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L’informazione di tipo contabile è riconosciuta come il momento centrale del sistema delle informazioni e fondamento di qualsiasi processo decisionale (Bertini, 1990), in quanto è la più affidabile tra quelle prodotte dal sistema informativo generale aziendale. La ragioneria infatti, secondo la definizione del Prof.re Giannessi, attua il processo di conversione della dinamica aziendale in cifre e di riconversione di queste in andamenti economici. Essa quindi costituisce una prassi sociale ed istituzionale perché attribuisce visibilità agli accadimenti aziendali, per mezzo dell’applicazione di specifiche tecniche; nel suo senso più elementare può essere considerata perciò uno strumento di “memoria” capace di offrire una rappresentazione sintetica degli accadimenti economico-finanziari.

Le informazioni di tipo contabile, possono derivare, allora dai tre diversi sistemi che sono esplicati di seguito.

• La contabilità finanziaria

Attraverso la contabilità finanziaria vengono rilevati i flussi connessi all’aspetto finanziario della gestione, detto anche originario dato che di esso si ha un’immediata percezione. Quest’ultimo prende in considerazione solo i flussi che

57 Marasca S., Marchi L., Riccaboni A. (a cura di), Controllo di gestione. Metodologie e strumenti. Amministrazione, Finanza e Controllo, Arezzo, Knowità Editore, 2013.

68 sottostanno ai fatti esterni di gestione, ossia quelle operazioni che l’ente compie con soggetti terzi e che generano movimenti finanziari, ossia entrate e uscite. Per quanto riguarda il metodo di rilevazione si tratta del c.d metodo semplice, ossia semplici annotazioni che vengono effettuate senza utilizzare la logica della partita doppia. Inoltre, tale rilevazioni sono effettuate attraverso l’applicazione del principio della competenza finanziaria, il quale rappresenta il criterio di imputazione agli esercizi finanziari delle obbligazioni giuridicamente perfezionate.58

Tale tipologia di contabilità è storicamente nata proprio nell’ambito dei paradigmi culturali ed interpretativi caratteristici della pubblica amministrazione; questa ha di fatto sempre avuto un ruolo principale all’interno del sistema informativo contabile degli enti pubblici, dato che per molto tempo si è ritenuto che non operando in condizioni tipiche di mercato, per l’azienda pubblica non fossero necessarie le rilevazioni tendenti a verificare le condizioni di economicità nello svolgimento della gestione (Farneti, 2004). Per queste ragioni l’attenzione sulla gestione dell’ente pubblico si è andata a concentrare su quella che veniva ritenuta la principale problematicità, ossia la previsione e la successiva gestione delle entrate e delle spese, con l’obiettivo sia di tenere costantemente sotto controllo gli equilibri finanziari dell’ente sia di concedere le necessarie autorizzazioni con le quali sono legittimate le decisioni politiche espresse nel bilancio di previsione finanziario. Infatti, essa non solo rappresenta una modalità di rilevazione, ma costituisce una vera e propria modalità di gestione dell’ente stesso. Di fatto tali rilevazioni contabili, all’interno degli enti locali, assolvono ad una funzione di tipo autorizzatorio. In altri termini quindi si può affermare che tali rilevazioni possono assumere una duplice funzione59:

1. ex ante, come uno strumento per regolare i rapporti tra i diversi poteri e i diversi organi e per comunicare all’esterno il risultato raggiunto da tale

58 Le obbligazioni giuridiche perfezionate sono registrate nelle scritture contabili al momento della nascita

dell’obbligazione, imputandole all’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza. La scadenza dell’obbligazione è il momento in cui l’obbligazione diventa esigibile.

59 Giusepponi K. (a cura di), Gestione e controllo delle amministrazioni pubbliche. Strumenti operativi e percorsi d’innovazione, Milano, Giuffrè, 2009, pp. 428-429.

69 confronto; si fa riferimento appunto alla funzione giuridico-autorizzatoria del bilancio di previsione finanziario già enunciata, in quanto quest’ultimo, una volta approvato, esprime l’autorizzazione preventiva a spendere che l’organo rappresentativo, il Consiglio, concede all’organo esecutivo, la Giunta.

2. ex post, come strumento per rendere conto alla comunità amministrata del corretto utilizzo delle risorse. Ciò avviene attraverso la predisposizione del Conto del Bilancio, che ricalcando la struttura del bilancio di previsione permette il confronto fra ciò che è stato programmato e ciò che invece ha trovato concreta realizzazione nell’esercizio.

