L’essere e l’analogia: metafisica trascendentale e metafisica di trascendenza
2. Soluzioni metafisiche e gnoseologiche per problemi trascendentali: la dottrina dell’analogia e la teoria delle ‘specie’
2.1. La problematica della struttura ontologica: dalla causalità formale e materiale alla
causalità efficiente e finale
Come dovrebbe essere risultato palese in più di un passaggio, per proseguire nel cammino argomentativo tracciato da Maréchal è importante trovare la giusta connotazione per alcuni
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«[…]. Sed hoc esse non potest, quia etiam ipsa principia indemonstrabilia cognoscimus abstrahendo a singularibus […]. Unde oportet praeexistere intellectum agentem habitui principorum, sicut causam ipsius». La citazione è presa dalla Quaestio Disputata De Anima – d’ora in poi De Anima – ma il riferimento è q. unica, a. 5 citato in J. Maréchal, PdM, V, cit., pp. 193 [p. 161] e presuppone una lezione diversa rispetto alle edizioni più recenti, come quella dell’Edizioni Studio Domenicano, che suddividono la quaestio generale in 22 questioni.
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«Intellectus agens non est substantia separata, sed virtus quaedam animae, ad eadem active se extendens, ad quae se extendit intellectus possibilis receptive». S. Th., I, q. 88, a. 1 citato in J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 193 [p. 161].
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J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 194 [p. 162].
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dei concetti con cui ci confrontiamo: ciò implica un certo lavoro di analisi delle sfumature teoretiche al fine di cogliere l’essenziale ed evitare la distorsione interpretativa. Da che cosa ci si deve guardare ora? Da una parte siamo giunti ad affermare che la funzione dell’intelletto agente è metafisicamente connotata come il «facere» ovvero come l’attuazione che realizza il passaggio dalla potenza all’atto dell’intelligibile; questo significa che l’intelletto agente permette di passare dall’intelligibile in potenza ovvero dall’oggetto virtuale – in quanto possibilità determinata dall’essenza del reale (considerata quindi come oggetto potenziale) – all’intelligibile in atto ovvero all’oggetto effettivo dell’intelletto. Dall’altra parte si è detto che l’analogia dell’attualizzazione, tra il passaggio potenza-atto nella realtà e il passaggio potenza-atto nella conoscenza, è evidente; proprio a questo proposito, tuttavia, è bene rimarcare che, oltre a questa caratterizzazione ontologica e autentica, è stata ipotizzata o, meglio, variamente tratteggiata un’analogia alternativa e impropria: in sostanza può capitare di incontrare prospettive basate su svariati ricorsi sia a espressioni in parte ambivalenti sia a metafore simili per arrivare a suggerire un’interpretazione basata sulla trasformazione fisica del fantasma. A volte si è quindi rischiato di passare dall’uso del simbolo all’abuso del simbolismo di più bassa lega. Che cosa significa?
Le espressioni che finiscono nella contesa speculativa non sono poche e comprendono – per esempio – «elevato, spiritualizzato, […], universalizzato, illuminato, […]»31; per l’autore, quindi, risulta metodologicamente opportuno rifarsi a quella che egli descrive come la “sobrietà” di Tommaso d’Aquino per discernere l’interpretazione corretta, a cominciare dall’essenza della partecipazione del fantasma all’intellezione sia nel momento passivo sia in quello attivo: «[Intellectus agens] quasi illustrando phantasmata, facit ea intelligibilia in actu»32; in questo caso abbiamo un esempio della nota e ricca analogia simbolica della luce, la quale porta a vedere l’intelletto agente come ‘illuminante’ la realtà da conoscere. L’orizzonte sotteso è quello della proporzione tra intelletto e Intelletto e vede l’intelletto A) sostenuto nell’esistenza, B) “illuminato” e C) reso a sua volta luminoso dalla luce di Dio: è in virtù di tale partecipazione d’essere che l’intelletto umano agisce, nel suo grado e nei suoi limiti, come luce rispetto all’oggetto materiale di cui attualizza l’intelligibilità.
