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Lo spazio agonale e lo spazio del pub blico

N. inventario: IG 140621b Materiale: pietra di Aurisina

4. L’ANFITEATRO DI AQUILEIA: UNA SINTESI INTERPRETATIVA

4.1. L’architettura e la tecnica

4.1.3. Lo spazio agonale e lo spazio del pub blico

L’arena, ospitando i combattimenti dei gladia- tori fra loro (munera) e con gli animali (venationes), costituiva il cuore dell’edificio: ad Aquileia, con una superficie calcolata in circa 2600 mq, essa superava le dimensioni medie di tali settori, ipotiz- zate dal Golvin per gli anfiteatri a struttura cava sui 2100 mq537(fig. 150, giallo). Gli scavi non hanno permesso di definire con certezza la sua pavimen- tazione, che sempre il Golvin538ribadisce essere in generale in sabbia (come conferma del resto il nome con cui essa era nota in età romana), così da permettere un saldo appoggio al suolo dei gladia- tori e un buon assorbimento del sangue di uomini e animali sparso sulla sua superficie539. Poiché gli scavi hanno messo in luce in questo settore, sopra i livelli di demolizione delle fasi insediative prece- denti all’anfiteatro, un sottile livello limoso intac- cato nell’interfaccia superiore da interventi post- deposizionali, si potrebbe anche pensare a un piano in semplice terra battuta, come è stato visto ad es. nell’anfiteatro di Susa540. Ma la sabbia rinve- nuta nel condotto 1 (cfr. figg. 49 e 150) poteva esservi scivolata dal piano agonale (cap. 2.3.3), lasciando dunque aperta la questione della coper- tura di quest’ultimo.

Le gradinate per il pubblico erano sorrette nella parte bassa, ove sedevano le classi sociali più

alte, da un podio già noto dagli scavi del Maionica (cap. 1.2.2) (fig. 150, azzurro) e costituito da una muratura piena di cementizio con andamento ellit- tico larga 2,30 m, su cui si impostavano probabil- mente tre file di gradini541 (cfr. fig. 141). Come avremo modo di vedere più nel dettaglio (cap. 4.2), verso l’arena tale struttura era rivestita da lastre lapidee coronate da una modanatura liscia542, che 536Sulle macchine da cantiere cfr. GIULIANI2006, pp. 255-267.

537GoLVIN1988, pp. 290-291: negli anfiteatri a struttura cava le

arene erano più vaste rispetto a quelli a struttura piena.

538GoLVIN1988, p. 296.

539In Bomgardner (2000, p. 21) si ipotizza che essa venisse rimossa

dopo ogni combattimento e riportata ex novo. Talune fonti letterarie la descrivono mescolata talvolta anche con polveri colorate d’ar- gento e d’oro. Si legga l’encomiastica descrizione dell’anfiteatro di Nerone nell’egloga VII di Tito Calpurnio Siculo.

540Sull’anfiteatro di Susa, cfr. MAGGI1987, pp. 63-67; MAGGI

2017, pp. 59-60.

541Per uno studio sui gradini del podio negli anfiteatri, cfr. GoLVIN

1988, pp. 354-355, tab. 44, ove si specifica che le file mediamente erano quattro-cinque , ma potevano anche limitarsi a due.

542GoLVIN1988, pp. 314-319: l’altezza del podio attorno all’arena

è mediamente attestata attorno ai 2,60 m, ma ad Aquileia non è nota.

Fig. 150. Planimetria ricostruttiva dell’anfiteatro: la linea con- tinua nera delimita l’area di scavo. In giallo l’arena; in azzurro il podio; in verde chiaro la galleria interna (o prima galleria); in arancione i muri della raggiera interna, con i pilastri verso il podio in rosa e verso l’esterno in azzurro chiaro; in verde scuro la galleria esterna (o seconda galleria); in viola il muro ellittico; in rosso i radiali della raggiera esterna con i pilastri di facciata in lilla; in ocra le scale per il pubblico ricavate nei cunei della raggiera esterna; in marrone le scale per il pub- blico ricavate nei cunei della raggiera interna; in grigio la pavi- mentazione esterna, estesa oltre il limite di scavo; con le frecce sono indicati i corridoi radiali di accesso al pubblico (rielaborazione grafica di Valeria Grazioli).