Il sistema contabile di tipo finanziario può risultare quindi particolarmente complesso e anche limitato dal punto di vista della capacità informativa, risentendo delle finalità del bilancio che necessitano di un’articolazione dei momenti di rilevazione per molti aspetti artificiosa. (Orelli, Visani, 2005).

Se infatti quest’ultimo non fosse integrato al sistema contabile di tipo economico- patrimoniale sotto descritto, la sola contabilità finanziaria, andando a misurare esclusivamente spese ed entrate in luogo di costi e ricavi, non consentirebbe una valutazione dell’efficienza nell’impiego delle risorse, né tanto meno un apprezzamento dell’economicità della gestione.

In realtà, a tal proposito, la rilevanza delle informazioni di tipo finanziario deve essere valutata tenendo conto delle diversità di prospettive e prerogative che caratterizzano i soggetti politici, da un lato, e la dirigenza dall’altro. Nel settore pubblico infatti, la distinzione tra organi di governo ed organi di gestione non opera soltanto in termini di diversa ampiezza di responsabilità, ma anche e soprattutto in termini di diversità di ruolo e di aspetti giuridici critici. Per gli organi elettivi infatti, i dati finanziari, e in particolare quelli di competenza, possono risultare rilevanti in base ad aspetti legati alla rappresentazione delle politiche concretamente poste in essere e alla conseguente ridefinizione delle stesse. Per esempio le informazioni contabili inerenti le spese, specie nella loro visione funzionale, sono rilevanti ai fini dell’evidenziazione delle politiche allocative; l’entità delle diverse fonti di finanziamento e dei corrispondenti impieghi sono utili

70 per impostare o adottare decisioni tributarie, tariffarie, di investimento, di smobilizzo ecc.. Anche lo stesso risultato di amministrazione può essere rilevante: una perdurante situazione di avanzo o disavanzo può essere espressiva rispettivamente di una debole capacità decisionale e progettuale o di un’imprudente gestione finanziaria.60 Complessivamente quindi la contabilità finanziaria appare dotata di una certa rilevanza per gli organi politici, proprio in quanto consente alcuni importanti collegamenti tra grandezze finanziarie e prerogative degli organi di governo. Dall’altro punto di vista, ossia quello dei dirigenti, la valutazione della rilevanza di tali informazioni risulta essere molto diversa. Per la dirigenza infatti la contabilità finanziaria potrebbe essere importante prevalentemente nella sua dimensione di vincolo rispetto ai fondi disponibili, ma non nella sua dimensione di sistema informativo; tali informazioni non riflettono né i costi della gestione, né i risultati dei servizi, né gli aspetti critici generalmente di tipo tecnico ed organizzativo, sui quali i dirigenti sono prevalentemente responsabilizzati.61

• La contabilità economico-patrimoniale

Sulla base delle considerazioni appena esposte è discesa allora la scelta del legislatore di introdurre la contabilità economico-patrimoniale. Questa infatti è stata introdotta, in via obbligatoria, attraverso l’emanazione del D.Lgs 118/2011. Secondo quanto disposto dall’allegato n.4/3 dello stesso decreto, che disciplina il principio contabile applicato concernente la contabilità economico-patrimoniale degli enti, questi sono tenuti ad adottare un sistema contabile integrato che garantisca la rilevazione unitaria dei fatti gestionali nei loro profili finanziario ed economico-patrimoniale. In tale ambito la contabilità economico-patrimoniale deve affiancare quella finanziaria (che comunque continua ad essere il sistema contabile principale e fondamentale per fini autorizzatori e di rendicontazione dei

60 Il risultato di amministrazione è una grandezza fondo che esprime l’ammontare della ricchezza

finanziaria netta a disposizione di un ente in un dato momento per effetto della gestione, che si ottiene per somma algebrica di fondo cassa (+), residui attivi (+), residui passivi (-).

61 Garlatti A., Pezzani F., I sistemi di programmazione e controllo negli enti locali. Progettazione, sviluppo e impiego, Milano, Etas Libri, 2000, pp. 117-119.

71 risultati della gestione finanziaria) per rilevare i costi/oneri e i ricavi/proventi derivanti dalle transazioni poste in essere da un’amministrazione pubblica al fine di:

• predisporre il Conto Economico per rappresentare le “utilità economiche” acquisite ed impiegate nel corso dell’esercizio, anche se non direttamente misurate dai relativi movimenti finanziari, e per alimentare il processo di programmazione;

• consentire la predisposizione dello Stato Patrimoniale, e rilevare in particolare le variazioni del patrimonio dell’ente che costituiscono un indicatore dei risultati della gestione;

• predisporre la base informativa necessaria per la determinazione analitica dei costi;

• consentire la verifica nel corso dell’esercizio della situazione patrimoniale ed economica dell’ente e del processo di provvista e di impiego delle risorse;

• conseguire le altre finalità previste dalla legge, e in particolare, consentire ai vari portatori di interesse di acquisire le ulteriori informazioni concernenti la gestione delle singole amministrazioni pubbliche.

