizzare il seg-nale che vogliamo studiare mediante l’oscilloscopio. Esso `e l’elemento pi`u importante, se vogliamo, poich`e lo schermo sul quale vediamo il segnale, `e proprio uno dei terminali del componente (come tra poco meglio vedremo).
Il tubo catodico venne inventato da Crookes nel 1879, e perfezionato da Braun nel 1897, ed `e lo stesso componente alla base di tutti i televisori di vecchia generazione (poich`e oggi sono completamente obsoleti, in seguito alla nascita della tecnologia LCD); di fatto, per questo motivo, il tubo catodico `e il pi`u comune acceleratore di particelle che si possa trovare in una casa. Un tubo catodico `e formato da un tubo a vuoto di forma triangolare (un tempo), al cui estremo vi `e un catodo (ricordiamo che comunemente nell’elettrochimica per catodo si intende l’elettrodo sul quale avviene un’operazione di riduzione; in una cella elettrolitica esso assorbe elettroni, in una pila ne emette), il quale emette una nuvola elettronica, la quale viene fatta focalizzare in un fascio, e accelerata, fino a raggiungere lo schermo.
Gli elettrodi devono avere un potenziale sempre crescente rispetto al cato-do, poich`e si deve aumentare notevolmente la velocit`a degli elettroni emessi dal catodo e convogliati in un fascio dal primo degli elettrodi, al fine di poter-li sparare contro lo schermo. Si parla di tensioni nell’ordine dei kV (da 5 a 10 kV circa), e quindi altissime. Per evitare messe a terra indesiderate, al contatto tra utente e schermo, si sceglie di effettuare una piccola astuzia:
anzich`e porre lo 0 V sul catodo, si sceglie di metterlo sullo schermo, e porre il catodo ad una tensione fortemente negativa (∼ −5 ÷ −10 kV): cos`ı facen-do, si eliminano inutili rischi di sicurezza legati all’utilizzo del tubo catodico nell’oscilloscopio.
Descriviamo ora nei dettagli ci`o che abbiamo appena sommariamente det-to: il catodo `e formato da un metallo che, riscaldato, emette elettroni per effetto termoionico. In un intorno del filamento si former`a dunque una nuvola elettronica, la quale potrebbe respingere, con il suo campo elettrico (come secondo la Legge di Gauss), nuovi eventuali elettroni emessi dal catodo. Per questo, la nuvola va immediatamente fatta allontanare dai dintorni del cato-do, mediante l’applicazione di una differenza di potenziale positiva rispetto ai -5 kV del catodo, per esempio ponendo una ∆V = 500 V, e quindi inseren-do un elettroinseren-do a -4,5 kV, detto Cilindro di Wehnelt, o griglia di controllo. Modificando la tensione della griglia di controllo rispetto a quella del catodo, si decide se accendere o spegnere lo schermo: se la tensione `e molto vicina a quella del catodo, la nuvola elettronica rester`a accumulata in prossimit`a dell’elettrodo che non potr`a per campo elettrico produrre altri elettroni, e quindi lo schermo rester`a spento; se si pone una tensione come, ad esempio, come gi`a detto, -4,5 kV (ossia 500 V in pi`u del catodo), la nuvola elettronica si sposter`a e il sistema CRT funzionare. Considerando accesa la griglia di controllo, da qui, si arriver`a ad una serie di elettrodi, che dovranno avere una geometria tale da diventare delle sorte di lenti elettroniche: la nuvola dovr`a essere convogliata in un singolo punto, al fine di ottenere un singolo fascio che verr`a accelerato da altre tensioni su elettrodi successivi, generanti campi magnetici le cui linee di campo fan in modo di raddrizzare sempre meglio il fascio, che verr`a sparato verso lo schermo con tensioni man mano crescenti. Arrivati al punto 6, abbiamo un fascio ormai perfetto, che deve per`o essere direzionato, come una sorta di pennello di elettroni. Per poterli direzionare, ci sono gli elettrodi 7 e 8, elettrodi di deflessione, in grado di deflettere il fascio sull’asse x e sull’asse y, mediante l’applicazione di una tensione ai loro capi. Il vuoto creato all’interno dello schermo permette di aumentare il cammino libero medio dell’elettrone, che cos`ı non ha interazioni con altre particelle, e pu`o andare dove noi desideriamo. Per deflettere di 10 cm il fascio `e necessaria una tensione di circa 500 V, quindi molto elevata. Questa tensione di deflessione, Vxe Vy, viene applicata non ponendo uno degli elettrodi di deflessione a 0 V e l’altro a Vx (o Vy), ma ponendo sull’elettrodo a tensione inferiore −Vx
2 e su quello a tensione superiore Vx
2 , in modo da non avere andamenti particolari del potenziale che potrebbero esserci scomodi, nella fatispecie dissimmetrie nell’andamento del potenziale.