Patrizia Basso

costituivano un pur semplice sistema decorativo, data la centralità visiva di questo muro su cui con- vergevano gli sguardi del pubblico543. Esso doveva comunque assolvere anche una specifica funzione difensiva per gli spettatori da eventuali assalti degli animali impegnati negli scontri, ribadita dalla pro- babile presenza al di sopra delle lastre di una tran- senna di pali di legno e reti (cfr. fig. 98).

Nel breve tratto da noi portato alla luce, il podio è risultato aperto in corrispondenza del cor- ridoio radiale intercettato con lo scavo (cfr. fig. 57): per quanto non ne restino tracce materiali, si può ipotizzare qui la presenza di una piccola porta chiusa da battenti lignei. Si tratterebbe di una delle portae posticae, messe in luce in altri edifici, come a Sutri o a Salona (ove ve n’erano dieci) o ancora a Tysdrus (dodici), mediamente larghe 0,99 m e alte 1,81544, le quali garantivano il passaggio degli ani- mali e degli inservienti nello spazio agonale (fig. 151): ad Aquileia è possibile che esse fossero in tutto dodici, tre per ogni quadrante dell’edificio, all’estremità delle gallerie radiali, di cui parleremo fra poco, con esclusione delle quattro che erano poste sugli assi minori e maggiori, dove dobbiamo pensare a ingressi all’arena di carattere, invece, pubblico e monumentale.

Era probabilmente pertinente al podio e quindi agli spettatori di alto rango il gradino alto 50 cm venuto alla luce nel corso degli scavi ottocenteschi (cap. 1.2, schede 10a e 10b) in prossimità della strut- tura, tra altri elementi in crollo. Esso presentava incisi sulla seduta due nomi al genitivo, con ogni probabilità riferibili agli assegnatari del posto: assieme a un altro simile elemento rinvenuto nel corso degli scavi del de’ Moschettini, ma ora per- duto, con iscritto un nome sempre al genitivo e a un terzo blocco lapideo di incerto rinvenimento, con numerali su tre registri che potrebbero indi- care loca (cap. 1.2.4), tali manufatti attestano una ripartizione normata dei posti all’interno della cavea, come si è osservato in altri anfiteatri sulla base di analoghi elementi545.

oltre al podio, per sostenere la cavea vennero realizzate una raggiera di 64 muri radiali (mai documentata precedentemente: fig. 150, muri arancione) e una seconda di 80 (fig. 150, muri rossi), per una larghezza di 35 m e una superficie

complessiva di ca. 10.600 mq. I muri della raggiera interna si attestavano su pilastri a entrambe le estremità, mentre i radiali esterni chiudevano anch’essi verso la facciata su pilastri, ma dall’altra parte facevano sistema strutturale con un muro continuo, ad andamento ellittico, che è la struttura meglio conservata in alzato di tutto l’edificio (1,70 m) (fig. 150, viola). Particolarmente monumentali dovevano essere i pilastri che reggevano le arcate della facciata, già portati alla luce dal Maionica e dal Brusin: i rilievi grafici e fotografici e la docu- mentazione scritta che rimangono di quegli scavi (cap. 1.2.3) attestano che essi erano costituti da grandi blocchi lapidei di 1.72 x 1.23 m, su uno zoc- colo di base di poco più largo (1.95 x 1.65 m, h 0.50 m).

543GoLVIN1988, p. 318.

544Su tali aperture, cfr. GoLVIN1988, pp. 319-320, tab. 37 ove si

menziona anche una loro riproduzione iconografica nel dittico di Anastasio di inizi VI sec. d.C.: nell’immagine ne sarebbero raffigu- rate quattro, con battenti lignei e grate metalliche, attraverso le quali gli inservienti potevano vedere quanto avveniva sull’arena,

restando riparati.