In realtà, come descritto nel primo paragrafo, la contabilità economica venne introdotta già con l’emanazione della Legge 142/90, e successivamente, con il D.Lgs. 77/95 furono forniti anche i correlati schemi di bilancio; questa però si concretizzò solamente in un mero adempimento contabile di tipo economico patrimoniale generale, non analitico, applicato al bilancio consuntivo; non venne di fatti introdotto l’obbligo di adottare l’attuale sistema contabile integrato, ma solamente di procedere alla redazione del rendiconto in via extracontabile attraverso un prospetto di conciliazione. Con esso venivano quindi riclassificati ex-post i valori finanziari in poste economico-patrimoniali, e così facendo veniva raggiunto l’obiettivo minimo dell’impiego della contabilità economico-

72 patrimoniale ai soli scopi della rendicontazione, ma non di misurazione dei veri e propri effetti della gestione anche sotto a quel profilo di valori.62

In sintesi quindi, le potenzialità della contabilità economico-patrimoniale si possono desumere sia in relazione alla gestione del patrimonio sia rispetto al contributo che può fornire alla razionalità economica. Riferendosi al primo fattore, questo sistema contabile permette di rilevare le problematiche connesse alla competenza economica dei fattori produttivi utilizzati e consente una ricostruzione più precisa dei valori del patrimonio, oltre a quelli del reddito. Rispetto invece al contributo che può fornire alla razionalità economica, permette di introdurre gli elementi base su cui strutturare una conoscenza prima e una competenza poi di tipo economico.63

Per concludere, abbiamo visto che quindi la normativa vigente parla di economicità, efficienza ed efficacia dell’attività amministrativa dell’ente, elementi considerabili solo dopo appunto l’introduzione effettiva della contabilità economica; ma a tal proposito è necessario fare delle precisazioni.

L’economicità, come già esposto, esprime quindi la congruenza fra risorse, ottenute e consumate e bisogni soddisfatti, considerati negli aspetti qualitativi e quantitativi. Diversamente da quanto avviene nelle imprese private, dove quest’ultima può essere definita in prima istanza attraverso la grandezza del reddito/profitto, negli enti pubblici l’economicità non può essere quantificabile attraverso un indicatore prevalente.

Infatti, più precisamente, il concetto di economicità associato agli enti locali potrebbe essere visto come la capacità di lungo periodo di soddisfare i bisogni considerati di pubblico interesse facendo affidamento su un flusso di ricchezza fisiologico, ossia considerato economicamente sopportabile e socialmente accettabile dalla comunità. In questo senso allora viene meno il concetto di reddito all’interno della pubblica amministrazione; in quanto, seppur questo dimostri comunque la capacità di mantenere un equilibrio economico a valere nel tempo,

62Cavallini I. (a cura di), Manuale di contabilità armonizzata, Wolters Kluwer, Milano, 2014.

63 Orelli R.L., Visani F., Analisi e gestione dei costi negli enti locali. Stato dell’arte, modelli e applicazioni di cost management, Milano, FrancoAngeli, 2005.

73 su di esso non possono essere fatte valutazioni univoche. Non si può infatti affermare che un risultato economico di esercizio pari a 10 sia meglio o peggio di un risultato pari a 15 o a 5, dato che tali risultati non solo direttamente collegati al finalismo istituzionale dell’ente.64

Di fatto, tale sistema contabile, pur assumendo per oggetto l’intera gestione dell’ente consentendo di monitorare la complessiva situazione economica, finanziaria e patrimoniale attraverso la predisposizione degli schemi di Conto Economico e dello Stato Patrimoniale, non esaurisce a pieno il fabbisogno informativo per le analisi e le valutazioni di economicità. Ciò deriva proprio dal fatto che esse sono collegate anche ad altri aspetti che difficilmente possono essere interpretati attraverso la contabilità generale.