Se in tale immagine si può ragionevolmente intravedere la riflessione di Agostino circa il problema dell’illuminazione, nondimeno si può scorgere anche Aristotele. In particolare si può scorgere il tentativo aristotelico di descrivere la conoscibilità prossima, della realtà materiale, nella sua valenza più generale e di presentare l’intelletto agente in quanto fattore che rende attuabile, e che attua, la conoscibilità dell’ente: «Propter idem [requiritur] intellectus agens ad intelligendum, propter quod lumen ad videndum»33; «Comparatio luminis ad intellectum non est quantum ad omnia, cum intellectus agens ad hoc sit necessarius ut faciat intelligibilia in potentia esse intelligibilia in actu. Et hoc significavit Aristoteles […] cum dixit quod intellectus agens est quasi lumen quoquo modo»34.
Anche su questo versante Maréchal si giova dunque delle argomentazioni di Tommaso d’Aquino al fine di mostrare il logos ovvero la validità e la corretta interpretazione dell’analogia: non si tratta di conoscenze innate ma di capacità connaturate rivolte alle strutture della realtà. Un altro esempio importante per comprendere il retto rapporto tra essere e verità è fornito da una caratteristica espressione riferita all’intelletto agente e al suo rapporto con il fantasma: «astrazione universalizzante»35. In questo caso infatti si può capire come
31
Ibi, p. 195 [p. 163].
32
S. Th., I, q. 79, a. 4 citato in J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 195 [p. 163].
33
S. Th., I, q. 79, a. 3 citato in J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 195 [p. 163].
34
De Anima, q. unica, a. 4 citato in J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 195 [p. 163].
35
«Causat [intellectus agens] universale (quod est unum in multis), abstrahendo a materia» e «Facit intelligibilia in actu per abstractionem specierum a conditionibus materialibus». S. Th., I, q. 79, a. 5 e a. 3 citati in J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 195 [p. 163].
l’illuminazione operata sul fantasma, la trasformazione in atto degli intelligibili e l’astrazione universalizzatrice delle “species” siano diversi modi di indicare lo stesso processo attivo: è tale processo a costituire l’oggetto mentale partendo dall’oggetto reale ‘illuminato’.
I passaggi citati da Maréchal sono importanti e delicati proprio perché rappresentano il tentativo di coniugare a tutti i livelli la prospettiva metafisica e una forma di prospettiva critica nella questione del rapporto tra reale e ideale, tra oggettività e spontaneità, tra potenza attiva e potenza passiva:
«Phantasmata, et illuminantur ab intellectu agente, et iterum ab eis per virtutem intellectus agentis species intelligibiles abstrahuntur. Illuminantur quidem, quia, sicut pars sensitiva ex conjunctione ad intellectum efficitur virtuosior, ita phantasmata ex virtute intellectus agentis redduntur habilia ut ab eis intentiones intelligibiles abstrahantur. Abstrahit autem intellectus agens species intelligibiles a phantasmatibus, in quantum per virtutem intellectus agentis accipere possumus in nostra consideratione naturas specierum sine individualibus conditionibus, secundum quarum [specierum seu naturarum] similitudines intellectus possibilis informatur»36.
Lo stesso Tommaso d’Aquino, in queste affermazioni, arriva a esplicitare la sua prudenza mediante i diversi riferimenti all’astrazione: lo si può notare in «abstrahantur», che è al passivo, e in «abstrahit»; sembra abbastanza chiaro che, in tal modo, si vuole connotare tale astrazione non come un ipotetico meccanismo di trasformazione del fantasma in qualcos’altro bensì come il risultato che si ottiene dall’operazione dell’intelletto agente. Certo, se concedessimo credito alle teorie che sostengono la mera materialità del fenomeno, ci troveremmo in una situazione (apparentemente) più semplice per quanto concerne il tentativo di spiegare i passaggi tra il dato sensibile, l’immagine e l’oggetto mentale; anzi, in definitiva non avremmo davvero bisogno di tali distinzioni. Tuttavia, con una simile lettura, si perderebbero quei caratteri di necessità e di universalità che pure stanno alla base dei nostri contenuti mentali: come risultati della ‘conoscenza’ avremmo non tanto concetti o idee, e ancor meno la presenza intenzionale dell’essenza oggettiva, quanto apparenze individuali, relative e soggettive.