545Si tratta di testi con nomi in dativo o genitivo, seguiti da indica-

zione in piedi dello spazio riservato: per un’analisi, ad es., dei gra- dini iscritti del Colosseo, cfr. oRLANDI2001; dell’infiteatro di Mar-

ruvium, LETTA2008-2009; in generale di teatri e anfiteatri, cfr. BUo- NoPANE, BRAITo2016.

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Fig. 151. Ricostruzione grafica di una porta postica dell’anfitea- tro di Augusta Raurica (da HUFSCHMID2009, tav. 63).

Fra il podio e la raggiera interna e fra questa e l’esterna si aprivano due gallerie ellittiche: la prima, larga 2,60 m (fig. 150, verde chiaro), doveva pre- sentare un’altezza ridotta (comunque con ogni probabilità per gran parte agibile da parte di un uomo, tranne il settore immediatamente a ridosso del podio) e una pavimentazione in latre lapidee e laterizi, il che fa pensare si trattasse di un corridoio di servizio, probabilmente in connessione con i vani in cui erano trattenuti gli animali prima dei combattimenti, di cui si parlerà in seguito; essa poteva forse fungere anche da spazio di rifugio per gli inservienti, che, in particolare durante le venatio- nes, in caso di pericolo si riparavano al suo interno, come avviene oggi nel callejon della plaza de toros546. Un blocco lapideo con l’incasso per una struttura verticale qui rinvenuto (cfr. figg. 41 e 65) sembra far pensare che il corridoio fosse diviso in compar- timenti da porte o pannelli di legno, come si è visto a Tysdrus547, così che il passaggio fosse aperto o chiuso per uomini e/o animali a seconda delle diverse fasi dello spettacolo.

La seconda galleria (fig. 150, verde scuro), larga 3,40 m e pavimentata in lastre lapidee, era invece funzionale all’accesso del pubblico, come vedremo poco più avanti. Allo stesso scopo servi- vano i sedici accessi radiali (all’altezza della seconda galleria larghi 3,95 m), che, secondo uno schema modulare, erano ricavati ogni tre cunei (fig. 150, frecce nere). I due sull’asse maggiore dovevano essere, come si è anticipato, più ampi e monumentali, come in genere in tutti gli anfitea- tri, in quanto costituivano l’uno la via d’ingresso della processione dei gladiatori in arena prima del- l’inizio dei munera, l’altro la via d’uscita dei com- battenti defunti548, ma non si hanno notizie a loro riguardo, poiché essi non sono stati oggetto di indagine né in occasione degli scavi pregressi né dei nostri.

Si è già ampiamente sottolineato (cap. 2.3.4) che l’anfiteatro di Aquileia era invece privo di una gal- leria esterna: come vedremo (cap. 4.3), questa caratteristica sembra un importante indizio per la datazione dell’edificio, ma potrebbe anche essere

letta come un modello architettonico locale. Se si osserva, infatti, che pure il teatro della città risulta privo di tale galleria (cap. 5.1), è suggestivo pensare a una scelta costruttiva o a una tradizione edilizia delle maestranze del luogo, che si sarebbe traman- data dal teatro, costruito probabilmente qualche decennio prima, per quanto ne manchi ancora una datazione puntuale, all’anfiteatro.