• La contabilità analitica

Sulla base delle suddette considerazioni, si inserisce allora nei sistemi informativi contabili anche la contabilità analitica. Con questo termine in dottrina viene fatto generalmente riferimento all’insieme di determinazioni economico-quantitative in grado di attribuire i costi, i ricavi ed i risultati economici a particolari oggetti di riferimento, che possono riguardare prodotti (beni e servizi), processi, aree organizzative, ecc., e che sono selezionati in funzione di date finalità conoscitive.65 È bene precisare, che i costi a cui si fa riferimento, e che vengono determinati tramite tale contabilità, sono espressione del consumo di fattori produttivi, e quindi il riferimento non è al costo di acquisto ma al costo di utilizzo delle stesse nell’ambito dei processi produttivi aziendali. (Coda, 1968).

Dalla definizione su indicata si deduce in primo luogo che le informazioni che da essa derivano sono rivolte principalmente all’interno, ovvero sono utili a chi amministra o dirige l’ente, o in generale a tutti i soggetti che hanno responsabilità di gestione delle risorse.

64 Garlatti A., Pezzani F., I sistemi di programmazione e controllo negli enti locali. Progettazione, sviluppo e impiego., Milano, Etas Libri, 2000.

65 Sforza V., Gli strumenti di valutazione delle performance nel settore pubblico: il contributo della contabilità analitica nelle amministrazioni centrali dello stato, in CNEL, La misurazione delle performance nelle pubbliche amministrazioni, Roma, 2009.

74 La contabilità analitica rappresenta così un sistema informativo, alimentato da rilevazioni contabili e/o extracontabili, attraverso cui gli organi di governo e di direzione dell’ente locale possono verificare, in modo sia preventivo che consuntivo, le condizioni di efficace ed efficiente svolgimento della gestione, in vista della migliore realizzazione degli obiettivi.66

Le funzioni che quindi sono riconosciute a tale sistema di contabilità possono essere così sintetizzate:

• la rilevazione di informazioni analitiche sugli andamenti di singole aree/unità organizzative e conseguentemente di quelle relative alle risorse impiegate in ognuna di esse;

• elaborazione di risultati economici particolari;

• supporto, tramite l’analisi delle suddette rilevazioni, ai processi decisionali strategici ed operativi.

Di fatto, gli oggetti di riferimento della contabilità analitica verso cui può essere rivolto l’interesse dei responsabili della gestione sono vari e difformi, e possono altresì essere aggregati tra di loro. I principali a cui possiamo fare riferimento sono: 1. i prodotti (beni/servizi), che rappresentano i risultati operativi della gestione dell’ente locale e rispetto ai quali è possibile fare una distinzione tra prodotti finali, rivolti all’esterno, e i prodotti intermedi, rivolti all’interno;

2. i processi e le relative attività, ossia insieme ordinati di operazioni di gestione attraverso cui si realizza l’attività operativa dell’ente. In questo caso si possono distinguere i processi primari, che sono direttamente destinati alla realizzazione di prodotti rivolti all’esterno; e processi di supporto, necessari per la gestione aziendale in quanto favoriscono l’efficacia e l’efficienza dei processi primari, fornendo ad essi input.

3. le unità organizzative ed operative, corrispondenti ai centri di responsabilità ed a loro disarticolazioni interne, in cui si sviluppa la complessiva struttura dell’ente locale. Questi tradizionalmente vengono distinti in centri produttivi (o finali), presso i quali si realizzano le attività tecnico-produttive

66 Fontana F., Rossi M., La contabilità analitica nell’ente locale. Finalità, strumenti e metodi, Milano,

75 ed erogative, centri ausiliari, i quali operano a supporto dei precedenti, e i centri funzionali (o di struttura), che presidiano il funzionamento dell’intero sistema.

La presenza di una pluralità di scopi e quindi di fabbisogni informativi riferiti alla contabilità analitica determina problemi di scelta tra diversi approcci metodologici; un primo problema riguarda le configurazioni di costo di cui procedere al calcolo, che dipendono dalle specifiche finalità a cui tende l’analisi che si sta compiendo; un secondo problema riguarda invece la modalità di funzionamento del sistema di contabilità analitica, che si traduce nella scelta della metodologia di calcolo dei costi. Infatti, secondo quanto affermato da Paganelli prima, e da Bastia successivamente, la contabilità analitica è ispirata al principio del relativismo: le determinazioni economiche sono grandezze relative che vanno configurate secondo criteri e procedimenti logicamente diversi, in relazione, primariamente, agli scopi conoscitivi perseguiti, ma anche al grado di analisi, accuratezza e tempestività che si ritiene opportuno garantire.67

Quindi, relativamente al primo problema, per quanto riguarda uno stesso oggetto di costo, ma in relazione a esigenze informative diverse, possono essere elaborate informazioni di costo differenti, determinandone così diverse configurazioni a seconda degli elementi considerati. In riferimento all’ente locale, pertanto, le configurazioni di costo individuabili possono essere schematizzate come di seguito. (Fig. 8)

67 Marasca S., Marchi L., Riccaboni A. (a cura di), Controllo di gestione. Metodologie e strumenti. Amministrazione, Finanza e Controllo, Arezzo, Knowità Editore, 2013, p. 167.