In definitiva siamo costretti a riconoscere la necessità del processo di astrazione e universalizzazione, in diverse modalità, per i vari e connessi aspetti del processo conoscitivo; per aprire autenticamente questa prospettiva Maréchal fa rilevare che il nucleo (e la soluzione) della questione gnoseologica è ultimamente metafisico: l’astrazione operata dall’intelletto agente ha infatti una natura ontologica, ovvero reale, mentre non può avere una natura prettamente fisica altrimenti non potrebbe farci pervenire all’essere, alla forma, bensì solo all’apparenza, all’immediatezza e alla singolarità materiale dell’oggetto. Per comprendere questa dimensione occorre dunque rifarsi all’analogia: in prima istanza si deve considerare la proporzione dei rapporti forma-materia nell’oggetto e nella facoltà conoscitiva e poi si deve approfondire la proporzione tra l’essere dell’oggetto e l’essere del soggetto con il costitutivo rimando all’essenza37. In questo senso l’intelletto agente è forma (reale) che attua una forma (ideale) a partire da una forma (reale): l’intelletto agente si rivolga all’oggetto ma, nello specifico, mira all’oggetto in sé, al suo essere, lo ‘illumina’ e può così portare a isolarne un aspetto, per esclusione o inclusione, e a cogliere l’universalità; ciò che si è voluto sottolineare, in questo caso, è il fatto che l’intelletto mira al noumeno e non può quindi conoscere l’immagine in modo ‘oggettivo’ ovvero secondo la dimensione percettiva della medesima immagine.
36
S. Th., I, q. 85, a. 1 citato in J. Maréchal, PdM, V, cit., pp. 195-196 [p. 164].
37
«Conoscere id quod est in materia individuali, non prout est in tali materia, est abstrahere formam a materia individuali, quam repraesentant phantasmata» e «Abstrahere contingit dupliciter: uno modo per modum compositionis et divisionis […]; alio modo per modum semplicis et absolutae considerationis, sicut cum
intelligimus unum, nihil considerando de alio». S. Th., I, q. 85, a. 1 citato in J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 196 [p.
In effetti quest’ultima annotazione potrebbe portare a domandarsi se la pretesa conformità rispetto al fantasma di fatto non sia una forzatura, data l’innegabile eterogeneità di certi aspetti dei due poli. In realtà essa esiste, ed è necessaria per spiegare il collegamento esistente tra intelletto agente e fantasma, ma non è da intendersi come una risultante immediata dell’intelletto stesso: l’incontro tra l’intelletto e la rappresentazione non è dovuto tanto a un ‘progetto’ o ad un’azione apposita quanto al suo essere “agito”. L’analogia tra il fattore attivo e quello passivo dice di questa conformità, ma dice anche che questa conformità non è una costruzione o una trasformazione, bensì una relazione strutturale: essa è dovuta al suo essere strutturalmente regolata in virtù di un coordinamento naturale, il quale si basa sui caratteri formali del fantasma38. «[…]. Sed virtute intellectus agentis resultat quaedam similitudo in
intellectu possibili, ex conversione intellectus agentis supra phantasmata: quae quidem
[similitudo] est repraesentativa eorum, quorum sunt phantasmata, solum quantum a natura speciei. Et per hunc modum dicitur abstrahi species intelligibilis a phantasmatibus, non quod
aliqua eadem numero forma, quae prius fuit in phantasmatibus, postmodum fiat in intellectu possibili, ad modum quo corpus accipitur ab uno loco et transfertur ad alterum»39.