Le gradinate per il pubblico, come si è riscon- trato negli edifici almeno in parte conservati negli alzati, dovevano essere nettamente divise secondo il ceto sociale degli spettatori, così da evidenziare anche visivamente le divisioni interne e i raggrup- pamenti esistenti in una società fortemente gerar- chizzata come quella romana549. A parte il rinveni- mento del citato gradino del podio e di altri due manufatti identificati come tali, ma assolutamente non collocabili nell’ambito dell’edificio (cap. 3.4, schede 6 e 7), lo scavo non ha tuttavia restituito ele- menti utili alla ricostruzione della cavea, per cui i disegni che se ne sono proposti (cfr. figg. 141-142) restano altamente ipotetici: essi sono basati sui dati desunti dalle massicciate di sostegno delle scale su cui torneremo più avanti, integrati da alcuni disegni degli scavi pregressi, e sulle pen- denze medie calcolate dal Golvin, analizzando i pochi anfiteatri ove le gradinate si conservano almeno in parte in alzato550(fig. 152). In partico- lare, mancano del tutto le informazioni sulle com- partimentazioni orizzontali e verticali delle gradi- nate, sui vomitoria e sulle logge o tribunalia che costituivano i posti di massimo onore, general- mente ubicati alle estremità dell’asse minore degli edifici, ove lo spettatore si trovava il più vicino possibile allo spazio agonale.

Del tutto dubbia resta anche la ricostruzione della facciata, che, come in tutti gli anfiteatri, doveva essere il simbolo visivo dell’edificio fin da lontano e dunque si caratterizzava per una partico- lare monumentalità551. Ne conosciamo solo il numero dei fornici, che erano ottanta come, ad es., negli anfiteatri di Roma, Capua, Milano o Périgeux: essi si disponevano su un perimetro di ca. 410 m e, tenendo conto delle citate misure dei pilastri su cui 546Su tali corridoi retropodiali, cfr. GoLVIN1988, pp. 326-327, tab.

40, ove se ne calcola la larghezza (1,50 m) e l’altezza (2,41 m) medie. Rispetto a tali misure la galleria aquileiese sarebbe decisamente più larga.

547Sull’anfiteatro di Tysdrus (El Jem), cfr. SLIM1986; GoLVIN1988,

pp. 209-210.

548Sugli accessi lungo gli assi principali, cfr. GoLVIN1988, pp. 323-

324.

549Sulla cavea, cfr. GoLVIN1988, pp. 346-354.

550Cfr. GoLVIN1988, pp. 294-295, tab. 32: lo studioso sostiene che

in generale il profilo dell’ima cavea fosse meno pendente (raggiun- gendo in media i 33.71°, calcolati sulla base di una ventina di anfi- teatri) rispetto a quello della media (35.37° su otto esempi) e della

summa (37,24° sempre su otto esempi), affinchè gli spettatori potes-

sero abbracciare con lo sguardo l’intera superficie dell’arena, ovun- que si sedessero. Il valore approssimativo medio della pendenza delle gradinate si sarebbe aggirato dunque sui 37°.

Patrizia Basso

si impostavano, ma anche della loro diversa lar- ghezza, dovevano avere una luce compresa fra i 2,20 e i 4,40 m552. Il numero dei fornici è alto, se si pensa che ad es. a Verona, Pozzuoli e Pola, altri edi- fici di grandi dimensioni, essi sono solo 72: è possi- bile, dunque, pensare a una precisa scelta architet- tonica, al fine di aumentare gli accessi agli spalti e quindi di regolare in maniera più efficace l’afflusso e il deflusso del pubblico553. E’ evidente che non avendo recuperato nessun elemento architettonico delle arcate, il loro sviluppo su due piani, l’attico finestrato al di sopra, i pali di supporto del velario, come pure l’ordine architettonico utilizzato e l’al- tezza complessiva di ca. 29 m, restano unicamente ipotesi di lavoro (cfr. fig. 144).

Considerata la labilità dei dati a disposizione, risulta allora chiaro che anche il numero ipotizzato di ca. 21.000 posti a sedere (cap. 3.11)554resta solo un riferimento generale, molto approssimativo, comunque interessante da confrontare con la dimensione demografica di Aquileia negli anni

successivi all’età augustea, per la quale si sono variamente calcolati fra i 50-60.000 e i 100-200.000 abitanti. Non va dimenticato al riguardo che, oltre ai cittadini, gli spettacoli nell’anfiteatro dovevano attrarre anche la popolazione del contado e dei centri insediativi vicini privi di tale tipologia archi- tettonica.