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34 Università degli Studi di Firenze Dottorato di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura e Design Ciclo

ste cose sarebbero legalmente ‘morte’ e [...] distrutte nel caso ci sia una disoccupazione diffusa. Nuovi prodotti sarebbero costantemente immersi dalle fabbriche sui mercati, per prendere il posto di quelli obsoleti15.”

Il tempo degli oggetti è diventato il tempo breve del consumo materiale o visivo. L’obsolescen- za programmata, nata e teorizzata in un paese in parte privo di una locale storia sociale degli oggetti, ha trovato in Europa una maggiore resistenza che deriva da una tradizione consolidata di “conservazione” delle cose. La velocità delle comunicazioni (opposta alla staticità dei saperi locali) ha perà progressivamente invaso anche i nostri luoghi sostituendo conoscenze generali a conoscenze tacite, l’obsolesenza alla durabilità delle cose.

E quindi il tempo attuale degli oggetti è il tempo del loro consumo, quello frenetico dei linguaggi (il design segue ormai un tempo dei nuovi prodotti mutato dai ritmi della moda) che ne defini- sce l’obsolescenza percepita quello incalzante della tecnologia ( cellulari e computer sono la più evidente attestazione di questo tempo) che ne definisce l’obsolescanza programmata (le inno- vazioni tecnologiche seguono quasi sempre un calendario di immissioni sul mercato che non è diretta conseguenza delle invenzioni).

Se volessimo raccontare questo uso del tempo con due proverbi popolari potremo dire che ”Il tempo consuma ogni cosa” ma anche che “ogni tempo porta con sé qualche novità”. Il tempo degli oggetti lo percepiamo nei musei nei quali gli oggetti sono riportatii al tempo mitico della loro storia.

La cultura consumistico-tecnologica ha ristretto gli ambiti di percezione del tempo.

Il tempo, in una cultura globale dominata dai miti dell’efficienza e della produttività, dalla velo- cizzazione dei ritmi sociali e di quelli del lavoro, è diventato l’elemento con cui misurarsi (corsa contro il tempo) o contro cui lottare ( lotta contro il tempo), o ancora nella più comune delle metafore, qualcosa di cui l’unca misura percebile è quella economica (il tempo è denaro). Di contro una opposizione ai tempi stretti della produzione degli oggetti accompagna tutta la storia della contrapposizione tra i tempi dell’uomo e i tempi delle macchine nel nostro e in altri paesi. (Mari 2001). Il rapporto con la dimensione temporale divide l’ideologia del consumismo dalle nuove esperienze su possibili diversi modelli di vita. Chi conosce il movimento Slow-Food sa che alla base dl progetto c’è l’idea che la vera democrazia implichi un ragionamento sul tem- po delle cose. “La filosofia di Slow Food rifiuta l’accellerazione che il capitalismo ha imposto al cibo,insistendo sul fatto che tutto ciò che è nutrimento deve essere prodotto in armonia con

l’ambiente e nel rispetto del lavoro di chi lo produce”16

Delle tre dimensioni del tempo, passato-presente-futuro, sono stati soprattutto il passato e il presente ad interessare gli antropologi mentre la terza dimensione quella del futuro è sempre stata il campo di osservazione dei progettisti.

C’è infine un percorso che unisce i tempi ai luoghi ed è la dimensione del viaggio.

“Il viaggio...ci insegna l’estetica del tempo di mezzo cioè a trovare un equilibrio tra veloce e len-

15 Bernard London, “Ending the Depression trough Planned Obsolescence”, 1932

16  

Raj Patel, Il valore delle cose (e le illusioni del capitalismo) , titolo originale: The value of nothing (How to Reshape Market Society and Redefine Damocracy, First published by Portobello Books London 2009. Ed. Ialiana Feltrinelli Milano 2010.

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Università degli Studi di Firenze Dottorato di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura e Design - Ciclo XXV

Il concetto di identità CAPITOLO PRIMO

to, tra il tempo degli eventi e il tempo degli orologi, tra tempo alto e basso”17

E’nel viaggio che spesso si ritrova la reale percezione dei tempi, quella che consente un differen- te rapporto con le cose, i libri, le espressioni della cultura e una percezione della deversità dei luoghi.

1.1.4

Cultura

“La cultura assume forme diverse attraverso il tempo e lo spazio. Questa diversità si incarna

nell’unicità e nella pluralità delle identità dei gruppi e delle società che costituiscono l’umanità. Come fonte di scambio, innovazione e creatività, la diversità culturale è necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura. In questo senso, è il patrimonio comune dell’umanità e do- vrebbe essere riconosciuta e affermata per il bene delle generazioni presenti e future.”

Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale dell’Unesco – Art. 1

Parliamo di un tempo e di un luogo in rapporto alle espressioni dell’attività dell’uomo e quindi alle espressioni della cultura. E’ allora necessario dare una definizione di quello che è considera- to l’elemento distintivo del genere umano ma anche uno dei concetti più controversi della storia dell’umanità. Sin dalla loro nascita nel settecento, il concetto di cultura è stato al centro di un acceso dibattito all’interno delle tre scienze sociali di base (Antropologia, Sociologia, Psicologia Sociale) proprio per la difficoltà di arrivare ad una definizione condivisa del termine (originaria- mente il concetto di cultura concideva con quello di civiltà).

A partire dalla definizione di Tylor nel 1871 “La cultura o civiltà è quel complesso assieme che comprende le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e ogni altra capa-

cità o abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società”18 il susseguirsi di eccezioni

e inclusioni ha attraversato gli ultimi centocinquant’anni della nostra storia senza mai arrivare ad una definizione che potesse bypassare le divisioni disciplinari per approdare ad un concetto condiviso. Tuttavia nel trascorrere degli anni la definizione si è arricchita di specifiche fonda- mentali per il nostro campo di osservazione (quello delle discipline progettuali) quali quelle della sua “trasmessibilità e processualità” la capacità cioè di poter essere trasmessa da un individuo ad un’altro attraverso processi, e la sua “dinamicità” cioè il suo essere soggetta nei passaggi a continui mutamenti.

“Dinamicità e processualità sono caratteristiche della cultura che consentono una lettura della stessa sia nel tempo che nello spazio, tenuto conto della molteplicità degli individui che agiscono secondo concezioni della realtà, schemi di vita, modalità di pensare, sentire e agire che danno luogo a storie ed esperienze differenziate nel tempo e nei luoghi che, in modi diversi, originali e continuamente riformulatesi, caratterizzano la vita dei gruppi umani e si traducono in sistemi

17  

Robert Levin, Una geografia del tempo, Giovanni Fioriti Editore, Roma 1998 18  

Edward Burnett Tylor, Primitive Culture Researches into the Development of Mytho- logy, Philosophy, Religion, Language, Art and Custom, 1871