In sostanza, allo scopo di approfondire meglio questa sezione e di evitare altre letture fuorvianti, Maréchal ritiene indispensabile affrontare le analogie metafisiche. Proprio dai rilievi dell’autore risulta chiaro che Tommaso d’Aquino ha approntato anche una via
analogica ancora più rispondente alla «causalità metafisica» per descrivere «la relazione
naturale dell’intelletto agente e del fantasma»: attraverso questa è possibile ricostruire il rapporto tra l’essere e la verità in un modo maggiormente avvicinabile a una declinazione kantiana. Seguendo la dottrina aristotelica, l’Aquinate propone le sue argomentazioni rilevando due tipi classici di causalità, già diversamente richiamati, che sono ritenuti inaggirabili anche da Maréchal: 1) la causalità ‘interna’ formale-materiale e 2) la causalità ‘esterna’ efficiente (e finale)40.
Prima abbiamo dovuto controbattere la lettura di stampo empiristico: essa al massimo può sostenere il valore fisico (matematico) dell’analogia tra i poli di riferimento ovvero adottare una dimensione simbolistica che riduce la proporzione a rapporto tra segni. Per mettere in luce le criticità latenti abbiamo richiamato per converso il valore più autentico, ontologico e simbolico dell’analogia in questione e, ora, siamo chiamati a compiere qualcosa di simile: è bene liberarsi il prima possibile di un errore interpretativo e precisare la complessa portata e le varie sfumature di questo rilievo.
Una prima difficoltà riguarda sicuramente l’immaginazione e il suo statuto. Quando si parla delle diverse facoltà del soggetto, non bisogna dimenticare la prospettiva del logos, la profonda unità di questo e la conseguente correlazione di tali facoltà; potrà forse apparire banale, ma è opportuno specificare che in una prospettiva di realismo moderato il soggetto umano, nella sua sinolicità, ha la ragione della conoscenza nel suo essere intrinseco, nella sua forma spirituale, ma non arriva a conoscere in forza di una sola facoltà, sia essa la sensibilità piuttosto che l’intelletto, bensì – per quanto si possano fare ulteriori precisazioni a tal
38
Cfr. J. Maréchal, PdM, V, cit., L’attività dell’intelletto agente rispetto al fantasma. A. Descrizioni metaforiche, pp. 194-197 [pp. 162-165].
39
S. Th., I, q. 85, a. 1 citato in J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 197 [pp. 165].
40
Anche una lettura attenta – e magari soggetta a revisioni e riconsiderazioni – da parte di alcuni critici non sempre coglie in pieno questi elementi. Ci si può riferire, ad esempio, al caso di M.-D. Roland-Gosselin: da una parte egli riconosce, giustamente, che per Maréchal si dà «una tendenza che già agisce nell’assimilazione dell’idea», ma arriva a concludere, dall’altra parte, che il dinamismo «oltrepassa, attraverso la propria esigenza, l’idea posseduta» senza quindi considerare adeguatamente la componente formale. Il presupposto risiede nel fatto che l’autore ritiene per alcuni versi incompatibili, nel processo della conoscenza, il dinamismo e l’oggettività e spinge per una esclusione; la soluzione starebbe allora nella proposta di cercare la capacità oggettivante nella sola specie, la quale sarebbe però deprivata di alcuni fattori fondamentali. M.-D. Roland- Gosselin, Étude critique, Cahier Ia-Va, in «Bulletin Thomiste», 4 (1927), pp. 7, 10, 12.
proposito – attraverso entrambi41. In altri termini l’intelletto agente e l’immaginazione sono distinti ma non sono sfere incomunicanti e neppure modalità caratterizzate da modi completamente diversi. La conoscenza umana è il risultato di un processo, temporale o anche solo logico, ma non consiste in una mera somma di dati provenienti da fonti tra loro estranee. L’intelletto e l’immaginazione, già nella dottrina sviluppata da Tommaso d’Aquino, non presentano il problema del ponte, proprio delle prospettive dualistiche, ma piuttosto quello del rapporto tra due “perfezioni”, una maggiore e una minore, e tra un elemento a priori e uno a posteriori a livello gnoseologico. La questione è semmai quella «della subordinazione naturale tra due facoltà di uno stesso suppositum»; una volta risolta la problematicità di tale rapporto, questa configurazione potrebbe rivelarsi d’aiuto per superare le aporie dello schematismo trascendentale kantiano42.