D = 1
2
LVdb dVacc
Dove Vd `e la tensione di deflessione, ossia la tensione Vx o Vy, applicata agli elettrodi di deflessione (rispettivamente orizzontale e verticale), Vacc `e la tensione equivalente all’accelerazione che il fascio ha raggiunto fino agli elettrodi di deflessione, b `e la lunghezza del sistema di deflessione, ossia la lunghezza delle placchette, e d la distanza tra le placchette tra di loro. Di fatto il sistema di deflessione `e, come possiamo anche notare dall’equazione, molto simile ad un condensatore a facce piane parallele, che per`o deve avere effetti capacitivi ridotti, al fine di deflettere con efficienza. L’unico fattore sul quale si pu`o dunque agire tra quelli sopra introdotti, al fine di migliorare le prestazioni del sistema di deflessione, `e la tensione di accelerazione Vacc: facendo entrare nel sistema di deflessione un fascio di elettroni lento, esso subir`a maggiormente l’effetto del campo elettrico del sistema, e cos`ı potr`a essere deflesso maggiormente. Non `e invece possibile ridurre la distanza tra le armature poich`e il sistema `e sostanzialmente un condensatore, e ridurre la distanza tra le sue armature equivale a far aumentare la capacit`a del sis-tema, capacit`a a carico, come vedremo dopo, dell’amplificatore di segnale, provocando effetti indesiderati: ricordiamo infatti che l’introduzione di una capacit`a riduce la frequenza di taglio del sistema, che diventa cos`ı di fatto un filtro passa-basso, cosa che noi vorremmo evitare in un oggetto che dovrebbe rappresentare con la migliore qualit`a possibile un segnale. Scegliamo dunque di ridurre la tensione di accelerazione al fine di aumentare la deflessione. Si noti per`o un fatto: ridurre la tensione significa ridurre anche l’energia di im-patto sullo schermo, e ci`o `e negativo: lo schermo `e costituito da un sistema elettroluminescente, ossia in grado di rilevare elettroni impattanti sullo scher-mo con una certa energia cinetica, e trasformarli in segnale luminoso, medi-ante un sistema di cristalli (che da noi verran sempre volgarmente chiamati fosfori). Perch`e per`o si possa vedere un’immagine sullo schermo, l’energia cinetica degli elettroni deve essere molto elevata: per questo motivo si in-troduce, dopo gli elettrodi di deflessione, un elettrodo di post-accelerazione: esso produce un campo elettrico radiale, ossia in grado di fornire un’elevata accelerazione, ma senza modificare la direzione del fascio, fornita dal sistema di deflessione. In seguito alla post-accelerazione, gli elettroni giungono sullo schermo, il quale `e formato dai fosfori, ossia da questi materiali in grado di illuminarsi se impattati da una particella dotata di notevole energia ci-netica, e da una lamina metallica, che avr`a due scopi: chiudere il circuito, ossia fare da anodo, da raccoglitore di elettroni, e fungere da specchio, in modo da far vedere sullo schermo l’effetto di luminosit`a dei fosfori, rifletten-do verso l’esterno dello schermo la luce che emettono in seguito all’impatto.
Una caratteristica dei fosfori `e quella di avere una persistenza diversa della luminosit`a, a seconda dei materiali scelti per costruirli: ogni fosforo ha un tempo di persistenza tp diverso, e a seconda del tipo di strumento che si vuole costruire, ne serviran di diversi. Possiamo dire che il tp di un radar ad es-empio dovr`a essere elevato, in modo da poter mantenere a lungo l’immagine degli oggetti sullo schermo; il tp di un oscilloscopio, in genere, deve essere ri-dotto. Un test che si effettua spesso sulle caratteristiche di uno strumento, `e la risposta al gradino: supponendo di introdurre in uno strumento di misura un gradino, vedere come reagisce lo strumento, ossia come mostra il gradino ideale sullo schermo.