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36 Università degli Studi di Firenze Dottorato di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura e Design Ciclo

conoscitivo-simbolici e strumenti operativi”19

Riconoscere che una cultura è trasmissibile e dinamica implica un ruolo per ogni generazione che è poi quello di costruire i sistemi conoscitivi e gli strumenti operativi con cui la cultura possa es- sere elaborata per trasformare il mondo in cui vive (dinamicità) e trasmessa alle generazioni suc- cessive (acquisizione). E poichè tali forme di elaborazione della cultura passano anche attraverso l’elaborazione progettuale, spetta al mondo del progetto un ruolo fondamentale nello sviluppo di strumenti e metodi e nell’utilizzo degli stessi per dare continuità alla produzione culturale. La cultura è la costruzione di un qualcosa che non esiste in natura. Mentre per l’accezione popo- lare del termine il contrario di cultura e l’ignoranza, nella concezione scientifica di cultura il suo contrario è proprio la natura. La cultura possiede un tempo e un luogo, gli oggetti e i fenomeni naturali sono privi di queste due categorie. Mentre la cultura è particolare e cioè legata alle diversità, la natura è universale.

Patrimonio culturale

Il patrimonio culturale di un popolo è l’espressione della sua cultura.

La definizione di “patrimonio culturale” e la sua formulazione teorica, appartengono al dibattito sviluppatasi intorno all’UNESCO a partire dagli anni ’70. L’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) è una delle dieci istituzioni non governative in cui si articola il sistema delle Nazioni Unite, il cui scopo è quello di affrontare le problematiche di ogni singola specificità da un punto di vista universale, tenendo conto dell’organizzazione della umanità nel suo complesso. Attiva fin dal 1946, l’istituzione ha, dalla sua costituzione, il ruolo di riferimento e coordinamento per le politiche culturali dei singoli stati.

Nel 1972 con la “Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale” l’UNESCO individua per la prima volta una successione di siti, in una lista (aperta a successive inclusioni), considerati “patrimonio mondiale dell’umanità”. Tale lista che subirà nel corso degli anni varie revisioni (sopratutto attraverso la rivisitazione dei criteri che ne ispiravano l’iscrizione dei beni) porterà ad includere nella revisione del 1992, anche i significati e le pratiche imma- teriali, introducendo i concetti di “tradizione culturale”, “cultura vivente” e “uso del territorio”. Questo nuovo approccio comporterà una ridefinizione del concetto generale di patrimonio cul- turale. Dall’idea di un patrimonio statico, fisso e monumentale da conservare si è quindi passati progressivamente a quello di espressione culturale vivente con un allontanamento da un ap- proccio archivistico e documentale in favore di una nuovo concetto di riproduzione e trasmissio- ne delle pratiche culturali che è poi quello che maggiormente interessa il nostro ambito di studi. Il concetto è che al di la del manufatto in se possa essere tutelata e resa vitale la pratica che ne ha reso possibile la realizzazione. In tale ottica la Conferenza mondiale sulle politiche culturali di Città del Messico del 1982 estende la definizione di patrimonio all’insieme della tradizione culturale e viene utilizzata per la prima volta la definizione di ICH. (Intangible Culturale Heritage). Tale nuova apertura è ben esplicitata dallo slogan “Quando in Africa muore un vecchio è una biblioteca che brucia” 20.

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G.Longo- Lezioni del corso di Antropologia Culturale su www.saveriocantone.net con- sultao in data 3 Aprile 2011

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Università degli Studi di Firenze Dottorato di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura e Design - Ciclo XXV

Il concetto di identità CAPITOLO PRIMO

Più di altri paesi europei, l’Italia ha una grande tradizione di studi demo-etnologici rivolti alle culture locali. Partendo dalle ricerche sul folklore, gli studi sulle identità culturali hanno avuto una grande rilevanza sia per la qualità dei documenti prodotti, sia per la solidità dei presup- posti teorici che li muovevano, La ricerca sulle specificità locali ha nel tempo abbracciato varie denominazioni disciplinari, a partire da quella specidica di Folklore nell’ottocento, Etnografia italiana nel primo decennio del novecento, Demologia, Storia delle tradizioni popolari negli anni 50 (Gramsci. De Martino), Studi sulla cultura pololare negli anni sessanta, Etnologia dell’Italia/ Etnografia regionale negli anni settanta, sino alla più recente definizione di Antropologia del patrimonio (Clemente).

Il patrimonio culturale oramai comunemente definito in ambito internazionale come Cultural Heritage secondo l’espressione in uso nei paesi anglosassoni si compone di due fondamentali macro-categorie: la cultura orale o immateriale e la cultura materiale

Cultura immateriale

La cultura immateriale (ICH), comprende la componente sociale-comportamentale (il modo in cui gli individui agiscono e interagiscono l’uno con l’altro) e la componente cognitivo-ideolologica (le credenze, le idee e i valori), e il modo in cui (sistemi comunicativi figurativi, verbali e scritti ) queste idee si palesano. Appartengono a tale macrocategoria la lingua con le sue espressioni testuali e verbali (canti popolari, filastrocche), la musica, i balli e le feste popolari, i saperi, i proverbi, i rituali. Il patrimonio immateriale a differenza di quello materiale è un patrimonio “vivente “ in continua evoluzione e trasformazione, composto di pratiche e saperi che spesso non hanno una codificazio- ne “scritta” ma sono tramandate “oralmente “ attraverso conoscenze “tacite” da una generazione a un’altra.

Per quanto la cultura immateriale possa risultare in parte estranea alle competenze del nostro ambiti di studi , è proprio nella cultura immateriale (popolare, vivente, orale, tradizionale) che si definisce e si esplicita maggiormente l’identità di una comunità. il patrimonio immateriale è trasmesso di generazione in generazione, ed è costantemente ricreato in relazione all’ interazione con l’ambiente circostante, con le “contaminazioni” che provengono dall’esterno della comunità culturale, con la storia e l’evoluzione della società locale, nazionale e sovranazionale. Esso è quindi alla base dell’elaborazione dei processi identitari delle comunità e dei gruppi.

Il ICH è associato all’idea di comunità più di quanto non lo sia il Patrimonio Materiale. L’idea, che prende sostanza a partire dalla Convenzione Unesco del 2003, è quella di una “salvaguardia” fina- lizzata non solo alle “espressioni culturali” ma all’atto sociale di creazione e rielaborazione che ne permette la produzione e la pratica. La Convenzione del 2003 mette infatti in primo piano i deten- tori della cultura considerata ICH e considera fondamentale la partecipazione delle comunità locali che si identificano nel ICH e nella salvaguardia chiedendo agli stati membri di compilare inventari delle espressioni culturali che corrispondono al ICH.

Catalogazione, documentazione e inventari (ne parleremo con maggiore specificità quando affro- teremo il tema delle pratiche progettuali) sono considerati un supporto irrinunciabile per la tutela e la prosecuzione dei saperi.

I maggiori problemi nella salvaguardia delle culture immateriali derivano dalla difficoltà di defini- zione di un referente per la proprietà intellettuale di una cultura immateriale. Mentre il Patrimonio Materiale è in genere proprietà pubblica o privata, nel caso del ICH si tratta di creazioni collettive, prive di referenti individuali, nei cui confronti è difficile esercitare un diritto di proprietà. Il concetto