Supponendo di avere preventivamente sgombrato il campo almeno da un simile errore interpretativo, possiamo passare a considerare più direttamente i due tipi di causalità prima richiamati e la loro valenza analogica. La prima ed evidente analogia – con connessa complementarità – circa il rapporto tra intelletto agente e fantasma, rimanda alla causalità interna e quindi a quel fondamentale fattore della metafisica che è la «sintesi di forma e di
materia»43. Per precauzione è sempre bene ricordare che, considerando il caso della composizione sinolica, questo fattore ripropone e traduce un rapporto anche più basilare: quello «di atto e potenza»; questo è un rapporto di principi e a sua volta, nella sua dimensione ontologica più profonda, converge con quello tra essere ed essenza.
Precisati anche questi particolari, si può affermare che la «causa totale» (ovvero sinolica) dell’introduzione delle determinazioni intelligibili nell’intelletto possibile racchiude il fantasma come una sorta di elemento materiale, e passivo, per quanto sempre nella dimensione ideale: il fantasma rappresenta la parte della causalità materiale della conoscenza e rispetto a tale materia l’intelletto agente è la forma ovvero la causa formale e attiva. La corretta valenza analogica – «evidentemente ciò vale solo se inteso in senso analogico»44 – dovrebbe essere facilmente individuabile: l’intelletto agente è forma e principio di attuazione rispetto al fantasma-materia, proporzionalisticamente e in forza della species, ma non è forma sostanziale così come il fantasma non è materia reale. D’altra parte l’intelletto non è la forma del sinolo così come il fantasma non ne è la materia. Perché vale la proporzionalità ma non la proporzione? Ciò che viene attualizzato dall’intelletto-forma, attraverso la species, è l’intelligibile e non il sensibile come tale: anche grazie alle rilevanti osservazioni di Melchiorre, possiamo sottolineare che l’intelletto è connesso alla sensibilità ma non ne è la vera forma45.
41
«[…]. Sed magis proprie dicitur quod homo intelligat per animam». S. Th., I, q. 75, a. 2 e «[…]: non enim proprie loquendo sensus aut intellectus cognoscunt, sed homo per utrumque». Verit., q. 2, a. 6 citati in J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 198 [pp. 165-166].
42
Cfr. J. Maréchal, PdM, V, cit., B. Analogie metafisiche. Una difficoltà dell’immaginazione, pp. 197-198 [pp. 165-166].
43
«Quia phantasmata non sufficiunt immutare intellectum possibilem, sed oportet quod fiant intelligibilia actu per intellectum agentem, non potest dici quod sensibilis cognitio sit totalis et perfecta causa intellectualis cognitionis, sed magis quodammodo est materiae causae». S. Th., I, q. 84, a. 6 citato in J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 198 [p. 166].
