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“...il lavoro sull’artigianato e sulle risorse locali mi sembra un lavoro di straordinaria importanza,

perché vuol dire risaldare insieme dei saperi che negli ultimi anni sono stati drammaticamente divisi e quindi se noi guardiamo ad esempio al mondo del mobile, in italia è successo un fenomeno abbastanza curioso: da una parte c’era una enorme quantità di idee e di progettualità con una produzione limitatissima (se noi guardiamo a quello che era il buon design, il design delle riviste, poi andiamo a vedere cosa incideva in termini di mercato era un’incidenza bassissima, dall’altra parte c’era una enorme produzione di mobili e di oggetti, quelli che arredano la vita di tutti i giorni degli italiani, dietro i quali non c’era assolutamente progettualità e c’era solo una ricerca minima- le fatta soprattutto di tradizione e di copie di scarsa memoria di modelli classici. Ecco, io ritengo che il tentativo di rinsaldare questi due saperi - la progettualità e la straordinaria manualità, lo straordinario sapere dell’artigianato italiano - sia appunto una cosa da tentare in tutti i modi, perché vuol dire ricostruire un’unità da troppo tempo scomparsa e vuol dire individuare anche vie diverse alla produzione che non sono solo ed esclusivamente quelle della grande produzione di serie...”(11)

La ricerca di una nuova identità delle tradizioni artigianali che consenta una continuità storica e un rinnovamento non legato a forme assistenziali di tutela, è il tema centrale dell’impegno di progettisti e ricercatori che da anni compiono un lavoro silenzioso e difficile nelle retroguardie del design ufficiale delle riviste e delle rassegne di settore. Tra i primi in Italia a comprendere l’esigenza di una nuova progettualità per i territori vi è certamente Ugo La Pietra che, a partire dagli anni settanta, nelle tante mostre organizzate prevalentemente all’interno della rassegna veronese Abitare il Tempo, ha cercato un incontro tra la cultura del fare legata ai luoghi e la cultura progettuale di artisti, architetti e designer. Tra i principi alla base del suo impegno sulla cultura del progetto; la riscoperta delle risorse culturali di un territorio, la rivalutazione dell’ar- tigianato, il rapporto con la storia. Tra le tante iniziative mi piace ricordare la serie di mostre dal titolo Progetti e Territori e Genius Loci e le mostre Per Abitare con l’Arte. Le prime ponevano un problema di conoscenza e rinnovamento delle culture locali, le seconde erano più legate alla cultura dell’oggetto di qualità frutto del plus-valore culturale della progettualità e di quello legato alla raffinatezza dell’esecuzione.

Il percorso svolto da La Pietra all’interno del vasto mondo dell’artigianato artistico, accompagna- to dall’impegno culturale nella direzione della rivista Artigianato ha attraversato a partire dagli anni settanta l’intera penisola nel tentativo di opporsi a una crisi del settore che gradualmente interessava nuovi comparti dell’artigianato. Le tante proposte emerse hanno avuto spesso un alto valore culturale senza purtroppo produrre quasi mai ambiti di sviluppo economico per le aziende coinvolte. La presunta superiorità culturale del mondo del progetto, ha generato al suo inizio oggetti d’edonismo che troppo spesso hanno esaltato le ambizioni artistiche del proget- tista mortificando al contempo il lavoro e la sapienza manuale dell’artigiano, progettisti anche

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Adolfo Natalini da “Lezioni di design” intervista per RaiEducational su www.rai.it con- sultata in data 12.01.12

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Università degli Studi di Firenze Dottorato di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura e Design - Ciclo XXV

Identità, progetti, ricerche CAPITOLO QUARTO

affermati hanno anteposto il proprio desiderio di progetto alla conoscenza e al rispetto della tradizione artigiana.

Le esperienze sviluppate all’interno delle mostre culturali di Abitare il Tempo, hanno ispirato e influenzato decine di mostre e convegni, che si sono susseguite negli ultimi vent’anni (Artigiana- to Metropolitano/Torino 2003 – Biennale Arti Applicate/Todi 2007- The Shape of Values/Firenze 2006 Manufatto/Torino 2008- Biennale dell’Artigianato Sardo/Sassari 2009) tracciando ogni vol- ta nuovi scenari di approfondimento della progettualità per i territori.

4.1.3.7

Cibi e cultura enogastronomica

Sono pochi i settori della cultura nei quali l’immagine del nostro paese continua a detenere un primato riconosciuto così come nel settore enogastronomico. Nell’immaginario internazionale l’Italia è il paese del buon cibo, risultato di un lungo processo che ha radici territoriali precise e una elevata capacità di coniugare queste radici con l’elemento creativo. Nel settore agroa- limentare, dove il rapporto con le tradizioni locali non ha subito interruzioni o stravolgimenti legati a cambiamenti culturali o tecnologie, la diversità culturale è perseguita e tutelata come patrimonio sempre capace di generare crescita economica e gli effetti dovuti alla globalizzazione non hanno cancellato usi e abitudini consolidati. Ciò che sino a trent’anni fa era considerato patrimonio naturale delle culture autoctone è ora diventato elemento trainante di precise azioni di marketing territoriale che hanno consentito a territori spesso svantaggiati dalla mancanza di elementi di attratività turistica di trarre benefici economici dal proprio patrimonio di tradizioni legate al cibo.

Nonostante i comportamenti alimentari degli italiani abbiano subito, a partire dal secondo do- poguerra una indiscutibile tendenza alla globalizzazione e all’accoglienza di elementi esogeni, tuttavia nella gran parte del paese permane un attaccamento alle tradizione e alle radici. In realtà quelle che noi leggiamo come culture autoctone iscrivibili ad una specificità territoriale, sono il frutto di contaminazioni avvenute spesso in fasi storiche recenti. Per quanto la diversità culturale in ambito enogastronomico sia espressione spesso di mutamenti recenti, tuttavia essa si è consoldata come identità e necessita quindi al contempo di una difesa dagli attacchi di una omogenizzazione globale e un’opera di comunicazione che la salvaguardi.

Slow Food è stata fondata nel 1986. La missione dell’Associazione è quella di salvaguardare la biodiversità e le produzioni alimentari tradizionali, promuovendo un nuovo modello alimentare, rispettoso dell’ambiente, delle tradizioni e delle identità culturali attraverso una rete virtuosa di relazioni nazionali e internazionali e una comunicazione alla base della condivisione di sa- peri. Esiste, oltre all’ associazione, una Fondazione Slow Food per la biodiversità, il cui ruolo è quello di ricercare, catalogare, tutelare in tutto il pianeta , sapori e risorse alimentari a rischio di estinzione, per il soppravvanzare di una cultura globale unificante. I Presidi SlowFood che in Italia sono circa 200 e 90 nel resto del mondo, sostengono le piccole produzioni eccellenti che rischiano di scomparire, offrono l’assistenza per migliorare la qualità dei prodotti, promuovono il recupero di tecniche tradizionali legate al cibo.