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Figura 8: Configurazioni di costo

Fonte: Documento n.14 ARISTEIA 2003

Per quanto riguarda invece il secondo aspetto, le principali metodologie di calcolo sono il direct costing e il full costing. Il primo si basa sull’attribuzione all’oggetto di costo dei soli costi variabili riferibili ad esso, o al massimo, nel caso del direct costing evoluto, vengono considerati anche i costi fissi diretti; il secondo approccio invece si pone l’obiettivo di determinare delle configurazioni di costo complete, mediante un processo di attribuzione all’oggetto di costo anche dei costi indiretti, utilizzando una logica funzionale/causale.

La prima metodologia è, in genere, preferita quando si devono eseguire delle analisi differenziali a supporto di scelte operative di breve periodo, in cui i costi rilevanti sono rappresentati proprio dai costi variabili; diventa invece poco affidabile in presenza di elevati costi fissi come nel contesto degli enti locali. Per queste ragioni è quindi preferibile utilizzare all’interno della pubblica amministrazione una metodologia di tipo full cost. In questo caso però, sorge un ulteriore problema: il costo pieno infatti può essere determinato, a sua volta, utilizzando i seguenti diversi percorsi metodologici:

• imputando il costo delle singole voci all’oggetto di costo senza la “mediazione” di oggetti intermedi, la c.d contabilità semplificata;

Costo primo

Costo di erogazione

Costo complessivo Costo economico

Costo materi prime Costo manodopera diretta Altri costi diretti

Costi indiretti

Oneri finanziari e tributari

77 • imputando il costo delle singole voci all’oggetto di costo, facendole transitare dapprima sui “centri di costo”, la c.d contabilità per centri di costo;

• imputando i consumi dei fattori produttivi agli oggetti di costo previa allocazione sulle singole attività necessarie per la loro realizzazione, la c.d Activity Based Costing (ABC);

• utilizzando un sistema ibrido, tra contabilità per centri di costo e ABC. Volendo esprimere una preferenza per entità complesse, quali le amministrazioni pubbliche, sicuramente è da escludere la prima metodologia indicata. Questa infatti prevede l’allocazione di tutti i costi indiretti sulla base di un unico parametro (base unica), o al massimo di alcuni parametri (base multipla), e così facendo conduce a forti approssimazioni nella determinazione dei costi, dato che, in un contesto come quello pubblico, le “determinanti” degli stessi costi indiretti possono essere diversi e soprattutto numerosi. Per quanto riguarda invece gli altri percorsi di calcolo, in questo caso non si può esprimere un giudizio su quale sia quello più idoneo; mentre la contabilità per centri di costo si basa sull’assunto che la realizzazione dei prodotti/servizi richiede l’intervento dei centri operativi, il cui funzionamento determina l’impiego delle risorse e, quindi, il sostenimento di costi; l’ABC segue invece l’idea di fondo per cui non sono tanto i centri di costo ad assorbire le risorse, bensì le attività necessarie alla materiale realizzazione dei beni e servizi, per cui i costi delle risorse vanno allocati dapprima alle attività e successivamente i costi delle attività vanno attribuiti ai prodotti/servizi.

Mentre quest’ultimo rappresenta un approccio di tipo strategico-gestionale, utile a seguire i processi interni e attraverso il quale si riesce a cogliere meglio come si sviluppa il principio “causale” che lega l’utilizzo delle risorse all’ottenimento di output, la contabilità per centri di costo risulta essere invece più utile per seguire il comportamento economico dei vari centri di responsabilità in cui è suddivisa la struttura organizzativa dell’amministrazione.68

68 Sforza V., Gli strumenti di valutazione delle performance nel settore pubblico: il contributo della contabilità analitica nelle amministrazioni centrali dello stato., in CNEL, La misurazione delle performance nelle pubbliche amministrazioni, Roma, 2009, pp.197-199.

78 Sulla base delle suddette considerazioni non esiste quindi un modello di validità generale; ciò che conta è che l’ente scelga l’impostazione migliore rispetto alle proprie esigenze conoscitive di fondo, evitando quindi soluzioni tecniche che