44
J. Maréchal, PdM, V, cit., p. 198 [p. 166].
45
Una chiarificazione radicale della relazione tra analogia e species, sostenuta da Maréchal, può essere rinvenuta nelle significative osservazioni di Melchiorre. Si è notato a più riprese che la species, in sintesi, è costitutiva per la realtà intenzionale «ove «intenzionale» è da opporre, nel vocabolario scolastico, solo a «naturale», non ad «ontologico»». Perché? Perché la species come essere intenzionale, rispetto alla realtà della cosa, «non è, in definitiva, che una «corrispondenza»: «conformitas rei et intellectus» o, se si vuole «similitudine vicariante», punto e medio d’incontro […], un’analogia quale condizione di una «complementarità» o di una sorta di «armonia prestabilita». La specie in sostanza sussiste in virtù dell’analogia, tra soggetto e oggetto, e costituisce una mediazione dinamica che ripresenta l’analogia a livello mentale: «l’esperienza dell’oggetto coincide con
Proprio in questo quadro, e in forza della precisazione appena riportata su atto e potenza, Maréchal richiama la metafora della luce a proposito dell’attualità dell’intelletto agente – come causa che rende tali gli intelligibili in atto e che quindi ‘illumina’ gli oggetti e la loro intelligibilità – e riafferma, con Tommaso d’Aquino, che tale atto dell’intelletto è essenzialmente «l’atto stesso» degli intelligibili, quell’atto prioritario che permette all’intelligibilità stessa di passare dalla condizione «in potentia» alla condizione «in actu». In questa prospettiva più definita dovrebbe emergere bene la dimensione ‘luminosa’ del logos: essa consiste nell’intelligibilità come dimensione sia ‘passiva’ (nell’oggetto) sia ‘attiva’ (nel soggetto) e nell’unità intenzionale tra ideale e reale. Inoltre dovrebbe risultare più comprensibile il tentativo di esplicitare la presenza dell’atto d’essere, della realtà conosciuta, nella prospettiva del piano trascendentale (della verità): è il tentativo di mostrare l’inerenza gnoseologica di questo atto rispetto al concetto e all’intelletto, intesi a loro volta come atto, a fronte della chiara diversità sul piano dello statuto ontologico e, così, di evitare il divario tra realtà e idea nonché tra cosa in sé e fenomeno. «Fit [intellectus noster] actu per species a sensibilibus abstractas per lumen intellectus agentis, quod est actus ipsorum intelligibilium»46; «Mens nostra comparatur ad res sensibiles […] ut actus ad potentiam: in quantum scilicet res quae sunt extra animam sunt intelligibiles in potentia. Ipsa vero mens est intelligibilis in actu; et secundum hoc ponitur in ea intellectus agens, quia facit intelligibilia actu»47.
Occorre dunque avere ben presente lo statuto dell’analogia. Questo, nello specifico, si traduce nel riconoscere sia A) la similarità sia B) la differenza tra l’attuazione «in ordine intelligibili» e quella «in ordine naturali». Da una parte la potenza e l’atto, e il primato dell’atto, riguardano sia il piano ideale sia il piano reale e non si potrebbe ammettere una tale similarità senza ammettere al contempo un’analogia come proporzione; dall’altra parte occorre riconoscere che tra piano ideale e piano reale vi sono delle differenze, intrinseche alla stessa analogia, e così pure avviene tra il darsi della coppia potenza-atto in un caso e il darsi della stessa coppia nell’altro caso; tutto questo diventa più evidente una volta arrivati a considerare il vero aspetto analogico della realtà. Proviamo a considerare più nella specifico la similarità e la differenza.
Guardiamo alla similarità. Nel caso di partenza il passaggio dalla potenza all’atto riguarda propriamente l’ordine intenzionale. Se si considera la dimensione trascendentale sottesa all’intenzionalità, tuttavia, non si può certo considerare questo ordine avulso da quello metafisico. L’ordine intelligibile infatti è tale in quanto è «un aspetto» direttamente connesso alla «realtà ontologica»; per un verso, anzi, si deve insistere proprio sul fatto che l’attualizzazione ha comunque rilevanza metafisica ed è in questo orizzonte che ultimamente si spiega.
Guardiamo alla differenza. La precedente considerazione non va nemmeno esasperata. Il rischio è quello di far passare il messaggio secondo cui, seguendo Tommaso d’Aquino, si dovrebbe considerare l’intelletto agente come l’atto generale dell’intelligibile «in potenza», cioè l’atto globale dell’intelligibile: l’intelletto agente diventerebbe semplicemente l’attualità di ciò che prima era potenziale e, in questa potenzialità, sarebbero ricompresi sia la sensibilità sia il fantasma. Tale prospettiva sarebbe controproducente perché torcerebbe l’analogia: secondo una simile interpretazione, infatti, l’intelletto sarebbe (anche) il ‘materiale’ della conoscenza, o comunque una forma inscindibile dalla ‘materia’, e non si avrebbe una
l’intuizione sensibile e insieme con l’assunzione categoriale di quest’ultima» e la ragione di ciò sta nel fatto che «alla proporzione ontologica tra oggetto e soggetto deve anche corrispondere una proporzione all’interno del